TAR Bologna, sez. II, sentenza 2021-12-09, n. 202101002

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bologna, sez. II, sentenza 2021-12-09, n. 202101002
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bologna
Numero : 202101002
Data del deposito : 9 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/12/2021

N. 01002/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00777/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 777 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Erremme Servizi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv.to F G, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata negli scritti difensivi, e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Bologna, Via Altabella n. 3;

contro

Comune di Bologna, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avv.ti A T e C S, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata negli scritti difensivi, e domicilio fisico ex lege presso la sede dell’Avvocatura civica in Bologna, Piazza Maggiore n. 6;

nei confronti

Farmacia Fossolo 2 Centro Commerciale s.a.s. della dott.ssa C M C., non costituitasi in giudizio;

per l’accertamento

Ricorso introduttivo

- DELL’INEFFICACIA E/O ILLEGITTIMITA’ DEI VINCOLI CONVENZIONALI RELATIVI AI CANONI DI LOCAZIONE DELLE UNITA’ IMMOBILIARI ACQUISITE IN DIRITTO DI SUPERFICIE DALLA RICORRENTE (FG. 246, MAPP. 6 SUB. 22, 36, 38, 62 E 64);

e per l’annullamento

- OVE OCCORRA, DI OGNI CONSEGUENTE ATTO APPLICATIVO,

INCLUSA LA NOTA

22/6/2016 SOTTOSCRITTA DAL DIRETTORE DEL SETTORE EDILIZIA E PATRIMONIO, CON LA QUALE E’

STATO RICHIESTO IL VERSAMENTO DI

14.841,20 € PER L’UNITA DI CUI AL FG. 246 MAPP. 6 SUB 22.

Motivi aggiunti

per l’annullamento

-

DELLE NOTE DEL DIRETTORE DEL SETTORE EDILIZIA E PATRIMONIO DEL

29/9/2017, RECANTE L’INTIMAZIONE DI PAGAMENTO DELLE SOMME A TITOLO DI SANZIONE AI SENSI DELLA LETT. “I” DELLA CONVENZIONE REP. 3321/1984;

- DI OGNI ALTRO ATTO PRESUPPOSTO, CONNESSO E CORRELATO,

INCLUSE LE NOTE DI CHIARIMENTO

20/11/2017 SULLE MODALITA’ DI CALCOLO;

e, in via subordinata,

- PER LA RIDETERMINAZIONE DELLE SANZIONI NEI TERMINI PRECISATI NEL RICORSO.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bologna;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2021 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

A. La ricorrente riferisce di essere proprietaria – in virtù di regolari atti di rogito del 10/11/1998, del 4/5/1999 e del 26/3/2008 – di unità immobiliari ubicate all’interno del Centro commerciale “Fossolo II” in Via Bombicci/Viale Lincoln a Bologna.

B. Si tratta di aree incluse nel comprensorio PEEP, che il Comune ha ceduto in diritto di superficie (per una durata di 60 anni, poi prorogata a 99) a So.Ce.Co. con atto 14/10/1977, per dotare di servizi commerciali una zona totalmente sprovvista e in procinto di reperire ulteriori consistenti insediamenti residenziali. So.Ce.Co. era autorizzata a sub-concedere il diritto di superficie a terzi a determinate condizioni, tra le quali un tetto al corrispettivo praticato pari alla somma fissata per la costituzione del diritto reale parziario aumentata della spesa per oneri di urbanizzazione, aggiornata in base all’indice ISTAT. Allo stesso modo era imposto un limite ai trasferimenti successivi, valido anche per i contratti di locazione e per la costituzione di diritti reali di godimento.

B.1 Nel caso di inosservanza delle soglie determinate come descritto, il Comune avrebbe applicato una penale pari a 5 volte la differenza tra il corrispettivo corretto e il prezzo pattuito in sede di alienazione del diritto. Per i contratti di locazione, le quote eccedentarie avrebbero dovuto essere versate al Comune di Bologna.

C. Rappresenta in punto di fatto che il Centro “Fossolo II” è diventato una delle principali realtà commerciali cittadine e che So.Ce.Co. ha ceduto la proprietà superficiaria a soggetti terzi, e dopo diversi trasferimenti la ricorrente ha acquisito i locali censiti al Catasto come in epigrafe. Sostiene di aver operato nel rispetto delle norme di riferimento, dando in locazione gli immobili ad attività commerciali (oggi le strutture sono occupate da “Libreria Galo” e “Farmacia Fossolo 2”).

D. Avverte che i canoni di locazione sono stati pattuiti tra le parti secondo i valori di mercato;
inoltre, il Comune di Bologna è stato edotto di ogni trasferimento anche ai fini della prelazione e dal 1984 ad oggi non ha mai assunto iniziative riferite alla condizioni contrattuali. Solo recentemente avrebbe proposto istanza di esibizione dei contratti di acquisto e di locazione relativi alle unità immobiliari.

D.1 Con pec 22/6/2016 l’amministrazione intimata ha affermato che i canoni di locazione corrisposti risultano superiori ai livelli massimi previsti al punto h) della convenzione stipulata il 7/3/1984. Pertanto ha chiesto il rimborso della somma di 12.841,20 € ai sensi del punto i) della medesima.

E. Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione, la ricorrente chiede di accertare l’illegittimità della condotta del Comune, deducendo in diritto i seguenti motivi:

I) Violazione degli artt. 3, 41 e 97 della Costituzione, dell’art. 3 del D.L. 223/2006 conv. in L. 248/2006, degli artt. 10, 11 e 15 del D. Lgs. 59/2010, dell’art. 3 del D.L. 138/2011 conv. in L. 148/2011, dell’art. 31 del D.L. 201/2011 conv. in L. 241/2011, dell’art. 1 del D.L. 1/2012 conv. in L. 27/2012, eccesso di potere per illogicità e irrazionalità, difetto di motivazione, ingiustizia grave e manifesta, lesione dei principi di proporzionalità, in quanto:

- i vincoli invocati dall’Ente sono illegittimi perché in insanabile contrasto con le misure di liberalizzazione e il principio di libera concorrenza;

- il D.L. 224/2006 (Decreto Bersani) ha disposto l’abrogazione di tutte le limitazioni commerciali con l’intento di garantire il corretto e uniforme funzionamento del mercato, in attuazione dei principi di uguaglianza e di libertà di iniziativa economica;

- il D. Lgs. 59/2010 (di attuazione della Direttiva “Bolkestein” ) ha ribadito che l’accesso e l’esercizio delle attività di servizi costituiscono espressione della libertà di iniziativa economica e non possono essere sottoposti a limitazioni non giustificate o discriminatorie, salvi i requisiti di programmazione dettati da motivi imperativi di interesse generale e ad essi commisurati;

- il D.L. 138/2011 ha affermato (art. 3) il principio di tutela della concorrenza come fondamentale per lo sviluppo economico, salvi i limiti della sicurezza, libertà, dignità umana e contrasto con l'utilità sociale e la protezione della salute umana, la conservazione delle specie animali e vegetali, dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale (interessi pubblici preminenti tassativamente enumerati);
i limiti all’accesso ed esercizio delle attività economiche vanno interpretati restrittivamente;

- il D.L. 201/2011 ha sancito che, in ossequio alla normativa comunitaria e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, “costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali” ;

- il D.L. 1/2012 ha disposto l’abrogazione di ogni norma che ponga “divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite, nonché le disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale … che pongono limiti, programmi e controlli non ragionevoli ovvero non adeguati ovvero non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche dichiarate …” (comma 1 lett. b), e sono ammessi i soli limiti tesi a evitare danni alla salute, all’ambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, libertà e dignità umana, all’ordine pubblico, al sistema tributario e agli obblighi comunitari e internazionali della Repubblica;

- il processo di liberalizzazione delle attività economiche e commerciali impone l’abrogazione di ogni atto che ostacoli in modo ingiustificato la concorrenza alterando il rapporto tra domanda e offerta dettato dal libero mercato;

- i vincoli convenzionali relativi al prezzo massimo di locazione praticabile nei locali del Centro commerciale sono inefficaci, confliggendo apertamente con i principi e le misure sopra indicate;

- si tratta di disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale, aventi fonte nella convenzione stipulata il 7/3/1984, atto di pianificazione territoriale sottoscritto tra Comune e privato per costruire un Centro commerciale in zona PEEP;

- vengono alterate le condizioni di piena concorrenza tra operatori economici, e i limiti sono irragionevoli, inadeguati e sproporzionati rispetto alle finalità pubbliche, che intendono assicurare le dotazioni commerciali a servizio degli insediamenti residenziali della zona;

- in Centro commerciale ha da tempo trovato piena attuazione, sicché l’interesse pubblico è già stato pienamente soddisfatto, e l’imposizione di canoni rischia di allontanare gli operatori, impossibilitati a sostenere spese di gestione e conservazione dei locali;

- per oltre 30 anni il Comune si è disinteressato;

- la ricorrente ha applicato in modo razionale l’efficiente sfruttamento dei fabbricati posseduti, applicando canoni adeguati al raggiungimento dell’equilibrio economico;
ha diligentemente assolto agli obblighi tributari e dichiarato tutti i canoni pattuiti, rispettando il testo unico delle imposte sui redditi n. 917/86 e anche l’obbligo di versamento delle imposte indirette (condotte conformi a legge).

F. Si è costituita in giudizio l’amministrazione comunale, chiedendo il rigetto del gravame.

G. Con motivi aggiunti depositati il 21/12/2017 parte ricorrente si duole delle intimazioni di pagamento delle somme a titolo di sanzione, pari rispettivamente a 530.727,80 €, 14.841,20 €, 19.532,80 €, 111.033,82 €, e in subordine chiede la rideterminazione dell’ammontare.

H. Sostiene di aver sottoscritto un contratto di locazione con la ditta “Galò di F L e P Davide snc” che ha adibito i locali a libreria, e con pattuizione secondo i valori di mercato di 1.300 € scesi a 1.000 € nel luglio 2014;
per i locali ulteriori erano stipulati tre contratti con la farmacia “Fossolo 2 Centro commerciale s.a.s. della dott.ssa C M c.” di proprietà della famiglia alla quale appartiene la Società ricorrente. Lamenta che il Comune di Bologna, dal 1984, si è disinteressato alle condizioni di locazione e improvvisamente ha iniziato un’attività di “indagine” nel 2016. Malgrado il contraddittorio instaurato, nell’ottobre 2017 intimava il pagamento delle sanzioni riportate al precedente par. G, entro il 28/2/2018 (per complessivi 676.135,62 €).

I. Deduce in diritto i seguenti motivi:

I) Illegittimità per i medesimi profili illustrati nell’atto introduttivo del giudizio;

II) Nullità delle limitazioni convenzionali al prezzo di locazione ex art. 1418 e 1343 c.c., eccesso di potere per sproporzione, illogicità, irrazionalità, ingiustizia grave e manifesta, difetto di motivazione, in quanto:

- siamo in presenza di accordi procedimentali e si applicano i principi del c.c. in materia di obbligazioni e contratti se compatibili;

- affiora il difetto e/o illiceità della causa degli accordi, non conformi ad obiettivi di interesse pubblico ed anzi tali da comprometterli;

- l’interesse collettivo è stato pienamente realizzato con la totale attuazione del Centro commerciale, e ora in vincoli ne compromettono la permanenza, allontanando gli operatori e condannandoli al fallimento, perché gli importi predeterminati dei canoni non consentono neppure di coprire l’imposta comunale unica e le spese di amministrazione ordinaria dei locali (a destinazione commerciale e non residenziale);

- la sanzione è irragionevole, illogica e sproporzionata rispetto al fine perseguito;

- l’irrazionalità va apprezzata per l’esorbitante importo di 676.135,62 € per una locazione a Società costituita tra membri di un’unica famiglia (si tratta di operazioni di assetto familiare e organizzazione aziendale, senza scopo speculativo);

- la Società ha sempre rispettato le regole negoziali e i precetti tributari, e ha cercato di sfruttare i fabbricati con canoni adeguati all’obiettivo dell’equilibrio economico per sostenere oneri diretti e indiretti degli immobili.

III) Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, degli artt. 29 e 32 della L.r. 47/78, eccesso di potere per disparità di trattamento e ingiustizia grave e manifesta, dato che:

- si registra una disparità di trattamento evidente, posto che in analoga fattispecie di convenzione ex L. 865/71 il Comune ha preso atto della durata ventennale delle limitazioni (criteri per i prezzi di vendita e locazione), e in assenza di specificazione su un arco temporale superiore al minimo di legge (art. 29 e 32 L. 47/78) ha ritenuto venute meno le restrizioni all’autonomia negoziale;

- con riguardo alle convenzioni ex art. 27 L. 865/71 (P.I.P.) in difetto di un delimitazione temporale per le pattuizioni sulle condizioni di vendita e locazione l’Ente locale si è ancorato al termine minimo per le concessioni convenzionate ex L. 47/78 (20 anni), mentre per gli immobili commerciali del Centro “Fossolo 2” ha stabilito la perduranza dei vincoli – per locali commerciali – senza motivazione alcuna.

IV) In subordine, erronea quantificazione delle sanzioni e istanza di rideterminazione, con illegittimità della determinazione dirigenziale prot. n. 207682/2016 per incompetenza, eccesso di potere per difetto di istruttoria e illogicità, dato che:

- la penale applicata ha natura sanzionatoria e vale il termine di prescrizione quinquennale (correttamente l’amministrazione ha chiesto il pagamento delle somme riferite agli ultimi 5 anni);

- il Comune ha chiesto di produrre i giustificativi delle spese di miglioria effettuate nei locali dal momento dell’acquisto alla stipula dei contratti di locazione, ma è in sostanza una probatio diabolica perché gli atti contabili non debbono più essere conservati dopo 10 anni;
in ogni caso, avrebbero dovuto essere valorizzati anche gli interventi successivi alla stipula del contratto (con importi da rivalutare) e anche qualsivoglia spesa anche se non sostenuta direttamente dalla proprietà;

- la convenzione prevede che il valore convenzionale della locazione sia determinato tenendo conto dell’eventuale degrado, ma sarebbe stato sufficiente un sopralluogo per verificare gli ingenti interventi di ammodernamento degli ultimi anni (doc. 27 e 28) che danno conto di una complessiva riqualificazione;
la determina gravata è viziata ove prevede “coefficienti presuntivi di degrado” – previsti come meramente eventuali (dunque da accertare) – e che comunque non vengono in considerazione a causa delle migliorie della struttura negli anni, con investimento di oltre 1.800.000 € solo per le parti comuni;

- i criteri per la determinazione del valore massimo di locazione devono essere deliberati dal Consiglio comunale ex art. 35 comma 14 della L. 865/71, per cui il dirigente difetta di competenza al riguardo;

- si produce prospetto (pag. 28, 29 e 30) dal quale si evincono importi inferiori (499.156,27 €, 95.411,34 €, 6.489,46 €, per un totale di 601.057,07 €) a quelli indicati dal Comune, e si chiede una riduzione forfettaria del 30% (o altra percentuale equitativa) in ragione delle numerose spese prive di principio di prova e nel limite della prescrizione quinquennale.

L. Nella memoria del 23/10/2021 il Comune puntualizza alcuni elementi di fatto:

- gli immobili di cui si discute sono situati nel comprensorio del Piano per l’Edilizia Economica e Popolare (PEEP) “Fossolo II”, originariamente trasferiti a So.Ce.Co., Società partecipata dal Comune;

- quest’ultima diventava titolare del diritto di superficie per 99 anni, e la circolazione era regolata da specifiche clausole fissate con deliberazione consiliare 12/12/1983 p.g. 46333, che consentiva la cessione a terzi del diritto sugli immobili ovvero la locazione, salve limitazioni all’ammontare del corrispettivo (accompagnate da sanzioni per il caso di inosservanza);

- detti vincoli intendevano evitare un’utilizzazione speculativa dei beni sub-concessi, in armonia con le previsioni della L. 865/71 sui PEEP (cfr. art. 35);

- la lettera f) fissava la soglia del prezzo per i trasferimenti, la lett. g) regolava i successivi passaggi, mentre la lett. h) estendeva la disciplina alle locazioni;
la violazione avrebbe comportato l’irrogazione di una penale (il concessionario e gli aventi causa dovevano fare espressa menzione degli obblighi nei rogiti di cessione del diritto di superficie – lett. m);

- la delibera del 1983 si richiamava alla precedente del 1977, recante la costituzione del diritto di superficie a favore della partecipata So.Ce.Co. su aree di proprietà comunale nel comprensorio PEEP “Fossolo II” per la costruzione di un Centro commerciale e relativi parcheggi in zona totalmente sprovvista;
le ragioni della mancata alienazione piena erano individuate nel potenziamento degli strumenti per verificare l’osservanza delle clausole apposte nell’atto costitutivo e assicurare alla collettività la proprietà piena e la gestione dopo un certo periodo di uso del concessionario costruttore (finalità pubblicistiche del disegno urbanistico);

- il Comune intendeva facilitare l’insediamento di esercizi commerciali nel Centro “Fossolo II” in zona PEEP, costituendo un diritto di superficie a prezzi vantaggiosi e calmierando le eventuali locazioni successive;

- nei tre atti notarili di cessione dalla So.Ce.Co. alla ricorrente, la parte acquirente prestava consenso ai patti relativi al diritto di superfice, limitativi dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione (doc. 5, 6 e 7);

- dal 23/10/2012 il Comune sollecitava al gestore del complesso immobiliare la produzione di copia dei contratti di locazione degli immobili condotti da persona diversa dal proprietario;
dall’esame di questi ultimi emergeva il superamento del limite massimo del corrispettivo richiesto a titolo di canone, con conseguente richiesta di versamento delle penali per 4 unità immobiliari;

- si apriva un contraddittorio sul quantum , con istanza di valutare osservazioni sulle migliorie e sul degrado;
il Comune condivideva parzialmente i rilievi e rideterminava gli importi per un complessivo ridotto a 453.261,94 € (rispettivamente 356.341,52 €, 5.757,45 €, 14.253,83 €, 76.909,14 €);
detti importi sono inferiori a quelli dovuti ove si accogliesse la domanda giudiziale subordinata della ricorrente;

- il debito è stato estinto il 20/8/2021.

M. All’udienza del 23/11/2021 il gravame introduttivo e i motivi aggiunti sono stati chiamati per la discussione e trattenuti in decisione.

DIRITTO

Con l’introdotto gravame, integrato da motivi aggiunti, la ricorrente chiede a questo T.A.R. di accertare l’inefficacia dei vincoli convenzionali previsti per gli importi dei canoni di locazione di unità immobiliari acquistate in diritto di superficie, e in subordine la riduzione della misura delle sanzioni irrogate per la loro inosservanza.

IL RITO

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