TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2024-01-09, n. 202400379

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2024-01-09, n. 202400379
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202400379
Data del deposito : 9 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/01/2024

N. 00379/2024 REG.PROV.COLL.

N. 07382/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7382 del 2021, proposto da-OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G M E, V C, R G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G M E in Roma, Lungotevere Arnaldo Da Brescia, 11;

contro

Organismo di Vigilanza e Tenuta dell'Albo Unico dei Consulenti Finanziari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato S P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento:

- della lettera del -OMISSIS- prot. n.-OMISSIS-, notificata via pec in pari data, con la quale l'Ufficio Vigilanza Albo ha comunicato al ricorrente l'avvio del procedimento per la sospensione cautelare dall'esercizio dell'attività di consulente finanziario abilitato all'offerta fuori sede;

- della nota del -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS- dell'Ufficio Albo Consulenti Finanziari di Roma;

- della delibera n. -OMISSIS-del -OMISSIS- del Comitato di vigilanza dell'Organismo di vigilanza e tenuta dell'Albo Unico dei Consulenti Finanziari;

- per quanto occorra del regolamento intermediari adottato con delibera Consob n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, e del regolamento interno generale - di organizzazione e attività dell'Organismo di vigilanza e tenuta dell'Albo Unico dei Consulenti Finanziari, adottato con provvedimento del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 24 maggio 2018;

- nonché di ogni altro atto, cognito o incognito, comunque presupposto, connesso o consequenziale a quelli impugnati in via principale;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Organismo di Vigilanza e Tenuta dell'Albo Unico dei Consulenti Finanziari;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2023 il dott. Vincenzo Sciascia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


1. Con delibera n. -OMISSIS-del -OMISSIS-, l’Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei consulenti finanziari disponeva la sospensione del ricorrente -OMISSIS--OMISSIS-, per un periodo di un anno, ai sensi dell’art. 7 septies, co. 2, D. Lgs. n. 58/1998.

Ciò deliberava sulla base delle seguenti considerazioni:

- con nota del -OMISSIS-(prot. n. -OMISSIS-) l’Ufficio Albo Consulenti Finanziari di Roma aveva trasmesso all’Ufficio Vigilanza Albo il certificato dei carichi pendenti, emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS-, in data 22.03.2021, da cui si evinceva l’assunzione della qualità di imputato da parte del ricorrente nell’ambito del procedimento penale n.-OMISSIS-, -OMISSIS-, per il reato di cui agli artt. 73, co. 1, D.P.R. n. 309/1990 e 81, co. 2, cod. pen.;

- con nota del -OMISSIS- (prot. n. -OMISSIS-) il Tribunale di -OMISSIS- aveva trasmesso all’Organismo il decreto, emesso l’11.01.2021, che disponeva il giudizio, nei confronti, tra gli altri, del consulente, nell’ambito del suddetto procedimento penale;

- il suddetto decreto chiariva che il consulente era imputato per quel reato, in quanto “con più atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso [avvenuti nell’anno 2015, n.d.e.], senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17, -OMISSIS- (…)”;

- le circostanze in base alle quali il consulente finanziario aveva assunto la qualità di imputato (per uno dei delitti indicati nell’art. 7 septies, co. 2, cit.) erano idonee a pregiudicare gli specifici interessi coinvolti nello svolgimento della sua attività professionale, con particolare riferimento alla fiducia del pubblico dei risparmiatori nella correttezza degli operatori finanziari;

- l’elenco dei reati contenuto nella lett. b) del comma 2 dell’art. 7 septies non si riferirebbe “in maniera plastica” solamente ai reati contenuti nei Titoli II (dei delitti contro la Pubblica Amministrazione), VII (dei delitti contro la fede pubblica), XIII (dei delitti contro il patrimonio), V (dei delitti contro l’ordine pubblico) e VIII (dei delitti contro l’economia pubblica), ma prenderebbe in considerazione anche tutte quelle fattispecie di reato contenute nella normativa extra-codicistica che mirano a tutelare i beni giuridici presi in considerazione dall’articolo del “TUF”;

- il riferimento, quindi, non sarebbe ai titoli del codice, ma a quei beni giuridici che il legislatore ritiene di tutelare attraverso il provvedimento cautelare, strettamente legati al valore sociale ed economico della consulenza in materia di investimenti;

- il procedimento penale è probabilmente destinato a protrarsi nel tempo, per vicende di rilevante gravità che ledono la fiducia dei potenziali investitori nel mercato e nel corretto svolgimento dell’attività di consulenza finanziaria.

2. Con ricorso notificato in data 20.07.2021 e depositato in data 21.07.2021 il ricorrente impugnava i suddetti atti sulla base dei seguenti motivi di ricorso.

2.1. «Nullità della sospensione per carenza del potere sanzionatorio in capo all’Organismo di vigilanza dei consulenti finanziari. Contrasto dell’art. 31, comma 4, del D. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF), con l’art. 67 della Direttiva comunitaria n. 65 del 15.5.2014. Richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia».

Sosteneva preliminarmente il ricorrente che il provvedimento sarebbe affetto da “nullità assoluta” essendo stato adottato da un ente privato, come tale escluso dalla normativa europea dal novero dei soggetti autorizzati ad esercitare il potere autoritativo e pubblicistico di vigilanza, sanzionatorio e cautelare, che, sebbene riservato dall’art. 67 della Direttiva citata esclusivamente all’autorità pubblica, è stato attribuito dall’art. 31, co. 4, TUF, ad un’associazione privata.

2.2. «Violazione dell’art. 7 septies del D. Lgs. 58/1998 (TUF). Violazione dell’art. 181, co. 2, Regolamento intermediari, adottato con delibera Consob n. -OMISSIS-/2018. Violazione dei principi di tassatività e tipicità. Numerus clausus dei reati per i quali può essere applicata la sospensione».

Argomentava il ricorrente che la sospensione gli era stata irrogata al di fuori delle ipotesi tipiche e tassative previste dall’art. 7 septies D. Lgs. n. 58/1998.

2.3. «Eccesso di potere per difetto di istruttoria e difetto di motivazione. Violazione art. 35 Cost. Compressione del diritto al lavoro. Violazione dell’art. 3, L. 241/1990 e art. 24 della L. 262/2005. Omessa ed erronea valutazione delle controdeduzioni. Violazione degli artt. 7 septies TUF, e 181, comma 2, del regolamento intermediari adottato dalla Consob con delibera n. -OMISSIS- del 15/2/2018».

2.4. «Violazione dell’art. 3 Cost. Eccesso di potere per violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità. Disparità di trattamento e difetto di motivazione. Violazione art. 70 della Direttiva 2014/65/UE in base al quale le misure devono essere proporzionate».

2.5. «Violazione del giusto procedimento e del contraddittorio violazione degli artt. 24 e 111 della Costituzione. Violazione degli artt. 41, 47, 48 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Mancata audizione personale».

3. Con atto depositato in data 03.09.2021, si costituiva in giudizio l’Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei consulenti finanziari.

Con successiva memoria depositata in data 24.09.2021, l’Organismo chiedeva – sulla base di varie argomentazioni – il rigetto del ricorso.

4. Le parti, in vista dell’udienza pubblica del 12.12.2023, depositavano le proprie ulteriori memorie, rispettivamente, in data 11.11 e 21.11.2023 (la parte ricorrente), nonché in data 09.11 e 21.11.2023 (la parte resistente).

All’udienza del 12.12.2023 il ricorso veniva discusso e trattenuto per la decisione.

5. Il Collegio ritiene anzitutto opportuno precisare – in via preliminare ed in riferimento al tema della natura del potere attribuito alla parte resistente, evocato dal ricorrente nel primo motivo di ricorso – che, indipendentemente dalla natura giuridica delle situazioni soggettive delle parti coinvolte, sussiste nella presente controversia la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133 c.p.a., secondo cui «Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: (…)

c) le controversie in materia di pubblici servizi (…) afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare (…)» (cfr. T.A.R. Lazio – Roma, Sezione seconda quater, n. 7856/2021 del 18.05/05.07.2021).

E’ possibile invece pretermettere l’esame della questione oggetto del primo motivo di ricorso, relativa alla nullità del provvedimento impugnato, asseritamente derivante dal presunto contrasto tra l’art. 31, co. 4, D. Lgs. n. 58/1998 l’art. 67 Dir. U.e. n. 65/2014.

Ritiene infatti il Collegio di poter aderire all’orientamento secondo cui «Il principio della ragione più liquida consente di derogare all'ordine logico di esame delle questioni portate al vaglio dell'organo giurisdizionale e, qualora le questioni vagliate esauriscano la vicenda sottoposta al giudice amministrativo, aderendo al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati vengono ritenuti non rilevanti ai fini della decisione» (Consiglio di Stato, sez. VI, 27.01.2023, n. 951), così omettendo anche l’eventuale rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, che determinerebbe un inevitabile prolungamento dei tempi del giudizio.

La controversia infatti può essere risolta sulla base delle seguenti considerazioni relative al secondo motivo di ricorso.

6. Tale motivo è fondato.

Ai sensi dell’art. 7 septies, co. 2, D. lgs. n. 58/1998, «L'Organismo di cui al comma 1 dispone in via cautelare, per un periodo massimo di un anno, la sospensione dall'esercizio dell'attività qualora il soggetto iscritto all'albo sia sottoposto a una delle misure cautelari personali del libro IV, titolo I, capo II, del codice di procedura penale o assuma la qualità di imputato ai sensi dell'articolo 60 dello stesso codice in relazione ai seguenti reati:

a) delitti previsti nel titolo XI del libro V del codice civile e nella legge fallimentare;

b) delitti contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l'ordine pubblico, contro l'economia pubblica, ovvero delitti in materia tributaria;

c) reati previsti dal titolo VIII del T.U. bancario;

d) reati previsti dal presente decreto».

La questione giuridica che assume rilievo determinante nella presente controversia riguarda il significato dell’espressione “delitti contro l’ordine pubblico” di cui alla citata lett. b).

Non appare controverso che il delitto di cui è imputato il ricorrente (cessione ad altri, per qualunque scopo, di sostanze stupefacenti o psicotrope, ai sensi dell’art. 73, co. 1, D.P.R. n. 309/1990) contempli tra i beni giuridici tutelati anche l’ordine pubblico, come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui « La circostanza attenuante prevista dall'art. 62 n. 4 c.p. presuppone - relativamente all'ipotesi del conseguimento di un lucro di speciale tenuità, riferentesi ai "delitti determinati da motivi di lucro" - che l'"evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità".

Il che può verificarsi soltanto con riferimento ai delitti contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio;
non anche con riguardo ai reati in materia di sostanze stupefacenti, risultando tali reati lesivi di valori costituzionali attinenti alla salute pubblica, alla sicurezza ed all'ordine pubblico, alla salvaguardia del sociale
» (Cass., sez. VI, 30.03.1999, n. 7830).

Ciononostante, resta la questione se il legislatore, nell’indicare i reati che possono costituire il presupposto della sospensione cautelare, per un periodo massimo di un anno, dall'esercizio dell'attività professionale di consulente finanziario, abbia inteso riferirsi a tutti i delitti eventualmente lesivi del bene giuridico “ordine pubblico” ovvero ai soli “delitti contro l’ordine pubblico” previsti dal titolo V del libro II del codice penale.

Il Collegio propende per la seconda soluzione, sulla base delle seguenti considerazioni.

Vi è innanzitutto un argomento di carattere letterale costituito dalla tecnica enumerativa utilizzata dal legislatore, che, alla citata lettera b), ha elencato le tipologie dei reati-presupposto utilizzando esattamente le medesime locuzioni contenute in alcuni titoli del codice penale:

- “delitti contro la pubblica amministrazione” (titolo II);

- delitti “contro la fede pubblica” (titolo VII);

- delitti “contro il patrimonio” (titolo XIII);

- delitti “contro l'ordine pubblico” (titolo V);

- delitti “contro l'economia pubblica” (titolo VIII – capo I).

Laddove invece il legislatore ha voluto riferirsi a delitti diversi da quelli previsti dai suddetti titoli del codice penale, lo ha fatto esplicitamente: sia nella stessa lett. b), nella quale ha espressamente indicato i “delitti in materia tributaria”;
sia nelle residue lett. a), c), d), rispettivamente riferite ai delitti previsti nel titolo XI del libro V del codice civile e nella legge fallimentare, ai reati previsti dal titolo VIII del T.U. bancario, ai reati previsti dallo stesso decreto legislativo recante il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria.

Sussistono, in secondo luogo, considerazioni di carattere sistematico.

La sospensione cautelare prevista dalla legge incide sul diritto fondamentale all’esercizio dell’attività lavorativa (art. 4 Cost.), allo stesso modo in cui le misure cautelari previste dal codice di procedura penale, coercitive e interdittive, restringono il fondamentale diritto alla libertà personale (art. 13 Cost.) e altri diritti di rango costituzionale.

Orbene, tali ultime norme inserite nel codice di rito penale sono caratterizzate da un elevato livello di tipicità, proprio al fine di consentire un equilibrato bilanciamento tra il diritto alla libertà personale (e altri diritti fondamentali), da un lato, e quello alla conservazione dell’ordine e della sicurezza pubblici, dall’altro.

Tale tipicità – anche nell’individuazione dei reati che costituiscono il presupposto dell’applicazione della misura – trova espressione negli artt. 280 e 287 c.p.p., secondo cui (salvo disposizioni particolari) le misure previste nei capi II e III (rispettivamente coercitive e interdittive) possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni.

È evidente che sia nel caso delle misure coercitive che in quello delle misure interdittive, i reati-presupposto sono stati individuati attraverso un riferimento oggettivo costituito dalla quantità della pena.

Ritiene il Collegio che la medesima esigenza di oggettività si imponga anche nell’individuare i reati che costituiscono il presupposto della sospensione cautelare in questione, poiché sia quest’ultima misura sia quelle previste dal codice di procedura penale svolgono un effetto restrittivo su diritti fondamentali della persona [la libertà personale, il lavoro, la responsabilità genitoriale (art. 288 c.p.p. in relazione all’art. 30 Cost.), l’accesso ai pubblici uffici (art. 289 c.p.p. in relazione all’art. 51 Cost.), l’attività di impresa (artt. 289 bis e 290 c.p.p. in relazione all’art. 41 Cost.)].

Tale esigenza di oggettività non potrebbe essere garantita tramite un generico riferimento alla lesione del bene giuridico “ordine pubblico”, tenuto anche conto della particolare ampiezza di tale concetto e della difficoltà in cui incorre l’interprete nel definirne i contorni, sia nell’ambito del diritto penale, che in quello del diritto civile (si pensi, ad esempio, all’art. 1343 cod. civ.).

Ne consegue che l’unica interpretazione conforme a tale necessaria oggettività consiste nel ritenere che il legislatore abbia inteso riferirsi ai soli “delitti contro l’ordine pubblico” tipizzati nel titolo V del libro II del codice penale (istigazione a delinquere;
istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia;
istigazione a disobbedire alle leggi;
associazione per delinquere, anche di tipo mafioso;
scambio elettorale politico-mafioso;
devastazione e saccheggio;
attentato a impianti di pubblica utilità;
pubblica intimidazione).

Una diversa interpretazione non risulterebbe costituzionalmente orientata e rischierebbe di porsi in contrasto con il principio di legalità ( sub specie di “tassatività”) che trova espressione nell’art. 25, co. 2 e 3, Cost., nell’art. 1 cod. pen., nonché nell’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale.

Ne consegue che la parte resistente ha applicato la misura cautelare in un caso non previsto dall’art. 7 septies citato, così come interpretato.

7. La fondatezza del secondo motivo di ricorso ne impone l’accoglimento, con la conseguente necessità di annullare l’impugnata delibera n. -OMISSIS-del -OMISSIS-.

L’accoglimento del secondo motivo di ricorso esonera il Collegio dall’esame degli altri motivi, che possono considerarsi assorbiti.

8. Le particolari delicatezza e novità della questione giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali.

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