TAR Palermo, sez. I, sentenza 2023-11-15, n. 202303356
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Pubblicato il 15/11/2023
N. 03356/2023 REG.PROV.COLL.
N. 03837/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3837 del 2015, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F P M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto in Palermo, via P.pe di Scordia, n. 3.
contro
Ministero dell'Interno - Questura di Palermo, U.T.G. - Prefettura di Palermo, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi
ex lege
dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in Palermo, via Valerio Villareale, n. 6.
per l'annullamento
del decreto (-OMISSIS-) emesso in data 21.09.2015 dal Questore della Provincia di Palermo nella persona del Vice Questore agg/to dr. M. Antonucci notificato personalmente al ricorrente in data 05 ottobre 2015 attraverso il quale veniva decretato che "l'istanza presentata da -OMISSIS- intesa ad ottenere il rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia non è accolta".
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno - Questura di Palermo - U.T.G. - Prefettura di Palermo;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 27 settembre 2023 il dott. D D F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 1° dicembre 2015 e depositato il successivo 17 dicembre, il sig. -OMISSIS- ha impugnato il decreto (-OMISSIS-) data 21 settembre 2015 e notificato il successivo 5 ottobre 2015, con il quale il Questore della Provincia di Palermo aveva respinto l’istanza prodotta dal ricorrente intesa ad ottenere il rinnovo del porto di fucile per uso caccia.
Segnatamente, tale provvedimento veniva adottato sia per la segnalazione a carico del ricorrente per violazione dell’art. 75 DPR 309/90 per uso di sostanze stupefacenti - che dava luogo in data 08.04.2011 all’emissione da parte del Prefetto di Palermo del provvedimento (-OMISSIS-) - sia per la frequentazione del ricorrente con persona a carico della quale figurano pregiudizi penali e/o di polizia per rapina, stupefacenti, furto ed altro.
In particolare il ricorrente propone le seguenti censure a fondamento della propria pretesa.
a) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990, degli artt. 10, 11 e 43 del TULPS, degli artt. 2, 24 e 97 della Cost;eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità, insufficienza e genericità della motivazione;
b) eccesso di potere per difetto di motivazione, di istruttoria, travisamento dei fatti, violazione di legge ed erronea valutazione dei presupposti in riferimento all’omessa considerazione delle osservazioni presentate dal ricorrente;
c) Violazione e travisamento dei presupposti normativi di cui al DM Sanità 28.4.1998, violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa;
d) Violazione della l. n. 241/1990, carenza di istruttoria e assenza di garanzie partecipative;
e) Violazione di legge in ordine al precetto costituzionale di presunzione di innocenza.
In primo luogo il sig. -OMISSIS-, pur ammettendo di essere stato trovato in possesso di una modestissima quantità di marijuana (0,4 grammi), adduce che non è stato eseguito alcun esame tossicologico volto a verificare se egli avesse effettivamente assunto la sostanza. A ciò si aggiunge che l’evento, verificatosi ben cinque anni prima, è stato isolato e non è stato oggetto di alcun provvedimento sanzionatorio.
Per ciò che attiene al controllo con un soggetto controindicato, esso costituirebbe un evento isolato dal quale non potrebbe inferirsi alcuna frequentazione pericolosa e non tale da determinare il diniego di rinnovo del porto d’armi. Ciò del resto sarebbe dimostrato dal TULPS che non include le circostanze ascritte al ricorrente tra quelle che determinano la decadenza dalla carica.
La motivazione del gravato provvedimento non indicherebbe gli specifici rischi collegati alla concreta situazione del ricorrente, sicché l’Amministrazione sarebbe incorsa in eccesso di potere.
Sotto altro profilo, poi, la caccia sarebbe un valore tutelato dalla Costituzione che il provvedimento impugnato avrebbe leso.
Si è costituito il Ministero dell’Interno.
All’udienza straordinaria per lo smaltimento dell’arretrato svoltasi da remoto ai sensi dell’art. 87, co. 4bis, c.p.a. la causa è stata introitata in decisione.
Il ricorso è infondato.
Deve preliminarmente rammentarsi che l’ordinamento non liberalizza il porto d’armi indipendentemente dalla finalità per cui è richiesto;né tanto meno la caccia costituisce un valore costituzionale, rivestendo semmai una tale dignità la tutela della fauna.
In materia di concessione e rinnovo del porto d’armi, l’Amministrazione di P.S., dovendo perseguire la finalità di prevenire la commissione di reati e/o fatti lesivi dell’ordine pubblico, possiede un’ampia discrezionalità nel valutare l’affidabilità del soggetto e le circostanze del caso ai fini dell’adozione di detti provvedimenti.
Sul punto, occorre evidenziare che la giurisprudenza amministrativa interpreta le suindicate disposizioni nel senso dell’attribuzione al Questore di un’elevata discrezionalità «in considerazione di rischi di commissione di illeciti connessi al possesso delle stesse» tale che «il diniego della licenza di porto d'armi o la revoca del titolo non richiedono un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne, sulla base del prudente apprezzamento di tutte le circostanze di fatto rilevanti nella concreta fattispecie da parte dell'autorità amministrativa. Si tratta di un giudizio prognostico che ben può essere basato su elementi anche soltanto di carattere indiziario, stante il potenziale pericolo per la sicurezza pubblica rappresentato dalla possibilità di utilizzo delle armi possedute» (Cfr. T.A.R., Napoli, sez. V , 09/12/2020, n. 5946- T.A.R. , Napoli , sez. V , 03/01/2020 , n. 35). Del resto, il provvedimento di rilascio del porto d’armi e l’autorizzazione a goderne richiedono che l’istante sia una persona esente da mende ed al di sopra di ogni sospetto e/o indizio negativo e nei confronti della quale esista la completa sicurezza circa il corretto uso delle armi, in modo da scongiurare dubbi e perplessità sotto il profilo dell’ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività.
Nel caso di specie è stato dunque correttamente applicato l’ultimo comma dell’art. 11 T.U.L.P.S., in forza del quale: “le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego dell’autorizzazione”. Come già chiarito, invero, nel caso di specie, tale provvedimento è stato adottato sia per la segnalazione a carico del ricorrente per violazione dell’art. 75 DPR 309/90 - che ha dato luogo in data 08.04.2011 all’emissione da parte del Prefetto di Palermo del provvedimento a -OMISSIS- - sia per la frequentazione del ricorrente con persona a carico della quale figurano pregiudizi penali e/o di polizia per rapina, stupefacenti, furto ed altro.
Ed invero quanto al possesso di sostanze stupefacenti, parte ricorrente non nega la circostanza, ma adduce di non averle utilizzate, ma a ben vedere tale circostanza risulta del tutto irrilevante, atteso che nell’ambito del vaglio preventivo cautelare rimesso alla Prefettura assume rilievo non solo lo stato di tossicodipendenza ovvero di impiego abituale di dette sostanze, quanto il fatto stesso di esserne trovato in possesso, in quanto ciò costituisce indice di vicinanza ad ambienti e persone che gettano un’ombra sulla condotta di vita del richiedente il Porto d’armi che non può non essere considerata dall’Autorità prefettizia;del resto nel caso di specie tale elemento si associa a quello della frequentazione con un soggetto gravato da pregiudizi penali, rendendo vieppiù la situazione del ricorrente non compatibile con l’autorizzazione al possesso di armi da fuoco, per il pericolo anche generico che le circostanze rilevate nel gravato provvedimento configurano.
Del resto questo Tribunale ha affermato ripetutamente che: “il titolare della licenza porto fucile e dell’autorizzazione a detenere armi, oltre a dover essere persona assolutamente esente da mende o da indizi negativi, deve anche assicurare la sua sicura e personale affidabilità circa il buon uso e che non vi sia pericolo che abusi possano derivare da parte dei soggetti con cui ha relazioni familiari o personali” (Sentenza nr. 2767/2017 TAR Sicilia Palermo del 01.12.2017).
Il diniego di rinnovo quindi non costituisce un giudizio sulla persona, ma una valutazione prognostica con la quale l’Amministrazione verifica l’eventuale sussistenza di un rischio anche generico di abuso delle armi.
Sotto questo aspetto anche episodi isolati da quali possa desumersi la non completa affidabilità circa il corretto uso delle armi da parte del richiedente possono condurre all’adozione di un provvedimento negativo (cfr. Cons. Stato, n. 4121/2014).
In definitiva tutte le censure si appalesano infondate e il ricorso deve essere respinto.
Le peculiarità della controversia giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.