TAR Napoli, sez. V, sentenza 2023-07-31, n. 202304612

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2023-07-31, n. 202304612
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202304612
Data del deposito : 31 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/07/2023

N. 04612/2023 REG.PROV.COLL.

N. 05615/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5615 del 2022, proposto da
-OMISSIS- in proprio e in qualità di legale rappresentante della Firelight s.r.l., rappresentato e difeso dall'avvocato A A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Napoli, Questura di Bari - Divisione Polizia Amministrativa, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11;

per l'annullamento

1) del Decreto prot. n. 0302454 del 22.9.2022 notificato al ricorrente in data 29.9.2022 con cui il Prefetto della Provincia di Napoli ha disposto la revoca del certificato di idoneità all'accensione dei fuochi artificiali e detenzione e vendita di prodotti esplodenti di IV e V categoria, rilasciato al ricorrente con provvedimento n. 50280/12/7E/Area I Quater del 18.7.2012;

2) di ogni ulteriore atto presupposto, preparatorio, connesso, conseguente, comunque lesivo degli interessi del ricorrente ivi compresa la nota prot. n. 243443 del 28.7.2022 con cui il Prefetto di Napoli ha comunicato ex art. 7 della L n. 241/1990, l'avvio del procedimento amministrativo di revoca.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno, dell’U.T.G. - Prefettura di Napoli e della Questura di Bari - Divisione Polizia Amministrativa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 luglio 2023 il dott. G D V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente espone in fatto di essere legale rappresentante della società “Firelight s.r.l.”, azienda che si occupa di spettacoli pirotecnici diurni e notturni per commesse pubbliche e private per celebrazione di eventi e, con il gravame in trattazione, impugna il decreto in epigrafe con cui il Prefetto della Provincia di Napoli ha disposto la revoca del certificato di idoneità all’accensione dei fuochi artificiali, detenzione e vendita di materiali esplodenti rilasciato con provvedimento del 18.7.2012 ai sensi dell’art. 101 del R.D. n. 635/1940 (Regolamento per l’esecuzione del R.D. n. 773/1931, Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, di seguito TULPS).

A sostegno della gravata azione amministrativa sono stati addotti i seguenti rilievi ostativi:

- nel 2022 il ricorrente depositava presso la Questura di Bari una istanza volta al conseguimento dell’autorizzazione ex art. 57 TULPS per l'allestimento degli spettacoli pirotecnici da effettuarsi a Bari nell'ambito della c.d. "Sagra di San Nicola", nelle date del 28 aprile 2022, 8 e 9 maggio 2022;

- a corredo dalla istanza produceva la relazione a firma di un consulente tecnico, relativa alla idoneità del sito ove sarebbero stati allestiti gli spettacoli pirotecnici, attestante l'esistenza di idonea distanza di sicurezza dall'area di sparo, in relazione alla tipologia ed al calibro dei fuochi d'artificio da impiegare;

- poiché emergevano dubbi sulla autenticità della firma apposta in calce all’elaborato, l’amministrazione contattava il tecnico asseveratore il quale, assunto a sommarie informazioni, riferiva di avere abbandonato da circa 3 anni l’attività di consulenza tecnica, negando quindi di aver svolto alcun sopralluogo presso l’area dei fuochi per conto della società ricorrente e di non aver sottoscritto il documento tecnico, negando la paternità della firma;

- per l’effetto, l’amministrazione contestava l’uso del documento recante firma contraffatta del consulente tecnico, condotta per la quale inviava apposita informativa di reato all’Autorità Giudiziaria per i reati di cui agli artt. 482, 483, 110 e 81 c.p. per aver presentato falsa documentazione con lo scopo di conseguire indebitamente le autorizzazioni richieste, denegava la richiesta di autorizzazione ex art. 57 TULPS per le festività di San Nicola (avverso cui il ricorrente interponeva gravame al T.A.R. Puglia) e, infine, adottava il provvedimento impugnato nella presente sede contestando il venir meno dei requisiti di affidabilità e idoneità all’attività di accensione dei fuochi artificiali e detenzione e vendita dei prodotti esplodenti, ai sensi degli art. 10 - 11 del Testo Unico in materia di legge di pubblica sicurezza.

Avverso tale atto insorge il ricorrente deducendo violazione della L. n. 241/1990, carenza di motivazione, violazione del giusto procedimento, eccesso di potere, violazione dei principi di buon andamento e trasparenza.

In sintesi, articola le seguenti argomentazioni censorie:

- la denuncia alla Procura della Repubblica non potrebbe costituire di per sé motivo di dubbio sull’affidabilità del ricorrente, tale da giustificare la revoca del titolo abilitativo poiché, nel caso di specie, non verrebbero in rilievo fatti-reato per condotte violente o minacciose;

- in ogni caso, sotto il profilo penalistico, le denunce sarebbero infondate e risulterebbe insussistente il reato di falso ex art. 482 c.p. poiché la perizia con sottoscrizione falsificata non sarebbe un atto fidefacente ex art. 483 c.p.;

- in ogni caso il predetto documento era irrilevante ai fini del conseguimento dell’autorizzazione ex art. 57 del TULPS trattandosi di un documento prodotto per prassi dai privati per semplificare le operazioni di verifica svolte dall’amministrazione sulle condizioni di sicurezza del sito in cui avvengono le esplosioni sicchè non sarebbe corretta la contestazione secondo cui l’istante avrebbe prodotto falsa documentazione con lo scopo di conseguire indebitamente l’autorizzazione richiesta;

- il ricorrente sarebbe uno stimato professionista aggiudicatario di commesse pubbliche che esercita da anni la propria attività e non avrebbe mai abusato del titolo di polizia;

- la produzione del documento con la contestata firma del consulente tecnico sarebbe dovuta ad un mero errore di una collaboratrice della ditta che, fraintendendo l’incarico ricevuto (ristampare il contenuto di una precedente perizia riferita ad analogo sopralluogo), si sarebbe limitata ad apporre in calce una diversa data;

- sussisterebbe violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990 in quanto l’amministrazione non avrebbe adeguatamente motivato in ordine al contenuto delle controdeduzioni rese all’esito della comunicazione di avvio del procedimento terminato con l’adozione del provvedimento contestato nel presente giudizio;

- l’azione amministrativa sarebbe inficiata per difetto di istruttoria e di motivazione in quanto il Prefetto di Napoli non avrebbe esplicitato le ragioni che l’hanno indotto a ritenere non più affidabile il ricorrente, a seguito del mero deferimento alla Procura della Repubblica, considerato peraltro che non sarebbe intervenuta, allo stato, richiesta di rinvio a giudizio né alcuna condanna;

- nel merito, non sussisterebbero i presupposti per il diniego di rilascio (e per la revoca) della licenza di polizia ex art. 11 del TULPS.

Conclude con le richieste di accoglimento del gravame e di conseguente annullamento dell’atto impugnato.

Resiste in giudizio l’amministrazione intimata che replica alle censure e chiede il rigetto del gravame evidenziando, in punto di fatto, che l’aver artefatto la relazione tecnica avrebbe gravemente compromesso la pubblica incolumità ed escluso la possibilità di verificare esattamente e concretamente le condizioni di fruibilità e di sicurezza del sito di sparo che, a distanza di tre anni dall’ultimo sopralluogo effettuato dal consulente, avrebbe ben potuto presentare modifiche, circostanza questa che qualora conosciuta dalla Prefettura, avrebbe potuto condurre ad un eventuale ridimensionamento dei calibri e delle quantità di materiale pirotecnico da impiegare;
inoltre, riferisce in ordine a precedenti deferimenti riportati dal ricorrente (furto nel 1990, favoreggiamento personale nel 1992, minaccia nel 2005, turbata libertà degli incanti nel 2009) benché non approdati a sentenza di condanna.

Con ordinanza n. 65 dell’11.1.2023 il T.A.R. ha rigettato la domanda cautelare con la seguente motivazione:

“la vicenda contestata al ricorrente, in disparte la rilevanza penale, appare denotativa della carenza di affidabilità richiesta ai titolari di licenze di P.S., in ragione della produzione di falsa documentazione finalizzata al rilascio di autorizzazioni ex art. 57 del T.U.L.P.S.;

- in particolare, secondo quanto riferito dall’amministrazione, la consulenza oggetto di contraffazione aveva ad oggetto la verifica della distanza di sicurezza dall’area di sparo in relazione alla tipologia e al calibro dei fuochi da impiegare, quindi incideva su un delicato profilo concernente l’esercizio di attività pirotecnica potenzialmente lesiva della pubblica incolumità;

- l’avversata azione amministrativa non appare discostarsi dal consolidato indirizzo espresso dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui l’art. 11 del T.U..L.P.S. condiziona il rilascio delle autorizzazioni di polizia alla verifica della mancata sussistenza di alcuni requisiti necessariamente ostativi (la condanna per tipologie di reati tassativamente individuati), ovvero ne facoltizza il diniego sulla base di altri, tra i quali, oltre a meno gravi fattispecie penali, rientra genericamente la buona condotta (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 8368/2019)”.

Con l’ultima memoria difensiva il ricorrente insiste per l’accoglimento del ricorso e rappresenta che, in riferimento al procedimento penale iscritto presso la Procura della Repubblica di Bari per i reati di cui sopra, è intervenuta l’archiviazione disposta dal GIP, non ravvisando elementi probatori idonei a sostenere l’accusa in giudizio.

All’udienza del 25.7.2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Sotto il profilo procedimentale, va ribadito il consolidato indirizzo pretorio secondo cui le garanzie partecipative e gli obblighi motivazionali ex art. 10 della L. n. 241 del 1990 non possono tradursi in un'analitica confutazione degli elementi forniti nelle controdeduzioni alla comunicazione di avvio del procedimento, essendo sufficienti, per la loro osservanza, il compiuto apprezzamento e la perspicua esplicazione dei presupposti fattuali e delle ragioni giuridiche che, in positivo, ossia in logica e insuperata antitesi alle anzidette controdeduzioni, hanno giustificato la preannunciata determinazione (T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, n. 1246/2021). L'amministrazione, in altre parole, non deve confutare espressamente le ragioni addotte in sede procedimentale, come risulta testualmente dal tenore letterale dell'art. 10, primo comma, lett. b, della L. n. 241 del 1990, secondo cui alla stessa fa capo il semplice obbligo di valutare le memorie scritte e i documenti depositati allorquando gli stessi siano pertinenti all'oggetto del procedimento. Al riguardo, si è, ancora, sostenuto che, a fronte di controdeduzioni procedimentali dell'interessato, il provvedimento a questo sfavorevole può legittimamente fondarsi su di una motivazione sintetica, non essendo invece richiesta un'analitica confutazione delle osservazioni (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 6173/2018), precisandosi, ulteriormente, che "l'obbligo previsto dall'art. 10 della L. n. 241 del 1990 di esaminare le memorie e i documenti prodotti dagli interessati nel corso del procedimento amministrativo anche se non impone all'Amministrazione una formale, specifica ed analitica confutazione di tutti le singole avverse argomentazioni esposte, nondimeno impone, anche in relazione all'obbligo previsto dall'art. 3 della stessa L. n. 241 del 1990, l'esame del materiale istruttorio introdotto nel procedimento da parte dei privati e la necessità di poter comprendere le ragioni poste a fondamento del giudizio di irrilevanza eventualmente formulato al riguardo dall'amministrazione attraverso una motivazione dell'atto conclusivo che renda percepibili le ragioni del mancato adeguamento dell'azione amministrativa alle deduzioni partecipative (T.A.R. Lazio, Roma, n. 6180/2014).

Nel merito, l’Autorità ha preso in considerazione le controdeduzioni ritenendole inidonee al superamento dei profili di criticità ed ha compiutamente esplicitato il percorso logico – argomentativo che ha condotto alla gravata azione amministrativa, con conseguente infondatezza delle censure articolate per difetto di istruttoria e carenza di motivazione.

In particolare, la Prefettura ha fatto corretto e legittimo uso del proprio potere discrezionale di valutare le circostanze fattuali attinenti alla condotta delle persone che chiedono di essere autorizzate al possesso e maneggio degli esplosivi e che devono fornire ogni possibile garanzia circa la non possibilità di abusare ai sensi dell’art. 47 del T.U.L.P.S. (“Senza licenza del Prefetto è vietato fabbricare, tenere in deposito, vendere o trasportare polveri piriche o qualsiasi altro esplosivo diverso da quelli indicati nell'articolo precedente, compresi i fuochi artificiali e i prodotti affini, ovvero materie e sostanze atte alla composizione o fabbricazione di prodotti esplodenti. E' vietato altresì, senza licenza del Prefetto, tenere in deposito, vendere o trasportare polveri senza fumo a base di nitrocellulosa o nitroglicerina”).

Difatti, il provvedimento di autorizzazione richiede che il detentore sia esente da mende ed al di sopra di ogni sospetto o indizio negativo, tale da poter far scattare un giudizio prognostico di non esclusione della possibilità di abuso;
giova, al riguardo, richiamare l’art. 11 del R.D. n. 773/1931, secondo cui “Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta”.

In tema di autorizzazioni di polizia, la giurisprudenza amministrativa è, infatti, ormai costante nel ritenere che, nel valutare il grado di affidamento dell'interessato, proprio in virtù dell'ampia discrezionalità di cui la stessa gode, è possibile per l'amministrazione addirittura prescindere dall'eventuale pendenza di procedimenti penali e dalla loro definizione e basare la propria decisione direttamente sull'esame dei fatti storici che ne costituiscono il fondamento, atteso che un giudizio negativo in termini di affidabilità ben potrebbe essere fondato su vicende e situazioni personali del soggetto che non assumono in nessun modo, nemmeno a livello di astratta qualificazione, alcuna rilevanza penale (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, n. 47/2021;
T.A.R. Emilia Romagna, Parma, n. 64/2019).

Resta inteso che il giudizio prognostico di pericolo di abuso deve essere effettuato sulla base del prudente apprezzamento di tutte le circostanze di fatto rilevanti nella concreta fattispecie, al fine di verificare il potenziale pericolo rappresentato dalla possibilità di utilizzo delle armi possedute, e deve estrinsecarsi in una congrua motivazione, che consenta in sede giurisdizionale di verificare la sussistenza dei presupposti idonei a far ritenere che le valutazioni effettuate non siano irrazionali o arbitrarie (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 5039/2014;
Sez. I, n. 50/2015).

Orbene, nel caso specifico il provvedimento impugnato risulta congruamente istruito ed adeguatamente motivato in relazione ai rispettivi presupposti di fatto e di diritto, tenuto conto, altresì, che, secondo principi condivisi dalla giurisprudenza amministrativa, la motivazione dell’atto che nega il rilascio dell'autorizzazione all'uso di materiali esplodenti non richiede una particolare ostensione dell'apparato giustificativo ed il successivo vaglio giurisdizionale deve limitarsi ad un esame circa la sussistenza dei presupposti idonei a far ritenere che le valutazioni effettuate non siano irrazionali o arbitrarie.

Nel caso specifico, il giudizio di inaffidabilità formulato dall'amministrazione nei confronti del ricorrente poggia sulla necessità che la condotta del titolare di una licenza di P.S. sia irreprensibile, immune da mende anche remote e caratterizzata da un' adeguata e scrupolosa osservanza della normativa di settore, sicché anche episodi di modesto rilievo criminale possono comunque giustificare l'adozione di provvedimenti restrittivi o interdittivi allorché siano tali da ingenerare nell'amministrazione anche il semplice sospetto che il titolare possa abusare dell'attività autorizzata.

Difatti, i rilievi ostativi descritti nel provvedimento rendono non irragionevole la valutazione prognostica di inaffidabilità espressa dalla Prefettura nei confronti dell’istante, alla luce della ratio della normativa di settore che circoscrive il rilascio della licenza a soggetti che operino nel rispetto della legalità, in possesso dei requisiti atti a scongiurare la possibilità di abuso e che diano sufficiente affidamento di fare delle materie esplodenti l'uso consentito dalla legge.

Con specifico riferimento alla produzione di una consulenza tecnica con firma contraffatta a corredo di una istanza di autorizzazione ex art. 57 del TULPS, occorre dare atto che – benché si tratti di un documento non richiesto espressamente dalla precitata disposizione – non vi è dubbio che esso sia confluito nella istruttoria procedimentale che era volta a verificare il rispetto dei profili di sicurezza e la tutela della pubblica incolumità, indicando una distanza di sicurezza sulla base di una rappresentazione dello stato dei luoghi che avrebbe ben potuto subire modifiche nel corso del tempo e alla quale il tecnico di parte (di cui era stato falsamente attestato il sopralluogo ad una certa data), in realtà, non aveva preso parte per aver cessato già da tempo la propria attività. Si trattava, in altri termini, di documentazione che incideva su un delicato profilo concernente l’esercizio di attività pirotecnica potenzialmente lesiva della pubblica incolumità.

Non è quindi censurabile il giudizio prognostico negativo formulato dalla Prefettura, in quanto l’art. 11 del TULPS – oltre a condizionare il rilascio delle autorizzazioni di polizia alla verifica della mancata sussistenza di alcuni requisiti necessariamente ostativi (la condanna per tipologie di reati tassativamente individuati) - ne facoltizza il diniego sulla base di altri, tra i quali, oltre a meno gravi fattispecie penali, rientra genericamente la buona condotta (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 8368/2019).

La circostanza che il procedimento penale sia stato definito in senso favorevole all’istante con provvedimento di archiviazione non esclude che la fattispecie possa essere valutata dall’amministrazione ai fini della verifica dei requisiti di affidabilità per il rilascio della licenza di porto d’armi.

In proposito, va rammentato che sono diversi i presupposti necessari per addivenire ad una condanna in sede penale e quelli, discrezionalmente valutabili (con il solo limite della palese irragionevolezza) in sede amministrativa ai fini della valutazione circa la permanenza dei requisiti di affidabilità prescritti dalla legge in capo ai titolari di autorizzazione di polizia;
in proposito, la giurisprudenza ha infatti precisato che la valutazione dell'Autorità di Pubblica Sicurezza caratterizzata - come detto - da ampia discrezionalità, persegue lo scopo di prevenire, per quanto possibile, l'abuso di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili, tanto che il giudizio di non affidabilità è giustificabile anche in situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 3590/2016;
n. 4334/2017).

Pertanto, anche se in sede penale la posizione del ricorrente è stata definita con provvedimento di archiviazione, si ritiene pienamente legittima la valutazione negativa espressa dall’amministrazione che, peraltro, non ha carattere sanzionatorio nei confronti del destinatario ma cautelativo della sicurezza pubblica, in quanto finalizzata ad evitare il pericolo per tale bene giuridico, determinato dalla possibile disponibilità di materiale esplodente in capo ad un soggetto che, alla stregua di una valutazione prognostica, non possa garantirne un corretto uso in ragione di accertate condotte contra legem e denotative di carenza di affidabilità.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con le conseguenti statuizioni in ordine alla regolazione delle spese di giudizio nella misura indicata in dispositivo.

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