TAR Brescia, sez. I, sentenza 2021-02-23, n. 202100181

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza 2021-02-23, n. 202100181
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 202100181
Data del deposito : 23 febbraio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/02/2021

N. 00181/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01140/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1140 del 2016, proposto da -OSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati A L N e C B, con domicilio eletto presso il loro studio in Brescia, via Solferino n. 20/C;

contro

Ministero della Difesa - Direzione Generale della Previdenza e della Leva, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la quale è domiciliato in Brescia, via S. Caterina, n. 6;

per l'annullamento

del provvedimento del Direttore della III Divisione – I Reparto della Direzione generale della Previdenza e della leva del Ministero della Difesa datato 20 luglio 2016 di rigetto della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio presentata in data 15 febbraio 2016.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa - Direzione Generale della Previdenza e della Leva;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza di merito del giorno 10 febbraio 2021, svoltasi da remoto senza discussione orale, ex art. 25, II comma, del d.l. 28 ottobre 2020 n. 137, la dott.ssa E G;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La signora -OSIS- -OSIS-è vedova dal Maresciallo maggiore dei Carabinieri -OSIS-, in servizio dal 1946 fino al congedo nel 1977, deceduto nel dicembre del 2015 per mesotelioma maligno sarcomatoso pleurico, malattia diagnosticatogli solo il mese precedente il decesso, a seguito di un primo sospetto radiologico emerso nel corso di controlli di routine nell’agosto dello stesso anno.

Il 15 febbraio 2016 la ricorrente ha presentato istanza all’amministrazione per il riconoscimento della nominata infermità come dipendente da causa di servizio ai fini dell’equo indennizzo e del trattamento pensionistico privilegiato, evidenziando il nesso di causalità della malattia con l’attività svolta dal marito, che in ripetute occasioni a partire dal 1960 era stato responsabile delle attività di sgombero e demolizione di baraccopoli abusive, costruite con materiale di risulta - compreso l’Eternit, svolte in divisa d’ordinanza senza alcun mezzo di protezione individuale verso le polveri e, in particolare, verso la polvere di amianto.

Il Ministero della Difesa, con il provvedimento indicato in epigrafe, ha respinto la domanda, così motivando: “ considerato che: - l’interessato non è cessato dal servizio per le infermità richieste con la sopracitata istanza e che non sussiste, pertanto, il requisito richiesto dall’art. 167 del citato T.U. 1092/73;
- l’accertamento di cui sopra non è stato chiesto dalla vedova dell’interessato neanche entro il termine di cinque anni dalla data del congedo (04.12.1977) come prescritto dall’art. 169 – 2° comma del D.P.R. 29.12.1973, n. 1092;
- la patologia richiesta non è stata giudicata malattia a lunga latenza
”.

Il diniego viene censurato per i seguenti motivi:

I. Violazione ed erronea applicazione e/o interpretazione dell’art. 167 Testo Unico 1092/1973 ;

II. Contraddittorietà della motivazione ed erronea applicazione e/o interpretazione dell’art. 169, II comma del Testo Unico 1092/1973 ;

III. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e per carenza assoluta dei presupposti e delle motivazioni in merito alla qualifica del mesotelioma maligno sarcomatoso pleurico quale malattia a lunga latenza .

Lamenta la ricorrente:

- che il Ministero non ha messo in discussione il nesso di causalità tra la patologia e l’attività svolta dal marito nel corso del servizio, ma ha respinto la domanda solo per questioni procedurali;

- che la cessazione dal servizio per infermità o lesioni riconosciute come dipendenti da causa di servizio è un requisito richiesto dalla legge solo per la liquidazione d’ufficio del trattamento privilegiato e non anche per il riconoscimento a domanda dell’interessato o di chi ne fa le veci;

- che il mesotelioma maligno sarcomatoso pleurico è da tempo scientificamente riconosciuto come patologia a lunga latenza temporale;

- che l’istanza non è quindi tardiva, poiché il termine quinquennale previsto dall’articolo 167 TU può decorrere solo dal manifestarsi della malattia, come riconosciuto dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 323 di data 1 agosto 2008.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata con il patrocinio dell’avvocatura distrettuale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso e precisando che il diniego avversato è stato assunto sulla base del parere della Commissione Medica Ospedaliera di Milano di data 17 maggio 2016, che -interpellata dall’amministrazione- ha escluso che l’infermità di cui è questione possa considerarsi a lunga latenza.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’udienza del 10 febbraio 2021.

DIRITTO

L’odierno contenzioso riguarda il diniego del riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio, assunto in ragione della ritenuta tardività della relativa istanza.

Il ricorso è fondato.

Il D.P.R. 29/12/1973, n. 1092 ( Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato ), agli articoli 167 e seguenti, che disciplinano il “trattamento privilegiato diretto”, per quanto di interesse ai fini del presente giudizio, prevede:

- che detto beneficio economico è liquidato d'ufficio nei confronti del dipendente cessato dal servizio per infermità o lesioni riconosciute dipendenti da fatti di servizio;
in ogni altro caso è liquidato a domanda (art. 167);

- che la domanda non è ammessa se il dipendente abbia lasciato decorrere cinque anni dalla cessazione dal servizio senza chiedere l'accertamento della dipendenza delle infermità o delle lesioni contratte;
termine elevato a dieci anni qualora l'invalidità sia derivata da parkinsonismo (art. 169).

La Corte Costituzionale, con sentenza 30 luglio – 1 agosto 2008, n. 323 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 169 da ultimo citato, “ nella parte in cui non prevede che, allorché la malattia insorga dopo i cinque anni dalla cessazione dal servizio, il termine quinquennale di decadenza per l'inoltro della domanda di accertamento della dipendenza delle infermità o delle lesioni contratte, ai fini dell'ammissibilità della domanda di trattamento privilegiato, decorra dalla manifestazione della malattia stessa ”.

La questione su cui la Corte si è pronunciata era stata sollevata con ordinanza della Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale per la Regione Liguria 5 aprile 2007, nell’ambito di un giudizio del tutto analogo a quello odierno. Evidenziava il giudice a quo che “ come è stato osservato dalla Commissione medica ospedaliera dell’Ospedale marittimo di La Spezia è ormai unanimemente riconosciuto dalla comunità scientifica (….) che la respirazione di fibre di absesto può determinare malattie diverse, tutte caratterizzate da un lungo intervallo di tempo fra l’inizio dell’esposizione e la comparsa della malattia. Questo intervallo, chiamato “tempo di latenza”, è in genere di decenni. Una delle principali malattie provate dall’absesto è il mesotelioma (…) ”.

La Corte Costituzionale ha riconosciuto che il nominato articolo 169, “ fissando il dies a quo del termine quinquennale di decadenza al momento della cessazione dal servizio, a prescindere dalle modalità concrete di manifestazione della malattia, comprime del tutto ingiustificatamente il diritto alla pensione privilegiata dei lavoratori per i quali l'insorgenza della manifestazione morbosa, della quale sia accertata la dipendenza dal servizio, sia successiva al decorso di detto termine. Le attuali conoscenze mediche, infatti, hanno messo in luce l'esistenza di malattie in cui, fra la causa della patologia e la relativa manifestazione, intercorre un lungo e non preventivabile periodo di latenza in assenza di alcuna specifica sintomatologia, come ad esempio in quelle provocate dall'esposizione all'amianto. Risulta, pertanto, evidente che quando l'infermità si manifesta successivamente al decorso del termine quinquennale dalla cessazione del servizio, la norma censurata esige irragionevolmente che la domanda di accertamento della dipendenza della infermità dal servizio svolto sia inoltrata entro un termine in cui ancora difetta il presupposto oggettivo (l'infermità) della richiesta medesima. Ne consegue che, in tali casi, in palese violazione sia dell'art. 38, secondo comma, sia dell'art. 3 Cost., l'esercizio del diritto alla pensione privilegiata risulta pregiudicato ancor prima che venga ad esistenza, determinando quella ingiustificata disparità di trattamento tra lavoratori dipendenti che hanno contratto malattie a normale decorso e lavoratori dipendenti con patologia a lunga latenza denunciata dal giudice rimettente ”.

Nel caso oggetto dell’odierno giudizio l’amministrazione ha interpellato la Commissione medica Ospedaliera di Milano al fine di conoscere se l’infermità “mesotelioma maligno sarcomatoso pleurico” che condusse a morte il Maresciallo maggiore dei carabinieri sia qualificabile “malattia a lunga latenza”.

Il parere espresso dalla CMO risulta peraltro non congruente rispetto alla richiesta, oltre che perplesso, affermando che: “ si ritiene che tale patologia neoplastica, piuttosto rara, abbia un’insorgenza ed un decorso immediato e non a lunga latenza. Altrettando vero è che notoriamente tale neoplasia insorga tipicamente in persone che abbiano avuto contatto ed esposizione prolungata ad agenti cangerogeni quali l’amianto. Tale esposizione può avvenire anche decenni prima dell’insorgenza del citato tumore. In tal senso si può parlare di lunga latenza del rischio di insorgenza della patologia, ma NON di latenza dell’infermità ”.

L’indicazione sembra, invero, far riferimento ora al decorso della malattia dopo il suo primo manifestarsi (“ si ritiene che (…) abbia un’insorgenza ed un decorso immediato e non a lunga latenza ”), ora al nesso di causalità tra l’esposizione ai fattori di rischio e l’insorgenza della patologia (“ si può parlare di lunga latenza del rischio di insorgenza della patologia ”). Invero, al di là dell’indicazione di sintesi, fatta propria del resistente Ministero nell’atto di diniego, la Commissione Medica ha comunque contestualmente riconosciuto che “ notoriamente tale neoplasia insorga tipicamente in persone che abbiano avuto contatto ed esposizione prolungata ad agenti cangerogeni quali l’amianto. Tale esposizione può avvenire anche decenni prima dell’insorgenza del citato tumore ”, ovvero che il mesotelioma costituisce patologia a lunga latenza, intendendosi per tale una malattia nella quale tra l’esposizione al rischio e il suo manifestarsi può trascorrere un lasso di tempo molto significativo (anche nell’ordine di decenni).

Il Ministero, nonostante il tenore quanto meno contraddittorio del parere acquisito, si è allo stesso conformato, richiamandolo solo nella parte di interesse, ed assumendo ai fini della sua decisione una qualificazione della malattia palesemente in contrasto anche con le conoscenze da tempo non solo condivise dalla comunità scientifica, ma di patrimonio comune. Nonostante detta contraddittorietà l’Amministrazione procedente non ha ritenuto, comunque, necessario approfondire la questione con l’acquisizione di ulteriori elementi, respingendo l’istanza per tardività, in quanto proposta oltre il termine di cinque anni dal congedo del militare.

Nel caso di specie ricorre, invero, proprio l’ipotesi stigmatizzata dalla Corte Costituzionale, considerato che il termine di decadenza mira a sanzionare un comportamento omissivo ed inerte, facendo venire meno il diritto di chi, avendone avuto la possibilità, non si è attivato tempestivamente. Pertanto far decorrere il termine di decadenza dalla data di cessazione dal servizio e non da quella, successiva, della manifestazione morbosa, equivale ad impedire l’esercizio del diritto riconosciuto dall’ordinamento.

In conclusione il provvedimento impugnato risulta viziato per violazione di legge, difetto di motivazione e contraddittorietà e deve quindi essere annullato, in accoglimento del gravame.

Il Ministero della Difesa è conseguentemente tenuto a riattivare entro novanta giorni dalla comunicazione della presente sentenza il procedimento di esame dell’istanza presentata dalla ricorrente, restando impregiudicata la valutazione della stessa nel merito.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi