TAR Roma, sez. II, sentenza breve 2024-06-10, n. 202411721

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza breve 2024-06-10, n. 202411721
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202411721
Data del deposito : 10 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/06/2024

N. 11721/2024 REG.PROV.COLL.

N. 05359/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 5359 del 2024, proposto dalla società Horizon S.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati A G, D D B e F R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del suo legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia

- della Determinazione Direttoriale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Prot.

245852/RU del 29.04.2024 (notificata alla ricorrente in data 29/04/2024) e di ogni suo atto preparatorio, presupposto, connesso e consequenziale, ivi inclusi la Determinazione Direttoriale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli prot. 247803/RU del 29/04/2024 (notificata alla ricorrente in data 29/04/2024) avente ad oggetto “ Horizon Srl. Provvedimento di revoca dell’autorizzazione alla istituzione e gestione del deposito di prodotti liquidi da inalazione in Torino (TO) via Cuorgné, 21. Codice d’imposta TOPLI0038 ”, il provvedimento dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli prot.

ADMUC

145545 2024 841 del 6 marzo 2024 avente ad oggetto “ Horizon Srl. Comunicazione di avvio del procedimento di revoca dell’autorizzazione alla istituzione e gestione del deposito di prodotti liquidi da inalazione in Torino (TO) via Cuorgnè, 21. Codice d’imposta TOPLI0038 ”, l’“ Avviso di pagamento ex art. 15 del D. Lgs. n. 504/1995 ” dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di cui alla nota del 29.11.2023 prot. 715799/RU;

- ove e per quanto occorra e di interesse l’art. 2, comma 9 della Determinazione Direttoriale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli prot. 83685/RU del 18.3.2021 nella parte in cui prevede che “… Costituisce altresì causa di revoca dell’autorizzazione la violazione delle disposizioni relative alla liquidazione e al versamento dell’imposta di consumo di cui rispettivamente agli articoli 6, comma 7 e 7, comma 1 …”, la nota dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli del 20 febbraio 2024 prot. n. 4483/RI richiamata nella Determinazione Direttoriale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli prot. 247803/RU del 29/04/2024;
il tutto previa, ove occorra e ritenuta non manifestamente infondata la relativa questione, rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale (di cui al II motivo del presente ricorso) dell’art. 62 quater , comma 7 del d. lgs. 26.10.1995, n. 504 per violazione degli artt. 3, 25, 41 e 97 della Cost.;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2024 il dott. M T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. L’odierna ricorrente è una società attiva dal 2019 nel settore del fumo elettronico ed è titolare dell’autorizzazione alla “ Istituzione di un deposito di prodotti liquidi da inalazione (sita) in Torino, via Cuorgnè, 21 ”.

2. Con comunicazione del 6 marzo 2024, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (nel prosieguo anche “ADM”) ha comunicato alla ricorrente “ l’avvio del procedimento di revoca dell’autorizzazione alla istituzione e gestione del deposito di prodotti liquidi da inalazione sito in Torino (TO) via Cuorgnè, 21, codice d’imposta TOPLI0038 di cui al provvedimento del 3 giugno 2019, prot. n. 26329/RU ”, in ragione di un “ rilevante debito erariale ” che legittima la revoca del titolo autorizzatorio ai sensi dell’art. 62 quater , c. 7, del d. lgs. 504/1995.

3. In particolare, ADM ha contestato alla ricorrente di aver omesso di versare l’“ imposta di consumo sui prodotti liquidi da inalazione con e senza nicotina di cui all’articolo 6-quater, comma 1-bis ” del d. lgs. 504/1995 “ per i periodi di imposta 2021, 2022 e 2023 ”, il tutto per un “ importo complessivo di euro 164.600,64, comprensivo di imposta non versata, indennità di mora, interessi e sanzione amministrativa ”.

4. Con comunicazione del 5 aprile 2024, la ricorrente ha trasmesso ad ADM le proprie osservazioni difensive con cui ha richiesto di “ archiviare il procedimento avviato con provvedimento Prot. ADMUC_145545_2024_841 del 6 marzo 2024 …”, atteso che: (i) mancherebbe una previa individuazione degli elementi rilevanti ai fini del giudizio di gravità della condotta che consenta di graduare la sanzione in base alla concreta condotta, al contesto di realizzazione della stessa, al quadro psicologico dell’agente e all’assenza di recidiva a carico dell’agente medesimo;
(ii) mancherebbe la recidiva;
(iii) i fatti contestati si riferirebbero al periodo emergenziale del Covid.

5. Nonostante i chiarimenti resi, in data 29 aprile 2024 ADM ha notificato alla ricorrente la D.D. 245852/RU con cui ha respinto le osservazioni difensive e ha conseguentemente disposto “ la revoca, ai sensi dell’articolo 62-quater, comma 7, del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 e dell’articolo 2, comma 9, della determinazione direttoriale del 18 marzo 2021, prot. n. 83685/RU, e successive modifiche, dell’autorizzazione alla istituzione e gestione del deposito di prodotti liquidi da inalazione sito in Torino (TO), via Cuorgnè 21 ”;
ciò in quanto “ la condotta posta in essere dalla Horizon Srl mediante la reiterazione di comportamenti in spregio ai precetti di legge, nonché il considerevole importo di cui la società è allo stato debitrice, pongono la necessità di adottare le … sanzioni … di cui all’articolo 62- quater, comma 7, del decreto legislativo n. 504 del 1995 ”.

6. Poste tale premesse in fatto, la ricorrente insta per l’annullamento del summenzionato provvedimento di revoca sulla scorta dei seguenti motivi.

6.1. In particolare, con il primo mezzo di censura, la ricorrente si duole dell’illegittimità della revoca per essere quest’ultima in tesi irragionevole, sproporzionata e abnorme, in quanto adottata in assenza di un quadro normativo e regolatorio che: a) consenta di graduare la sanzione in base alla gravità della condotta;
b) in ogni caso imponga di prendere in considerazione e valutare l’elemento psicologico dell’agente, l’assenza di recidive a suo carico e le specifiche circostanze che connotano l’illecito contestato (ad es. entità e consistenza della violazione contestata). Soggiunge la ricorrente, inoltre, che sebbene la revoca sia stata disposta in dichiarata applicazione dell’art. 2, c. 9, della D.D. di ADM prot. 83685/RU del 18 marzo 2021 (ai sensi della quale “c ostituisce altresì causa di revoca dell’autorizzazione la violazione delle disposizioni relative alla liquidazione e al versamento dell’imposta di consumo di cui rispettivamente agli articoli 6, comma 7, e 7, comma 1” ), cionondimeno quest’ultima disposizione non prevedrebbe alcun meccanismo di adeguamento della sanzione al caso concreto, stabilendo in modo tranchant che qualsiasi violazione fiscale dell’imposta sul consumo (quale che sia l’importo della violazione e il grado di colpevolezza del soggetto agente) comporterebbe sempre l’automatica revoca dell’autorizzazione.

L’assenza di proporzionalità della sanzione irrogata sarebbe confermata, in concreto, da alcune specifiche circostanze che connoterebbero la posizione della società istante, e cioè: a) l’asserita esiguità dell’importo non versato a titolo di imposta sul consumo nel triennio 2021-2023 (circa 166.000 euro a fronte di un fatturato complessivo triennale di circa 1.500.000 euro);
b) il fatto che una grossa parte del debito fiscale è maturato in un periodo contrassegnato dall’emergenza pandemica (2020-2022);
c) il fatto che la ricorrente avrebbe sempre versato (al netto di quanto contestato con la revoca impugnata) le imposte sul consumo;
d) l’assenza di recidiva;
e) il fatto che la ricorrente avrebbe poi effettuato alcuni dei versamenti oggetto di contestazione.

6.2. Con il secondo mezzo di censura, poi, la ricorrente si duole dell’asserita illegittimità costituzionale della norma di legge su cui l’atto di revoca impugnato si basa, e cioè l’art. art. 62 quater , comma 7, secondo periodo, del d. lgs. 504/1995, il quale stabilisce che “ In caso di violazione delle disposizioni in materia di liquidazione e versamento dell’imposta di consumo e in materia di imposta sul valore aggiunto è disposta la revoca dell’autorizzazione”. A giudizio della ricorrente, in particolare, l’automatismo sanzionatorio scolpito nella summenzionata disposizione di legge contrasterebbe frontalmente con gli artt. 3, 41 e 97 della Costituzione, atteso che la norma di legge censurata: i) non predetermina in alcun modo i criteri di esercizio del potere sanzionatorio;
ii) non definisce ex ante i parametri alla stregua dei quali valutare la gravità dell’agere dell’operatore (e/o i parametri o gli elementi che legittimano);
iii) non disciplina le cause esimenti della responsabilità dell’operatore.

6.3. Con il terzo mezzo di censura, inoltre, la ricorrente si duole anche dell’illegittimità dell’atto normativo secondario che funge da atto-presupposto del provvedimento di revoca, segnatamente dell’art. 2, c. 9, della Determinazione Direttoriale di ADM prot. 83685/RU del 18 marzo 2021 (a cui l’atto di revoca ha dichiaratamente dato attuazione), atteso che tale statuizione introdurrebbe un meccanismo sanzionatorio in tesi non necessario e comunque inidoneo al raggiungimento dello scopo a cui è prefissato, oltre che inadeguato sotto il profilo del bilanciamento degli interessi “in gioco”.

6.4. Con il quarto mezzo di censura, la ricorrente si duole dell’illegittimità del provvedimento di revoca per avere quest’ultimo valorizzato (al fine di giustificare la misura ablatoria) alcuni comportamenti che la ricorrente definisce “ ex post ”, segnatamente l’elevato importo del debito fiscale e la sussistenza di una recidiva nelle violazioni delle disposizioni in materia di liquidazione e versamento delle imposte di consumo sui PLI da parte della ricorrente;
rileva a tal proposito la ricorrente che “ il tentativo dell’amministrazione di individuare e perimetrare ex post (ovvero in un momento successivo al verificarsi della condotta sanzionata) i contegni e/o gli elementi rilevanti e legittimanti l’applicazione della misura della revoca si scontra con i sopra richiamati principi di legalità, tassatività e determinatezza della sanzione;
principi questi che – come visto – impongono all’amministrazione di procedere, in via preventiva, all’individuazione dei fattori legittimanti l’applicazione di una determinata misura sanzionatoria
” (cfr. pag. 24 del ricorso).

6.5. Con il quinto mezzo di censura, inoltre, la ricorrente si duole dell’illegittimità del provvedimento di revoca per avere quest’ultimo evocato il profilo della recidiva della ricorrente, in tal modo obliterando il fatto che: a) un elemento indefettibile della recidiva è (in base ai consolidati principi in materia di sanzioni amministrative) l’esistenza di due violazioni debitamente contestate e sanzionate (con atti definitivi) allo stesso soggetto per infrazioni della stessa natura;
b) nel caso di specie, con l’“ Avviso di pagamento ex art. 15 del D. Lgs. n. 504/1995 ” di ADM di cui alla nota del 29 novembre 2023 prot. 715799/RU, ADM ha contestato alla ricorrente il mancato pagamento dell’imposta di consumo sui PLI per gli anni 2021, 2022 e 2023, costituendo tale avviso il primo ed unico atto con cui ADM ha contestato alla ricorrente l’omesso pagamento dell’imposta di consumo dovuta per l’immissione in consumo di PLI.

6.6. Con il sesto mezzo di censura, infine, la ricorrente censura il provvedimento di revoca per carenza di motivazione, atteso che esso non avrebbe considerato le osservazioni difensive opposte dalla ricorrente nell’ambito del contraddittorio procedimentale (osservazioni concernenti l’assenza di recidiva, l’emergenza pandemica, l’assenza di proporzionalità della misura e, infine, il previo regolare pagamento dell’imposta sul consumo da parte della ricorrente).

7. ADM si è ritualmente costituita in giudizio per resistere al ricorso, instando innanzitutto per la declaratoria di incompetenza territoriale di questo T.A.R. Lazio e, in ogni caso, per la reiezione nel merito del gravame.

8. Alla camera di consiglio calendarizzata in data 5 giugno 2024 per la trattazione dell’istanza cautelare, il Collegio – dato avviso alle parti della possibilità di definire il giudizio con una sentenza in forma semplificata ex art. 60 c.p.a. – ha introiettato la causa in decisione.

DIRITTO

9. Il Collegio ritiene che il giudizio possa essere definito in esito all’udienza cautelare con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’articolo 60 c.p.a., essendo trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione, non essendovi necessità di integrare il contraddittorio, risultando completa l’istruttoria e non avendo alcuna delle parti dichiarato di voler proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza o di giurisdizione.

10. In limine litis , va innanzitutto disattesa l’eccezione di incompetenza territoriale di questo T.A.R. Lazio sollevata dalla difesa erariale (la quale prospetta la possibile competenza del T.A.R. Piemonte), atteso che:

a) l’atto di revoca impugnato non risulta adottato dall’ufficio periferico di ADM ubicato in Piemonte, né produce effetti circoscritti soltanto in Piemonte (bensì sull’intero territorio nazionale, stante l’efficacia su scala nazionale dell’autorizzazione revocata con l’atto impugnato);

b) l’ufficio centrale di ADM che ha adottato l’atto di revoca è ubicato in Roma;

c) in uno all’atto di revoca la ricorrente impugna anche un atto normativo ( id est la Determinazione Direttoriale di ADM del 18 marzo 2021) anch’essa adottata dall’ufficio centrale di ADM.

Ne deriva, pertanto, che la competenza territoriale di questo T.A.R. Lazio trova puntuale conferma in tutti i criteri di attribuzione della competenza delineati dall’art. 13 c.p.a., e cioè sia quello della sede dell’autorità che ha adottato l’atto (cfr. primo comma), sia quello degli effetti dell’atto (cfr. ancora primo comma), sia quello della vis attrattiva dell’atto normativo presupposto (cfr. comma 4-bis).

L’eccezione di incompetenza territoriale di questo T.A.R. va dunque respinta.

11. Tanto chiarito in rito, il ricorso è infondato.

12. La stretta connessione esistente tra i due primi motivi di impugnazione ne impone una loro trattazione congiunta.

La censura di irragionevolezza e mancanza di proporzionalità della revoca impugnata viene sollevata dalla ricorrente su entrambi i piani logici dell’ agere amministrativo, e cioè sia sul piano “a monte” della disposizione di legge che prevede il potere di revoca (di cui viene lamentata l’illegittimità costituzionale), sia sul piano “a valle” del provvedimento amministrativo concretamente adottato dall’Amministrazione.

In sintesi, la ricorrente per un verso sostiene che la norma di legge su cui si basa il provvedimento impugnato sarebbe incostituzionale (in quanto prevedente un automatismo revocatorio che può essere in tesi innescato da qualsiasi violazione – anche minima – delle disposizioni sulla liquidazione e versamento dell’imposta di consumo) e per altro verso lamenta che il provvedimento adottato sarebbe comunque irragionevole e sproporzionato in relazione alle peculiarità del caso concreto.

Sennonchè, entrambi i profili censori vanno disattesi.

Non senza prima ricostruire, in breve, il quadro normativo in cui si inserisce il provvedimento impugnato.

Orbene, tale quadro ruota intorno all’articolo 62- quater del Decreto Legislativo 26/10/1995, n. 504 (c.d. Testo Unico Accise o TUA), rubricato “ Imposta di consumo sui prodotti succedanei dei prodotti da fumo ”, il quale dispone che:

a) “ la commercializzazione dei prodotti di cui al comma 1-bis [NDR: i prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti o meno nicotina] è assoggettata alla preventiva autorizzazione da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nei confronti di soggetti che siano in possesso dei medesimi requisiti stabiliti, per la gestione dei depositi fiscali di tabacchi lavorati, dall’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 22 febbraio 1999, n. 67 ” (comma 2);

b) “ il soggetto che richiede l’autorizzazione è tenuto alla preventiva prestazione di cauzione, in uno dei modi stabiliti dalla legge 10 giugno 1982, n. 348, a garanzia dell’imposta dovuta per ciascun periodo di imposta. La cauzione è di importo pari al 10 per cento dell’imposta gravante su tutto il prodotto giacente e, comunque, non inferiore all’imposta dovuta mediamente per il periodo di tempo cui si riferisce la dichiarazione presentata ai fini del pagamento dell’imposta ” (comma 3);

c) “ con determinazione del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli sono stabiliti il contenuto e le modalità di presentazione dell’istanza, ai fini dell’autorizzazione di cui al comma 2, nonché le modalità di tenuta dei registri e documenti contabili, di liquidazione e versamento dell’imposta di consumo, anche in caso di vendita a distanza, di comunicazione degli esercizi che effettuano la vendita al pubblico, in conformità, per quanto applicabili, a quelle vigenti per i tabacchi lavorati. Con il medesimo provvedimento sono emanate le ulteriori disposizioni necessarie per l’attuazione del comma 3 ” (comma 4);

d) “ il soggetto, autorizzato ai sensi del comma 2, decade in caso di perdita di uno o più requisiti soggettivi di cui al comma 2, o qualora sia venuta meno la garanzia di cui al comma 3. In caso di violazione delle disposizioni in materia di liquidazione e versamento dell’imposta di consumo e in materia di imposta sul valore aggiunto è disposta la revoca dell’autorizzazione ” (comma 7).

In attuazione di tali previsioni di legge, ADM ha poi adottato la Determinazione Direttoriale prot. n. 83685/RU del 18 marzo 2021 (modificata dalla Determinazione Direttoriale prot. n. 207869/RU del 9 aprile 2024) recante la disciplina della commercializzazione dei prodotti di cui ai commi 1-bis e 7-quater del menzionato articolo 62- quater del TUA.

Per quanto di rilievo nel presente giudizio, l’art. 6, co. 7, della summenzionata Determinazione Direttoriale di ADM del 18 marzo 2021 prevede che “ il soggetto autorizzato, entro cinque giorni dal termine di ciascuna quindicina, trasmette all’Agenzia il prospetto riepilogativo, distintamente per immissioni in consumo destinate ai punti di vendita e ai consumatori finali ”, dal quale risulti, tra l’altro, l’ammontare dell’imposta complessiva dovuta.

Il successivo art. 7, co. 1, di detta Determinazione Direttoriale dispone che il “ soggetto autorizzato corrisponde l’imposta di consumo per i prodotti liquidi da inalazione estratti dal deposito per immissioni in consumo nella prima quindicina del mese entro la fine dello stesso mese e, per i prodotti estratti per immissioni in consumo nella seconda quindicina del mese, entro il giorno 15 del mese successivo. L’ammontare complessivo dell’imposta dovuta risulta dal prospetto riepilogativo di cui all’articolo 6, comma 7 ”.

Infine, l’articolo 2, comma 9, della suindicata Determinazione Direttoriale stabilisce, in ossequio alla normativa primaria di riferimento (art. 62-quater del TUA), che costituisce causa di revoca dell’autorizzazione all’istituzione e alla gestione del deposito di prodotti liquidi da inalazione “ la violazione delle disposizioni relative alla liquidazione e al versamento dell’imposta di consumo di cui rispettivamente agli articoli 6, comma 7, e 7, comma 1 ”.

In sintesi, quindi, le normative di rango primario (art. 62-quater, co. 7, TUA) e secondario (art. 2, co. 9, DD di ADM del 18 marzo 2021) applicabili al caso de quo , prevedono chiaramente che la violazione delle disposizioni in materia di liquidazione e versamento dell’imposta di consumo sui prodotti da inalazione senza combustione (costituiti da sostanze liquide contenenti o meno nicotina) integra una giusta causa di revoca dell’autorizzazione alla commercializzazione di detti prodotti.

Fermo quanto precede, va innanzitutto escluso che la disposizione di legge sopra menzionata (art. 62-quater, co. 7, TUA) sia passibile di censure di incostituzionalità. Ciò in quanto tale norma può essere oggetto di un’interpretazione anche diversa rispetto a quella prospettata dalla ricorrente: essa può essere letta, infatti, nel senso di riconoscere all’Amministrazione un (ineliminabile) filtro valutativo discrezionale consistente nella potestà di valutare la concreta rilevanza della violazione fiscale dell’operatore economico.

La previsione legale del potere dell’Amministrazione di revocare l’autorizzazione commerciale in caso di violazione delle disposizioni sulla liquidazione e sul versamento dell’imposta di consumo non esclude affatto, invero, la potestà dell’Amministrazione di valutare (nel concreto esercizio di tale potere) la reale gravità di detta violazione.

Tale potestà è strutturalmente coessenziale e connaturata al potere di revoca, sicchè a fronte di due possibili esegesi della stessa disciplina di legge - l’una implicante un meccanismo espulsivo automatico e l’altra implicante, invece, un’ineludibile valutazione discrezionale dell’Amministrazione (atta a soppesare tutte le peculiarità del caso concreto nel pieno rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità cristallizzati nell’art. 3 della Costituzione) - va da sé che non si può non privilegiare questa seconda esegesi in ossequio al canone ermeneutico dell’interpretazione costituzionalmente conforme.

Il che rende manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale prospettata dalla società ricorrente.

Passando poi dal piano astratto della legge al piano concreto del provvedimento di revoca adottato nel caso di specie, il Collegio rileva che detto provvedimento è pienamente rispettoso dei principi di proporzionalità e ragionevolezza.

Non appare meritevole di positiva considerazione, infatti, nessuna delle “spie” di manifesta irragionevolezza su cui fa leva l’odierna ricorrente. Ed infatti:

a) il debito fiscale accumulato dalla ricorrente a titolo di imposta sul consumo appare tutt’altro che esiguo, non potendosi considerare tale l’importo (peraltro pacifico) di circa 166.000 euro, e ciò a fortiori ove si consideri che è un debito fiscale accumulato in relazione all’oggetto stesso dell’attività professionale della ricorrente;

b) la significatività del debito fiscale accumulato dalla ricorrente a titolo di imposta sul consumo esclude ex se l’esistenza di qualsiasi situazione di regolarità fiscale dell’azienda (regolarità su cui, invece, la ricorrente ripone infondato affidamento);

c) risulta ex actis che i versamenti parziali che la ricorrente ha effettuato al fine di ridimensionare il summenzionato debito fiscale sono irrisori, ammontando ad appena 2.000 euro (riducendo il debito fiscale da circa 166.000 euro a 164.000 euro);

d) quanto all’emergenza pandemica, la fattispecie in esame non rientra in alcuna delle ipotesi normative di sospensione autorizzata degli obblighi fiscali;
a ciò si aggiunga non soltanto il fatto che gli anni in cui è maturato il debito fiscale de quo (2021, 2022 e 2023) non coincidono in toto con il periodo emergenziale, ma anche il fatto che la ricorrente non ha fornito la benché minima allegazione (e men che meno prova) di una situazione aziendale di crisi che abbia effettivamente impedito l’assolvimento degli obblighi fiscali;

e) le violazioni fiscali relative all’imposta sul consumo dei prodotti commercializzati dalla ricorrente (tanto in fase di liquidazione quanto in fase di versamento) sono state plurime e reiterate nel tempo per ben 3 anni (2021, 2022 e 2023);

f) in considerazione delle delicate funzioni svolte dalla ricorrente nello svolgimento della propria attività professionale, non è predicabile un sistema che subordini la revoca dell’autorizzazione alla previa adozione di plurimi atti sanzionatori meno gravi (intendendo la recidiva, quindi, nel senso di obbligo di previa formalizzazione di provvedimenti sanzionatori meno gravi);
il sistema delineato dal TUA è infatti basato sull’insopprimibile esigenza pubblica di far sì che l’Amministrazione possa contare su operatori economici contraddistinti da un’elevata affidabilità fiscale, sicchè a fronte dell’eventuale compromissione di tale affidabilità (da valutare in concreto) sarebbe irragionevole impedire la revoca soltanto perché manca una formale situazione di recidiva (intesa come pregressa formalizzazione di atti sanzionatori meno gravi);

g) nel caso di specie una situazione di sostanziale recidiva è comunque insita nei fatti che hanno condotto alla revoca, atteso che la contestazione sfociata nell’atto di revoca impugnato afferisce, come visto, a plurime violazioni fiscali protrattesi per ben 3 anni.

In tale contesto, pertanto, l’esercizio di discrezionalità amministrativa che è sotteso ai provvedimenti impugnati non appare viziato da alcuna forma di manifesta irragionevolezza e/o illogicità e/o mancanza di proporzionalità.

Le suesposte considerazioni conducono, pertanto, alla reiezione dei primi due motivi di ricorso.

13. Va poi disatteso anche il terzo mezzo di censura.

L’articolo 2, co. 9, della Determinazione Direttoriale di ADM del 18 marzo 2021 prevede, come visto, che “ la violazione delle disposizioni relative alla liquidazione e al versamento dell’imposta di consumo ” costituisce causa di revoca dell’autorizzazione all’istituzione e alla gestione del deposito di prodotti liquidi da inalazione.

Si tratta di una disposizione pienamente conforme alla sua base legale (e cioè all’art. 62-quater, co. 7, del TUA), base legale che non radica – come già visto – alcun automatismo espulsivo, bensì l’esercizio di un potere amministrativo discrezionale volto a ponderare volta per volta la reale gravità e rilevanza della violazione fiscale (potere correttamente esercitato nel caso di specie in considerazione di tutto quanto già esposto sui primi due motivi di impugnazione).

Va da sé che anche l’art. 2, co. 9, della Determinazione Direttoriale di ADM del 18 marzo 2021, al pari della sua base legale, appare pienamente conforme ai principi di ragionevolezza e proporzionalità.

Il che conduce alla reiezione del terzo mezzo di censura.

14. Infondati sono anche il quarto e il quinto motivo di impugnazione, atteso che la peculiare natura del potere amministrativo esercitato nel caso di specie ( id est il potere di revoca di un’autorizzazione commerciale rilasciata ad un operatore economico investito di delicate funzioni che esigono un elevato grado di affidabilità fiscale) è incompatibile con un sistema di regole che subordini l’atto di revoca alla previa formalizzazione di pregressi atti sanzionatori meno gravi (e cioè ad una situazione di recidiva in senso “formale”).

Si rinvia sul punto a quanto già esposto in relazione ai primi due mezzi di censura, ciò che già basta alla reiezione del quarto e quinto mezzo di censura.

15. Va disatteso anche il sesto mezzo di censura, atteso che il provvedimento di revoca impugnato contiene una puntuale confutazione di tutte le osservazioni difensive sviluppate dalla ricorrente nel corso del procedimento amministrativo.

16. Per tutto quanto sopra esposto, pertanto, il ricorso va respinto in quanto infondato.

17. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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