TAR Catania, sez. II, sentenza 2023-08-05, n. 202302468
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Pubblicato il 05/08/2023
N. 02468/2023 REG.PROV.COLL.
N. 02345/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2345 del 2015, proposto da
-OMISSIS- S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato C R, domiciliato presso la Segreteria del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sede staccata di Catania, in Catania, via Istituto Sacro Cuore, 22;
contro
Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
Comune di Lipari, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento prot. n. 5157/7 – 527 – 15 – U emesso dalla Soprintendenza BB. CC. AA. l’1.7.2015, con cui è stata negata l’autorizzazione paesaggistica ex art. 167 D.Lgs. n. 42/2004.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza telematica del giorno 15 maggio 2023 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 21.10.2015 e depositato in Segreteria in data 4.11.2015, la società -OMISSIS- S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore , adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sede staccata di Catania, esponendo:
- di essere proprietaria di un fabbricato adibito ad hotel, sito nel Comune di Lipari, isola di Stromboli, in catasto allibrato al foglio n. 24, particella n. 911;
- che il Comune le aveva intimato la demolizione di opere abusive consistenti in “due piccoli locali deposito della superficie utile di mq 15.03 ed altezza di mt 3,00 e pertanto un volume di mc 45,09” nonché nella “chiusura di una struttura già destinata a bar esterno dell’attività ed in atto a deposito, chiuso con parete in legno e tavelle da cm 8;della superficie di mq 44,44 ed un volume di mc 119,99”;
- di aver impugnato l’ordinanza di demolizione con ricorso autonomo.
Aggiungeva altresì:
- di aver successivamente presentato al Comune di Lipari istanza di accertamento in conformità ex art. 36 D.P.R. n. 380/2001 ed art. 20 l.r. n. 4/2003 avente ad oggetto le suindicate opere abusive;
- di aver sollecitato la Soprintendenza BB. CC. AA. di -OMISSIS- a rilasciare l’autorizzazione paesaggistica ex art. 167 D.Lgs. n. 42/2004;
- che la Soprintendenza aveva notificato la comunicazione del preavviso di rigetto “considerato che le opere realizzate abusivamente hanno determinato creazione di superfici utili ed aumento volumetrico in contrasto con il disposto del comma 4 lett. a) art. 167 del D. Lvo 42/04 ed in difformità con i criteri di tutela adottati per la zona”;
- di aver presentato osservazioni a seguito della notifica del preavviso di rigetto;
- che, con nota prot. n. 5157/7 – 527 – 15 – U dell’1.7.2015, la Soprintendenza aveva espresso “parere contrario al mantenimento delle opere eseguite” e aveva ordinato “la rimessione in pristino dello stato dei luoghi” evidenziando non poter accogliere quanto argomentato in controdeduzione dalla ditta interessata, in quanto si era “verificato che gli stessi non rientrano tra quelli di cui alle lett. a) comma 4 dell’art. 167 del sopracitato Codice, e che comunque le chiusure in oggetto, anche nel caso in cui avessero carattere di temporaneità, costituiscono detrattore paesaggistico”.
Avverso il suindicato provvedimento la ricorrente deduceva i seguenti motivi di doglianza:
I) Sulla consistenza delle opere;
II) Violazione e falsa applicazione della legge n. 241 del 1990 - difetto di motivazione;
III) Violazione e falsa applicazione dell’art. 167 D.Lgs. n. 42/2004 in relazione all’art. 20 della l. r. 4 del 2003 - Eccesso di potere - Difetto di motivazione;
IV) Contraddittorietà e/o illogicità - Travisamento - Violazione di legge.
In data 18.11.2015 la Soprintendenza ai BB. CC. AA. di -OMISSIS- si costituiva in giudizio con atto di mero stile, successivamente depositando documenti.
All’udienza telematica del 15.5.2023, la causa veniva definitivamente trattenuta in decisione.
Tutto ciò premesso, il ricorso è infondato nel merito e non può essere accolto.
I. Con il primo motivo la società ricorrente si è limitata ad enunciare la descrizione delle opere per le quali ha sollecitato l’autorizzazione paesaggistica, dovendosi pertanto escludere che esso configuri una vera e propria censura in senso tecnico che debba costituire oggetto di scrutinio giudiziale.
II. Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente ha dedotto che l’Amministrazione non avrebbe esaminato le osservazioni contenute nella memoria presentata a seguito della comunicazione del preavviso di rigetto ex art. 10 bis l. 241/1990 e ss.mm.ii. e che comunque non avrebbe spiegato per quali ragioni gli argomenti difensivi non permettevano di adottare il provvedimento richiesto.
Il motivo è infondato.
Secondo consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale, la mera presentazione di una memoria difensiva ex art. 10 bis l. 241.90 non determina un indiscriminato onere di confutazione analitica delle allegazioni presentate dall’interessato, essendo legittima la determinazione conclusiva del procedimento allorquando l’Amministrazione renda una motivazione logica e complessiva sulla questione a decidersi.
Si veda sul punto, inter plures , T.A.R. Catania, Sez. I, sentenza n. 3213 del 29.10.2021, secondo cui: “Quanto alla censura con cui parte ricorrente si duole della circostanza che il provvedimento non dia effettivo riscontro alla propria memoria conseguente alla comunicazione di avvio del procedimento, è ormai insegnamento consolidato della giurisprudenza che “Il dovere dell'amministrazione pubblica di esaminare le memorie prodotte dall'interessato a seguito della comunicazione del preavviso di rigetto dalla stessa inviato, ai sensi dell'art. 10 bis della Legge n. 241/1990, non presuppone, ai fini della giustificazione del provvedimento adottato, la confutazione analitica delle allegazioni presentate dall'interessato, essendo sufficiente la motivazione complessivamente posta a fondamento dell'atto stesso (Cons. Stato Sez. VI, 15 luglio 2019, n. 4933).”.
Inoltre, come è noto, nei procedimenti di repressione degli abusi edilizi vengono in rilievo atti vincolati, con conseguente attenuazione delle garanzie procedimentali e dell’obbligo motivazionale, peraltro congruamente adempiuto nel caso di specie (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, 27.01.2023, n. 245).
III. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente ha lamentato che l’Amministrazione resistente avrebbe dovuto rilasciare l’autorizzazione richiesta ex art. 20 della l.r. n. 4/2003 e art. 167 d.lgs. n. 42 del 2004.
Nel dettaglio, posto che l’art. 20 della l.r. 4/2003 stabilisce che le opere ivi assentibili non costituiscono aumenti di superfici e/o di volume, l’ipotesi sarebbe regolata dalla lettera a) del detto art. 167, che, appunto, ne consente la sanatoria su tale presupposto.
Il motivo è parimenti infondato.
Invero, essendo in legno e tavelle, la chiusura in questione è avvenuta con componenti e modalità tali da non consentire lo “smontaggio senza distruzione”, con conseguente impossibilità di applicare l’art. 20 della l.r. n. 4/2003, la cui applicazione, comunque, richiede per le zone vincolate il parere dell’Organo di tutela paesaggistica.
In altri termini, manca l’imprescindibile prova della precarietà delle opere, che non coincide con la temporaneità nel caso regolato dal detto art. 20.
Conseguentemente, i depositi hanno creato superfici utili, trattandosi di opere edilizie calpestabili o che possono essere sfruttati per qualunque uso, in particolare di natura commerciale, sicché è preclusa l’autorizzazione paesaggistica in forza dell’art. 167 d.lgs. n. 42 del 2004 (cfr. sul punto, Cons. giust. amm. Sicilia, Sez. giurisd., 23.10.2020, n. 275 “La testuale lettura della norma, dunque, induce a privilegiare la valutazione dei metodi e dei materiali usati nella realizzazione delle opere per poterle qualificare come precarie. In tal senso si è espresso questo Consiglio con il già menzionato parere n. 105 del 1° aprile 2020, che rappresenta il precipitato logico della ricostruzione giurisprudenziale inerente l'art. 20 della l.r. n. 4/2003, (norma speciale la cui applicazione è limitata alla tipologia degli interventi edilizi ivi previsti) in cui è affermato che "quanto, infine, alla "precarietà" delle cc.dd. "strutture di chiusura", alla quale il Legislatore fa riferimento - 'precarietà' che evidentemente non può consistere, nella ratio legis, nella mancanza di idonei "meccanismi di ancoraggio" atti a garantire la stabilità di dette strutture in situazione di sicurezza - la giurisprudenza ha chiarito che essa è data dalla combinazione sistemica del materiale e del metodo applicativo utilizzati;combinazione che deve consentirne, almeno virtualmente (e dunque nella previsione progettuale), lo smontaggio (o comunque l'asportazione) senza "distruzione" dei componenti mobili e senza ricorso alla "demolizione" delle parti fisse alle quali sono ancorate". Il concetto di precarietà va, dunque, determinato privilegiando la valutazione dei metodi e dei materiali usati nella realizzazione delle opere, poiché esula dall'art. 20 della l.r. n. 4/2003 il criterio della "funzionalità" inerente la natura duratura, o no, delle esigenze che le opere sono destinate a soddisfare.”).
Si può dunque affermare che, per le opere realizzate secondo il disposto dell'art. 20 della l.r. n. 4/2003, la nozione di "precarietà" è ancorata esclusivamente al concetto di "facile rimovibilità" (e non anche a quelli di "funzionalità occasionale", di "destinazione urbanistica" e/o di "instabilità strutturale", "stagionalità" o "temporaneità"), dovendo pertanto restare escluse dall'ambito di operatività della deroga introdotta dalla predetta norma speciale - pur se strumentali alla copertura di verande o balconi, alla chiusura di terrazze (di collegamento o meno, ed in tal caso non superiori a 50 m²) ed alla copertura di spazi interni (cortili, chiostrine e simili) o "aperti almeno da un lato" - le strutture in muratura o in laterizi (o comunque ancorate definitivamente mediante l'uso di leganti cementizi o derivati) e quelle non smontabili e non rimovibili se non mediante attività demolitoria a carattere distruttivo (cfr. in senso conforme, CGARS, Sez. riun., 3 settembre 2015, n. 771).
IV. Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente ha rappresentato che il provvedimento impugnato sarebbe in contrasto con la nota prot. n. 2059/VII 1938-14U emessa dall’Amministrazione resistente il 28.3.2014, con cui è stata rilasciata autorizzazione paesaggistica per un progetto, da realizzarsi nell’area di proprietà della ricorrente medesima, “poiché l’intervento non altera le valenze estetiche” della zona tutelata.
Il motivo è infondato, in quanto il diniego di autorizzazione paesaggistica in ipotesi di incrementi di volume e/o superficie, anche di modesta entità, costituisce atto vincolato in relazione al quale la Soprintendenza non è chiamata a formulare valutazioni discrezionali in ordine alla compatibilità dell’intervento edilizio con l’interesse pubblico protetto (cfr. nello stesso senso, T.A.R. Campania Napoli, Sez. VIII, 3.04.2023, n. 2076).
Da quanto sin qui esposto discende la reiezione del ricorso nel merito.
Da ultimo, le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.