TAR Firenze, sez. I, sentenza 2024-02-26, n. 202400237

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2024-02-26, n. 202400237
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202400237
Data del deposito : 26 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/02/2024

N. 00237/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00642/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 642 del 2021, proposto da
-OMISSIS- Società Cooperativa p.a. di giornalisti in liquidazione coatta amministrativa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato F A D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato D M T in Firenze, via A. La Marmora, n. 14;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore , Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Informazione e L'Editoria-Ufficio per il Sostegno all’Editoria, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri, n. 4;

per l'annullamento

del decreto del -OMISSIS-, notificato in pari data, con il quale il Coordinatore dell'Ufficio per il Sostegno Diretto all'Editoria presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per l'Informazione e l'Editoria ha parzialmente annullato d'ufficio il decreto del -OMISSIS-, con cui, in accoglimento dell'istanza avanzata ai sensi dell'art. 3, 2 comma, l.

7.8.1990 n. 250, era stato concesso ed erogato alla Società ricorrente per l'anno 2011 e con riguardo alla testata “ -OMISSIS- ” un contributo pubblico pari ad € 1.255.803,09 (al netto delle ritenute di legge), con contestuale intimazione a restituire entro gg. 10 (dieci) dalla notifica, la somma pretesamente erogata in eccesso, quantificata, con riserva di ripetizione di interessi e rivalutazione monetaria, in € 234.546,09, nonché di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, connesso, conseguente e/o collegato, incluse la nota del -OMISSIS-, cui era allegato il decreto impugnato, e la nota prot. DIE n. -OMISSIS-del -OMISSIS-, recante la comunicazione di avvio del procedimento.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Informazione e l'Editoria-Ufficio per il Sostegno All'Editoria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2023 la dott.ssa Flavia Risso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Nel gravame si afferma che la -OMISSIS- Società Cooperativa p.a. di giornalisti è una società cooperativa già attiva nel settore editoriale, con soci cooperatori in prevalenza giornalisti (professionisti o pubblicisti) ed, in minor numero, poligrafici, tutti regolarmente assunti con contratto di lavoro subordinato o con altre forme previste dalla legge e che la testata edita dalla Società ricorrente, che ha sede legale nella città di Siena ed il cui bacino di utenza è sempre stato quello regionale toscano, nasce nel 1993 come “-OMISSIS-”, per divenire nel 1996 “-OMISSIS-” e nel 2006 “-OMISSIS-”.

Nel ricorso si evidenzia che, specie dopo la crisi generale che nel 2008 aveva colpito il mercato editoriale e della stampa, la -OMISSIS- aveva potuto operare solo grazie ai contributi pubblici previsti per il settore dalla l.

7.8.1990 n. 250 e ss.mm.ii. e che tale circostanza l’aveva esposta, da un lato, ad un aspro contenzioso con l’Autorità pubblica preposta all’erogazione delle provvidenze di cui alla l. n. 250/1990 (il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri) e, dall’altro, anche a causa di questo, ad una crisi culminata nel 2015 con la liquidazione volontaria ed il licenziamento di tutti i dipendenti e, poi, nella liquidazione coatta amministrativa cui era ancora soggetta, disposta dal Ministero dello Sviluppo Economico con decreto n. -OMISSIS-del -OMISSIS-.

Nel ricorso si afferma che, come fatto in passato e nei successivi anni di attività, con istanza del -OMISSIS- la -OMISSIS- chiedeva al DIE - e, in particolare, all’Ufficio per il Sostegno all’Editoria, Servizio per i Contributi Diretti - di poter usufruire per l’anno 2011, per la testata “-OMISSIS-”, dei contributi previsti dall’art. 3, comma 2, l. n. 250 del 1990.

Con nota dirigenziale DIE prot. n. -OMISSIS- dell’-OMISSIS-, l’Ufficio competente comunicava la formale apertura del procedimento, rimettendo alla Società ricorrente l’elenco dell’intera documentazione necessaria ai fini dell’istruttoria, da produrre entro il -OMISSIS-.

Nel gravame si afferma che, con l’ausilio di una Società specializzata (-OMISSIS- S.r.l.), la -OMISSIS- integrava la pratica, inviando al DIE, entro il termine assegnatole, tutti i documenti richiesti, incluso il bilancio al 31.12.2011 (conforme all’originale) approvato dall’Assemblea Ordinaria dei Soci nella seduta del -OMISSIS-.

Il procedimento si concludeva con l’adozione del decreto del -OMISSIS-, col quale, accertata la completezza e la regolarità della documentazione, il Dirigente Coordinatore dell’Ufficio per il Sostegno all’Editoria, nei limiti della percentuale in riduzione (66,724 %) imposta dalle risorse pubbliche disponibili per quell’anno, quantificava ed assegnava alla Società ricorrente per l’anno 2011 un contributo pari, al netto delle ritenute di legge, ad € 1.255.803,09.

Con nota n. -OMISSIS-del -OMISSIS-, il Direttore dell’Ufficio per il Sostegno all’Editoria comunicava ai sensi dell’art. 7 l.

7.8.1990 n. 241 alla ricorrente, in persona del Commissario Liquidatore, Dott. -OMISSIS-, l’avvio di un procedimento “... volto al riesame di taluni degli elementi istruttori a suo tempo acquisiti all’istruttoria e sulla base dei quali è stato liquidato all’impresa -OMISSIS- S.c.p.a. di giornalisti, per la testata ‘-OMISSIS-’, la somma di € 1.255.803,09 (al netto delle ritenute), a titolo di contributo pubblico all’editoria per l’annualità 2011 ”.

Nella comunicazione si chiarisce che l’avvio di tale procedimento di riesame si era reso necessario in conseguenza degli esiti dell'attività d'indagine compiuta dalla "Compagnia Perugia" della Guardia di Finanza in esecuzione dei controlli successivi ex art, 6, comma 2, del d.P.R. n. 223 del 2010 e si evidenzia che, la predetta Compagnia, con nota dell'-OMISSIS-, aveva dato conto degli elementi informativi acquisiti nell'ambito del controllo eseguito, da cui era emerso “ che "l'-OMISSIS- nel prospetto dei costi relativi alla testata per l'anno 2011, ha riportato spese di fatto non realmente sostenute (nella misura di E 26.166,69 per l'acquisto di materie prime sussidiarie e di consumo, di €576.149,75 relativi a spese per prestazioni di servizi e di E 7.955,61 relativi a spese di godimento di terzi)";
che l'impresa "non ha informato l'Ente erogatore della rettifica in diminuzione di tali costi a seguito di un accordo di ristrutturazione del debito stipulato in data -OMISSIS-" e che, "a seguito del ricalcolo il contributo effettivamente spettante alla cooperativa per l'anno 2011 sarebbe dovuto essere di E 1.021.257 (al netto delle ritenute di legge)
”.

Con il ricorso indicato in epigrafe la ricorrente ha impugnato il decreto del -OMISSIS-, notificato in pari data, con il quale il Coordinatore dell'Ufficio per il Sostegno Diretto all'Editoria presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per l'Informazione e l'Editoria ha parzialmente annullato d'ufficio il decreto del -OMISSIS-, con cui, in accoglimento dell'istanza avanzata ai sensi dell'art. 3, 2 comma, legge 7 agosto 1990 n. 250 e ss.mm.ii., era stato concesso ed erogato alla società ricorrente per l'anno 2011 e con riguardo alla testata “-OMISSIS-” un contributo pubblico pari ad € 1.255.803,09 (al netto delle ritenute di legge), con contestuale intimazione a restituire entro gg. 10 (dieci) dalla notifica, la somma pretesamente erogata in eccesso, quantificata, con riserva di ripetizione di interessi e rivalutazione monetaria, in € 234.546,09.

Avverso il provvedimento impugnato la ricorrente ha dedotto l’illegittimità per: I) Violazione e/o errata applicazione dell’art. 21-nonies l.

7.8.1990 n. 241 e ss.mm.ii., nonché dei principi in materia, incluso quello di tutela dell’affidamento e eccesso di potere per difetto e/o errata valutazione dei presupposti, arbitrarietà manifesta;
II) Violazione e/o errata applicazione dell’art. 21-nonies l.

7.8.1990 n. 241 e ss.mm.ii., nonché dei principi in materia, incluso quello di tutela dell’affidamento ed eccesso di potere per difetto e/o insufficienza dei motivi, errata e/o insufficiente valutazione dei presupposti, arbitrarietà manifesta;
III) Violazione e/o errata applicazione dell’art. 10, lett. b), l.

7.8.1990 n. 241 e ss.mm.ii ed eccesso di potere per carenza e/o insufficienza dei motivi, carenza di istruttoria, omessa valutazione di rilevanti presupposti, arbitrarietà manifesta;
IV) Violazione e/o errata applicazione dell’art. 12, 1° comma, l.

7.8.1990 n. 241 e ss.mm.ii., anche in relazione all’art. 3 l. n. 241 del 1990 ed ai principi in materia ed eccesso di potere per carenza e/o infondatezza dei motivi, carenza di istruttoria, difetto e/o errata valutazione dei presupposti, arbitrarietà manifesta. V) Violazione e/o errata applicazione dell’art. 3, comma 2 e 3, l.

7.8.1990 n. 250, anche in relazione agli artt. 3, comma 1, e comma 3 e 6, d.P.R. 25.11.2010 n. 223 ed al d.P.C.M. 23.5.2011;
violazione del principio di irretroattività, eccesso di potere per erroneità ed infondatezza dei motivi, travisamento dei fatti, errata valutazione di rilevanti presupposti, arbitrarietà manifesta. VI) Eccesso di potere per disparità di trattamento, arbitrarietà e contraddittorietà manifeste.

Si sono costituiti in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Informazione e L'Editoria - Ufficio per il sostegno all'editoria.

Con ordinanza n. 333 del 10 giugno 2021 questo Tribunale ha respinto l’istanza cautelare presentata congiuntamente al ricorso, ritenendo che il ricorso non fosse suscettibile di un positivo apprezzamento, in quanto il termine dei 18 mesi, previsto dall’art. 21- nonies, 1° comma, l. n. 241 del 1990, poteva essere superato in presenza di una falsa rappresentazione dei fatti cagionata con dolo e colpa grave, considerando che il provvedimento di autotutela era stato adottato nel rispetto delle garanzie partecipative e che il provvedimento era comunque successivo alla sentenza n. 6842/20 che aveva definito, seppur in rito, un complesso procedimento penale, strettamente correlato all’accertamento delle fattispecie di cui si discuteva.

All’udienza pubblica del 20 dicembre 2023 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

1. – La controversia ha ad oggetto la legittimità del decreto di annullamento del -OMISSIS-, notificato il -OMISSIS-, avente ad oggetto il decreto del -OMISSIS- di erogazione del contributo all’editoria per l’annualità 2011, a suo tempo richiesto ai sensi dell’art 3, comma 2, della l. n. 250 del 1990 per la testata “-OMISSIS-”.

2. – Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente sostiene che il decreto impugnato sarebbe illegittimo in quanto adottato ben oltre la scadenza del termine previsto dall’art. 21- nonies della l. n. 241 del 1990, perché tra l’adozione (ed il successivo consolidamento) del decreto del -OMISSIS- e quella dell’impugnato decreto del -OMISSIS- sarebbero trascorsi quasi otto anni e mezzo.

Inoltre, la ricorrente sostiene che, anche se si volesse considerare come dies a quo , il momento della scoperta del vizio, questo non poteva essere fatto coincidere con la nota della Guardia di Finanza dell’-OMISSIS-, ma con il verbale di constatazione del -OMISSIS-.

L’art. 21- nonies della l. n. 241 del 1990 recita: “1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell' articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo .”.

Il successivo comma 2- bis della l. n. 241 del 1990, precisa tuttavia che “ I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall'amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 ”.

Sull’interpretazione della sopra richiamata disposizione si è approfonditamente pronunciato il Consiglio di Stato chiarendo che “… l’art. 21-nonies della l. n. 241/1990 andrà interpretato nel senso che il superamento del rigido termine di diciotto mesi è consentito: a) sia nel caso in cui la falsa attestazione, inerenti i presupposti per il rilascio del provvedimento ampliativo, abbia costituito il frutto di una condotta di falsificazione penalmente rilevante (indipendentemente dal fatto che siano state all’uopo rese dichiarazioni sostitutive): nel qual caso sarà necessario l’accertamento definitivo in sede penale;
b) sia nel caso in cui l’(acclarata) erroneità dei ridetti presupposti risulti comunque non imputabile (neanche a titolo di colpa concorrente) all’Amministrazione, ed imputabile, per contro, esclusivamente al dolo (equiparabile, per solito, alla colpa grave e corrispondente, nella specie, alla mala fede oggettiva) della parte: nel qual caso – non essendo parimenti ragionevole pretendere dalla incolpevole Amministrazione il rispetto di una stringente tempistica nella gestione della iniziativa rimotiva – si dovrà esclusivamente far capo al canone di ragionevolezza per apprezzare e gestire la confliggente correlazione tra gli opposti interessi in gioco
” (Cons. Stato, sez. V, 27 giugno 2018, n. 3940).

Pertanto, il comma 2- bis dell’art. 21- nonies della l. n. 241 del 1990 deve essere interpretato nel senso che ove l’(acclarata) erroneità dei presupposti sia stata cagionata da dolo o colpa grave dell’interessato, non è necessaria l’esistenza di un reato accertato ai fini del superamento del termine dei diciotto mesi previsto per legge, trovando applicazione in tal caso il principio di ragionevolezza del termine.

Ebbene, nel caso in esame, dalla relazione dell’-OMISSIS- della Guardia di Finanza risulta che “ nel corso dell'anno 2012, la -OMISSIS- ha presentato una proposta di transazione del debito originati presso tre Istituti di credito e sei fornitori… Tale proposta transattiva è stata accolta dai succitati istituti di credito così come segue:…Tale proposta transattiva è stata, altresì, accolta dai sotto indicati fornitori addivenendo ad una rivista esposizione del debito… In concreto, la cooperativa controllata a fronte di un debito, creatosi nel tempo, nei confronti dei suddetti istituti di credito per complessivi € 4.321.750,00 ha ottenuto uno stralcio complessivo di € 3.079.386,00 pari al 65% dei debiti. Di contro, nei confronti dei fornitori innanzi citati (i quali fanno parte integrante dei costi rimborsabili) a fronte di un debito di € 2.384.082,00 formatosi da prestazioni di servizi e cessioni di beni inerenti l'editoria, ha ottenuto uno stralcio degli stessi pari ad € 1.498.358,00, pari al 65% del debito… in relazione a quanto sinora descritto, emerge chiaramente che: le spese rappresentate nel prospetto dei costi alla testata giornalistica, concernenti l'anno 2011 sono di fatto non sostenute;… In seguito di tale rettifica operata in diminuzione, la -OMISSIS-, avrebbe pertanto dovuto informare l'Ente erogatore di tale circostanza: tuttavia non risulta alcuna comunicazione agli atti e pertanto, il medesimo Ente non è stato posto nella condizione di poter valutare i costi ammessi al contributo”. La Guardia di Finanza indica chiaramente quali sono i costi non sostenuti dalla ricorrente, ma che invece sono stati riportati in bilancio: 26.166,69 € per “Acquisto di materie prime sussidiarie e di consumo”, 576.149,75 € per “Spese per prestazioni di servizi” e 7.955,61 € per “Spese per il personale ”, procedendo al ricalcolo del contributo all’editoria spettante alla ricorrente per l’anno 2011.

Peraltro, le condotte omissive poste in essere dall’impresa, in persona del rappresentante legale, emerse in esito ai controlli effettuati dalla Guardia di Finanza hanno costituito oggetto di segnalazione alla Procura della Repubblica con conseguente rinvio a giudizio, configurando ipotesi di reato;
giudizio conclusosi con la sentenza del Tribunale di Roma - seconda sezione penale - n. -OMISSIS-, depositata il -OMISSIS- la quale ha dichiarato “ non doversi procedere nei confronti…in ordine al reato lui ascritto perché estinto per prescrizione ”, precisando in motivazione: “ Ne consegue che, in mancanza di elementi in atti idonei a consentire una pronuncia più favorevole per l’imputato, va emessa sentenza di non doversi procedere ”.

Alla luce della relazione della Guardia di Finanza, si deve ritenere che, nel caso in esame, si sono verificate quelle condizioni - acclarata erroneità dei presupposti non imputabile (neanche a titolo di colpa concorrente) all’Amministrazione, ed imputabile, per contro, esclusivamente al dolo o alla colpa grave della parte – che, ai sensi del comma 2- bis dell’art. 21- nonies della l. n. 241 del 1990, per come interpretato dal Consiglio di Stato, consente il superamento del rigido termine di diciotto mesi.

Neppure si può ritenere che il termine sia comunque irragionevole, tenuto conto che l’azione in via di autotutela è stata intrapresa dall’Amministrazione allorché essa è venuta a conoscenza degli esiti del controllo della Guardia di Finanza;
in particolare con nota n. -OMISSIS-del -OMISSIS-, l’Ufficio richiedeva alla Compagnia di Perugia la trasmissione, previo nulla osta, degli esiti dell’attività d’indagine, al fine di poter assumere le più adeguate e motivate determinazioni di carattere amministrativo “ in ordine all’adozione di provvedimenti di annullamento e/o riforma in autotutela del contributo a suo tempo erogato ”. In riscontro a tale richiesta, le risultanze delle indagini venivano trasmesse dagli Organi ispettivi all’Amministrazione con nota in data -OMISSIS- e il decreto di parziale annullamento è stato adottato in data -OMISSIS- e, cioè, circa quattordici mesi dalla scoperta del vizio. Solo dal ricevimento delle risultanze finali dell’attività di indagine si ritiene che l’Amministrazione potesse ritenersi edotta dell’effettiva consistenza degli accertamenti della Guardia di Finanza, non rilevando la precedente trasmissione del processo verbale di constatazione del -OMISSIS-. Invero, come già evidenziato, i fatti oggetto della presente controversia sono stati oggetto di un complesso procedimento penale che si è concluso solo con la sentenza n. -OMISSIS-, depositata il -OMISSIS- nella quale si chiarisce, come riportato nello stesso provvedimento impugnato, di aver pronunciato una sentenza di non doversi procedere perché il reato era estinto per prescrizione per “ la mancanza di elementi in atti idonei a consentire una pronuncia più favorevole per l’imputato ”, ritenendo, il giudice penale, pertanto, che non vi fossero gli elementi per pronunciare una sentenza di proscioglimento, sentenza che inevitabilmente avrebbe influenzato anche l’operato dell’Amministrazione. Pertanto, non si ritiene che il termine nel caso in esame possa considerarsi irragionevole. Alla luce di tutto quanto sopra esposto, si ritiene che la censura non colga nel segno.

3. – Con il secondo motivo di gravame, la ricorrente sostiene che il provvedimento di annullamento parziale sarebbe illegittimo poiché non avrebbe tenuto in alcun debito conto gli interessi del beneficiario del contributo.

Il Collegio, sul punto, si limita ad evidenziare che nel provvedimento impugnato, l’Amministrazione, dopo una puntuale ricostruzione dei fatti sulla cui base era stata assunta la decisione di procedere all’annullamento parziale della concessione del contributo, e dopo aver esaminato le osservazioni presentate dal Commissario liquidatore, richiama la sentenza n. -OMISSIS-, depositata il -OMISSIS- evidenziando che “ l’intervenuta prescrizione del reato non faccia venir meno in fatto la fattispecie di indebita percezione dei contributi per l’annualità 2011 ” e che “ dunque, sussista sul piano amministrativo, ai sensi dell’art. 21-nonies della legge 241 del 1990 e s.m., un interesse pubblico al doveroso annullamento in parte qua del predetto provvedimento di liquidazione del contributo fondato su presupposti di fatto e di diritto risultati successivamente alterati, e dunque determinante un indebito esborso di danaro pubblico con un vantaggio ingiustificato per il privato”, implicitamente riconoscendo la prevalenza dell’interesse pubblico volto alla restituzione di quanto indebitamente versato rispetto all’interesse del privato a conservare il “ vantaggio ingiustificato ”. Peraltro, non può ritenersi sussistente alcun legittimo e/o incolpevole affidamento al mantenimento dello status quo ante da parte della società destinataria del beneficio (il contributo all’editoria), che, nel proprio interesse, abbia fornito una diversa rappresentazione dei dati ai fini dell’adozione di un atto a proprio favore.

Sul punto, il Consiglio di Stato ha chiarito che “ La pretesa buona fede dell’interessato non fa quindi venire meno che l’Amministrazione abbia agito in virtù di una falsa rappresentazione di un fatto presupposto per l’adozione del provvedimento, successivamente rilevatosi non legittimo, con la conseguenza che l’errore in cui è incorsa appare sufficiente di per sé affinché essa possa rimuoverlo in via di autotutela, senza che sia necessaria alcuna indagine sulla sussistenza dell’elemento soggettivo in capo al soggetto presentatore del documento o della dichiarazione” (Cons. Stato, sez. VI, 5 aprile 2019, n. 2257).

Più nello specifico, la giurisprudenza si è pronunciata in questi termini: “ Devono, infine, ritenersi infondate anche le censure di cui al secondo motivo di ricorso con le quali parte ricorrente lamenta che l’amministrazione resistente non avrebbe tenuto conto dell’affidamento in ordine alla stabilità della posizione acquisita e alla giuridica rilevanza della stessa, né avrebbe effettuato alcuna comparazione tra gli interessi coinvolti, tenuto conto del tempo trascorso. Ed invero il Collegio condivide la giurisprudenza alla luce della quale, in determinate ipotesi, l’interesse pubblico all’eliminazione dell’atto illegittimo è da considerarsi in re ipsa. Tra queste è annoverabile l’ipotesi di intervento in autotutela a fronte della falsa, infedele, erronea o inesatta rappresentazione, dolosa o colposa, della realtà da parte dell’interessato, risultata rilevante o decisiva ai fini dell’adozione del provvedimento ampliativo inciso, essendo il vizio infirmante quest’ultimo imputabile non già all’autorità promanante, bensì al privato, il quale non può, quindi, vantare il proprio legittimo affidamento nella persistenza di un beneficio ottenuto attraverso l’induzione in errore dell’amministrazione ” (T.A.R. Campania, sez. VIII, 24 aprile 2017, n. 2224 che richiama ex multis , Cons. Stato, sez. VI, 28 luglio 2016, n. 3403, Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 2004, n. 6554;
sez. IV, 24 dicembre 2008, n. 6554;
28 maggio 2012, n. 3150;
T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 23 maggio 2013, n. 2724, sez. IV, 13 febbraio 2006, n. 2026;
Salerno, sez. II, 24 gennaio 2013, n. 171;
T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 3 novembre 2003, n. 2366;
T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 21 febbraio 2005, n. 686;
T.A.R. Liguria. Genova, sez. I, 7 luglio 2005, n. 1027;
17 novembre 2006, n. 1550;
2 novembre 2011, n. 1509;
T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 5 febbraio 2008, n. 129;
T.A.R. Basilicata, Potenza, sez. I, 4 marzo 2004, n. 115;
10 maggio 2005, n. 299;
10 aprile 2006, n. 238;
18 ottobre 2008, n. 643).

La censura pertanto non coglie nel segno.

4. – Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente contesta il fatto che l’Amministrazione non abbia esaminato nel provvedimento impugnato le osservazioni scritte della ricorrente medesima.

Sul punto, il Collegio si limita ad evidenziare che in base ad una piana lettura del provvedimento impugnato emerge che l’Amministrazione abbia preso in considerazione le osservazioni presentate dal Commissario liquidatore. Invero, nel provvedimento si legge “ Viste le osservazioni fatte pervenire dal Commissario liquidatore dell’impresa -OMISSIS-., dott. -OMISSIS-, a confutazione della predetta comunicazione, acquisite in data 11 marzo 2020, con le quali è stato, in sintesi, rilevato: che fino all’anno 2011, ai sensi della normativa vigente (D.P.R. 25 novembre 2010, n. 223 e D.P.C.M. 23 maggio 2011), per l’imputazione dei costi ammissibili al calcolo del contributo, vigeva il principio di competenza, mentre solo dal 2012 (con l’entrata in vigore del decreto-legge n. 63 del 2012) sarebbe stato introdotto per la prima volta il pagamento dei costi quale requisito di ammissibilità;
la corretta applicazione “ratione temporis” conduce a ritenere che sino all’anno 2011 il contributo era calcolato e liquidato in base ai costi ammissibili direttamente connessi all’attività editoriale, senza che fosse previsto il requisito dell’effettivo pagamento;

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