TAR Torino, sez. II, sentenza 2012-10-25, n. 201201125
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N. 01125/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01747/1999 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1747 del 1999, proposto da:
A G B, A G G, A S, A F B, A G, A G, A F, A G, B A, B P, B A, B G, B M, B G, B M, B A, B D, B G, B A, B M, B S, B A, B M, B L, B G, B S, B M, B G, B P, B G, B P, C S, C G, C G B, C P, C F, C P, C A, C Michele, Cavaglià Pietro ora Cavaglià Giampiero, Cavallo Giovanni Battista, Ceresa Vincenzo, Coaloa Giuseppe, Colombero Giuliana, Conte Giuseppe, Cordero Vittorio, Costamagna Lorenzo, Costamagna Lorenzo, Cravero Giovanni, Daniele Elio, Daniele Giovanni, Daniele Pietro, Dotta Valentino, Eandi Giovanni, Fasano Franco, Fissore Costanzo, Fissore Pier Paolo, Fogliato Giancarlo ora Gianoglio Rosanna, Franco Giuseppe, Franco Simone, Fruttero Bartolomeo, Fusero Mario, Gaido Gilio Carlo, Garello Pietro, Gerbaudo Stefano, Gerlero Vittorio, Ghigo Mario, Ghigo Matteo ora az. agr. Ghigo Chiaffredo, Giaime Romano, Gianoglio Giuseppe, Gramaglia Livio, Maccagno Guido, Mana Mario, Manassero Angelo, Manassero Giovanni, Manissero Claudio, Maranetto Giovanni, Martin Gian Maurizio, Martini Vincenzo, Maruelli Pio, Mellano Fabrizio, Mellano Faustino, Mellano Luigi, Mellica Pietro, Mellica Sergio, Monasterolo Giuseppe, Morello Giuseppe, Morello Giuseppe, Nicola Antonio, Olivero Bartolomeo, Olivero Giovanni Battista, Operti Adriano, Panero Domenico, Pelissero Sergio, Pettiti Elio, Picco Giovanni, Racca Renato, Racca Rocco, Raso Martino, Ravera Giovanni, Roasio Francesco, Robasto Giacomo, Robasto Paolo Stefano, Rocca Stefano, Roccia Antonio, Roccia Giuseppe, Roccia Silvio, Rolando Albino, Rosso Mario, Sabena Bartolomeo, Sabena Piergiorgio, Salut Sergio, Sandretto Mario, Sanino Michele, Sanino Silvio, Sarzotti Michele, Scotto Giuseppe, Sobrero Massimo, Sola Michele, Solavaggione Bernardo, S G B, Tallone Angelo ora az. agr. S. Anna di Tallone F.lli Alberto e Bruno, Tassone Giuseppe, Tassone Massimo, Testa Gianpiero, Testa Giovanni, Tortalla Giuseppe Giovanni, Tortalla Raffaele, Tortone Giuseppe, Tosco Rocco, Tuninetti Emanuele, Vanzetti Francesco, Varetto Giuseppe, Varetto Simone, Vietti Niclot Maura, Viglietti Marco, Vizio Alfredo, Agù Armando (già Agù Antonio Giovanni e Armando sdf), Aimetta Lorenzo (già Aimetta Lorenzo e Amedeo), Aimetta Luigi (già Aimetta Luigi e Bruno), A M (già A G e Fg. M), Angaramo Livio (già Angaramo Francesco e Livio), Ballario Bartolomeo (già Ballario Bartolomeo e Chiaffredo), Barale Enrico (già Barale Giovanni e Enrico), Barale Massimo (già Barale Matteo e Massimo), Barberis G (già Barberis Francesco), Barbero Livio (già Barbero Giorgio), Bergese Elio (già Bergese G B e f Elio), Bergese Pierluigi (già Bergese Domenico e Pierluigi), Bertinetti Giovanni B. (già Bertinetti Giuseppe), Boglione Giuseppe (già Boglione Michele), Bonetto Rinaldo (già Bonetto Giovanni e f), Bosio Mario (già Bosio Mario G. Battista e Francesco), Botta Alessandro (già Botta Alessandro e Giovanni), Botto Sergio (già Botto Stefano e figli), Bramardi E (già Bramardi Giuseppe e Fg. E), B P (già B P e T A), B S (già B L e S), B G (già B G e C. sdf), B G (già B G e O M), C C (già Az. Agr. C sf), C F (già C G e F s), C S (già C A S C), C A (già C A e A A s), C G (già C G e Giorgio), C E (già C G e E), C F G (già C M e F G), C F (già C F e Fedele), C S (già C G e S), D G (già D I e G), D T (già D T e Marco F.lli), D P (già D F), D G (già D G), F S (già F S e S C), G G (già G F G A e G), G G (già G M L e G), G G (già G G e G), G C (già G M e C), G P A (già G P A e Aldo), L F D (già L G e f), L G (già L A e G B), L M S (già L B e M S), M A (già M F e f), M G (già M G e G), M D (già M G e fg. Dario), M R (già M G e fg. Riccardo), M F (già M F e Giuseppe), M L (già M L e R S), M A (già M T e Aio), Mina Aldo (già Mina Piermario e Aldo), Miolano G (già Miolano Luigi), Mossano Antonio (già Mossano Pietro e f Antonio), Mulassano Giuseppe (già Mulassano Giuseppe e Baldassarre), Oggero Adriano Giovenale (già Oggero Michele ed Adriano Giovenale), Pairona Giuseppe (già Pairona Alberto e Giuseppe), Panero Antonio (già Panero Giorgio Pietro e Antonio), Panero Pietro (già Panero f.lli Pietro e Giuseppe), Panero Walter (già Panero Matteo e fg. Walter), Pignatta Luciano (già Pignatta Emiliano e Luciano), Rinaudo Livio (già Rinaudo Giuseppe e figli Livio Giovanni), Sampò Giovenale (già Sampò Giovenale e Giovanni), Servetti Mario (già Servetti Fratelli), Sona Franco (già Sona Franco e Giovanni Battista), Testa Cristoforo (già Testa Cristoforo e Michele), Tosco Giuseppe (già Tosco Giovanni Battista e Giuseppe), Trucco Mauro (già Trucco Aio), Vallero Guido Giovanni (già Vallero Bartolomeo), Vittone Denis Piergiovanni (già Vittone Giuseppe), Zabena Giuseppe (già Zabena Giuseppe e Sebastiano), società Abrate Andrea e fg. Michele, società Aio Piercarlo e Giov. B., società Aio Stefano e Pierino, società Ambruno Giorgio e Davide, società az. agr. Ceresetta di Giagnolio, società az. agr. Il Campanile di Olivero, società Barolo Claudio e Enzo, società Bertea Francesco e Giovanni, società Bertinetto Pierpaolo e Franco ora Bertinetto Pier Paolo, società Bertorello Romano, Oreste e Gi, società Bessone Giuseppe e Felice, società Bollati F.lli B.meo-G.nni-Stef, società Bosso Giovanni e Bruno s.s., società Bressi Aldo e Bruno, società Bruno Francesco e Giancarlo, società Burdisso F.lli Antonio e Guido, società Carena F.lli Renato e Aldo E, società Casetta Mario e Roberto, società Cooperativa “Aurora”, società Daniele Lorenzo-Mauro-Fredino, società Dompè F.lli G.ppe e G.Carlo, società Forestello Angelo – Alfredo, società Gastaldi Sebastiano-Michele-An, società Gerbaudo Antonio e Oddone, società Giordana Ferdinando e Bartolom ora soc. agr. Giordana Domenico e Davide s.s., società Giordana Giuseppe e Giuseppe, società Gonella Romano e Pietro F.lli, società Grasso Giuseppe e Fg. Roberto ora Grasso Roberto, società Manassero Antonio e Renato, società Marchisio Antonio e Agostino, società Marchisio Antonio e Agostino, società Migliorini Fratelli, società Minetti Aldo e Bruno, società Montersino Fratelli s.s., società Olivero Francesco e Silvano, società Olivero Giuseppe e Piero, società Oria Pietro e Giuseppe, società Parola Enrico e f Germano, società Parola Francesco e Stefano, società Perrucca Domenico, F.llo Giusep, società Pussetto Carlo e Giuseppe, società Sampò Paolo e Giuseppe, società Sanino Riccardo e Maurizio, società Saretti Domenico e Francesco, società Silvestro Michele e Francesco, società Tallone F.lli Pier Franco e Va, società Testa G B e Andrea, società Testa Giovanni e Mario, società Torassa Fratelli sdf, società Tortone Benedetto e Mario, società Tortone Stefano Giov. e Romano, società Tosco Bernardino e Marco F.lli. società Trucco Guglielmo e Bruno F.lli, società Abrate Silvio e Valter (già Abrate Tomaso e figli Silvio e Valter sdf), società Alladio Lorenzo e Giorgio (già Alladio Giovanni e figli), società Az. Agr. La Fasenda di Silvestro (già Silvestro Francesco e F.lli), società Az. Agr. La Magnolia di Balma (già Az. Agr. La Magnolia di Balma A. e P.), società Az. Agr. San Martino di Bonino (già Bonino Stefano e figli), società Barbero Antonia Luciana e Rivo (già Rivoira Giovanni), società Barolo Piergiuseppe e Mario (già Barolo Piergiuseppe Mario e Renato), società Basso Aldo e Giovanni (già Basso Sebastiano), società Bertola Pietro e Antonio (già Bertola Giacomo e Pietro) ora az. agr. B A, società Boetti Francesco e Michele (già Boetti Sebastiano), società Boetto Domenico e Luciano (già Boetto Fratelli), società Borretta G e Paolo (già Borretta Francesco e Figli), società Brunetto Franco e Alberto (già Brunetto Piero e Franco), società Bruno Sergio Nic.-Aldo G.nni E (già Bruno Chiaffredo e Figli), società Camusso Giuseppe e Riccardo (già Camusso Giuseppe Celeste e Riccardo), società Dalmazzo Piergiuseppe e Mauro (già Dalmazzo Pietro e Figli), società L G B. e Bernardino (già Lingua Chiaffredo e Bernardino), società Mellano Giacomo Franco e Sebas (già Mellano Giovanni e Sebastiano), società Panero Piercarlo e nipote Pier (già Panero Giuseppe e Piercarlo), società Peiretti Bartolomeo e Roberto (già Peiretti Sebastiano e Bartolomeo), società Sarvia Giuseppe e Roberto (già Sarvia Giacomo e Fg. Giuseppe e Roberto), società Tosco Lorenzo e F.lli (già Tosco Giovanni Giuseppe e Lorenzo), società Varetto Cristoforino e Elio (già Varetto Michele e figli Cristoforino ed Elio), società Vinai Giovanni e Giuseppe (già Vinai Luigi e Fg. G G e E), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutte rappresentate e difese dal prof. avv. Carlo Sarasso, elettivamente domiciliate presso lo studio dello stesso in Torino, p.za Maria Teresa, 6;
contro
A.G.E.A. - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (subentrata all’A.I.M.A. in liquidazione), in persona del direttore p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, presso la quale è domiciliata in Torino, corso Stati Uniti, 45;
Regione Piemonte, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dagli avv. G S, e P C M, con domicilio eletto presso i medesimi in Torino, piazza Castello, 165;
per l'annullamento
dei provvedimenti e relative note prot. 277/comm. liq. datate 8.9.1999, comunicati nel mese di ottobre 1999, con cui l’A.I.M.A. ha, ai sensi dell'art. 1, primo comma, d.l. 1.3.1999, n. 43 (convertito con modifiche nella l. 27.4.1999, n. 118), effettuato le compensazioni nazionali per i periodi di produzione lattiera 1995/1996 e 1996/1997 e contestualmente addebitato i relativi prelievi supplementari;nonché di ogni altro atto e provvedimento connesso, presupposto o conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’A.G.E.A. - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (subentrata all’A.I.M.A. in liquidazione) della Regione Piemonte;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 settembre 2012 la dott.ssa M S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso collettivo depositato in data 29 ottobre 1999, le società in epigrafe indicate, tutte “produttrici” titolari di quote latte, soggette a prelievo supplementare per le quantità di prodotto consegnato eccedente la quota e non compensato, chiedevano a questo Tribunale Amministrativo Regionale l’annullamento, previa sospensione cautelare, dei provvedimenti in epigrafe indicati in data 8/9/1999 (e relativi allegati), con cui l’Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo in liquidazione (d’ora in poi AIMA) aveva effettuato le compensazioni nazionali per i periodi di produzione lattiera 1995-96 e 1996-97 e contestualmente addebitato i relativi prelievi supplementari.
1.1 A sostegno della richiesta avanzata deducevano:
I. Incompetenza e violazione del combinato disposto dagli artt. 1, primo comma, 2, primo comma, 3, primo e quarto comma, e 12, primo comma, del D.Lgs. 27/5/1999, n. 165.
II. Violazione del disposto di cui all’art. 3, primo comma, della legge 7 agosto 1990, n. 241;eccesso di potere per difetto di motivazione.
III. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della Direttiva CEE 1975/268 del 28/4/1975, nonché dell’art. 1, comma 8, lett. a), del D.L. n. 43/1999 (conv. in L. n. 118/1999);eccesso di potere per manifesta iniquità e disparità di trattamento.
IV. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 8, lett. b), del D.L. n. 43/1999 (conv. in L. n. 118/1999).
V. Violazione dell’art. 2, comma 2, del Regolamento CEE n. 3950/1992 o, in subordine, violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 15, (secondo periodo), del D.L. n. 43/1999 (conv. in L. n. 118/1999).
VI. Violazione del principio comunitario dell’affidamento, in relazione all’intera disciplina di cui al Regolamento CEE n. 3950/1992 (in particolare, tra gli altri, artt. 1 e 2, comma 1) e 536/1993 (segnatamente art. 3), nonché dell’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile e dell’art. 1 L. n. 689/1981.
VII. Violazione del disposto degli artt. 4 e ss. Del Regolamento CEE n. 1360/1978.
VIII. Illegittimità costituzionale del D.L. n. 411/1997 (conv. in L. n. 5/1998 e s.m.i.) per violazione dell’art. 41 Cost. e conseguente vizio derivato dei provvedimenti impugnati.
IX. Violazione del disposto dell’art. 2, primo comma, D.L. n. 727/1994 (convertito nella L. n. 46/1995), nel testo risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 520/1995 e parziale incostituzionalità dell’art. 1, primo comma, D.L. n 43/1999 (convertito in L. n. 118/1999).
X. Eccesso di potere per irragionevolezza, contraddittorietà, manifesta ingiustizia e disparità di trattamento.
XI. Violazione dell’art. 7 del Regolamento CEE n. 3950/1992.
XII. Violazione del disposto dell’art. 2, commi 1, lett. d), e 2, della L. n. 5/1998 ed eccesso di potere per carenza d’istruttoria.
XIII. Violazione del disposto dell’art. 21 del d.P.R. 23 dicembre 1993, n. 569.
2. L’A.I.M.A. si costituiva in giudizio con il patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino senza svolgere argomentazioni difensive.
2.1 La Regione Piemonte dichiarava, invece, di non opporsi alla sospensione dei provvedimenti impugnati
3. La Sezione I di questo Tribunale, con ordinanza n. 1038 in data 3 novembre 1999, accoglieva l’istanza cautelare avanzata dalle ricorrenti.
4. Successivamente all’entrata in vigore del c.p.a., le sole ricorrenti A G G, B G, B G, C G, C F, Cavaglià Pietro, Cavallo Giovanni Battista, Fissore Pier Paolo, Fogliato Giancarlo, Franco Simone, Garello Pietro, Gerbaudo Stefano, Gerlero Vittorio, Ghigo Matteo, Manassero Angelo, Morello Giuseppe, Rolando Albino, Salut Sergio, Tallone Angelo, Vanzetti Francesco, Varetto Simone, Vietti Niclot Maura, Bergese Elio (già Bergese G B e f Elio), C C (già Az. Agr. C sf), C F (già C G e F s), C S (già C A S C), C F (già C F e Fedele), M A (già M F e f), M G (già M G e G), M R (già M G e fg. Riccardo), M A (già M T e Aio), Miolano G (già Miolano Luigi), Mossano Antonio (già Mossano Pietro e f Antonio), società Aio Stefano e Pierino, società Bertinetto Pierpaolo e Franco, società Burdisso F.lli Antonio e Guido, società Daniele Lorenzo Mauro Fredino, società Giordana Ferdinando e Bartolom, società Grasso Giuseppe e Fg. Roberto, società Manassero Antonio e Renato, società Minetti Aldo e Bruno, società Pussetto Carlo e Giuseppe, società Testa Giovanni e Mario, società Abrate Silvio e Valter (già Abrate Tommaso e figli Silvio e Valter sdf), società Bertola Pietro e Antonio (già Bertola Giacomo e Pietro), società Boetti Francesco e Michele (già Boetti Sebastiano), società L G B. e Bernardino (già Lingua Chiaffredo e Bernardino), società Mellano Giacomo Franco e Sebas (già Mellano Giovanni e Sebastiano), società Tosco Lorenzo e F.lli (già Tosco Giovanni Giuseppe e Lorenzo), società Vinai Giovanni e Giuseppe (già Vinai Luigi e Fg. G G e E), S G B (nella F.U. è indicata Az. Agr. S E) e A M (già A G e Fg. M) presentavano una nuova istanza di fissazione d’udienza nel termine e nel modo di cui all’art. 1 dell’Allegato 3 al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104.
5. La causa veniva, pertanto, chiamata alla pubblica udienza del 26 settembre 2012, nelle more del cui svolgimento l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura – AGEA (subentrata all’AIMA in liquidazione a decorrere dal 16 ottobre 2000, giusta art. 2, comma 4-bis, del D.Lgs. 27 maggio 1999, n. 165) eccepiva, con memoria, l’incompetenza territoriale del TAR adito in favore del TAR del Lazio e contestava, in ogni caso, la fondatezza delle doglianze ex adverso sollevate.
5.1 La Regione Piemonte, abbandonando l’atteggiamento originariamente assunto, contestava, con memoria, l’ammissibilità e la fondatezza del ricorso.
5.2 Le ricorrenti interessate rilevavano, da parte loro, la tardività e, comunque, l’infondatezza dell’eccezione d’incompetenza territoriale sollevata dall’AGEA, contestavano l’eccezioni di inammissibilità poste dalla Regione e ribadivano le argomentazioni difensive già svolte con il ricorso introduttivo.
5.3 All’esito della discussione, la causa veniva, quindi, trattenuta in decisione.
6. Preliminarmente deve essere dichiarata l’estinzione del giudizio per perenzione in relazione alle ricorrenti che, nei modi e nei termini di cui all’art. 1 dell’Allegato 3 al c.p.a., non hanno presentato una nuova istanza di fissazione d’udienza.
A tale declaratoria consegue, in ogni caso, il pagamento da parte delle stesse delle spese di giudizio, in applicazione del principio ritraibile dagli artt. 82 e ss. del c.p.a.
7. Sempre in via preliminare, va, inoltre, disattesa l’eccezione d’incompetenza territoriale sollevata dalla difesa erariale.
La disciplina della competenza dei tribunali amministrativi regionali (ivi compresa la disciplina del regolamento di competenza) introdotta dal codice del processo amministrativo si applica ai giudizi instaurati nella vigenza dello stesso codice, ossia a quelli introdotti con un ricorso notificato dopo la sua entrata in vigore.
In caso di processi in relazione ai quali è ancora in corso il termine per la proposizione del regolamento di competenza secondo la disciplina previgente, in ossequio all'art. 2 della disp. trans. c.p.a., si deve ammettere l'esercizio del potere nei limiti temporali a suo tempo previsti (Cons. Stato Ad. Plen.7 marzo 2011, n. 1).
L’eccezione andava, quindi, proposta con regolamento di competenza e non con la memoria difensiva e va pertanto dichiarata inammissibile.
8. Nel merito il ricorso è infondato.
9. Va, preliminarmente, ricostruita la disciplina normativa che riguarda la problematica delle quote latte.
Il problema dell’eccesso di produzione nel settore lattiero-caseario si pose, a livello comunitario, nel 1968 con il Regolamento n. 804/68 CEE del 27 giugno che istituì una organizzazione comune dei mercati nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari;dapprima venne previsto un sistema di premi per la non commercializzazione del latte e la riconversione delle mandrie bovine con il Regolamento 1078/77 CEE del 17 maggio 1977, ed un prelievo di corresponsabilità gravante, in maniera uniforme, sull’insieme dei quantitativi di latte consegnati alle latterie con il Regolamento di pari data n. 1079/77 CEE;considerato però che, nonostante detto prelievo, l’aumento della raccolta del latte continuava a ritmi tali da creare difficoltà al mercato comune, si ritenne di individuare il sistema migliore per equilibrare domanda ed offerta, pur non nascondendosi le difficoltà amministrative di applicazione, nell’instaurazione di un prelievo supplementare, per un periodo di cinque anni, sui quantitativi di latte raccolto oltre un limite, detto di garanzia, fissato per la produzione dell’intera Comunità, da suddividere per ogni singolo stato, con l’assegnazione ad ognuno di un quantitativo globale garantito (QGG).
Detto sistema venne introdotto con il regolamento n. 856/84 CEE del 31 marzo 1984 che, integrando il precedente regolamento n. 804/68, aggiunse l’articolo 5-quater con il quale si stabilirono le quote globali garantite per ogni stato membro, i periodi di produzione entro i quali verificare l’eventuale eccedenza, dal 1 aprile al 31 marzo dell’anno successivo, due formule alternative di prelievo, A e B, a seconda che questo fosse dovuto dal produttore o dall’acquirente, nonché la necessità di individuare quote di riferimento individuale per ogni produttore e relative ad ogni campagna, la somma delle quali era pari al quantitativo globale garantito allo Stato annualmente.
La normativa comunitaria introdusse anche il sistema delle compensazioni, che prevedeva appunto la possibilità di compensare produzioni inferiori alla quota assegnata con produzioni superiori, talché il prelievo era dovuto solo sull’eccedenza risultante dall’effettuata compensazione.
Il primo concreto tentativo di dare attuazione a detto sistema in Italia può essere individuato nell’approvazione della legge 2 novembre 1992 n. 468.
Per quanto qui interessa, detta legge istituì i bollettini provinciali recanti l’elencazione dei produttori titolari di quote latte e suddivise le quote individuali in due parti:
- la quota A, pari alla indicazione produttiva assegnata nel periodo 1991-92, corrispondente alla quantità di prodotto commercializzata nel periodo 1988-89;
- la quota B, pari alla maggiore quantità commercializzata dai produttori titolari della quota A nel periodo 1991-92, rispetto al periodo 1988-89. Per quelli entrati in produzione successivamente alla campagna 1988-89 veniva attribuita una quota B pari alla quantità di prodotto commercializzato nel periodo 1991-92.
La mancata produzione per un periodo di 12 mesi, elevabili a 24 in casi di forza maggiore o impossibilità sopravvenuta, comporta la perdita della quota che confluisce nella riserva nazionale.
Alle Regioni viene affidato il controllo sulla produzione effettiva. Alle associazioni di produttori può essere affidata la gestione unitaria delle quote latte dei produttori aderenti.
L’Italia sceglie la formula A di cui al regolamento comunitario n. 804/68, con prelievo gravante sul produttore. Agli acquirenti è affidato il compito di effettuare le compensazioni tra minori e maggiori produzioni consegnate, rispetto alle quote individuali assegnate, e di operare il dovuto prelievo supplementare. La compensazione a livello nazionale è invece affidata all’A.I.M.A. L’articolo 9 prevede poi la misura del prelievo per la produzione eccedente le quote A e B per il periodo 1 gennaio 31 marzo 1993 , pari a £ 54.305 per ogni 100 chilogrammi di prodotto in eccesso. La quota-latte può essere, a determinate condizioni, ceduta, totalmente o parzialmente, anche per singole annate, senza alienare l’azienda agricola.
Un mese dopo l’approvazione della legge nazionale n. 468/92 il Consiglio della CE approva un nuovo regolamento, istitutivo di un prelievo supplementare per sette periodi consecutivi di dodici mesi a decorrere dal 1 aprile 1993, pari al 115% del prezzo indicativo del latte (Regolamento n. 3950/92 del 28 dicembre 1992). Viene assegnato all’Italia un più elevato quantitativo globale e viene stabilito, all’articolo 4, che il quantitativo di riferimento individuale deve essere pari al quantitativo disponibile in azienda al 31 marzo 1993, con eventuali adattamenti per i periodi successivi in modo che la somma dei quantitativi di riferimento individuali non sia superiore al quantitativo globale. Viene, peraltro, prevista la possibilità di chiedere ed ottenere un aumento della quota, in presenza di determinate circostanze, da attingere dalla quota di riserva nazionale nella quale confluiscono le quote dismesse.
Il successivo regolamento della Commissione, di attuazione di quello del Consiglio, n. 536/93 del 9 marzo 1993 disciplina dettagliatamente, all’articolo 3, gli adempimenti degli acquirenti, ai quali è demandato il compito di controllare la corrispondenza del prodotto consegnato rispetto a quello assegnato, e di effettuare, entro tempi prestabiliti, sia le comunicazioni all’Autorità di controllo che i prelievi supplementari dovuti;l’articolo 7 disciplina le attività di controllo sempre rimesse agli acquirenti, responsabili delle relative contabilizzazioni, e gli obblighi di conservazione dei documenti. Per le vendite dirette dei produttori, non tramite gli acquirenti, dispone l’articolo 4 che prevede dichiarazioni dei produttori stessi in ordine alle quantità vendute.
Sistemi di riduzioni delle quote, previsti nei regolamenti in relazione alla mancata produzione, vengono disciplinati dalla normativa nazionale, sia con il d.P.R. 23 dicembre 1993, n. 569, che assegna alle Regioni il compito di verificare la rispondenza della quantità di prodotto commercializzata alla quota assegnata a ciascun produttore e individua criteri per la riassegnazione ridotta, sia con il decreto legge 23 dicembre 1994 n. 727, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 1995, n. 46, che all’articolo 2 disciplina i sistemi di riduzione sia della quota A che della quota B, per quantitativi non in produzione, da effettuarsi entro il 31 marzo 1995 e con effetto a partire dal periodo 1995-1996. L’articolo 2 bis prevede la possibilità per i produttori di autocertificare la propria produzione ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, in ogni caso di contestazione e nelle more dell’accertamento definitivo: detta disposizione risulta abrogata a decorrere dallo stesso periodo 1995-96 dall’articolo 2 del decreto legge 23 ottobre 1996, n. 552 convertito in legge 20 dicembre 1996 n. 642.
Proprio a partire dalla campagna agricola 1995-96 cominciano, anche in relazione alle suddette vicende normative riguardanti l’autocertificazione delle produzioni ed il riscontrato superamento del quantitativo globale assegnato all’Italia, a verificarsi difficoltà di accertamento delle effettive produzioni che, in base al sistema normativo all’epoca vigente, costituivano elemento essenziale per la determinazione della quota individuale di riferimento.
La Corte Costituzionale, con una prima sentenza del 28 dicembre 1995, n. 520, dichiara illegittimo l’articolo 2 primo comma del decreto legge n. 727/94, convertito in legge n. 46/95, nella parte in cui, nella determinazione delle riduzioni delle quote individuali dei produttori di latte, escludeva la partecipazione, quanto meno nella forma della richiesta di parere, delle Regioni interessate.
Anche la successiva norma, contenuta nella legge finanziaria 23 dicembre 1996 n. 662, all’articolo 2, comma 168, che stabilisce i criteri per l’effettuazione delle compensazioni, viene dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale con sentenza 11 dicembre 1998, n. 398, nella parte in cui non prevedeva la previa acquisizione del parere delle Regioni e delle Province autonome.
La declaratoria di incostituzionalità di norme sulla base delle quali erano state effettuate le riduzioni delle assegnazioni delle quote e le compensazioni, ha comportato necessariamente un ritardo nella procedura ordinaria, in quanto il Parlamento è stato costretto a ridisciplinare la materia “ora per allora”.
Invero anche l’incertezza in ordine alle effettive produzioni, in parte causata dal sistema dell’autocertificazione rimasto in vigore per un certo periodo e poi ritenuto normativamente inaffidabile, come sopra detto, contribuisce alla determinazione legislativa di ridisciplinare la materia, partendo dalla istituzione di una commissione governativa d’indagine in materia di quote latte, prevista nell’articolo 1, comma 28, del decreto legge 31 gennaio 1997, n.11, come sostituito dalla legge di conversione 28 marzo 1997, n.81. A tale commissione viene affidato il compito di “accertare la sussistenza di eventuali irregolarità nella gestione delle quote da parte di soggetti pubblici e privati, nonché di eventuali irregolarità nella commercializzazione di latte e prodotti lattieri da parte dei produttori o nella relativa utilizzazione da parte degli acquirenti…., anche in relazione all’effettiva produzione nazionale, e l’efficienza dei controlli svolti dalle amministrazioni competenti”. Sulla base delle risultanze dei lavori della commissione, l’A.I.M.A. avrebbe dovuto provvedere alla rettifica degli elenchi dei produttori sottoposti a prelievo supplementare per il periodo 1995-96 e ad operare i conseguenti conguagli in sede di compensazione nazionale per il periodo 1996-97 (comma 35 del citato art.1).
Per rendere esaustiva la procedura di accertamento della produzione lattiera relativa alle campagne 1995-96 e 1996-97 e coinvolgere maggiormente le regioni e le province autonome, secondo le indicazioni della Corte Costituzionale, interviene altro decreto legge, 1 dicembre 1997 n.411, convertito in legge con modificazioni dall’articolo 1 comma 1 della legge 27 gennaio 1998 n.5, il quale all’articolo 2 dispone che l’A.I.M.A. “sulla base della relazione della commissione governativa d’indagine, delle risultanze delle rilevazioni straordinarie dei capi bovini da latte effettuata ai sensi del decreto legge 19 maggio 1997 n. 130, convertito con modificazioni dalla legge 16 luglio 1997 n. 228, delle dichiarazioni di contestazione di cui al decreto 15 maggio 1997 del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali… dei controlli effettuati e già comunicati dalle regioni e dalle province autonome, degli altri elementi in suo possesso e dell’attività del comitato di coordinamento delle iniziative in materia di gestione delle quote latte di cui al decreto 16 settembre del Ministro per le politiche agricole nonché dei modelli L1 pervenuti entro la data di entrata in vigore del presente decreto, determina gli effettivi quantitativi di latte prodotto e commercializzato nei periodi 1995-96 e 1996-97…..”;ai sensi del comma 5 dello stesso articolo l’A.I.M.A. comunica ai produttori entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge i quantitativi di riferimento individuali assegnati ed i quantitativi di latte commercializzato, accertati nei modi precedentemente indicati;avverso detti accertamenti è dato ricorso di riesame avanti le Regioni e le Province autonome, che devono decidere entro ottanta giorni dalla scadenza del termine per la presentazione del ricorso. Il comma 11 dispone quindi che “In esito agli accertamenti effettuati ed alle decisioni dei ricorsi di riesame, l’A.I.M.A. apporta le conseguenti modifiche alle risultanze dei modelli L1 e ai quantitativi di riferimento individuali, ai fini delle operazioni di compensazione nazionale e del pagamento del prelievo supplementare.”
Definite le operazioni di accertamento della produzione lattiera per i periodi 1995-96 e 1996-97, il Governo italiano comunica all’Unione europea l’esatta produzione per la rettifica dei prelievi dovuti;i risultati delle compensazioni sono trasmessi alle regioni ed alle province autonome, che le comunicano agli acquirenti, responsabili dei versamenti dovuti a titolo di saldo e di prelievo e delle eventuali restituzioni ai produttori per le somme trattenute in eccedenza.
L’articolo 4 bis, introdotto dalla legge di conversione n. 5/98, istituisce, infine, una commissione di garanzia, composta da esperti, con il compito di “verificare la conformità alla vigente legislazione delle procedure e delle operazioni effettuate per la determinazione della quantità di latte prodotta e commercializzata nei periodi 1995-96 e 1996-97 e per l’aggiornamento dei quantitativi di riferimento spettanti ai produttori per i periodi previsti nel presente decreto”.
Quindi il decreto ministeriale 17 febbraio 1998 detta le modalità di comunicazione ai produttori dei quantitativi di riferimento individuali assegnati e delle quantità commercializzate, disciplinando le motivazioni relative alle singole anomalie riscontrate nelle operazioni complessive di accertamento;regola poi la procedura dei ricorsi di riesame davanti alle regioni ed alle province autonome.
Le difficoltà di accertamento relative alla produzione del latte nei periodi in questione comportano l’impossibilità di rispettare i termini previsti dalla suddetta normativa per l’esame dei ricorsi e per le comunicazione agli interessati delle quote di riferimento individuale e delle compensazioni, talché i termini vengono differiti con l’articolo 45, comma 27, della legge 23 dicembre 1998 n. 448, che considerò ricevibili le decisioni di riesame pervenute all’A.I.M.A. entro il 10 gennaio 1999.
Ritenuti, quindi, acquisiti tutti gli elementi necessari, il Governo emana il decreto legge 1 marzo 1999, n.43 (convertito in legge con modificazioni dalla legge 27 aprile 1999 n. 118), che assegna alla stessa A.I.M.A. il termine di sessanta giorni per effettuare le compensazioni nazionali per i periodi di produzione lattiera 1995-96 e 1996-97 (articolo 1 comma 1): “L’esubero complessivo nazionale, sul quale è calcolato il prelievo da ripartire tra i produttori, è costituito dalla differenza tra il quantitativo nazionale garantito ed il latte complessivamente prodotto e commercializzato in ciascun periodo”, i risultati delle compensazioni devono essere comunicati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge ai produttori, agli acquirenti ed alle regioni e province autonome.
Il comma 12 dispone che i risultati delle compensazioni nazionali effettuati ai sensi della nuova normativa sono definitivi ai fini del pagamento del prelievo supplementare, dei relativi conguagli e della liberazione delle garanzie. Gli acquirenti, ricevuta la comunicazione dall’A.I.M.A. dei prelievi da effettuare per le campagne 1995-96 e 1996-97, devono provvedere entro trenta giorni a versare gli importi trattenuti, nella misura complessivamente dovuta, ed a restituire eventuali eccedenze, dandone comunicazione alle regioni ed alle province autonome (comma 15). Può essere disposta una rateizzazione per il pagamento del prelievo (comma 16). Il comma 17 disciplina quindi una procedura di verifica da parte degli acquirenti degli accertamenti effettuati, nel caso siano difformi dalle dichiarazioni di commercializzazione da essi presentate, sempre per i periodi 1995-96 e 1996-97;se confermano i dati accertati, modificando quindi le dichiarazioni a suo tempo rese, restano esenti dalle sanzioni amministrative e dalla revoca del riconoscimento come acquirente. “In ogni caso, gli accertamenti effettuati e le decisioni dei ricorsi di riesame costituiscono a tutti gli effetti modifica delle risultanze dei modelli L1 a suo tempo inviati, ferme le procedure sanzionatorie previste dalla legge”.
Con tre decreti ministeriali, 21 maggio 1999, n. 159, 15 luglio 1999, n. 309 e 10 agosto 1999, n. 310, infine, il competente Dicastero delle politiche agricole detta disposizioni regolamentari per le procedure di riesame effettuate dalle Regioni e dalle Province autonome, riguardanti fattispecie specifiche (per la ricostruzione del quadro normativo TAR Lazio, II-ter, 6 luglio 2011, n. 5975).
10. Ciò premesso, si può passare alle scrutinio del motivi di gravame.
11. Il primo motivo (“Incompetenza e violazione del combinato disposto dagli artt. 1, primo comma, 2, primo comma, 3, primo e quarto comma, e 12, primo comma, del D.Lgs. 27/5/1999, n. 165”), con cui le ricorrenti denunciano che i provvedimenti impugnati sono stati adottati da un ente – l’A.I.M.A. in liquidazione – privo di potere, in quanto oramai soppresso e al quale non era più applicabile la prorogatio prevista dall’art. 12 del D.Lgs. n. 165 del 1999, è infondato.
Deve, infatti, rilevarsi che l’art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 1999 – nel testo risultante dalla modifiche apportate dall’art. 1 del d.lgs. n. 188 del 2000 –, prevede che “Fino alla data di subentro dell'Agenzia, ai sensi dell'articolo 2, comma 4-bis, l'AIMA in liquidazione continua a provvedere alla erogazione degli aiuti comunitari relativi alle campagne in corso e a quelle precedenti e svolge i compiti di organismo di intervento nel mercato agricolo previsti dalla normativa comunitaria”. La data di subentro della nuova Agenzia, in base al richiamato comma 4-bis dell’art. 2 (norma parimenti aggiunta dal d.lgs. n. 188 del 2000), è quella del 16 ottobre 2000. Risulta allora evidente che, fino al 16 ottobre 2000, l’AIMA in liquidazione continuava ad avere competenza quale organismo di intervento nel mercato agricolo, potendo compiere tutti gli interventi previsti dalla normativa comunitaria, ivi compresa la procedura di compensazione nazionale. E’ pur vero, in proposito, che tale competenza è stata riconosciuta, ora per allora, dalle sopravvenute norme del d.lgs. n. 188 del 2000;ma è anche vero che tale modifica del testo originario, peraltro espressamente prevista (ed autorizzata) dalla stessa legge delega (l’art. 11, comma 3, della L. 15 marzo 1997, n. 59 stabilisce che:“Disposizioni correttive e integrative ai decreti legislativi possono essere emanate, nel rispetto degli stessi princìpi e criteri direttivi e con le medesime procedure, entro un anno dalla data della loro entrata in vigore”), ha avuto lo scopo di agevolare il passaggio delle competenze tra la soppressa Azienda e la neo-istituita Agenzia, al fine di garantire la continuità di azione negli interventi sul mercato agricolo (cfr., analogamente, sia pure sotto diversa rilevanza, Corte di Cassaz., sez. lav., n. 10017 del 2010), così implicitamente provvedendo a sanare, con norma alla quale può essere riconosciuta valenza interpretativa, gli eventuali profili di incompetenza che, nell’avvicendamento dei due enti, si erano medio tempore prodotti.
12. A sorte analoga è destinato il secondo motivo (“ Violazione del disposto di cui all’art. 3, primo comma, della legge 7 agosto 1990, n. 241;eccesso di potere per difetto di motivazione”), con cui le ricorrenti lamentano il difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati, in quanto – a loro dire - non è possibile individuare alcun supporto logico-giuridico a sostegno degli addebiti effettuati, né in qualche modo ricostruire l’iter argomentativo che ha condotto alla determinazione del prelievo supplementare.
Tale vizio assumerebbe rilievo non solo in via autonoma, quale difetto proprio ed originario della compensazione, ma anche quale riflesso derivato dell’illegittimità della comunicazione A.I.M.A. ex art. 2, comma 5, della L. n. 5 del 1998, laddove questa ha praticato il “taglio”della quota B e/o ha ritenuto di non prendere in considerazione le vicende traslative di quota, in quanto la relativa comunicazione sarebbe stata resa dopo il termine di 15 giorni ex art. 21 del d.P.R. n. 569 del 1993.
12.1 Il dedotto difetto di motivazione è privo di pregio, poiché, nel caso di specie, siamo di fronte alla semplice individuazione di un quantitativo, sulla base dell’istruttoria effettuata, con la conseguenza che la motivazione (recte: la giustificazione) non può che consistere nel richiamo per relationem della documentazione istruttoria tenuta presente per addivenire alla individuazione del quantum di produzione.
12.2 Quanto all’asserita illegittimità derivata dalla comunicazione A.I.M.A. ex art. 2, comma 5, della L. n. 5 del 1998 va, peraltro, rilevato che il vizio denunciato non solo censura in via generalizzata la procedura, senza individuare concreti effetti a danno di singoli, ma anche che, con specifico riferimento al taglio della quota B, il Consiglio di Stato (sez. VI), nella pronuncia n. 3487 dell’8 giugno 2009, ha precisato che “l'onere di motivazione specifico non concerne la quota B;le determinazioni così espresse sono applicative dei criteri legali di rideterminazione delle quote e, semmai, spettava agli appellati indicare quali specifici criteri non erano stati rispettati, in presenza di una determinazione dell'amministrazione che contiene una sufficiente indicazione dei presupposti di fatto e di diritto posti a base della medesima, anche avuto riguardo alla partecipazione istruttoria in astratto consentita all'interessato e vertendosi in tema di accertamento avente carattere costitutivo, cioè idoneo a determinare in via autoritativa la sussistenza e l'entità dei fatti che ne costituiscono l'oggetto. Il fatto notorio consistente nella disorganizzazione e frammentarietà degli interventi succedutisi in tema di determinazione delle "quote-latte" ed anche della produzione legislativa ad esse sottesa non rileva nel caso di specie, proprio perché si verteva in tema di determinazione della quota B secondo criteri automatici e matematici che, semmai, sarebbe spettato alle odierne appellate puntualmente contestare.”
12.3 Con riferimento alla mancata presa in considerazione delle vicende traslative di quota per tardività della relativa comunicazione è sufficiente, invero, evidenziare che l’art. 2, comma 5, del d.l. 1 dicembre 1997, n. 411, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, l. 27 gennaio 1998, n. 5, prevedeva espressamente che i produttori interessati potessero presentare, “a pena di decadenza”, ricorso di riesame entro quindici giorni dalla data di ricezione della comunicazione dell’A.I.M.A. relativa ai quantitativi di riferimento individuali assegnati e ai quantitativi di latte commercializzato, accertati nei modi indicati dalla legge medesima.
Anche tale doglianza deve essere, dunque, respinta.
13. Vanno, invece, dichiarati inammissibili il terzo (“Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della Direttiva CEE 1975/268 del 28/4/1975, nonché dell’art. 1, comma 8, lett. a), del D.L. n. 43/1999, conv. in L. n. 118/1999;eccesso di potere per manifesta iniquità e disparità di trattamento”) e il quarto motivo di gravame (“Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 8, lett. b), del d.l. n. 43/1999, conv. in l. n. 118/1999”), con cui le ricorrenti lamentano, rispettivamente, la mancata applicazione del parametro stabilito dall’art. 3 della direttiva CEE n. 268 del 1975 per l’individuazione dei produttori titolari di quote delle zone di montagna, ai quali l’art. 1, comma 8, lett. a), del d.l. n. 43 del 1999, convertito in legge, con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della l. 27 aprile 1999, n. 118, riserva la priorità assoluta sul punto e che, nell’applicare il criterio di priorità stabilito alla successiva lett. b) (“produttori titolari di quota A e di quota B, nei confronti dei quali è stata disposta la riduzione della quota B, nei limiti del quantitativo ridotto”), sembra che l’AIMA abbia ignorato le ultime due cifre decimali dell’ammontare della quota “B tagliata”, di fatto azzerandoli,, derivandone che i ricorrenti hanno goduto della compensazione prioritaria per una somma inferiore a quella spettante loro ex lege.
Il Collegio, condividendo quanto al riguardo osservato dalla difesa della Regione Piemonte nella memoria depositata il 29 giugno 2012, ritiene, infatti, che le violazioni denunciate siano del tutto generiche e indeterminate e, in ogni caso, prive di elementi di riscontro.
Nessun cenno viene, invero, fatto in ricorso in relazione alle specifiche posizioni dei singoli ricorrenti, nemmeno con riferimento alla dedotta erronea applicazione del criterio di cui all’art. 1, comma 8, lett. b), del d.l. n. 43/1999.
14. Quanto alle censure con cui le ricorrenti contestano debenza, termine di decorrenza e presupposti degli interessi (anche e soprattutto con riguardo alla posizione degli allevatori che, anziché versare le somme dovute, hanno prestato forme di garanzia sostitutiva), sollevate con il quinto motivo di gravame (“Violazione dell’art. 2, comma 2, del Regolamento CEE n. 3950/1992 o, in subordine, violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 15, secondo periodo, del d.l. n. 43/1999, conv. in l. n. 118/1999”), il Collegio ritiene che il loro interesse a dolersene possa considerarsi venuto meno, avuto riguardo alla sanatoria per i produttori prevista dal legislatore in relazione agli interessi relativi agli importi dovuti dai medesimi per le annate dal 1995/1996 al 2001/2002.
L'art. 10, comma 34, del D.L. 28 marzo 2003 n. 49 "Riforma della normativa in tema di applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari" stabilisce, infatti, che "I produttori di latte, relativamente agli importi imputati e non pagati a titolo di prelievo supplementare latte, per i periodi di commercializzazione compresi tra gli anni 1995-1996 e 2001-2002, versano l'importo complessivamente dovuto, senza interessi. Il versamento può essere effettuato in forma rateale in un periodo non superiore a trenta anni”.
Tale "beneficio", annoverabile tra i cd. aiuti di Stato, è stato espressamente autorizzato dalla CE, che ha però limitato la rateizzazione a 14 anni a decorrere dal 1° gennaio 2004 (vedi decisione del Consiglio UE del 16 luglio 2003 n. 2003/530/CE).
Un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma in questione, induce, invero, il Collegio a ritenere che l’esonero di che trattasi, pur essendo stato autorizzato a favore di coloro che hanno optato per il versamento rateale, dovrebbe valere anche a favore di coloro che non hanno chiesto la rateizzazione, in quanto stanno ancora contestando la legittimità del prelievo.
Non v’è motivo ragionevole, infatti, per ritenere che solo coloro che hanno già “accettato” l’imposizione del prelievo supplementare e chiesto la rateizzazione del dovuto possano fruire dell’esonero dal pagamento degli interessi, nel mentre coloro che hanno ritenuto di contestarne la legittimità, in sede giurisdizionale, e che in forza della relativa pronuncia siano ugualmente tenuti a pagare il prelievo non vi possano beneficiare se estinguono interamente il proprio debito entro il termine del 31 dicembre 2017 ovvero entro il periodo massimo di rateizzazione autorizzato dal Consiglio dell’UE.
Rispetto a tali motivi pare, quindi, al Collegio potersi dichiarare l’improcedibilità.
15. E’, invece, infondato il sesto motivo di gravame (“Violazione del principio comunitario dell’affidamento, in relazione all’intera disciplina di cui al Regolamento CEE n. 3950/1992, in particolare, tra gli altri, artt. 1 e 2, comma 1, e 536/1993, segnatamente art. 3, nonché dell’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile e dell’art. 1 L. n. 689/1981), con cui le ricorrenti lamentano l’incompatibilità della procedura per la compensazione nazionale disciplinata dal combinato disposto del d.l. n. 411/1997, convertito in l. n. 5/1998 e s.m.i., del d.m. 17/2/1998 e del d.l. n. 43/1999, convertito in l. 118/1999, con il principio comunitario dell’affidamento, col canone generale di irretroattività della legge e con il principio della necessaria pre-determinazione delle quote rispetto alla campagna lattiera, ritraibile dall’art. 1 del Regolamento CEE n. 3950 del 1992, (ovvero di certezza del diritto).
15.1 Quanto alla doglianza che attiene alla retroattività delle decisioni in materia di quote latte si osserva quanto segue.
Emerge, in particolare, dalla predetta ricostruzione che, a fronte della difficoltà di avvio del regime delle quote latte nello Stato italiano (sia per l’assenza di dati certi che per il mancato coinvolgimento delle Regioni nell’accertamento e nelle procedure di riduzione dei QRI da assegnare ai produttori), il legislatore nazionale ha dovuto introdurre una serie di misure, reiterate più volte, per accertare i dati di produzione e commercializzazione del latte, unitamente alla possibilità per gli interessati di proporre istanze di riesame in caso di controversie sul punto.
In particolare, tale attività di accertamento, seppure nella parte in cui erano state riscontrate anomalie (con riferimento, ad esempio, al contenuto formale e sostanziale dei modelli L1 sottoscritti dai produttori e dagli acquirenti), è stata reiterata più volte, prima con la legge n. 5 del 1998 (attuata dal DM 17 febbraio 1998) e poi dalla legge n. 118 del 1999 e dai successivi decreti ministeriali di attuazione (i citati DD.MM. 21 maggio 1999 n. 159, 15 luglio 1999 n. 309 e 10 agosto 1999 n. 310).
La Corte di Giustizia della Comunità europea, sul punto della compatibilità comunitaria delle norme nazionali che prevedono l’assegnazione retroattiva delle QRI, ha dato, in termini di legittimità, risposta positiva con sentenza del 25 marzo 2004 C-480, con statuizioni che costituiscono un vincolo per il giudice nazionale.
Ed invero, la Corte di Giustizia CE, con la citata pronuncia, ha chiarito che gli artt. 1 e 4 del regolamento n. 3950/92, che istituiscono il regime del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, nonché gli artt. 3 e 4 del regolamento n. 536/93, che stabiliscono le modalità di applicazione del detto prelievo, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che uno Stato membro, a seguito di controlli, rettifichi i quantitativi di riferimento individuali attribuiti ad ogni produttore e conseguentemente ricalcoli, a seguito di riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati, i prelievi supplementari dovuti successivamente al termine di scadenza del pagamento di tali prelievi per la campagna lattiera interessata.
La Corte europea è arrivata a tale conclusione dopo aver ricostruito la ratio del regime di prelievo supplementare sul latte, finalizzato a ristabilire l’equilibrio fra domanda e offerta sul mercato lattiero, caratterizzato da eccedenze strutturali, limitandone la produzione;tali misure si iscrivono nell’ambito delle finalità di sviluppo razionale della produzione lattiera e di mantenimento di un tenore di vita equo della popolazione agricola interessata, contribuendo ad una stabilizzazione del reddito di quest’ultima.
Da ciò consegue – ha spiegato la Corte - che il prelievo supplementare non può essere considerato come una sanzione analoga alle penalità previste negli artt. 3 e 4 del regolamento n. 536/93, che stabiliscono le modalità di applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari. Infatti, il prelievo supplementare sul latte costituisce una restrizione dovuta a regole di politica dei mercati e di politica strutturale.
Peraltro, come risulta dall’art. 10 del regolamento CE n. 3950/92, il prelievo supplementare fa parte degli interventi intesi a regolarizzare i mercati agricoli ed è destinato al finanziamento delle spese del settore lattiero. Ne consegue che, oltre al suo obiettivo manifesto di obbligare i produttori di latte a rispettare i quantitativi di riferimento ad essi attribuiti, il prelievo supplementare ha anche una finalità economica, in quanto mira a procurare alla Comunità i fondi necessari allo smaltimento della produzione realizzata dai produttori in eccedenza rispetto alle loro quote.
Venendo alla situazione nazionale del regime delle “quote latte”, la Corte di Giustizia ha poi rilevato che i quantitativi di riferimento individuali inizialmente attribuiti dalle autorità italiane contenevano numerosissimi errori, dovuti in particolare al fatto che la produzione effettiva in base alla quale tali quantitativi erano stati attribuiti era stata certificata dai produttori stessi (tra gli errori rilevati, si rammenta che la commissione governativa d’indagine ha accertato, in particolare, che più di 2000 aziende agricole avevano dichiarato di produrre latte senza che risultasse il possesso di mucche).
15.2 In questo ambito, le misure adottate dall'AIMA nel contesto di riferimento nazionale non sono state considerate sproporzionate rispetto al fine perseguito né lesive del principio di tutela del legittimo affidamento in quanto se il quantitativo di riferimento individuale che un produttore può pretendere corrisponde al quantitativo di latte commercializzato durante l’anno di riferimento, lo stesso operatore agricolo, che in linea di principio conosce il quantitativo che ha prodotto, non può nutrire un legittimo affidamento sul mantenimento di un quantitativo di riferimento inesatto.
Ha poi rilevato la Corte come non possa configurarsi un legittimo affidamento in ordine al mantenimento di una situazione manifestamente illegale rispetto al diritto comunitario (vale a dire la mancata applicazione del regime di prelievo supplementare sul latte) nel senso che i produttori di latte degli Stati membri non possono legittimamente aspettarsi di poter continuare a produrre latte senza limiti, dopo tanti anni dall'istituzione di tale regime.
Da qui, la conformità a diritto comunitario del regime introdotto dal legislatore nazionale.
15.3 Successivamente, anche la Corte Costituzionale, con decisione n. 272 del 7 luglio 2005, ha smentito la tesi secondo cui la rideterminazione sarebbe soggetta al vincolo della irretroattività.
Nella predetta pronuncia, si è, infatti, affermato che "non sono fondate le q.l.c. dell'art. 1 commi 3 e 4 d.l. 1 marzo 1999 n. 43, conv., con modificazioni, in l. 27 aprile 1999 n. 118, censurato, in riferimento agli art. 3, 5, 117 e 118 cost., in quanto attribuirebbe ad AIMA il potere di aggiornamento dei quantitativi individuali in violazione delle competenze regionali e per di più con effetto retroattivo. Il potere di aggiornamento dei quantitativi individuali - attribuito in via transitoria ad AIMA - ai fini dell'esecuzione della compensazione nazionale, si giustifica, sul piano costituzionale, per l'esigenza di perseguire interessi territorialmente infrazionabili, mentre rientra nella discrezionalità del legislatore nazionale determinare le concrete modalità di gestione delle funzioni assegnate ad AIMA nei limiti in cui le stesse siano strettamente funzionali al raggiungimento delle suddette finalità, senza che assuma rilievo la natura retroattiva di talune previsioni, in quanto le stesse si giustificano, in ossequio alle prescrizioni comunitarie e di quanto già riconosciuto dalla Corte di giustizia, alla luce della necessità di adeguare i quantitativi individuali e il sistema di compensazione alle risultanze delle verifiche svolte dagli organi a ciò preposti".
È stato, poi, chiaramente affermato che "la rettifica della compensazione delle "quote-latte", disposta anche retroattivamente per il periodo precedente dal testo dell'art. 3, comma 1, del d.l. 31 gennaio 1997, n. 11, appare sorretta costituzionalmente, (e non contrasta con le competenze regionali), dalla normativa comunitaria come interpretata dalla Corte di giustizia europea, secondo cui si deve intendere consentito alle autorità nazionali di effettuare anche ex post le rettifiche necessarie a fare in modo che la produzione esonerata da prelievo supplementare di uno Stato non superi il quantitativo globale assegnato a tale Stato".
15.4 Quanto alla lamentata incertezza delle situazioni giuridiche si osserva quanto segue.
Si lamenta che sarebbe violato il principio di certezza del diritto in quanto solo nel maggio 1998, con l’art. 2 della legge n. 5 del 1998, l’AIMA (ora AGEA) ha provveduto a comunicare in via individuale la QRI di riferimento ai singoli produttori.
La prospettazione non può essere condivisa per le ragioni che seguono:
- va, invero, osservato che, prima della legge n. 5 del 1998 che ha introdotto le modalità di comunicazione individuale della QRI, l’informazione sulle quote individuali a disposizione dei singoli produttori avveniva sulla base di quanto previsto dall’art. 2 della legge n. 468 del 1992 ovvero in forma collettiva attraverso modalità di pubblicità differenziata (pubblicazione del decreto ministeriale del 1992 sulla GURI per i produttori non aderenti ad associazioni ovvero, per i produttori aderenti ad associazioni, attraverso la formazione di bollettini articolati per provincia e trasmessi alle regioni che li mettevano a disposizione degli operatori in ciascun capoluogo di provincia);
- si osserva, peraltro, che nulla è stato dedotto in ordine alla mancata conoscenza da parte dei produttori della QRI ad essi assegnata sulla base delle pubblicazioni effettuate ai sensi del citato art. 2 della legge n. 468 del 1992, né è mai stato chiarito se la QRI assegnata in via retroattiva e comunicata in via individuale agli interessati, ai sensi della legge n. 5 del 1998, sia risultata inferiore a quella inizialmente attribuita;
- in ogni caso, non può non osservarsi come la Corte di Giustizia CE, con la più volte citata sentenza del 25 marzo 2004, pur richiamando i principi di certezza del diritto e di affidamento, ha comunque concluso che la normativa nazionale in tema di assegnazione retroattiva delle QRI non è in contrasto con il diritto comunitario nella misura in cui ciò garantisca la corretta applicazione del sistema delle c.d. “quote latte”;
- a ciò si aggiunga che la Corte di Giustizia della CE, proprio con riferimento al principio di “certezza del diritto”, ha avuto modo in più occasioni di affermare (per tutte, CGCE, Sez. II, 3 settembre 2009 – C 2/08) che tale principio (della certezza del diritto) non può ragionevolmente giustificare né comunque essere di ostacolo all’applicazione effettiva delle norme comunitarie poiché ciò dovrebbe essere considerato in contrasto con il principio di effettività, allo stesso modo di derivazione comunitaria.
15.5 Motivazioni analoghe a quelle dianzi svolte inducono, inoltre, il Collegio a ritenere priva di pregio anche la denunciata illegittimità “formale” del termine stabilito dall’1, comma 1, del d.l. n. 43/1999 per il perfezionamento delle compensazioni per contrasto con l’art. 3, comma 4, del Regolamento CEE n. 536 del 1993.
15.6 In definitiva, il meccanismo di attribuzione del QRI che ha riguardato le campagne lattiere in esame, di per sé, non si configura come illegittimo, salvo verificare nel caso concreto la illegittima determinazione dello stesso: ma a questo fine le ricorrenti non hanno fornito i necessari elementi di valutazione, essendosi limitate, in maniera del tutto generica e senza riportare alcun dato numerico, a censurare il meccanismo di assegnazione delle QRI a livello nazionale (con riferimento cioè a tutti i produttori), nulla deducendo, tuttavia, con riferimento ad eventuali errori commessi nella determinazione della quota assegnata ai singoli.
16. Il settimo motivo di ricorso (“Violazione del disposto degli artt. 4 e ss. del Regolamento CEE n. 1360/1978”) s’appalesa, invece, inammissibile per genericità ed indeterminatezza, non essendo dato comprendere quale sia, in concreto, l’illegittimità perpetratasi a danno dei ricorrenti.
17. Quanto all’illegittimità costituzionale dell’intero d.l. n. 411/1997, convertito in l. n. 5/1998, denunciata con l’ottavo motivo di ricorso (“Illegittimità costituzionale del D.L. n. 411/1997,conv. in l. n. 5/1998 e s.m.i., per violazione dell’art. 41 Cost. e conseguente vizio derivato dei provvedimenti impugnati”), per lesione della libertà di iniziativa economica dei produttori conseguente alla pregiudizievole incisione di situazioni soggettive oramai cristallizzate non può, invece, trascurarsi dall’osservare che le ricorrenti si sono limitate a denunciare, in via generale, l’illegittimità costituzionale del sistema di riequilibrio della produzione di latte, senza, pur tuttavia, censurare, in modo specifico, l’individuazione delle (singole) quote di produzione contenuta nel provvedimento impugnato.
Hanno, invero, affermato che tale sistema avrebbe inciso pregiudizialmente la loro libertà d’iniziativa economica (tutelata dall’art. 41 Cost.), dato che si vedrebbero costrette a rispettare quote diverse rispetto a quelle sulle quali avevano programmato la loro attività e le dimensioni delle rispettive aziende, ma non hanno né allegato, né dimostrato in concreto come ciò si sia riverberato sulle rispettive produzioni aziendali.
Non è, quindi, dato sapere se e come il preteso illegittimo meccanismo delle quote latte abbia concretamente prodotto effetti compressivi sulla loro sfera giuridica.
Ne deriva, l’infondatezza del vizio prospettato.
18. Ad analoga sorte è destinato il nono motivo di gravame (“Violazione del disposto dell’art. 2, primo comma, d.l. n. 727/1994, convertito nella l. n. 46/1995, nel testo risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 520/1995 e parziale incostituzionalità dell’art. 1, primo comma, d.l. n 43/1999, convertito in l. n. 118/1999”), con cui le ricorrenti denunciano un vizio proveniente dalla comunicazione AIMA “a monte” delle compensazioni oggetto di gravame ovvero la mancata acquisizione del parere della Regione nella fase in cui è stato praticato il taglio della quota “B”. Vizio che non è stato eliminato dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 43 del 1999 con riferimento alla quota latte attribuita per il 1996/1997, con la conseguenza che la norma citata si pone in contrasto con gli artt. 2 e 3 Cost. là ove omette di estendere a tale campagna il divieto di applicare la riduzione de qua.
Al riguardo, osserva, invero, il Collegio che la mancata estensione, alla campagna lattiera 1996-1997, dell’esenzione delle riduzioni della quota B nell’esecuzione delle compensazioni non s’appalesa violativa dei parametri costituzionali invocati.
La scelta del legislatore è, in questo caso, non immotivatamente irragionevole, avuto riguardo, in particolare, alla circostanza che l’art. 2 del decreto-legge 1° dicembre 1997, n. 411, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1998, n. 5, ha sostituito totalmente, con effetto retroattivo, la disciplina previgente e che, in attesa degli accertamenti della produzione lattiera di cui all'articolo 2 citato era stata disposta la restituzione ai produttori degli importi trattenuti dagli acquirenti a titolo di prelievo supplementare per il (solo) periodo di produzione lattiera 1996-1997 e che, dunque, lo stato del relativo procedimento non era tale da precludere definitivamente il necessario coinvolgimento delle Regioni.
Il motivo va, quindi, respinto, in quanto infondato.
19. Il decimo motivo di ricorso (“Eccesso di potere per irragionevolezza, contraddittorietà, manifesta ingiustizia e disparità di trattamento”), con cui le ricorrenti lamentano grossolane iniquità e disparità di trattamento fra allevatori nella medesima situazione giuridica, visto che numerosi produttori si sono visti riconoscere – sin dall’inizio o in sede di riesame – le quote di loro spettanza, è destituito di elementi di fondatezza.
Come questo Tribunale ha già avuto modo di rilevare in altro analogo ricorso (vedi Sez. I, 4 dicembre 2009, n. 3265), il processo amministrativo non è posto a garanzia oggettiva della legalità, ma, piuttosto, finalizzato alla specifica ed individuale tutela di posizioni giuridiche soggettive lese, derivandone che i ricorrenti possono dedurre specifici errori a proprio danno.
Nel caso di specie, non può omettersi, però, di evidenziare che nel motivo dedotto mancano specifiche contestazioni di concreti danni a carico dei singoli ricorrenti, con la conseguenza che le generiche censure dedotte non possono assumere alcun rilievo.
20. Analoghe ragioni inducono, infine, il Collegio a disattendere e, conseguentemente, a respingere le censure contenute nei motivi undicesimo (“Violazione dell’art. 7 del Regolamento CEE n. 3950/1992”), dodicesimo (“Violazione del disposto dell’art. 2, commi 1, lett. d), e 2, della L. n. 5/1998 ed eccesso di potere per carenza d’istruttoria”) e tredicesimo (“Violazione del disposto dell’art. 21 del d.P.R. 23 dicembre 1993, n. 569”), atteso che le ricorrenti riproducono generalizzate censure sulla procedura senza individuare concreti effetti a danno di singoli.
Non viene, infatti, né allegato, né documentato che l’eventualità ipotizzata si sia in concreto verificata per i singoli ricorrenti.
21. In conclusione, il ricorso va dichiarato, in parte inammissibile (motivi n. 3, 4 e 7), in parte improcedibile (motivo n. 5) e, in parte, va respinto (tutti i restanti motivi).
22. Il regime delle spese del giudizio segue la soccombenza con liquidazione come da dispositivo.