TAR Torino, sez. I, sentenza 2009-08-12, n. 200902225

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2009-08-12, n. 200902225
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 200902225
Data del deposito : 12 agosto 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00957/2008 REG.RIC.

N. 02225/2009 REG.SEN.

N. 00957/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 957 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Kros Immobiliare S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv.to R C P, con domicilio eletto presso l’avv.to R C P in Torino, via Bogino, 9;

contro

Comune di Cavallirio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti C D P, C R, con domicilio eletto presso l’avv.to C D P in Torino, via S. Agostino, 12;
M G, rappresentata e difesa dagli avv.ti I P, A R, con domicilio eletto presso l’avv.to A R in Torino, piazza Maria Teresa, 6;
G G, rappresentato e difeso dall'avv.to Pier Rosario Montegrosso, con domicilio eletto presso l’avv.to Pier Rosario Montegrosso in Torino, corso Montevecchio, 68;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

della nota del Responsabile dello Sportello unico per l’edilizia del Comune di Cavallirio 26 maggio 2008, prot. n. 1731, con cui l’amministrazione – previa comunicazione del parere favorevole della Commissione edilizia all’istanza di accertamento di conformità 14 settembre 2007 – ha definito la misura dell’oblazione necessaria per il rilascio di tale titolo in sanatoria nonché della nota Comune di Cavallirio 11 giugno 2008, contenente il calcolo seguito dall’Amministrazione per definire l’indicata oblazione;

dell’ordinanza Responsabile del servizio tecnico del Comune di Cavallirio 26 settembre 2008 prot. n. 3032 con cui si ordina all’odierna esponente “di sospendere immediatamente l’esecuzione dei lavori di cui al permesso di costruire n. 19/06 dell’11.10.2006” per asserite variazioni essenziali dal titolo abilitativo;

del provvedimento Responsabile del servizio tecnico del Comune di Cavallirio 28 settembre 2008, prot. n. 3049 con cui si comunica all’odierna esponente la “improcedibilità dell’iter riguardante la pratica relativa all’istanza di richiesta di permesso di costruire in sanatoria n. 51/07”;

dell’ordinanza Responsabile del servizio tecnico del Comune di Cavallirio 7 novembre 2008, prot. n. 3446 con cui si ordina all’odierna esponente “di provvedere a propria cura e spese alla demolizione delle opere eseguite difformemente da quanto concesso con permesso di costruire n. 19/06 dell’11.10.2006, entro il termine perentorio di giorni 90 con effetto dalla data di notifica” di tale ordinanza;

ove occorra della relazione Responsabile del servizio tecnico del Comune di Cavallirio 22 settembre 2008, n. 2977 con cui si illustrano ex post i criteri seguiti dall’Amministrazione comunale per definire l’oblazione di cui all’istanza di richiesta di permesso di costruire in sanatoria n. 51/07;

del provvedimento Responsabile del procedimento per il Comune di Cavallirio 9 gennaio 2009, prot. n. 77 (comunicato all'odierna esponente il 16 gennaio 2009), con cui si <<ribadisce (...) la improcedibilità dell'iter di cui all'istanza in sanatoria n. 51/07 del 14.09.2007>>,

nonchè per l’accertamento della misura dell’oblazione dovuta dalla ricorrente ex art. 36 del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 ed in particolare per l’accertamento che la somma dovuta a titolo di oblazione ammonta ad € 1406,62 o somma diversa da accertare in corso di causa;

per la condanna al risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi dall’odierna esponente nella misura di € 520.000,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria, o in quella diversa che sarà accertata in corso di causa, in solido del Comune di Cavallirio, del responsabile del procedimento M G e del vicesindaco di Cavallirio G G.


Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cavallirio;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di M G;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di G G;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16/07/2009 la dott.ssa P M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Parte ricorrente ha adito l’intestato TAR deducendo che, in data 11.10.2006, il Comune di Cavallirio rilasciava alla Kros Immobiliare s.r.l., il permesso di costruire n. 19/06 per un intervento di “ristrutturazione edilizia con recupero di sottotetto ai sensi della l.r. 21/98” sull’immobile di proprietà “censito in catasto terreni al foglio n. 9 mappali n. 255, 256, 257, 258.” Nel mese di luglio 2007 una porzione della facciata di tale immobile prospicente via Angelotti era demolita a seguito di cedimenti strutturali. Il permesso di costruire non prevedeva la demolizione di tale porzione di facciata. Il Comune, previo sopralluogo, accertava la “demolizione della facciata fronte via Angelotti ed ordinava alla Kros Immobiliare s.r.l. di sospendere immediatamente l’esecuzione dei lavori nell’ambito dell’area di cantiere fronte via Angelotti” nonché di “provvedere al ripristino dei luoghi” “previa presentazione di richiesta di permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 36 del d.p.r. 380/01 entro il termine perentorio di 90 giorni.” In accoglimento dell’invito formulato dall’amministrazione la Kros Immobiliare s.r.l. presentava istanza di accertamento di conformità allo sportello unico per l’edilizia del Comune di Cavallirio (istanza 14 settembre 2007). Tale istanza prevedeva “l’integrale ricostruzione dell’apparato murario della facciata prospiciente via Angelotti, nel rispetto dell’originario permesso di costruire n. 19/06 dell’11.10.2006”, e precisava che “l’esecuzione dei lavori per la rimessa in pristino delle porzioni murarie demolite” richiedeva “l’ulteriore necessaria demolizione di alcuni brani murari residui al fine di consentire la ricucitura del tessuto murario della facciata”. Trattandosi di immobile sito in centro storico il Comune trasmetteva l’istanza alla Commissione regionale per il parere di competenza con nota 1.10.2007 n. 2699. In data 26.2.2008 parte ricorrente presentava istanza di accesso agli atti, non avendo più avuto notizie della pratica. Con nota 27.2.2008 il Responsabile del procedimento trasmetteva alla Kros Immobiliare s.r.l. il parere della Commissione regionale beni ambientali e culturali – sezione centrale della Regione Piemonte del 21.1.2008;
tale parere era favorevole;
pur rilevando “l’opportunità di eliminazione dei lucernari della falda di copertura”, la Commissione Centrale Regionale faceva comunque salvi i provvedimenti abilitativi rilasciati antecedentemente dall’Amministrazione comunale. La nota comunale 27.2.2008 invitava a presentare ulteriori “integrazioni progettuali”. La Kros depositava in data 1.4.2008 le integrazioni richieste con un nuovo elaborato grafico, sollecitando ad accogliere l’istanza del 14.9.2007 e rilasciare l’accertamento di conformità entro 7 giorni ed avvertendo che, in difetto, si sarebbe ritenuta libera di adire le sedi giurisdizionali competenti. Il Comune interpellava la Commissione Regionale chiedendo una chiarificazione del parere del 23 gennaio 2008 e chiedeva alla ricorrente il computo metrico della parte di opere demolite in difformità da quanto concesso con il permesso di costruire, al fine del calcolo dell’oblazione dovuta. La ricorrente depositava l’integrazione in data 21 aprile 2008. Con nota del Responsabile dello Sportello unico per l’edilizia del 26.5.2008 il Comune quantificava erroneamente la misura dell’oblazione in € 24.324,82;
il Comune, con nota 11.6.2008, stimava l’oblazione in relazione al costo di costruzione in € 4219,86 anzicchè € 1406,62 e computava gli oneri di urbanizzazione per ulteriori € 20.104,96 mentre l’opera in sanatoria consisteva esclusivamente in una porzione di muro d’ambito che non comportava carico urbanistico.

Lamentava parte ricorrente la violazione degli artt. 36 e 16 del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 nonché delle deliberazioni del Consiglio regionale del Piemonte 27 luglio 1982 n. 320-6862 e 21 gennaio 1994 n. 817-8294, nonché l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione e la violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990. Il rilascio del titolo in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, di un contributo di costruzione in misura doppia;
il contributo di costruzione è commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, determinato in relazione al costo degli interventi individuati in base ai progetti presentati. La Regione Piemonte ha stabilito, per gli interventi su edifici esistenti, una aliquota forfetaria fissa del “5% di 1/3 del costo di costruzione”. Ne consegue che l’oblazione dovuta era pari al doppio del cinque percento di 1/3 del costo di costruzione. La Kros aveva individuato il costo di costruzione in € 41.198,59 ed il Comune aveva preso a base di calcolo tale costo, senza tuttavia provvedere a ridurlo ad un terzo al fine del computo dell’oblazione.

Lamentava inoltre parte ricorrente la violazione degli artt. 36 e 16 del d.p.r. 380 del 2001, dell’art. 52 l. Regione Piemonte 5.12.1977 n. 56, della deliberazione del Consiglio Regionale del Piemonte 26 maggio 1977 n. 179/CR – 4170 e succ. mod. nonché l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione e la violazione dell’art. 3 della l. n.241 del 1990. Il Comune di Cavallirio aveva quantificato a carico della ricorrente la somma di € 20.104,96 (già raddoppiata) a titolo di oneri di urbanizzazione. La normativa richiede la corresponsione degli oneri di urbanizzazione solo nel caso in cui l’abuso determini volume oppure superficie utile con commisurazione degli oneri all’aggravio di costo sociale che l’opera comporta. Il volume edilizio è determinato dal prodotto della superficie lorda di piano per l’altezza del fabbricato, secondo un criterio che si applica anche nel Comune di Cavallirio in ragione dell’art. 13 ss. del Regolamento edilizio e di pianificazione, e dell’art. 12 delle NTA di P.R.G.C.. La porzione di muro d’ambito in sanatoria non poteva costituire volume o superficie utile, non esprimendo volumi residenziali o destinazione d’uso direzionale. L’amministrazione non aveva fornito alcuna motivazione sul criterio seguito per giungere alla determinazione contestata, sicchè il provvedimento era afflitto da difetto di motivazione e istruttoria.

Parte ricorrente dichiarava di offrire a titolo di cauzione la somma di € 1406,62, con rilascio del permesso in sanatoria, salvo integrazione per il caso di esito negativo del giudizio di merito. Chiedeva pertanto, previa sospensione dell’impugnato provvedimento, l’annullamento dello stesso e l’accertamento che, per il permesso in sanatoria, doveva corrispondersi la somma di € 1406,62.

Si costituiva il Comune di Cavallirio chiedendo la reiezione del ricorso. La deliberazione del Consiglio Regionale piemontese 21.6.2004 n. 817-8294, invocata da parte ricorrente, prevede l’applicazione dell’aliquota forfetaria fissa del 5% applicata ad un terzo del costo di costruzione “esclusa la demolizione totale e la ricostruzione”. Poiché l’oblazione era riferita ad una demolizione totale e ricostruzione di porzione di edificio il computo non poteva essere effettuato su 1/3 del valore di costruzione. Dalla relazione del tecnico incaricato, si evinceva che la sospensione dei lavori disposta con ordinanza 3.8.2007 n. 14 era dipesa dal fatto che le opere eseguite risultavano difformi da quanto licenziato con il permesso di costruire 19/06, in quanto non era stata autorizzata la demolizione totale della struttura bensì la ristrutturazione dell’edificio esistente. L’ordinanza di sospensione lavori, a seguito della quale parte ricorrente aveva chiesto la sanatoria, era dunque dipesa non solo dall’avvenuta demolizione di una porzione di muro ma della struttura medesima. Tanto era evincibile dal verbale di sopralluogo 9.4.2008. Per tale ragione l’intera porzione di fabbricato era stata considerata nel computo degli oneri di urbanizzazione. Chiedeva pertanto respingersi il ricorso e connessa istanza cautelare.

Alla prima camera di consiglio le parti chiedevano rinvio per una definizione bonaria della controversia;
con memoria 25.9.2008 parte ricorrente deduceva che, accedendo alle richieste del Comune, aveva versato la somma incontestata di € 1406,62 a titolo di oblazione per il permesso in sanatoria e aveva fatto emettere assegno circolare a titolo di deposito cauzionale pari alla restante somma contestata di € 22.918,20. Recatasi presso l’istituto bancario del Comune aveva ricevuto un rifiuto ad accettare il deposito. Parte ricorrente riproponeva pertanto l’istanza cautelare offrendo di pagare la somma incontestata ed effettuare il deposito cauzionale della differenza, invocando anche l’adozione di una misura cautelare cauzionata. Con memoria depositata in data 24.9.2008 il Comune insisteva nelle proprie tesi difensive;
affermava che la demolizione con mezzi meccanici della facciata prospiciente via Angelotti aveva creato uno spazio “vuoto” residuando dell’originario fabbricato solo una porzione di muratura lato cortile;
tale “bandiera di muratura” non consentiva il mantenimento del volume;
di conseguenza era stata computata la “riformazione del volume” limitatamente alla parte demolita del piano terra e del primo piano, mentre per la parte relativa al secondo piano e al sottotetto non era stata calcolata alcuna volumetria.

Alla camera di consiglio del 26.9.2008 parte ricorrente chiedeva la riunione dell’istanza cautelare al merito.

Con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 27.11.2008 parte ricorrente impugnava l’ordinanza 26.9.2008 prot. 3032 di sospensione lavori per variazioni essenziali del titolo abilitativo, il provvedimento 28.9.2008, nel quale si dichiarava l’improcedibilità dell’iter riguardante l’istanza di permesso di costruire in sanatoria, e l’ordinanza prot. 3446 del 7.11.2008, con la quale si ordinava di provvedere alla demolizione delle opere eseguite difformemente da quanto concesso con il permesso di costruire. Lamentava parte ricorrente che tali provvedimenti erano sopravvenuti in esito ad un nuovo sopralluogo in cantiere indotto da un esposto presentato dal vicesindaco G G. Nonostante in data 9.4.2008 il Comune avesse dichiarato la conformità dei lavori al permesso di costruire n. 19/06, e nelle more i lavori non fossero proseguiti, il Comune aveva effettuato un nuovo sopralluogo in data 22.9.2008;
ad esso era seguito l’ordine di sospensione dei lavori, e quindi di demolizione delle opere eseguite in difformità e il blocco della sanatoria.

Lamentava parte ricorrente la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 e dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990 per difetto di istruttoria e motivazione nonché l’eccesso di potere per contraddittorietà. Contestava l’abnormità del provvedimento che dichiarava l’improcedibilità dell’iter della sanatoria, non avendo i requisiti né di forma né di sostanza dell’annullamento del permesso in sanatoria né di diniego sull’istanza. Il provvedimento argomentava alla luce del sopralluogo del 22 settembre da cui sarebbero emersi la demolizione e ricostruzione ex novo dei corpi di fabbrica verso nord (vicolo Ferri) e verso ovest mentre, relativamente al corpo rivolto verso via Angelotti, nessuna attività di costruzione era stata svolta, risultando i lavori bloccati dal mese di agosto 2007. Poiché l’istanza di sanatoria aveva ad oggetto tale ultima porzione di immobile, ove la situazione era restata immutata, ed in relazione alla quale il Comune aveva comunicato il parere favorevole della Commissione regionale e della Commissione edilizia e la nota 26 maggio 2008 prot. 1731, riconoscendo l’accertamento di conformità richiesto con l’istanza di permesso in sanatoria, da ciò doveva desumersi l’avvenuto rilascio del permesso medesimo, con contraddizione tra tale provvedimento implicito e i successivi ordini di sospensione lavori e demolizione. Lamentava altresì parte ricorrente la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 19 del P.R.G. di Cavallirio, nonché dell’art. 3 del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380. L’edificio ricade nel centro storico del Comune per il quale sono consentiti interventi di ristrutturazione edilizia nel rispetto delle definizioni di cui “all’art. 3 punti a-b-c-d delle norme di attuazione” (art. 19 co. III NTA del PRG di Cavallirio). “Gli interventi di ristrutturazione sono rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti” (art. 3 d NTA). Tale definizione ripropone quella dell’art. 31 del d.lgs. n. 457 del 1978 e non contempla gli interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma dell’edificio preesistente che ex art. 3 co. 1 del d.p.r. n. 380 del 2001 sono considerati interventi di “ristrutturazione edilizia”. Ai sensi del medesimo art. 3 co. 2 la definizione di legge statale prevale sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi comportandone “deroga” o “abrogazione”. L’edificio è stato in gran parte ricostruito ex novo e l’amministrazione applica la sanzione sulla scorta di una nozione di ristrutturazione edilizia evincibile dagli artt. 3 lett. d), 18 e 19 delle norme tecniche di attuazione del PRGC che escluderebbe la demolizione e fedele ricostruzione;
tuttavia al momento del rilascio del permesso di costruire era già entrato in vigore il d.p.r. n. 380 del 2001, sicchè, sia ritenendo che tale disposizione derogasse alle norme del piano regolatore, sia ritenendo che delle medesime si dovesse adottare una interpretazione adeguatrice, la ristrutturazione posta in essere sarebbe stata legittima. Per altro già la disposizione dell’art.31 lett. d) del d.lgs. n. 457 del 1978 era stata interpretata in questo senso. Lamentava inoltre parte ricorrente la violazione degli artt. 22, 27, 31, 32 d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380. L’edificio in esame era in condizioni precarie e aveva richiesto numerosi interventi di messa in sicurezza;
il permesso di costruire n. 19/06 consentiva la realizzazione di un nuovo piano interrato con n. 11 autorimesse;
ciò comportava in corso d’opera la necessità di demolire, per ragioni di sicurezza, parte delle strutture esistenti, effettuandone poi una fedele ricostruzione. L’attività non consentiva di presentare apposita denuncia di inizio attività perché si trattava di fedele ricostruzione di strutture demolite. Per altro, ai sensi dell’art. 27 d.p.r. 380 del 2001, fino alla dichiarazione di ultimazione dei lavori la ricorrente poteva presentare denuncia di inizio attività ad integrazione dell’originario permesso di costruire.

Lamentava inoltre parte ricorrente la violazione dell’art. 3 della l. 7 agosto n. 241 per difetto di istruttoria e motivazione e la violazione degli artt. 27, 31, 32 del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 nonché dell’art. 6 della l. Regione Piemonte 8 luglio 1999 n. 19. Con l’ordinanza prot. n. 3032 del 26 settembre 2008 l’amministrazione aveva ordinato la sospensione dei lavori riferendosi genericamente agli artt. 31 e 32 del d.p.r. n. 380 del 2001, senza indicare quali variazioni essenziali sarebbero state ravvisate;
anche la successiva ordinanza prot. n. 3446 del 2008 indicava una generica “difformità” dell’opera, da ciò una illegittimità degli atti impugnati per difetto di istruttoria e motivazione. Né l’ordinanza di sospensione né quella di demolizione chiarivano quali delle opere in cantiere sarebbero state da demolire;
la sanzione sarebbe in ogni caso stata sproporzionata, portando ad una demolizione di quanto fedelmente ricostruito ex novo.

Lamentava altresì la violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990 in quanto, in precedente sopralluogo del 9.4.2008, l’amministrazione aveva verificato la conformità ai progetti licenziati delle opere realizzate poiché le misure delle strutture erette in cantiere corrispondevano a quanto indicato nelle tavole progettuali e aveva verificato la conformità della posizione delle aperture sia interne che di facciata. In successivo sopralluogo del 21 luglio 2008 l’amministrazione aveva accertato che la parete antistante via Angelotti era ancora demolita;
successivamente il Comune si era discostato da tali valutazioni senza darne ragione.

Contestava altresì parte ricorrente la relazione 22 settembre 2008 n. 2977 con la quale il responsabile del procedimento aveva spiegato ex post le modalità di calcolo dell’oblazione.

Lamentava la violazione degli artt. 36 e 16 del d.p.r. n. 380 del 2001, dell’art. 52 l.r. Piemonte n. 56 del 1977, e delle deliberazioni del Consiglio regionale del Piemonte 27 luglio 1982 n. 320-6862, 21 gennaio 1994 n. 817-8294 26 maggio 1977 n. 179/CR-4170 e succ. mod. ed int. e la violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990 da parte della medesima relazione in quanto la diminuzione di 1/3 del costo di costruzione non si applica nei soli casi di demolizione totale e ricostruzione mentre lo stesso Comune aveva riconosciuto che una porzione del muro di facciata lungo via Angelotti restava in piedi;
contestava inoltre che l’istanza di sanatoria di una porzione di muro d’ambito potesse comportare volume edilizio.

Chiedeva infine il risarcimento del danno in solido al tecnico comunale M G ed al vicesindaco G G, autore di un esposto in cui si accusava la ricorrente di avere demolito l’edificio interamente per poi ricostruirlo ex novo. Precisava che, essendo il danno lamentato diretta conseguenza di illegittimità provvedimentale, la giurisdizione del GA sulla domanda risarcitoria proposta nei confronti dell’amministrazione si estendeva anche all’agente legato all’amministrazione;
la responsabilità solidale e diretta del funzionario non poteva, in una lettura adeguata all’evoluzione storica, ritenersi limitata ai soli diritti soggettivi. La condotta dell’amministrazione e del funzionario competente aveva imposto un fermo lavori con impossibilità di consegnare i lavori e costi di gestione del cantiere;
tale ritardo comportava una perdita non inferiore a 40.000,00 € al mese e quindi complessivamente € 520.000,00 per 13 mesi di fermo cantiere. L’illegittimità provvedimentale era indice presuntivo di colpa del Comune e del responsabile del procedimento;
erano inoltre state violate le norme che presiedevano alla correttezza, imparzialità e buona amministrazione.

Analogo pregiudizio era ascrivibile all’esposto del Vicesindaco.

Si costituivano con memoria in data rispettivamente 11 e 12.12.2008 M G e G Guido personalmente. Con memoria in data 15.12.2008 la prima deduceva che l’immobile ricade in area soggetta a vincolo ai sensi dell’art. 24 della l.r. 56/1977. Per tale ragione la sua disciplina si rinviene negli artt. 18 e 19 della NTA. L’art. 19 delle NTA prescrive che gli interventi di sostituzione edilizia per questi edifici devono avvenire nel completo rispetto del tipo di intervento assegnato al fabbricato;
l’art. 3 delle NTA prescrive anche che gli interventi prevedano la conservazione dei muri d’ambito. La legge regionale n. 21 del 1998 per il recupero dei sottotetti ad uso abitativo, utilizzata dai ricorrenti, non avrebbe consentito la demolizione perimetrale. Ciò nonostante la ricorrente demoliva la facciata principale, asserendone indimostrati cedimenti strutturali. Nel dicembre 2006 parte ricorrente aveva chiesto, per tutt’altra parte dell’edificio, una variante al permesso senza poi coltivarne il rilascio. In data 30.7.2006 veniva emessa la prima ordinanza sospensiva, non impugnata, afferente la sola parte di cantiere posta a fronte di via Angelotti. La ricorrente aveva presentato allora domanda di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del d.p.r. 380/01. La pratica, numerata al n. 51/07, prevedeva la ricostruzione della facciata abusivamente demolita, nel rispetto dell’originario permesso di costruire. La domanda veniva trasmessa alla competente Commissione regionale ai sensi dell’art. 24 l.r. 56/1977. La Commissione dava parere favorevole rilevando l’opportunità di eliminare i lucernari dalla falda di copertura;
ciò perché l’intervenuta demolizione della facciata rendeva non più applicabile la legge regionale 21/98 per il recupero dei sottotetti a fini abitativi. Sulla pratica si innestava un contenzioso avente ad oggetto il computo dell’oblazione. Posto che l’ordinanza di sospensione lavori aveva unicamente ad oggetto la parte di cantiere lungo via Angelotti la ricorrente proseguiva i lavori demolendo tutte le altre pareti perimetrali e ricostruendole con altezze superiori al preesistente;
con nota 3.9.2008 il Sindaco informava la resistente dell’abusiva demolizione. In data 22.9.2008 veniva esperito sopralluogo in contraddittorio, all’esito del quale veniva relazionato che tutti i muri perimetrali su tutti i piani e lati dell’edificio presentavano una muratura di nuova fabbricazione;
tanto l’impresario che il direttore dei lavori affermavano in quell’occasione che “tutte le murature sono state ricostruite ex novo e a memoria dell’edificio preesistente rimane solo una porzione di via Angelotti che funge da contrafforte per lo stabile adiacente e la muratura di confine con lo stabile di proprietà Calderini che risulta in comproprietà.” Tutto l’immobile risultava pertanto ricostruito, come attestato da atto dotato di fede privilegiata redatto da pubblico ufficiale. Per tale ragione veniva emessa ordinanza di sospensione lavori e si riteneva improcedibile l’istanza di accertamento di conformità, quindi si ingiungeva la demolizione delle opere.

Il permesso di costruire n. 19/06 non prevedeva la demolizione né della facciata né delle altre pareti perimetrali. Essendo l’abuso accertato diverso da quello denunciato con l’istanza di accertamento di conformità, corretta risultava la declaratoria improcedibilità della medesima;
le successive ordinanze di sospensione e demolizione risultavano atti dovuti e quindi esenti da possibili censure procedimentali anche ai sensi dell’art. 21 octies della l. n. 241/90.

Nell’ambito della ristrutturazione edilizia prevista dall’art. 3 co. 1 del d.p.r. 380/01 è contemplata anche la demolizione con la stessa volumetria e sagoma dell’edificio preesistente;
nel caso di specie tuttavia il permesso di costruire non poteva prescindere dalle prescrizioni di cui all’art. 19 delle NTA del PRGC. In particolare tale articolo, al quinto capoverso, non ammette gli interventi di sostituzione edilizia. L’art. 3 lett. d) delle NTA è letteralmente identico all’art. 3 co. 1 lett. d) t.u. edilizia. In specifico poi l’art. 3 NTA prescrive la conservazione dei muri d’ambito e delle caratteristiche della copertura, l’uso di materiali di facciata conformi a quelli preesistenti la conservazione dell’impianto strutturale originario e il recupero a destinazione residenziale dei vani sottotetto, purchè essi siano conformi agli standards tecnico-funzionali. La disciplina in questione, tra tutte le forme di ristrutturazione, non consente invece la demo-ricostruzione poiché condizionata dal vincolo dettato dall’art. 24 della l.r. 56/77. In quanto attuativa di tale ultima fonte primaria, volta a tutelare un interesse distinto e cogente, se ne verifica la prevalenza sulle disposizioni del testo unico dell’edilizia. Nè parte ricorrente ha impugnato l’art. 3 e gli artt. 18 e 19 delle NTA, norme regolamentari non suscettibili di disapplicazione da parte del giudice amministrativo.

Il permesso di costruire inoltre assentiva un innalzamento della quota di imposta del tetto di 50 cm. al fine del recupero dei sottotetti;
tale innalzamento è previsto dall’art. 1 della l.r. 21/1998 limitatamente agli “edifici esistenti”;
tali non possono essere quelli abbattuti. Essendo venute meno le condizioni legittimanti tale innalzamento il Comune correttamente pretendeva il ripristino della facciata preesistente. Chiedeva pertanto respingersi il ricorso.

Con memoria 16.12.2008 il Comune deduceva che, nelle more del contenzioso, era stato accertato un più vasto abuso edilizio. Nel corso del sopralluogo del 22.9.2008 veniva interpellato il direttore dei lavori per sapere se fosse necessario procedere a dei carotaggi e accertarsi se quelle che apparivano esternamente come mura di nuova fabbricazione fossero dei semplici cappotti o rivestimenti interni. Per evitare le foratura i soggetti in cantiere ammettevano l’assenza di vecchie strutture, esclusa la muratura di confine in comproprietà con l’edificio adiacente e una parte che fungeva da contrafforte per tale medesimo edificio. La declaratoria di improcedibilità dell’istanza di accertamento di conformità era dunque la semplice presa d’atto che l’abuso si era esteso alla totale demolizione e ricostruzione, in contrasto con il permesso di costruire e relazione allegata che avevano invece presupposto il mantenimento dei muri d’ambito. Anche ad accedere alla tesi della ammissibilità della ristrutturazione nei termini di cui al d.p.r. 380 del 2001, il permesso era stato rilasciato con la previsione del recupero di sottotetto ai sensi della l.r. 21/98 e innalzamento della copertura di 50 cm., possibilità prevista soltanto in relazione ad edifici esistenti. Deduceva inoltre l’inammissibilità della censura volta a sostenere che il d.p.r. n. 380 del 2001 dovrebbe prevalere sull’art. 3 co. 1 lett. d) delle NTA, norma quest’ultima non ritualmente impugnata. Anche ammettendosi che la disposizione del t.u. potesse travolgere disposizioni definitorie diverse, non poteva negarsi che restasse in capo ai Comuni il potere, da esercitare nell’ambito della rispettiva autonoma statutaria e normativa, di imporre forme di ristrutturazione vincolata nella peculiarità del contesto urbanistico ed architettonico del Piano. Restava il fatto che con il permesso di costruire la totale demolizione non era stata assentita, né mai la ricorrente aveva formulato domande in proposito. Non poteva essere qualificata variante la violazione di una precisa prescrizione del permesso di costruire. Quanto al censurato difetto di motivazione trattavasi di doglianza infondata, poiché entrambe le ordinanze espressamente contestavano la ricostruzione ex novo dell’edificio e richiamavano l’intervento oggetto del permesso n. 19/06. Nessuna contraddizione era ravvisabile tra quanto rilevato nel sopralluogo del 9.4.2008 e quanto rilevato in quello del 22.9. Nel primo sopralluogo si dava atto della corrispondenza alle tavole progettuali delle “misure erette in cantiere” e della conformità delle “aperture sia interne che di facciata”. Si precisava che il cantiere era in via di sviluppo con opere in fase di costruzione e parte dei lavori oggetto di sospensiva sicchè si rimandava “alla fine dei lavori di cantiere un’eventuale successiva verifica dei restanti lavori in progetto non ancora realizzati.”

Quanto alle censure frapposte al calcolo dell’oblazione evidenziava l’Amministrazione resistente come l’unica porzione di muro mantenuta fosse stata quella che si innestava nel muro confinante, la cui demolizione avrebbe comportato il crollo anche di tale muro;
corretta era dunque l’esclusione della riduzione di 1/3, essendo avvenuta una demolizione integrale;
era stato utilizzato il computo metrico redatto dal progettista e non erano state considerate le murature la cui demolizione risultava ricompresa nel permesso originario;
l’intervento aveva comportato la creazione di volumetria.

Quanto alla domanda risarcitoria evidenziava l’inammissibilità della medesima per mancata allegazione degli elementi di prova;
in ogni caso gli atti impugnati erano stati determinati dal comportamento della ricorrente che aveva posto in essere plurime violazioni del permesso di costruire;
né infine era ravvisabile una negligenza in capo all’Amministrazione. Chiedeva pertanto respingersi il ricorso.

Con memoria 17.12.2008 si costituiva parte resistente G G deducendo che l’addebito di danno veniva ancorato all’esposto con il quale il medesimo aveva accusato la ricorrente di avere integralmente demolito il vecchio edificio, salvo una parte del muro perimetrale a sostegno dell’immobile affiancato. Dalle dichiarazioni rese dal direttore dei lavori e dall’impresario nel corso del sopralluogo del 22.9.2008 emergeva che l’esposto aveva denunciato fatti veri, poiché ammessi da tali soggetti. Mancava quindi l’illegittimità della condotta del resistente. Alla luce di tali circostanze G G chiedeva condannarsi la ricorrente al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c

Con ordinanza n. 1058 del 2008 il TAR sospendeva gli atti impugnati con il primo ricorso per motivi aggiunti.

Con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 26.2.2009 parte ricorrente chiedeva la declaratoria di illegittimità del provvedimento del Responsabile del procedimento del 9.1.2009 prot. 77 con cui si “ribadiva” l’improcedibilità dell’iter dell’istanza di sanatoria n. 51/07 del 14.9.2007. Deduceva parte ricorrente che l’ordinanza TAR Piemonte, depositata in data 19.12.2008, aveva espressamente sospeso gli atti impugnati con il primo ricorso per motivi aggiunti, quindi anche la declaratoria dell’improcedibilità dell’iter riguardante la pratica relativa all’istanza di permesso di costruire. In esecuzione dell’ordinanza la ricorrente, in data 24.12.2008 e 16.1.2009, aveva pagato l’oblazione definita dal Comune ma il Comune aveva dato mandato all’Ufficio Ragioneria di restituire la somma versata. Con nota 9 gennaio 2009 prot. n. 77 il Comune aveva dato una motivazione a posteriori degli atti sospesi. Lamentava parte ricorrente la violazione degli artt. 3 e 21 nonies della l. n. 241 del 1990, deducendo che nessun fatto nuovo era intervenuto nel cantiere nel lasso di tempo intercorso dopo l’ordinanza sospensiva. Con la nuova nota il Responsabile del procedimento aveva sostenuto che l’intervento edilizio era avvenuto in assenza di titolo abilitativo;
l’Amministrazione finiva così per dare tre diverse qualificazioni giuridiche (variazioni essenziali, totale difformità e assenza di titolo abilitativo) alla stessa situazione in fatto.

Né risultava che l’Amministrazione avesse annullato in autotutela il permesso di costruire n. 19/06. Da ciò la contraddittorietà del provvedimento con quelli precedentemente adottati.

Lamentava inoltre parte ricorrente che la demolizione e fedele ricostruzione ex novo dell’edificio non potesse costituire “totale difformità dal permesso di costruire”. Nessuna delle ipotesi di cui all’art. 31 del d.p.r. n. 380 del 2001 sussisteva nel caso di specie. Lamentava la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 19 del PRG di Cavallirio e dell’art. 3 del d.p.r. n. 380 del 2001, essendo l’intervento posto in essere compatibile con il concetto di ristrutturazione evincibile dal d.p.r. n. 380 del 2001. Deduceva che il permesso di costruire n. 19/06 contemplava espressamente la possibilità di una demolizione e fedele ricostruzione ex novo dell’edificio, poiché nella relazione illustrativa si precisava che l’intervento avrebbe conservato la tipologia edilizia originale e mantenuto “l’impianto originario dei muri d’ambito”, cosa che non implicava affatto il mantenimento fisico dei muri;
ove l’amministrazione avesse inteso impedire la demolizione dei muri avrebbe dovuto assentire solo un intervento di restauro o risanamento conservativo, perché solo questi limitano l’intervento ad attività di consolidamento e ripristino di elementi costitutivi.

Lamentava inoltre la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 19 del P.R.G. di Cavallirio e dell’art. 3 del d.p.r. n. 380 del 2001, la violazione degli artt. 1, 2, 3 della l. Regione Piemonte n. 21 del 1998 e della circolare del Presidente della Giunta regionale del Piemonte 25 gennaio 1999 n. 25.

Incontestato doveva ritenersi che, al momento del rilascio del permesso di costruire, i sottotetti il cui recupero era stato assentito fossero esistenti;
la legge consente espressamente la demolizione e ricostruzione dei sottotetti prevedendone sia il restauro che il risanamento conservativo e la ristrutturazione edilizia. Nella relazione illustrativa all’istanza di permesso di costruire si prevedeva un innalzamento di m. 0,50 della copertura e una sostituzione dei solai;
il permesso dunque prevedeva, anche per i sottotetti, la possibilità della demolizione e ricostruzione.

Lamentava inoltre la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 e la violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 in quanto il provvedimento n. 77 del 9 gennaio 2009 dava nuove qualificazioni giuridiche alla medesima situazione di fatto. Ribadiva le censure già esposte nel primo ricorso per motivi aggiunti e chiedeva l’accoglimento del ricorso avverso il nuovo provvedimento impugnato, oltre alla sospensione cautelare del medesimo;
ribadiva le domande risarcitorie formulate con il primo ricorso per motivi aggiunti. In ottemperanza dell’ordinanza del TAR Piemonte 19.12.2008 n. 1058 chiedeva l’emissione di ordine rivolto al Comune di rilasciare alla Kros copia del permesso in sanatoria di cui all’istanza 14.9.2007, fermo il pagamento a titolo di oblazione della somma di € 24.841,27, salva ripetizione dell’eccedenza all’esito del giudizio.

Con memoria del 9.3.2009 parte resistente M G contestava che il provvedimento 9.1.2009 volesse fornire a posteriori una motivazione al provvedimento 28.9.2008 prot. n. 3049;
evidenziava come parte ricorrente da una parte qualificasse l’atto meramente confermativo, dall’altra gli imputasse la formulazione di motivazione postuma e infine ne contestasse anche la funzione di annullamento in autotutela. Nell’atto impugnato l’amministrazione si era limitata ad esporre le ragioni ostative al rilascio della sanatoria, consistenti nel fatto che vi era stata la demolizione dell’intero immobile e non del solo lato su via Angellotti, sicchè il sopralzo originariamente assentito ai sensi della legge regionale 21/98 e successiva circolare del Presidente della Giunta Regionale n. 1/PET del 25.1.1999 non era più possibile, essendo il recupero dei sottotetti possibile solo in edifici esistenti. Le due ordinanze 8/08 e 11/08 recavano identica e congrua motivazione. La censura dell’intervento come eseguito in totale difformità non integrava alcun mutamento di qualificazione giuridica poiché il TUED equipara “relativamente agli interventi in immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, paesistico e ambientale” le variazioni essenziali e la totale difformità;
l’uso promiscuo dei due termini non implicava dunque alcuna variazione di configurazione giuridica.

L’edificio risultava infine insanabile non solo perché non più conforme ai requisiti prescritti dalla l. r. 56/77 ma anche perché contrastante con il PRG del Comune di Cavallirio, e in particolare con l’art.

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