TAR Salerno, sez. II, sentenza 2023-01-20, n. 202300135
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Pubblicato il 20/01/2023
N. 00135/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00563/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 563 del 2016, proposto da
V A e A D C, rappresentati e difesi dall'avvocato A S, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via Velia n. 96;
contro
Comune di Salerno in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
Comune di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A B, A D M, N C, A A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
dell’ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi n.39/b/2015 dell'11.1.2016 del Comune di Salerno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Salerno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 20 gennaio 2023 la dott.ssa Germana Lo Sapio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.I ricorrenti sono proprietari di un terreno che costituisce il fondo dominante di una servitù di passaggio ex art. 1027 c.c. a carico del fondo limitrofo di proprietà di terzi (diritto reale costituito con il medesimo atto pubblico del 20 luglio 1987 – rep. n. 49728 e racc. n. 13873 di compravendita avente ad oggetto il predetto immobile). Tale servitù secondo il contratto costitutivo avrebbe dovuto essere esercitata “ a mezzo della stradella della larghezza di metri lineari tre, contenuta nella espressa maggiore consistenza della particella numero 32, della lunghezza di metri lineari quarantasei circa, con inizio dalla strada comunale ”;
Secondo la ricostruzione dei ricorrenti, la strada nella sua attuale conformazione sarebbe stata realizzata già nel 1989, sulla base delle richieste del proprietario del fondo servente (che successivamente ne avrebbe però contestato l’utilizzo), pur trattandosi di tracciato diverso rispetto a quello indicato nel progetto assentito con la concessione cdilizia n. 111/89 – prot. n. 107137/31288 del 5 maggio 1989.
2. All’esito di un sopralluogo, il Comune ha accertato le predette difformità, costituite, in particolare: a) da una diversa forma, lunghezza e larghezza del tracciato della strada (previsto in progetto in linea retta, lungo circa mt. 39,00 con sezione trasversale larga mt. 3,00, risultava invece realizzato in forma curvilinea, con una lunghezza pari a mt. 46,00 circa e larghezza variabile da mt. 3,10 a mt. 3,30), b) dalla realizzazione di due muri di contenimento, rispettivamente di altezza da mt. 0,60 a 2.10, sul lato nord e di mt. 0,35 con sovrastante rete, sul lato sud.
Gli interventi edilizi si trovano in zona E del PUC, sottoposta a vincolo di cui all’art. 142 lett. c) D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio e a vincolo per scopo idrogeologico, di cui al R.D. 30 dicembre 1923 n. 3267 /1923 Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani .
3. Il Comune ha quindi adottato l’ordinanza di demolizione ex art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 impugnata in questa sede, preceduta anche dall’atto atto prot. n. 0160486 del 28 ottobre 2015 recante il rigetto dell’istanza in sanatoria ex art. 37 del D.P.R. n. 380/2001 (prot. n. 125671);
4. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione del dovere di motivazione, per il lungo tempo trascorso, tra la realizzazione dell’intervento e l’adozione del provvedimento lesivo.
La doglianza è infondata.
Secondo la giurisprudenza, oramai consolidata (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 17 ottobre 2017, n.8), in presenza di interventi edilizi abusivi risalenti, il mero decorso del tempo e la mancanza di una precedente contestazione non possono da soli radicare un affidamento di carattere legittimo in capo al responsabile dell'abuso (Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 marzo 2022, n. 1959), né dar luogo ad un dovere di motivazione diverso da quello consistente nell’accertamento delle opere abusive e nella loro qualificazione giuridica.
5. Con il secondo motivo, viene dedotto il difetto di istruttoria dell’ordinanza di demolizione poiché il tracciato da prendere in considerazione per la valutazione di “difformità” non sarebbe costituito dal progetto allegato alla concessione edilizia del 1989, ma quello descritto nell’atto di compravendita nel quale si prevede la realizzazione di una “stradella” di 46 mt di lunghezza e di 3 metri di larghezza.
Il motivo non è condivisibile.
Come osservato da parte resistente, la valutazione di difformità delle opere edilizie in questione va condotta, non sulla base delle clausole contrattuali contenute nell’atto di compravendita, aventi efficacia solo nei rapporti privatistici tra i contraenti, ma sulla base del precedente titolo che ha legittimato la realizzazione di interventi edilizi sull’area, costituito dalla concessione edilizia n. 111/89 – prot. n. 107137/31288 del 5 maggio 1989, alla quale è allegato il progetto di un tracciato rettilineo, di 39 mt di lunghezza e di 3 mt. di larghezza (a fronte di quanto accertato in sede di sopralluogo, pari a 48 mt e 3,10/3,30 mt di larghezza avente una diversa forma).
6. Con la terza censura e quarta censura, che possono essere unitariamente trattate, il ricorrente lamenta che l'ordine di ripristino è stato illegittimamente rivolto nei suoi confronti, nonostante la strada fosse stata realizzata in adempimento dell’impegno assunto nei confronti del proprietario del fondo servente al quale soltanto avrebbe dovuto notificarsi l’ordinanza (costui avrebbe “ concorso alla realizzazione delle opere, quanto meno per la parte resasi indispensabile per la modifica del tracciato ”). Contesta, peraltro, che al momento dell’intervento di modifica del tracciato, l’area fosse sottoposta a vincolo paesaggistico e che, in ragione di tale priorità, l’intervento sarebbe sottoposto al regime della SCIA e non del permesso di costruire.
Le doglianze sono infondate.
Sotto il profilo della individuazione dei legittimi destinatari della misura ripristinatoria, dalle emergenze documentali emerge che il tracciato sia stato realizzato nell’area, di proprietà sì del titolare del fondo servente, ma sulla quale insiste il diritto reale su cosa altrui della servitù di passaggio, quale opera strumentale al suo esercizio. Peraltro gli stessi ricorrenti, nella ricostruzione della vicenda contenuta nel ricorso, confermano di aver comunque realizzato la “ leggera deviazione imposta dal proprietario sulla base della riserva contenuta nell’atto di compravendita ” e gli stessi, in ogni caso, si sono attivati per richiedere e ottenere la concessione edilizia n. 111/89 che aveva ad oggetto anche il progetto della strada nelle misure sopra indicate.
Legittimamente pertanto il Comune ha adottato l’ordinanza nei loro confronti, non solo quali titolari del diritto reale su cosa altrui (ovvero di una relazione giuridica qualificata con la res ), ma anche quali responsabili degli interventi, radicando così il loro interesse a ricorrere avverso il predetto provvedimento ha efficacia lesiva concreta in quanto tale e costituisce anche l’atto presupposto dell’eventuale ordinanza di acquisizione conseguente in caso di inadempimento, dalla quale deriverebbe la perdita del diritto reale limitato (" l'acquisizione gratuita di diritto al patrimonio del Comune, a seguito dell'inottemperanza all'ordinanza di ingiunzione di demolizione ex art. 7 della L. 28 febbraio 1985, n. 47, costituisce un modo di acquisto a titolo originario della proprietà che determina la caducazione dei pesi e vincoli preesistenti gravanti sul bene, unitamente al precedente diritto dominicale " Cass. Civ., Sez. VI - 3, ordinanza 6 ottobre 2017, n. 23453;cfr. T.A.R. Bologna, Sez. II, 8 aprile 2021, n. 368;T.A.R. Napoli Sez. II, 8 settembre 2020, n. 3725;Cons. Stato, Sez. IV, 16 gennaio 2019, n. 398).
Quanto al regime cui deve ritenersi sottoposto l’intervento edilizio, è emerso che le opere concernenti la strada su cui insiste la servitù non hanno rispettato le caratteristiche morfo-tipologiche esistenti, né quanto a forma e lunghezza del tracciato, né quanto ai muri di contenimento;deve pertanto richiamarsi sul punto l’orientamento secondo cui “ costituisce ristrutturazione edilizia ex art. 3 comma 1 lett. d), d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, e non mera manutenzione straordinaria, la realizzazione di opere edilizie che riguardano una strada vicinale e che finiscono per trasformarla, in guisa da farne un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente ” Cons. Stato, Sez. IV, 21 settembre 2015, n. 4398).
Va in ogni caso sottolineato che parte ricorrente non ha dimostrato, come era suo onere ex art. 63 c.p.a., ma ha solo allegato la circostanza che la strada nella sua attuale conformazione sia stata realizzata prima dell’entrata in vigore del vincolo paesaggistico (vincolo che avrebbe imposto la relativa autorizzazione: cfr. allegato 'B', punto B.21, del D.P.R. n. 31 del 2017 che riguarda proprio la “ realizzazione di cancelli, recinzioni, muri di cinta o di contenimento del terreno, inserimento di elementi antintrusione sui cancelli, le recinzioni e sui muri di cinta, interventi di manutenzione, sostituzione o adeguamento dei medesimi manufatti, se eseguiti con caratteristiche morfo-tipologiche, materiali o finiture diversi da quelle preesistenti ").
L’unico documento rilevante ai fini della ricostruzione temporale dei fatti è un allegato grafico all’ l’istanza di condono edilizio prot. N. 28531 del 15.03.1995, dal quale si evincerebbe l’esistenza del tracciato nella sua attuale forma e lunghezza.
Come però osservato da parte resistente nella memoria del 29 dicembre 2022, si tratta di una mera descrizione dello stato dei luoghi, non di un intervento che ricade nell’oggetto della sanatoria, come si evince chiaramente dalla lettura della concessione in sanatoria N. 143/2017, la quale espressamente alle seguenti opere: “locale ad uso deposito al piano seminterrato ed un porticato con sovrastante tettoia, in ampliamento del preesistente fabbricato ”.
7. In conclusione il ricorso va rigettato. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di lite tra le parti, anche in ragione del consolidarsi della giurisprudenza richiamata al punto 4 in epoca successiva all’introduzione del ricorso;