TAR Bari, sez. II, sentenza 2021-07-16, n. 202101229

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2021-07-16, n. 202101229
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 202101229
Data del deposito : 16 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/07/2021

N. 01229/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00933/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 933 del 2015, proposto da Antichi Sapori del Pane s.n.c. dei signori Veneziani e Testone, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentata e difesa dall'avv. F D, con domicilio digitale come da P.E.C. iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);

contro

InvItalia, Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo delle imprese s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avv. P R, con domicilio digitale come da P.E.C. iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);

per l'annullamento

- del provvedimento di diniego prot. n. 6047 del 9.4.2015, notificato in data 17.4.2015, contenente la deliberazione di non ammissione alle agevolazioni del progetto n. 2043073, ai sensi del d.lgs. 21 aprile 2000 n. 185-Misura micro-impresa.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di InvItalia s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2021 il dott. Lorenzo Ieva;

Dato atto che l’udienza si tiene mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137, dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020 n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020 n. 70 e dall’art. 6 del decreto-legge 1° aprile 2021 n. 44 convertito con modificazioni dalla legge 28 maggio 2021 n. 76, mediante la piattaforma in uso presso la Giustizia amministrativa, di cui all’allegato 3 al decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 22 maggio 2020 n. 134;

Nessun atto è stato depositato dalle parti ai fini della presenza a verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- Con ricorso depositato come previsto in rito, l’istante società impugnava il provvedimento di diniego della concessione di un finanziamento a favore dell’avvio di una nuova micro-impresa per la produzione di prodotti di panetteria et similia da aprirsi in Monopoli, ai sensi del d.lgs. 21 aprile 2000 n. 185, recante disposizioni in materia di incentivi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego.

In particolare, deduceva la violazione degli articoli 17, 19 e 24 del d.lgs. 21 aprile 2000 n. 185, dell’art. 3 Cost., e dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241.

2.- Si costituiva l’Amministrazione, resistendo.

4.- Depositata ulteriore memoria, alla fissata udienza pubblica il ricorso veniva introitato in decisione.

5.- Il ricorso è infondato.

Nella sostanza, la società ricorrente, dopo aver dedotto di aver presentato domanda di ammissione alla sovvenzione in questione per il settore della micro-imprenditorialità e aver dato atto della partecipazione procedimentale assicurata dall’ente preposto all’erogazione, anche attraverso audizione personale verbalizzata degli istanti, contesta la violazione delle disposizioni di legge che presidiano i requisiti per la concessione del finanziamento e la ritenuta carente motivazione del diniego.

Tuttavia, va rilevato che seppure in astratto la società istante rientri tra i beneficiari ammissibili (articoli 17 e 19 del d.lgs. 21 aprile 2000 n. 185), come dedotto in ricorso, a mente dell’articolo 24 del d.lgs. 21 aprile 2000 n. 185, i criteri e le modalità per la concessione delle agevolazioni in questione sono però puntualmente stabiliti con regolamento.

Il regolamento che ha dunque disciplinato nel dettaglio la materia, stabilendo i criteri e le modalità di concessione degli incentivi a favore dell'autoimpiego, è rappresentato dal D.M. 28 maggio 2001 n. 295.

Orbene, il provvedimento di diniego gravato richiama la surriferita normativa e reca in allegato la motivazione, dalla quale emerge che il finanziamento non è stato concesso in ragione di specifiche e motivate “criticità progettuali”.

Esse ineriscono sia i soggetti beneficiari, di fatto, collegati ad una precedente impresa già beneficiaria di altro finanziamento, mediante mutuo agevolato (peraltro morosa per circa € 64.000,00), sia la stessa ubicazione dell’attività emersa come indicazione approssimativa.

Invero, il D.M. 28 maggio 2001 n. 295 stabilisce, all’art. 2, che gli aspiranti alla concessione della sovvenzione non devono aver fruito di altra precedente, né devono aver iniziato l’attività;
mentre, all’articolo 1, lettera d), evidenzia che il “progetto” per cui viene chiesto il finanziamento pubblico deve indicare “il documento tecnico in cui è descritta l’idea di impresa, sono pianificate le scelte strategiche e operative necessarie a realizzarla, è dimostrata la fattibilità tecnica, economica e finanziaria dell'iniziativa e la sua redditività economica”. Ossia va presentato un completo e coerente business plan .

Successivamente, la “idea d’impresa”, compiutamente raffigurata, ai sensi dell’articolo 4 del D.M. citato, viene sottoposta “ad un processo selettivo di orientamento/valutazione, inteso a verificare, in primo luogo, l’attendibilità professionale dei richiedenti in rapporto alla propria idea di autoimpiego, la coerenza e la fattibilità dell'idea stessa e ad individuare la misura incentivante applicabile e, successivamente, la validità tecnica, economica e finanziaria dell'iniziativa”.

Orbene, emerge sia dalla narrazione del ricorso sia dall’ excursus motivazionale del provvedimento sfavorevole come, alla stregua della delibazione tecnico-discrezionale, nella specie involgente nozioni aziendalistiche, il progetto di micro-impresa non abbia riscosso un positivo apprezzamento:

Ciò in quanto i soggetti istanti erano i figli di un soggetto, che aveva già ricevuto altro finanziamento (risultandone moroso), per analoga attività, ma soprattutto si appalesava carente lo stesso progetto di finanziamento non comprendendosi l’esatta ubicazione e il contesto socio-economico di avviamento dell’attività.

In ultima analisi, è risultata viziata la coerenza del progetto, finanche nell’individuazione della sede dell’attività, tantoché è apparso all’ente finanziatore approssimativo tutto il progetto e quindi non in grado di reggere positivamente al vaglio stabilito dall’articolo 4 del D.M. recante il regolamento attuativo del d.lgs. 21 aprile 2000 n. 185.

La valutazione discrezionale non si appalesa irragionevole o manifestamente errata, né ha travisato i fatti.

Certo è che la concessione di finanziamenti pubblici richiede la presentazione di una domanda e della relativa documentazione chiara e completa nei dettagli utili per poter essere apprezzata in modo positivo.

Né possono ammettersi valutazioni di equivalenza come parte ricorrente ha pure tentato di introdurre, non in grado di superare la delibazione tecnico-discrezionale dell’amministrazione, che va condotta su elementi certi e indicati in modo preciso e non alternativo o approssimativo, come invece è stato fatto nella domanda e/o negli allegati e/o in sede di audizione personale.

6.- In conclusione, per le sopraesposte motivazioni, il ricorso va respinto.

7.- le spese possono compensarsi per la peculiarità della fattispecie e delle questioni trattate.

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