TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2018-04-14, n. 201804120
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 14/04/2018
N. 04120/2018 REG.PROV.COLL.
N. 04850/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4850 del 2017, proposto da
F A H, rappresentata e difesa dall’Avvocato C B, con domicilio digitale eletto al seguente indirizzo PEC: caterina.bozzoli@ordineavvocatipadova.it;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro
pro tempore
, costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio
ex lege
in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
avverso
il silenzio-rifiuto sulla richiesta di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), l. n. 91/92;
e per l’indennizzo di cui all’art. 2 bis della legge n. 241/1990 e s.m.i..
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2018, il Cons. Rita Tricarico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Rilevato:
che la parte ricorrente ha presentato istanza rivolta all’Amministrazione resistente al fine di ottenere la cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91/1992;
che, essendo l’Amministrazione rimasta inerte, la parte ricorrente ha proposto ricorso dinanzi a questo T.a.r., avanzando le domande indicate in epigrafe;
Considerato che in corso di causa l’Amministrazione resistente ha rappresentato di
di aver predisposto ed inviato alla firma il decreto di conferimento della cittadinanza nei confronti della parte ricorrente;
Ritenuto che il Collegio, preso atto di ciò, debba dichiarare improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, l’impugnativa proposta con il presente ricorso;
Rilevato che col ricorso in esame è stata altresì avanzata domanda di indennizzo di cui all’art. 2 bis della legge n. 241/1990 e s.m.i., introdotto dall’art. 28 del d.l. n. 69/2013, convertito dalla legge n. 98/2013;
Considerato:
che, ai fini del riconoscimento del diritto all’indennizzo, pur non essendo richiesta la dimostrazione degli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale (prova del danno, del comportamento colposo dell'amministrazione, del nesso di causalità), tuttavia, una volta scaduti i termini per la conclusione del procedimento, l’istante, entro la scadenza perentoria dei successivi 20 giorni, deve ricorrere all’Autorità titolare del potere sostitutivo di cui all'art. 2, comma 9 bis, della legge n. 241/1990 e s.m.i., richiedendo l’emanazione del provvedimento non adottato (cfr.: Ta.r. Sardegna, sez. I, 12.5.2016, n. 428);
che è l’art. 28, comma 2, del d.l. n. 69/2013 a richiedere espressamente, quale condizione per avanzare domanda di indennizzo da ritardo, l’immediata sollecitazione del potere sostitutivo;
che recita, infatti, la predetta disposizione: “Al fine di ottenere l'indennizzo, l’istante è tenuto ad azionare il potere sostitutivo previsto dall'art. 2, comma 9-bis, della legge n. 241 del 1990 nel termine perentorio di venti giorni dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento”;
che nella specie manca tale condizione, in quanto, pur essendo stati fatti solleciti per la conclusione del procedimento, non è stata richiesta l’attivazione del potere sostitutivo;
Ritenuto:
che, pertanto, la domanda di indennizzo debba essere respinta;
che sussistano gravi ed eccezionali motivi – legati alla grande mole di lavoro gravante sugli Uffici amministrativi competenti a pronunciarsi, causata dal rilevante numero di richieste di cittadinanza – per compensare le spese di giudizio tra le parti in causa;