TAR Catania, sez. II, sentenza 2024-04-11, n. 202401366

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2024-04-11, n. 202401366
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202401366
Data del deposito : 11 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/04/2024

N. 01366/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00830/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 830 del 2022, proposto da
M G, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della V&G S.r.l.S. di M G, rappresentato e difeso dagli avvocati G G e A I, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune Catania, rappresentato e difeso dall'avvocato M P D P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Catania, Via Umberto 151;

per l'annullamento

del provvedimento del Comune di Catania n. 06/339 in data 20 aprile 2022.

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 febbraio 2024 il dott. D B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente ha impugnato il provvedimento del Comune di Catania n. 06/339 in data 20 aprile 2022.

Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue: a) con il provvedimento impugnato l’Amministrazione ha ordinato al ricorrente, amministratore unico di una società che gestisce una attività di “bar-ristorante con somministrazione-produzione di gelateria, pasticceria e tavola calda-commercio al dettaglio di alimenti e bevande”, di rimuovere quanto abusivamente collocato nel sito di Viale Mario Rapisardi 60;
b) il Comune ha anche disposto la chiusura dell’esercizio a decorrere dal ventesimo giorno successivo alla data di notifica del provvedimento impugnato sino al pieno adempimento dell’ordine e al pagamento delle spese o alla prestazione di idonea garanzia, per un periodo di almeno dieci giorni.

Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) lo spazio che l’Amministrazione assume essere stato occupato, in realtà, è privato, trattandosi di corte esclusiva dei locali dell’esercizio commerciale;
b) l’area ricade nella particella 729 del foglio di mappa 25, ove insiste l’immobile in cui si svolge l’attività;
c) lo stato dell’immobile è ben descritto nell’atto pubblico in data 7 gennaio 2020, con cui esso è stato concesso in locazione all’odierno ricorrente;
d) può aggiungersi che il Comune ha anche errato nell’indicazione dell’estensione dell’area (pari ad una superficie di metri quadri 55 e non 119);
e) parimenti erronea è la tesi del Comune in ordine all’ostacolo alla circolazione dei pedoni, così come il manufatto, a differenza di quanto ritenuto dall’Amministrazione, non è una costruzione (soggetta al rilascio di apposito titolo abilitativo), trattandosi di una semplice pergotenda;
f) non è stata inviata, inoltre, la prescritta comunicazione di avvio del procedimento e, quanto alla sanzione, il provvedimento è sprovvisto di idonea motivazione.

Il Comune, costituitosi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando, in sintesi, quanto segue: a) l’area, sebbene privata, è soggetta al continuo e costante uso pubblico, non essendo mai stata recintata o sottratta al libero passaggio ed essendo inglobata al suolo pubblico, con indicazioni toponomastiche e civiche apposte dal Comune;
b) prima dell'abusiva collocazione della veranda, la porzione di marciapiede era, invero, liberamente usufruita dalla collettività, in forza di una servitù di uso pubblico costituita mediante dicatio ad patriam;
c) non a caso, l’esercizio adiacente ha chiesto e ottenuto apposita concessione n. 06/696 in data 1 giugno 2017;
d) l’art. 4 del regolamento comunale in materia dispone che il canone per l’occupazione va corrisposto anche nel caso di aree private soggette a servitù di pubblico passaggio e su tratti di strade statali o provinciali situati all’interno del centro abitato;
e) al riguardo va anche menzionato il parere del Dipartimento per i Trasporti Terrestri, Direzione Generale per la Motorizzazione, Divisione VIII, n. 16789/2008;
f) deve aggiungersi che la società ha presentato segnalazione certificata di inizio attività per la somministrazione di alimenti e bevande allegando la planimetria dei luoghi in cui l'attività sarebbe stata esercitata;
g) nella planimetria non si fa riferimento alla cosiddetta veranda esterna collocata sul marciapiede;
h) l’equiparazione fra aree pubbliche e aree private asservite all’uso pubblico risulta anche dall’art. 38, terzo comma, del decreto legislativo n. 507/1993;
i) non era necessaria la comunicazione di avvio del procedimento, in quanto l’atto è stato preceduto dalla notifica dei verbali di accertamento, tra l'altro mai impugnati;
l) a seguito della regolare notifica del verbale il provvedimento che è stato adottato era un atto dovuto e obbligatorio.

Con memoria in data 16 gennaio 2024 il Comune ha ribadito e precisato le proprie difese.

Con memoria in data 24 gennaio 2024 anche il ricorrente ha precisato le proprie difese, osservando, in particolare, che l’area in questione non era destinata al pubblico transito e che sul punto l’onere della prova gravava sul Comune.

Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.

Il Collegio osserva quanto segue.

Come è noto, la circostanza che un’area sia privata risulta irrilevante ai fini dell’esercizio dei poteri amministrativi qualora l’area stessa sia soggetta ad uso pubblico.

Al riguardo, occorre tener conto del concreto uso che dell’area viene fatto (sul punto, cfr. Cassazione, n. 14367/2018).

Nel caso di specie, come può evincersi dalla documentazione fotografica contenuta nella memoria (pagina 3) del Comune depositata in data 15 giugno 2022, l’area di cui si discute è un marciapiede, cioè una zona destinata al libero passaggio dei pedoni in transito lungo la pubblica via.

Trattasi, quindi, di area privata obiettivamente soggetta ad uso pubblico.

E’ irrilevante, poi, la circostanza che il Comune abbia eventualmente errato nell’indicare l’esatta estensione dell’area, in quanto ciò che importa - e che influisce sulla sfera giuridica del ricorrente - è l’ordine di rimozione della struttura collocata abusivamente, così come, per la medesima ragione, è irrilevante che la struttura sia o non sia soggetta al previo rilascio di un titolo edilizio.

Per quanto attiene alla comunicazione di avvio del procedimento occorre, poi, convenire con l’Amministrazione resistente quanto al fatto che la funzione sostanziale di tale atto risulta assolta dalla intervenuta notifica dei verbali di accertamento, a seguito dei quali l’interessato è stato posto in condizione di esercitare i suoi diritti di partecipazione procedimentale.

Deve, inoltre, aggiungersi che nella specie veniva in rilievo un provvedimento di natura vincolata, quantomeno con riferimento all’ordine di rimozione, trovando, quindi, applicazione la previsione d cui all’art. 21-octies, secondo comma, della legge n. 241/1990.

Neppure può ritenersi che il provvedimento sia sprovvisto di adeguata motivazione con riferimento alla sanzione della chiusura in caso di protratto inadempimento, posto che le ragioni di una specifica statuizione amministrativa devono desumersi dal complessivo tenore del provvedimento e che nella specie appare chiaro che l’Amministrazione abbia ritenuto di adottare tale decisione al fine di assicurare effettività all’ordine di demolizione che era stato ingiunto.

Per le considerazioni che precedono il ricorso va rigettato, mentre le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, tenendo anche conto della semplicità della controversia.

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