TAR Catania, sez. I, sentenza 2024-05-21, n. 202401886
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Pubblicato il 21/05/2024
N. 01886/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00244/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 244 del 2020, proposto da
-OMISSIS- s.r.l.s, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato V G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
-OMISSIS-, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale di Catania, con domicilio ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
per l'annullamento
- della comunicazione antimafia interdittiva prot. n. -OMISSIS- e di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali anche non conosciuti, ivi compresa la nota di trasmissione dell’interdittiva.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 22 aprile 2024 la dott.ssa Giuseppina Alessandra Sidoti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il ricorso in epigrafe, la società ricorrente ha impugnato l’informazione antimafia interdittiva n. -OMISSIS-, emessa nei confronti della stessa ai sensi dell’art. 92, co. 2-bis del d. lgs. n. 159 del 2011, deducendo le censure di violazione e falsa applicazione di legge (d. lgs. n. 159 del 2011;art. 97 Cost.) e di eccesso di potere sotto molteplici profili, con richiesta di annullamento, previa sospensione degli effetti.
2. Si è costituita l’amministrazione intimata per resistere al giudizio.
3. Con ordinanza n. 110 del 2020 (non appellata), questo Tribunale ha rigettato l’istanza cautelare avendo ritenuto “ ad un primo sommario esame proprio della fase cautelare, che l’interdittiva emanata nei confronti della ricorrente non appare manifestamente illogica tenuto conto dei diversi elementi che ne hanno determinato l’adozione, evidenziati nella documentazione in atti, non ultima la condanna ex art. 416-bis a carico del convivente della legale rappresentante ”.
4. In vista della pubblica udienza le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive tesi difensive.
5. Alla pubblica udienza straordinaria del 22 aprile 2024, tenutasi da remoto, il ricorso è stato posto in decisione.
DIRITTO
1. Prima di passare all’esame delle censure spiegate da parte ricorrente, occorre premettere i seguenti principi giurisprudenziali in materia, condivisi da questo Tribunale.
Va, in particolare, premesso che, come condivisibilmente ribadito dalla giurisprudenza d’appello (cfr. Cons. St., sez. III. 5 settembre 2019, n. 6105), il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipico dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “ più probabile che non ” il pericolo di infiltrazione mafiosa (v., anche Cons. St., sez. III, n. 758 del 2019;Cons. St., sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743).
Lo stesso legislatore – art. 84, comma 3, del d. lgs. n. 159 del 2011 – riconosce quale elemento fondante l’informazione antimafia la sussistenza di « eventuali tentativi » di infiltrazione mafiosa « tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate ».
Il diritto amministrativo della prevenzione antimafia in questa materia non sanziona quindi fatti penalmente rilevanti, né reprime condotte illecite, ma mira a scongiurare una minaccia per la sicurezza pubblica, l’infiltrazione mafiosa nell’attività imprenditoriale e la probabilità (non anche la mera possibilità) che siffatto “evento” si realizzi.
Il pericolo dell’infiltrazione mafiosa, quale emerge dalla legislazione antimafia, non può tuttavia sostanziarsi in un sospetto della pubblica amministrazione, ma deve ancorarsi a condotte sintomatiche e fondarsi su una serie di elementi fattuali, taluni dei quali tipizzati dal legislatore (art. 84, comma 4, del d. lgs. n. 159 del 2011: si pensi ai cc.dd. delitti spia), mentre altri, “a condotta libera”, sono lasciati al prudente e motivato apprezzamento discrezionale dell’autorità amministrativa, che “può” desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa, ai sensi dell’art. 91, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, da provvedimenti di condanna non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali « unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata ».
Il d. lgs. n. 159 del 2011 prevede inoltre, nell’art. 84, comma 4, lett. d), che gli elementi sintomatici dell’infiltrazione mafiosa, anche al di là di quelli previsti dall’art. 91, comma 6, possano essere desunti anche « dagli accertamenti disposti dal prefetto ».
Il giudice amministrativo è, a sua volta, chiamato a valutare la gravità del quadro indiziario, posto a base della valutazione prefettizia in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa, e il suo sindacato sull’esercizio del potere prefettizio, con un pieno accesso ai fatti rivelatori del pericolo, consente di apprezzare la ragionevolezza e la proporzionalità della prognosi inferenziale che l’autorità amministrativa trae da quei fatti secondo un criterio che, necessariamente, è probabilistico per la natura preventiva, e non sanzionatoria, della misura in esame, scongiurando il rischio che la valutazione del Prefetto divenga una “ pena del sospetto ”.
La giurisprudenza ha enucleato un “ catalogo aperto ”, sia pure con uno sforzo “ tassativizzante ”, di situazioni indiziarie che possono costituire “ indici ” o “ spie ” dell’infiltrazione mafiosa, tra cui, tra le altre, figurano: a) i provvedimenti “sfavorevoli” del giudice penale;b) le sentenze di proscioglimento o di assoluzione, da cui pure emergano valutazioni del giudice competente su fatti che, pur non superando la soglia della punibilità penale, siano però sintomatici della contaminazione mafiosa, nelle multiformi espressioni con le quali la continua evoluzione dei metodi mafiosi si manifesta;c) i rapporti di parentela, laddove assumano una intensità tale da far ritenere una conduzione familiare e una “ regia collettiva ” dell’impresa, nel quadro di usuali metodi mafiosi fondati sulla regia “ clanica” , in cui il ricambio generazionale mai sfugge al “ controllo immanente ” della figura del patriarca, capofamiglia, ecc., a seconda dei casi;d) i contatti o i rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia;ecc..