TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2024-02-06, n. 202402235
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Pubblicato il 06/02/2024
N. 02235/2024 REG.PROV.COLL.
N. 11299/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11299 del 2019, proposto da
O G, rappresentato e difeso dall’avvocato E P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per l’annullamento
del decreto di revoca delle misure di accoglienza nei confronti dei cittadini stranieri richiedenti la protezione internazionale emesso dal Prefetto della Provincia di Viterbo il 15/05/2019 e notificato in data 17.05.2019;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 24 novembre 2023 la dott.ssa Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’atto introduttivo del presente giudizio, il ricorrente – cittadino del Gambia - impugna il provvedimento con cui, in data 15 maggio 2019, la Prefettura di Viterbo ha decretato “la revoca delle misure di accoglienza nei” confronti del predetto, sulla base dei seguenti rilievi:
- il Tribunale ordinario di Roma ha rigettato il ricorso del migrante avverso la decisione negativa della Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Roma;
- avverso tale decisione non risulta essere stato presentato dal migrante “alcun ricorso in Cassazione” e “pertanto risultano scaduti i termini per la presentazione di eventuale ricorso”;
- con nota dell’1 aprile 2019 la struttura Ospita srl ha dichiarato che il medesimo migrante “non ha un permesso di soggiorno che gli consenta di legittimare la propria presenza nel territorio italiano”.
Avverso il provvedimento de quo il ricorrente insorge deducendo i seguenti motivi di diritto:
Violazione di legge, mancata applicazione dell’art. 7 l. 241/1990. Carenza di motivazione, tenuto conto, tra l’altro, che, “allorquando gli è stato notificato il provvedimento amministrativo in data 17.05.2019, era perfettamente nei termini per chiedere il rinnovo del permesso”.
Con atto depositato in data 13 settembre 2019 si è costituito il Ministero dell’Interno, per poi depositare – il successivo 27 settembre 2019 – documenti, tra cui un rapporto informativo della Prefettura da cui è dato evincere quanto segue: - la Prefettura ha “emesso un provvedimento di revoca dell’accoglienza nei confronti del predetto richiedente asilo, solo al termine dell’iter procedurale concluso negativamente senza l’ottenimento del PDS elettronico per status di rifugiato e di forme complementari di protezione”;- ciò detto, in applicazione dell’art. 14, comma 4, del d.lgs. n. 142 del 2015, “Prefettura ha ritenuto di dover revocare le misure di accoglienza anche a seguito del nuovo disposto D.L. 113 del 4/10/2018”, atteso il provvedimento di rigetto della Convenzione Internazionale per il riconoscimento della protezione internazionale e il negativo esito dell’impugnativa avverso di esso proposta.
Con ordinanza n. 6467 dell’8 ottobre 2019 il Tribunale ha respinto la domanda cautelare.
All’udienza di smaltimento dell’arretrato del 24 novembre 2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
2. Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.
2.1. Come si trae dalla narrativa che precede, il ricorrente ha impugnato il provvedimento con cui il Prefetto di Roma ha disposto nei di lui confronti la revoca delle misure di accoglienza, in ragione della circostanza che il Tribunale Ordinario di Roma ha rigettato il ricorso dal predetto presentato avverso la decisione negativa della Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Roma, precisando – in aggiunta – che non solo che Questura di Viterbo ha comunicato che “il migrante stesso non ha documentato nessun ricorso in cassazione” ma anche che “il legale della struttura Ospita srl dichiara che il migrante GIADAMA OMAR non ha il permesso di soggiorno che gli consenta di legittimare la propria presenza nel territorio italiano”.
2.2. Ciò detto, appare opportuno ricordare che l’art. 14, comma 4, del d.lgs. 142 del 2015, in attuazione delle direttive 2013/33/UE e 2013/32/UE, dispone che: “Le misure di accoglienza sono assicurate per la durata del procedimento di esame della domanda da parte della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e successive modificazioni, e, in caso di rigetto, fino alla scadenza del termine per l'impugnazione della decisione. Salvo quanto previsto dall'articolo 6, comma 7, in caso di ricorso giurisdizionale proposto ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e successive modificazioni, il ricorrente, privo di mezzi sufficienti ai sensi del comma 1, usufruisce delle misure di accoglienza di cui al presente decreto per il tempo in cui è autorizzato a rimanere nel territorio nazionale ai sensi dell'articolo 19, commi 4 e 5, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150. Nei casi di cui all'articolo 19, comma 5, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, fino alla decisione sull'istanza di sospensione, il ricorrente rimane nella struttura o nel centro in cui si trova”.
In sintesi, l’operatività di siffatte misure è strettamente connessa:
- alla pendenza del procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale all’interessato;
- in caso di negativo scrutinio della domanda, alla natura del provvedimento di diniego adottato dalla competente Commissione territoriale;
- all’esito del giudizio di impugnazione eventualmente promosso dall’interessato avverso il diniego di riconoscimento, che assume generalmente carattere “sospensivo” della efficacia del diniego (nel senso che consente allo straniero la permanenza nel territorio nazionale fino alla irretrattabile definizione del gravame);e ciò fatte salve particolari ipotesi, in cui tale sospensione automatica non opera ed è, indi, condizionata alla concessione di un espresso provvedimento cautelare da parte del Giudice dell’impugnazione.
Necessitata, indi, si appalesa l’actio della Prefettura quivi gravata, adottata giustappunto all’esito delle negative determinazioni giudiziali e della perdurante efficacia ed esecutorietà della decisione negativa della Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Roma (oltre che – a titolo di mera aggiunta – in ragione della riscontrata carenza di un eventuale permesso di soggiorno), tanto più ove si consideri che, avverso la decisione con la quale il Tribunale di Roma ha rigettato il ricorso presentato dal migrante, quest’ultimo non ha proposto alcuna impugnativa.
Stante quanto in precedenza riportato, non può che rilevarsi ancora che il provvedimento gravato risulta adeguatamente motivato, essendo rappresentati i presupposti in fatto e in diritto che lo sorreggono.
A fronte, peraltro, della natura necessitata di cui è stata data evidenza alcuna valenza può assumere, ai fini dell’annullamento, il denunciato vizio di violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, atteso il disposto di cui all’art. 21 octies, comma 2, della medesima legge.
3. In conclusione, il ricorso va respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in € 1000,00 a favore del Ministero dell’Interno.