TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2015-06-12, n. 201500247
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N. 00247/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00402/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 402 del 2014, proposto da A.Pro.Pr.Ol. - Associazione Provinciale Produttori Olivicoli - Società Cooperativa a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. M R, presso il cui studio in Campobasso, Via Crispi, N. 4 elegge domicilio;
contro
Ersam - Ente Regionale di Sviluppo Agricolo del Molise - Gestione Liquidatoria, in persona del Commissario Liquidatore P.T.;Regione Molise, in Persona del Presidente P.T.;A M, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Campobasso, Via Garibaldi 124;
per l'annullamento
della delibera del commissario liquidatore dell' ERSAM - gestione liquidatoria - n. 21 del 26.09.14, notificata il 16.10.2014, mediante la quale è stata disposta la revoca immediata della concessione per l'utilizzo dello stabilimento produttivo ed ingiunto il rilascio immediato dello stesso;
nonchè di tutti gli altri atti ad essa presupposti, consequenziale e/o comunque connessi, ancorchè non conosciuti, ivi inclusi ove necessario:
- la nota ERSAM prot. 206 del 19.09.2012
- la nota ERSAM prot. 268 del 30.11.2012
- la nota ERSAM prot. 277 del 12.12.2012
- la nota ERSAM prot. 45 del 15.02.2013
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ersam - Ente Regionale di Sviluppo Agricolo del Molise - Gestione Liquidatoria, della Regione Molise e della A M;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2015 il dott. Luca Monteferrante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 10 novembre 2014 e depositato il successivo 15 novembre la A. pro.pr.ol. – Associazione provinciale produttori olivicoli società cooperativa a r.l. ha impugnato la delibera del commissario liquidatore dell' ERSAM - Ente di Sviluppo Agricolo del Molise n. 21 del 26.09.14, notificata il 16.10.2014, mediante la quale è stata disposta la revoca immediata della concessione per la gestione a titolo gratuito dell’impianto produttivo in proprietà dell’ente ed ingiunto il rilascio immediato dello stesso.
L’impianto in questione, realizzato con fondi dell’ex M.A.F. e dell’ex Cas. Mez. e sito in agro del Comune di Larino, ha ad oggetto il confezionamento e la commercializzazione di olio: si compone di ampie vasche in acciaio inox per lo stoccaggio di olio, di una linea di imbottigliamento e di una linea di confezionamento lattine.
La delibera di revoca è motivata sul presunto inadempimento della società cooperativa rispetto agli impegni assunti con la convezione di concessione, a pena di revoca della stessa, ed espressamente previsti dagli art. 12, 14 e 15 (il mantenimento della destinazione economica del bene, il fermo produttivo per un periodo continuativo di 24 mesi, l’utilizzazione di personale con preferenza di quello residente in regione, l’acquisizione della materia prima in via prioritaria dagli agricoltori molisani, il coinvolgimento nella compagine societaria della maggior parte di cooperative di base di olivicoltori molisani) nonché per ragioni connesse all’esigenza di completare la liquidazione del patrimonio dell’ente, perseguendo la massima redditività, finalità di per sé incompatibili con il protrarsi di un rapporto di concessione a titolo gratuito di immobili in proprietà dell’Ersam.
La società cooperativa ricorrente ha variamente contestato la legittimità della delibera sia per insussistenza dei pretesi inadempimenti allegati, sia in ragione della insussistenza dei presupposti di legge per l’esercizio del potere pubblicistico di revoca/recesso dalla convenzione.
Si sono costituiti in giudizio l’Ersam – Ente di sviluppo agricolo del Molise in liquidazione, l’Arsiam – Agenzia Regionale per lo Sviluppo Agricolo del Molise e la stessa Regione Molise, per resistere al ricorso, eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e difendendo nel merito la legittimità della delibera impugnata, sia in ordine alla sussistenza delle ragioni di inadempimento contestate, sia in relazione alla legittimità della revoca esercitata per consentire la liquidazione del patrimonio dell’Ersam.
Alla camera di consiglio del 4 dicembre 2014, il collegio, con ordinanza n. 153/2014, ha così statuito “Rilevato che il carattere dubbio della qualificazione giuridica del rapporto giuridico controverso, in senso pubblicistico o privatistico, su cui il collegio ha invitato le parti a meglio precisare le rispettive tesi difensive, anche ai fini dell’esame della preliminare questione di giurisdizione, rende opportuno il rinvio di ogni decisione alla sede dell’esame del ricorso nel merito, tenuto conto che l’udienza pubblica può essere fissata in tempi rapidi.
Rilevato che, nelle more della decisione di merito, si rende opportuno sospendere gli effetti del provvedimento impugnato, apparendo prevalente l’esigenza di assicurare alla ricorrente la disponibilità dell’impianto produttivo e la continuità aziendale.
Ritenuto pertanto di dovere accogliere la domanda cautelare ai soli fini di una rapida fissazione dell’udienza di merito….P.Q.M. …accoglie la domanda cautelare e sospende gli effetti del provvedimento impugnato. Compensa le spese della presente fase cautelare”;ha contestualmente fissato l’udienza pubblica per il 12 febbraio 2015 all’esito della quale la causa è stata trattenuta in decisione, previo deposito di memorie con le quali le parti hanno illustrato le rispettive tesi difensive, anche con riferimento alla questione di giurisdizione.
Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione.
Secondo la ricorrente la giurisdizione del giudice amministrativo dovrebbe ritenersi sussistente venendo in rilievo un rapporto di concessione e non un ordinario contratto di comodato d’uso gratuito.
Verrebbe conseguentemente in rilievo il disposto di cui all’art. 133, comma 1, lett. b) del d. lgs. n. 104/2010 a mente del quale “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo…b) le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi…”.
A sostegno di tale prospettazione adduce le seguenti considerazioni: 1) la disponibilità del bene è stata conseguita all’esito di una procedura concorrenziale pubblica che ha visto l’offerta di Apropol prevalere nel giudizio della commissione proprio in ragione del miglior soddisfacimento delle finalità pubblicistiche sottese all’affidamento, quali l’incremento occupazionale, la salvaguardia della produzione locale, il mantenimento della destinazione economica del bene, l’utilizzazione di personale con preferenza di quello residente in regione, l’acquisizione della materia prima in via prioritaria dagli agricoltori molisani, il coinvolgimento nella compagine societaria della maggior parte di cooperative di base di olivicoltori molisani;2) il bando e la stessa convenzione di affidamento siglata in data 1.4.1998 hanno ad oggetto “la concessione” dello stabilimento oleario in proprietà dell’Ersam per scopi di interesse pubblico e di pubblica utilità nel settore primario oleario;3) l’immobile avrebbe natura intrinsecamente pubblica in quanto realizzato con fondi dell’ex MAF e dell’ex CAS. MEZ e ciò sarebbe confermato dalla sua oggettiva destinazione ad una finalità pubblica.
La difesa erariale ha puntualmente replicato alle tesi difensive testè richiamate, con argomentazioni che il collegio condivide.
Preliminarmente occorre evidenziare l’irrilevanza delle formule tecnico giuridiche impiegate dalle parti per qualificare la natura giuridica del rapporto instaurato, stante la pacifica e non contestata prevalenza del potere giudiziale di qualificazione giuridica della fattispecie sulla scorta dei fatti materiali allegati e provati, secondo un risalente e consolidato indirizzo giurisprudenziale. Ne discende l’irrilevanza dell’utilizzo del termine “concessione” per disceverare la natura giuridica, pubblica o privata, dell’accordo stipulato.
Altrettanto irrilevante è il ricorso ad una procedura selettiva di tipo comparativo per la scelta dell’affidatario del bene, tenuto conto che la pubblica amministrazione, in quanto titolare della generale capacità di diritto privato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 11 del codice civile, ben può, nell’esercizio della propria autonomia privata, decidere di concedere in godimento beni del proprio patrimonio, non strettamente vincolati al perseguimento di finalità pubblicistiche, mediante il ricorso a procedure di tipo concorsuale che non risolvono tuttavia la questione presupposta circa la natura giuridica del bene e, conseguentemente, del rapporto giuridico instaurato: la procedura di scelta del contrante è, dunque, neutra da questo punto di vista, rappresentando piuttosto l’oggetto dell’affidamento il parametro di riferimento, rilevante ai fini della qualificazione giuridica della fattispecie nonchè per la scelta del giudice competente a decidere le relative controversie.
Del resto, ove anche si trattasse di una procedura di evidenza pubblica indetta in applicazione delle norme di contabilità di Stato (esulando la fattispecie dal campo di applicazione del codice dei contratti pubblici), le vicende relative allo scioglimento del vincolo contrattuale non potrebbero che essere devolute alla cognizione del giudice ordinario, dovendo ogni ipotesi di risoluzione unilaterale essere qualificata in termini di diritto potestativo di recesso e non di revoca pubblicistica e ciò anche in considerazione del fatto che, successivamente alla stipula del contratto, vengono in rilievo posizione di diritto soggettivo.
Occorre dunque indagare la natura dell’oggetto della convenzione al fine di accertare se si tratti di un oggetto pubblico, come tale sottratto al generale potere di disposizione della parti, se non in forza di provvedimento espresso dell’autorità amministrativa, o meno, in applicazione del tradizionale e non superato schema della concessione contratto o contratto ad oggetto pubblico;ciò in linea del resto anche con i più recenti arresti della giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, V, 27 aprile 2015, n. 2060).
Osserva preliminarmente il collegio che nella specie non si tratta di un accordo sull’esercizio del potere, ai sensi e per gli effetti dell’art. 11 della legge n. 241 del 1990, fattispecie non configurabile neppure nei variegati e molteplici sviluppi che ha avuto nella prassi giurisprudenziale (patti territoriali, piano insediamenti produttivi, convenzioni di lottizzazione ecc…): non vengono infatti in rilievo e non risultano in alcun modo disciplinate forme di esercizio di potestà pubbliche, peraltro irrilevanti ai fini della gestione di uno stabilimento produttivo.
Non si tratta neppure di una concessione di servizio pubblico, mancando qualsiasi forma di erogazione di prestazioni in favore di terzi, diversi dai produttori associati nella organizzazione cooperativa;inoltre negli atti di causa e nella documentazione depositata non risultano menzionate specifiche previsioni di legge che riconoscano la natura di servizio pubblico all’attività di confezionamento e commercializzazione di olio, oggetto dell’impianto dato in concessione, che pare rivestire, al contrario, tutti i caratteri di una comune attività commerciale, sebbene nella particolare forma consortile.
Infine non si è in presenza neanche di un bene pubblico, non sussistendo il necessario vincolo teleologico tra immobile e destinazione ad un servizio pubblico necessario a ricondurlo tra i beni patrimoniali indisponibili e, conseguentemente, al regime pubblicistico di affidamento in godimento a terzi tramite lo strumento della concessione amministrativa.
In via generale è infatti utile rammentare come il criterio discretivo fra locazione (ma lo stesso vale per il comodato d’uso) e concessione di bene pubblico sia stato individuato con precisione, per tutte, da Cass. civ. SS.UU. 28 giugno 2006 n. 14865 nei seguenti termini: l'attribuzione in godimento al privato di un bene dell'amministrazione non appartenente al cd. demanio necessario è locazione ogni qual volta il bene in parola sia un bene disponibile, non diverso quindi da quello di qualunque privato;è invece concessione quando si tratti di un bene patrimoniale indisponibile, in quanto destinato, in forza di un atto di volontà amministrativa concretamente attuato, a svolgere in via immediata e diretta (Cass. Civile, sez. un., 27 maggio 2009, n. 12251) un servizio pubblico.
E’ stato ancora precisato dalla Corte regolatrice della giurisdizione (Cass. Civile, sez. un., 27 maggio 2009, n. 12251) che, affinchè un bene non appartenente al demanio necessario possa rivestire il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali indisponibili in quanto destinati ad un pubblico servizio, ai sensi dell'art. 826 cod. civ., comma 3, deve sussistere il doppio requisito (soggettivo ed oggettivo) della manifestazione di volontà dell'ente titolare del diritto reale pubblico (e, perciò, un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell'ente di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio) e dell'effettiva ed attuale destinazione del bene al pubblico servizio.
In difetto di tali condizioni e della conseguente ascrivibilità del bene al patrimonio indisponibile, la cessione in godimento del bene medesimo in favore di privati non può essere ricondotta ad un rapporto di concessione amministrativa, ma, inerendo a un bene facente parte del patrimonio disponibile, al di là del "nomen iuris" che le parti contraenti abbiano inteso dare al rapporto, essa viene ad inquadrasi nello schema privatistico della locazione, con la conseguente devoluzione della cognizione delle relative controversie alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass. civ., Sez. Unite, 28/06/2006, n. 14865).
Nella specie manca sia il requisito soggettivo della manifestazione della volontà dell’Ersam di destinare lo specifico bene oggetto di causa ad un determinato pubblico servizio, sia l'effettiva ed attuale destinazione di tale bene ad un pubblico servizio. Il bene in questione è infatti utilizzato dai ricorrenti, come meglio si illustrerà, per fini commerciali.
L’E.R.S.A.M. infatti è un ente regionale strumentale soggetto alla disciplina di cui all’art. 830 c.c. a mente del quale “I beni appartenenti agli enti pubblici non territoriali sono soggetti alle regole del presente codice, salve le disposizioni delle leggi speciali. Ai beni di tali enti che sono destinati a un pubblico servizio si applica la disposizione del secondo comma dell’art. 828”.
L’art. 828, comma 2, c.c. prevede che “I beni che fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano”, mentre l’art. 826, comma 3, c.c. precisa che fanno parte del patrimonio indisponibile dello stato, delle province e dei comuni, secondo la loro appartenenza,…. “gli altri beni destinati ad un pubblico servizio”.
E’ dunque il vincolo di destinazione ad un pubblico servizio che, anche per gli enti pubblici non territoriali, consente di assoggettare il bene in proprietà dell’ente alla disciplina dei beni del patrimonio indisponibile, conferendogli natura di bene pubblico, come tale suscettibile di atti di disposizione solo attraverso il ricorso allo strumento concessorio che rende l’oggetto dell’accordo giuridicamente possibile ex artt. 1346 e 1418 c.c. (trattandosi di beni altrimenti “extra commercium” cioè esclusi dalla circolazione giuridica) e, conseguentemente, suscettibile di una regolamentazione pattizia affidata alla convezione accessiva.
Nella specie, come già osservato, non sussiste un tale vincolo di destinazione in quanto l’impianto viene impiegato per il confezionamento e la commercializzazione di olio d’oliva, attività queste che non configurano un pubblico servizio in senso proprio bensì rilevano quali forme indirette di intervento nell’economia con finalità di sostegno delle iniziative imprenditoriali locali nel settore della commercializzazione dell’olio d’oliva, in un’ottica di gestione in forma consortile di una segmento del ciclo di produzione e vendita, rappresentato dall’imbottigliamento e dal confezionamento in lattine dell’olio prodotto, al fine di ridurre i costi di produzione e sostenere gli imprenditori locali del settore, conformemente alle finalità proprie di un ente di sviluppo agricolo e coerentemente con le finalità di sostegno che ha ispirato la legislazione statale di sostegno al settore agricolo (legge 27 ottobre 1966, n. 910).
Si tratta pertanto di una generica finalità di sostegno pubblico alla imprenditoria del settore agricolo, priva dei caratteri della nozione di servizio pubblico che presuppone invece la destinazione del bene alla “diretta” realizzazione di interessi pubblici (Cass. Civile, sez. un., 27 maggio 2009, n. 12251), come tale inidonea ad assoggettare l’immobile in questione al regime giuridico dei beni patrimoniali indisponibili con la conseguenza che l’atto dispositivo posto in essere con la convezione siglata in data 1.4.1999 deve ritenersi espressione della generale capacità di diritto privato dell’ente regionale resistente sicchè gli atti incidenti sul rapporto devono essere qualificati alla stregua di atti negoziali, come tali inidonei a configurare situazioni di interesse legittimo.
A conferma di quanto precede deve ancora osservarsi che laddove si fosse trattato di un bene vincolato ad una “specifica e diretta finalità pubblicistica” (come richiesto dalla citata Cass. Civile, sez. un., 27 maggio 2009, n. 12251), sarebbe stato anche necessario adottare preventivamente un provvedimento formale di concessione del bene, secondo lo schema bifasico della concessione contratto, proprio al fine di rendere il bene pubblico giuridicamente disponibile, nel rispetto delle finalità e delle modalità da esplicitare nella convenzione accessiva.
Di tale momento attizio non v’è traccia in atti ed anzi non è contestato che l’ERSAM abbia proceduto direttamente alla stipula della convezione, con la conseguenza che non si è in presenza di una concessione contratto ma di uno strumento contrattuale privatistico (Cass. Sez. un., 1 luglio 2009, n. 15378).
La inderogabile necessità della preventiva formalizzazione di un atto amministrativo al fine di rendere giuridicamente disponibile il bene, già affermata dalla giurisprudenza, risulta ora confermata dalla novella dell’art. 11 della legge n. 241 del 1990 che ha riproposto la struttura bifasica attraverso l’espressa previsione di un provvedimento che deve precedere la stipulazione dell’accordo sull’esercizio del potere discrezionale, a garanzia dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa (art. comma 4 bis inserito dall’art. 7 della legge 11 febbraio 2005, n. 15).
Alla luce dei motivi che precedono la cognizione del presente giudizio spetta al giudice ordinario.
Stante la oggettiva difficoltà ad individuare il giudice munito di giurisdizione reputa il collegio che sussistano gravi motivi per disporre la compensazione integrale delle spese di giudizio.