TAR Milano, sez. IV, sentenza 2014-04-08, n. 201400928
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N. 00928/2014 REG.PROV.COLL.
N. 03477/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3477 del 2011, proposto da:
R R, rappresentata e difesa dall'avv. L L, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Milano, piazza Luigi Cadorna, 4;
contro
Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Lecco, rappresentata e difesa dagli avv. M L D T, M C, con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, via Cappuccio 13;
nei confronti di
E L M, rappresentata e difesa dagli avv.ti R P e D Santulli, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Milano, via Fogazzaro, 1;
per l'annullamento
degli atti con i quali si è disposta l’esclusione della ricorrente dal concorso pubblico per titoli ed esami, indetto dall’ASL di lecco per la copertura di 1 posto di ostetrica, nonché dei seguenti atti:
del verbale della commissione di concorso del 14 settembre 2011;
della determinazione del 27 settembre 2011, n. 39810;
della deliberazione del 16 settembre 2011 n. 432;
della nota del Direttore amministrativo n. 42415 del 13 ottobre 2011;
della nota del direttore Amministrativo n. 42551 del 14 ottobre 2011;
nonché per il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti e patiendi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Lecco e di E L M;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2014 il dott. Maurizio Santise e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La ricorrente, dipendente dell’Asl di Lecco, partecipava al concorso pubblico per titoli ed esami per la copertura di n. 1 posto di Collaboratore Professionale Sanitario, con qualifica di Ostetrica. Con nota n. 32847 del 4 agosto 2011 l’Azienda comunicava il luogo, il giorno e l’ora delle prove di concorso. Il 14 settembre 2011 la ricorrente si recava presso la sede concorsuale per sostenere la prova scritta. Alle ore 14,00 della medesima giornata venivano esposti i risultati, con l’elenco dei candidati ammessi alla prova orale, tra cui rientrava anche la ricorrente. Nell’avviso menzionato era indicato che la prova pratica sarebbe iniziata alle ore 14,30. La ricorrente veniva, quindi, colta da un malore che la costringeva ad allontanarsi e a ritornare presso la sede di concorso alle ore 14,50, ma la Commissione procedeva ad escluderla perché la ricorrente non si era presentata all’orario stabilito.
R R insorgeva contro il provvedimento in oggetto citato e quelli successivi che avevano portato a conclusione la procedura di gara, contestandone la legittimità e chiedendone il rigetto, oltre il risarcimento dei danni.
Si costituiva in giudizio l’amministrazione interessata, contestando l’avverso ricorso e chiedendone il rigetto.
Si costituiva, altresì, in giudizio L M E vincitrice del concorso, contestando l’avverso ricorso e chiedendone il rigetto.
Alla pubblica udienza del 5 febbraio 2014, la causa veniva trattenuta in decisione.
Tanto premesso in punto di fatto il ricorso è fondato nei limiti di seguito specificati.
La procedura selettiva in esame si compone di una valutazione per titoli, una prova scritta, una prova pratica e una prova orale. La ricorrente ha superato quella per titoli e la prova scritta e si è presentata in ritardo a quella pratica e, quindi, è stata esclusa.
Con nota del 4 agosto 2011, n. 32847 veniva comunicato ai candidati che le prove potevano essere espletate entro la stessa giornata e che l’elenco dei candidati ammessi alla prova pratica sarebbe stato affisso dalle ore 12,30 presso la sede dell’Asl.
Dal verbale del 14 settembre 2011 emerge che alle ore 14,00 la Commissione era in grado di disporre dell’elenco dei concorrenti ammessi alla prova pratica. Alle ore 14,30 orario stabilito per l’inizio della prova pratica la ricorrente non si presentava. Giungeva presso la sede concorsuale con 20 minuti di ritardo, alle ore 14,50. La prova pratica, come emerge dal verbale, iniziava alle ore 15,28.
O, tanto premesso in punto di fatto bisogna verificare se l’amministrazione si è comportata correttamente oppure avrebbe dovuto consentire alla ricorrente di partecipare alla prova pratica.
Va premesso che l’azione amministrativa deve essere ispirata al principio di proporzionalità, che consiste nel rispetto dell’equilibrio tra gli obiettivi perseguiti ed i mezzi utilizzati;esso limita nella misura più ridotta possibile gli effetti che possono prodursi sulla sfera giuridica dei destinatari di un provvedimento amministrativo.
Il rispetto di tale principio va verificato secondo la tecnica dei tre gradini: l’idoneità, la necessarietà e l’adeguatezza.
L’idoneità è la capacità dell’atto a raggiungere gli obiettivi che lo stesso si propone. Il principio di necessarietà orienta la scelta tra più mezzi astrattamente idonei al raggiungimento dell’obiettivo prefissato e permette di individuare quello ugualmente efficace, ma che incida meno negativamente nella sfera del singolo. Una volta che l’atto è idoneo e necessario, se ne dovrà valutare la tollerabilità da parte del privato in funzione del fine perseguito (adeguatezza).
Alla luce di tali coordinate ermeneutiche si può ritenere che l’esclusione della ricorrente non sia stata rispettosa del principio di proporzionalità.
E’, infatti, emerso in maniera incontestata che la Commissione ha comunicato alle ore 14,00 l’elenco dei candidati ammessi alla prova pratica e ha fissato l’inizio delle relative prove dopo soli trenta minuti. La ricorrente si è, poi, presentata presso la sede di concorso 20 minuti dopo l’orario fissato per l’inizio delle prove (alle ore 14,50), ma comunque prima dell’esecuzione degli adempimenti preliminari (sorteggio delle buste contenenti le prove e lettura della prova sorteggiata). La commissione ha, quindi, proceduto all’esclusione della ricorrente nonostante la prova pratica non fosse ancora iniziata.
Da quanto esposto emerge che il comportamento della Commissione è stato ingiustamente penalizzante per la ricorrente, in quanto l’amministrazione nonostante avesse fissato tempi di concorso rigidi ed eccessivamente ristretti, non ha permesso alla ricorrente di partecipare all’ulteriore prova a causa di un ritardo, comunque, contenuto e soprattutto considerando che la prova pratica è iniziata alle 15,28 (dopo circa trenta minuti da quando è giunta la ricorrente presso la sede del concorso). Tale complessivo comportamento non è rispettoso del principio di proporzionalità perché ben poteva la ricorrente essere ammessa a partecipare alla prova pratica, non essendo quest’ultima ancora iniziata.
Ne deriva che l’amministrazione avrebbe dovuto consentire alla ricorrente di partecipare alla prova pratica.
Non può, tuttavia, essere accolta la domanda di annullamento degli atti della gara che oramai si è conclusa con la controinteressata, che subirebbe incolpevolmente da tale eventualità un pregiudizio eccessivo.
In proposito occorre precisare che, in data 28 settembre 2011, è stato sottoscritto il contratto di lavoro a tempo indeterminato con la controinteressata, con conseguente consolidamento della posizione della vincitrice del concorso.
L’eventuale annullamento della procedura selettiva non potrebbe quindi incidere sulla sorte del contratto, determinandone la caducazione, atteso che tali profili attengono allo svolgimento privatistico del rapporto di lavoro, in relazione al quale questo giudice è sprovvisto di giurisdizione (cfr. Cass. S.U. 23 settembre 2013 n. 21671).
Ne consegue che l’annullamento degli atti impugnati non riveste alcuna utilità per la ricorrente, che – mostrandosi consapevole dei vincoli derivanti dalla stipulazione medio tempore del contratto di lavoro con la controinteressata - ha chiesto il ristoro per equivalente del danno subito.
Non apparendo possibile il risarcimento in forma specifica va, invece, accolta la domanda di risarcimento del danno per equivalente da perdita di chance.
In relazione alla prova della chance, la giurisprudenza amministrativa, che questo Collegio condivide, ha chiarito che la risarcibilità della chance, la quale consiste nella ragionevole probabilità, già presente nel patrimonio del danneggiato, di conseguire un risultato economico utile, non può intendersi subordinata all'offerta in giudizio di una prova in termini di certezza, perché ciò è logicamente incompatibile con la natura di tale voce di danno, risultando invece sufficiente che gli elementi addotti, in virtù dell'inderogabile principio contenuto nell'art. 2697 c.c., consentano una prognosi concreta e ragionevole circa la possibilità di vantaggi futuri, invece impediti a causa della condotta illecita altrui;la chance costituisce infatti lo strumento concettuale grazie al quale sono ammessi alla tutela risarcitoria aspettative di incremento patrimoniale, vantaggi proiettati nel futuro, mediante una attualizzazione della relativa possibilità di conseguirli, segnalandosi per configurare, simultaneamente, una posizione sostanziale "derivata" dall'utilità finale che la prefigura e una "tecnica" di liquidazione del danno, connessa al tipo di elemento patrimoniale indeterminato a priori, ma comunque determinabile, sotteso alla peculiare situazione sostanziale vulnerata. (cfr., Consiglio di Stato, sez. V, 18/04/2012, N. 2256).
Nel caso di specie, il comportamento illegittimo della Commissione ha certamente realizzato una compromissione della chance di successo della ricorrente, resa manifesta dalla circostanza che la stessa aveva superato due prove su quattro e si trovava a concorrere con soli cinque candidati.
Ne deriva, pertanto, che va risarcita la chance di successo illegittimamente compromessa dall’amministrazione.
In relazione alla quantificazione del danno non spetta che affidarsi ad una liquidazione equitativa, tenendo conto delle percentuali di successo desumibili con riguardo alla fase di avanzamento del concorso e al numero dei candidati in competizione, nonché con riguardo anche al trattamento economico annuo lordo complessivo previsto per la posizione professionale messa a bando.
Alla luce di tali elementi il Collegio ritiene equo liquidare alla ricorrente il risarcimento dei danni per una somma complessiva pari a € 10.000,00.
Ne consegue che l’amministrazione resistente va condannata al pagamento delle spese di lite in favore della ricorrente che si liquidano come da separato dispositivo.
Sussistono, invece, giuste ragioni per compensare le spese di lite tra la ricorrente e la controinteressata e tra quest’ultima e l’amministrazione resistente.