TAR Roma, sez. IV, sentenza 2024-01-23, n. 202401321
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Testo completo
Pubblicato il 23/01/2024
N. 01321/2024 REG.PROV.COLL.
N. 11037/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11037 del 2023, proposto da
Direq s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati E M, L R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - AGCOM, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Vodafone Italia S.p.A., non costituito in giudizio;
per l'annullamento
della deliberazione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 18 del 31.5.2023, avente ad oggetto “ ordinanza ingiunzione (…) per violazione dell’art. 6, comma 3, di cui all’allegato A alla delibera n. 8/15/CIR ”; dell’atto di contestazione n. 1 del 18.1.2023; nei limiti dell’interesse fatto valere in giudizio, dell’art. 6, comma 3 del “Piano di numerazione nel settore delle telecomunicazioni e disciplina attuativa ” di cui all’Allegato A alla delibera n. 8/15/CIR; di ogni atto presupposto, connesso e conseguenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di AGCOM;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 gennaio 2024 il dott. A F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La società Direq s.r.l. ha impugnato e chiesto l’annullamento della deliberazione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 18 del 31.5.2023, avente ad oggetto “ ordinanza ingiunzione (…) per violazione dell’art. 6, comma 3, di cui all’allegato A alla delibera n. 8/15/CIR ”; dell’atto di contestazione n. 1 del 18.1.2023; nei limiti dell’interesse fatto valere in giudizio, dell’art. 6, comma 3 del “ Piano di numerazione nel settore delle telecomunicazioni e disciplina attuativa ” di cui all’Allegato A alla delibera n. 8/15/CIR; di ogni atto presupposto, connesso e conseguenziale.
In sintesi è accaduto: che l’AGCOM ha avviato un’attività di vigilanza sui servizi di comunicazione elettronica e, segnatamente, sulla diffusione di nuove applicazioni software di telefonia mobile identificate con la denominazione “ cash for sms ”, vale a dire un’attività basata sull’uso di applicazioni mobili (Android e IoS) rivolte all’utenza finale e, in taluni casi, illegittime in ragione del fatto che indurrebbe i clienti di servizi mobili a svolgere attività che sono invece proprie dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica.
In sostanza, vi sarebbero società (prevalentemente estere) che gestiscono tali app – e i relativi servizi – e propongono agli utenti finali di servizi mobili e personali di cedere, a fronte di un compenso economico, la frazione di SMS restata inutilizzata rispetto al quantitativo complessivamente previsto nei pacchetti di offerte sottoscritte con i rispettivi operatori mobili. I quantitativi di SMS ceduti dagli utenti finali con tale modalità sarebbero poi utilizzati dalle società acquirenti per erogare servizi di messaggistica aziendale (anche detta messaggistica A2P, application-to-person), ma senza pagare i prezzi di terminazione degli SMS agli operatori di rete mobile, così ottenendo un vantaggio economico per la loro clientela business e riducendo i costi di questi ultimi per l’invio di messaggistica massiva da parte degli stessi alla loro platea di clienti.
Nell’ambito di tali verifiche è stato anche accertato che gli sviluppatori e le società che gestiscono le predette app, tra cui “ SimCash.io ”, non sarebbero in possesso di alcun titolo abilitativo (autorizzazione generale) per fornire servizi di comunicazione elettronica ed offrire servizi di messaggistica massiva (c.d. bulk messaging) ai clienti aziendali: cosicché sarebbe violata, anzitutto, la disciplina del Piano nazionale di numerazione riguardo all’invio mediante l’app di SMS per conto di aziende terze e tuttavia recanti CLI (c.d. codice identificatore dell’utenza chiamante) dell’utente finale, approvato da AGCOM con deliberazione n. 8/2015.
Nell’ambito di tali controlli è emerso che l’app “ SimCash.io ” sarebbe riconducibile alla società italiana Mint s.r.l., la quale – sulla scorta di verifiche condotte dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy – non sarebbe risultata in possesso dell’autorizzazione a fornire servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico ai sensi del d.lgs. 259/2003 e che, pertanto, effettivamente gestirebbe la predetta App, non ultimo mediante il possibile coinvolgimento di altre società nella “catena” di acquisizione, gestione e vendita degli SMS illegittimamente appresi tramite la predetta applicazione.
Relativamente a tali, ulteriori, operatori, sono stati identificati significativi dati relativi alla Società Direq s.r.l., odierna ricorrente, la quale, sulla base di collegamenti di natura societaria (ad es. coincidenze nel tempo di amministratori e sedi) ed economica, è apparsa ricoprire un ruolo significativo nella filiera di improprio uso degli SMS: ad avviso di AGCOM, la ricorrente sarebbe l’unico “cliente” della società Mint s.r.l.
Il che ha determinato l’avvio del procedimento di contestazione e, in esito al contraddittorio procedimentale, l’adozione dell’impugnata deliberazione, con cui è stata accertata nei confronti della ricorrente, “ per l’individuato periodo decorrente dall’anno 2019 al primo semestre 2022, riferito a circa 203 milioni di SMS, forniti ed inviati illegittimamente in territorio nazionale attraverso la gestione dell’App “SimCash.io”, la perdurante violazione delle obbligatorie modalità di corretta identificazione della linea chiamante (CLI) di cui all’allegato A, articolo 6, comma 3, alla delibera n. 8/15/CIR (PNN) da sanzionarsi ai sensi e per gli effetti dell’articolo 30, comma 12 (già 98, comma 11) del Codice delle comunicazioni elettroniche (come integrato dal d.lgs. dell’8 novembre 2021, n. 207) ”; ed è stata irrogata la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 280.000,00.
A fondamento del ricorso sono stati dedotti i seguenti motivi:
1°) carenza di potere in concreto.
Con tale motivo la ricorrente ha contestato che sarebbe stata “ la stessa AGCOM a riconoscere che presupposto indefettibile per l’esercizio del potere in concreto esercitato è la qualificazione di Direq quale fornitore di servizi di telecomunicazione ” (cfr. pag. 8), la quale “ non è in alcun modo un “operatore”, né fornisce reti o servizi di comunicazione elettronica (diversi dai servizi di comunicazione interpersonale indipendenti dal numero) nel senso definito dal Codice. Non è, infatti, revocabile in dubbio, che la Società non abbia alcuna infrastruttura di rete, ma casomai solo dei server, peraltro non collocati nel territorio italiano, che non possono neppure lontanamente essere equiparati alle infrastrutture secondo le definizioni del Codice ” di cui al d.lgs. 259/2003.
In altri termini, la ricorrente avrebbe svolto una mera attività di intermediazione di messaggistica SMS (sarebbe, cioè, un “router”), acquistando dalla società Mint s.r.l. gli SMS inutilizzati e rivendendo questi ultimi a soggetti “aggregatori”, i quali offrirebbero i servizi di messaggistica massiva ai propri clienti aziendali retail, senza, però, istituirsi alcun rapporto diretto tra tali clienti e la stessa ricorrente.
2°) Eccesso di potere per difetto d’istruttoria e di motivazione; violazione dell’art. 6, comma 3 dell’allegato A alla delibera n. 8/15/CIR.
La ricorrente ha richiamato la disciplina del piano di numerazione nel settore delle telecomunicazioni e, in particolare, la disposizione di cui all’art. 6, comma 3, secondo cui sarebbe il solo “ soggetto che fornisce il servizio di comunicazione elettronica al cliente che origina la comunicazione ” ad essere “ responsabile della fornitura e