TAR Napoli, sez. I, sentenza 2023-02-07, n. 202300851

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2023-02-07, n. 202300851
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202300851
Data del deposito : 7 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/02/2023

N. 00851/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00088/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 88 del 2019, proposto da
Studio Radiologico Prof. V M S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto in Napoli, via Melisurgo, n. 4;

contro

Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato M L S D C L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto in Napoli alla via S. Lucia n. 81;
Commissario ad Acta per l’Attuazione del Piano di Rientro Sanitario Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in Napoli, via Armando Diaz, n. 11;
Azienda Sanitaria Locale Napoli 2 Nord, Ministero della Salute, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

a) del decreto del Commissario ad acta n. 84 del 31.10.2018, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania n. 80 del 5 novembre 2018, avente ad oggetto “Limiti di spesa agli erogatori privati di prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale per l'esercizio 2018 e altre disposizioni relative all'assistenza ospedaliera erogata dalle strutture private”, e di tutti i suoi allegati;

b) della nota del Commissario ad acta prot. 2648/C del 16.11.2018;

c)di ogni atto ai predetti connesso, sia esso presupposto che conseguenziale, ancorché non conosciuto e comunque lesivo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e del Commissario ad acta per l’Attuazione del Piano di Rientro Sanitario Regione Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2022 il dott. D D F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato in data 3 gennaio 2019 e depositato il successivo 7 gennaio lo Studio Radiologico del Professor V M s.r.l. (di seguito Studio Muto), ha premesso di gestire alcune strutture sanitarie in regime di accreditamento per l’erogazione di prestazioni afferenti alla macro area della specialistica ambulatoriale nell’ambito della medicina nucleare, radioterapia e radiodiagnostica ai sensi degli artt.

8-quater e ss. del d. lgs. 502/1992.

Secondo quanto ulteriormente rappresentato nel corso dell’intero anno finanziario 2018 la società ricorrente ha operato in assenza di programmazione, facendo in qualche modo affidamento sui volumi di prestazioni e sui correlati limiti di spesa applicati nel 2017, secondo quanto avrebbe espressamente raccomandato la ASL Napoli 2 nord nel cui territorio la società opera.

Sennonché, prosegue parte ricorrente, con il DCA n. 84/2018 la struttura commissariale non si sarebbe adeguata ai criteri di fissazione dei tetti di spesa fissati dal DCA n. 50/2018, eludendo i programmi operativi per il 2016/2018 e avrebbe modificato retroattivamente i meccanismi di monitoraggio e limiti di spesa.

Pertanto, con il ricorso introduttivo del presente giudizio, la Emina ha impugnato il DCA n. 84/2018, chiedendone l’annullamento sulla base delle censure di seguito sintetizzate.

I.- Violazione dei programmi operativi 2016-2018 approvati con DCA 14/2017. Difetto di motivazione e di istruttoria.

I programmi operativi 2016-2018 stabilivano che la definizione dei tetti di spesa per il 2018 e il 2019 avrebbe dovuto essere completata entro il 30 ottobre 2017, con la conseguenza che la violazione di detto termine avrebbe dovuto comportare un aggravamento dell’onere motivazionale gravante sul Commissario Straordinario.

II.- Eccesso di potere per difetto di istruttoria e per violazione del principio di irretroattività degli atti di programmazione – falsità dei presupposti – sviamento. Violazione e falsa applicazione dell’art.

8- sexies, co. 8, d.lgs. n. 502/1992, inserito dall’art.. 8, co. 4, d.lgs. n. 229/1999 - violazione della disciplina sulla mobilità attiva extraregionale. Violazione dell’art. 1372 cod. civ.. Violazione e falsa applicazione dell’art. 15, co. 14, d.l. 95/2012. Violazione della direttiva 2011/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2011 e degli artt. 114, par. 1, e 168, par. 3, TFUE. Violazione degli artt. 3, 32, 97, 117, comma 3 e 119 Cost.

Nel corso del 2018 sarebbero state inopinatamente modificate sensibilmente alcune modalità di monitoraggio della spesa con l’effetto di determinare un cambiamento dei criteri di remunerazione che avrebbe poi causato il recupero retroattivo di prestazioni emesse in precedenza, in assunta violazione della tutela dell’affidamento come definita dalla giurisprudenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4/2012.

III.- Sulla insufficienza delle risorse assegnate rispetto al fabbisogno. Difetto di istruttoria, macroscopica irragionevolezza e violazione del principio di proporzionalità. Questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 14, del decreto legge 6 luglio 2012 n.95, convertito in legge n.135 del 7 agosto 2012, modificato dall’art. 9, quater, comma 7 e dall’art. 9 septies commi 1 e 2 del d.l. 19/06/2015 n.78 convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015 n.125, e dall’art. 1, comma 574, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

Le risorse assegnate alla macro area della specialistica ambulatoriale sarebbero poi insufficienti a soddisfare il fabbisogno del territorio che, infatti, sarebbe risultato negli anni largamente sottostimato;
mentre l’esigenza di contenere la spesa mei limiti stabiliti dall’art. 15, co. 14, del d.l. n. 95/2012 presenterebbe profili di contrasto con gli artt. 117, co. 3, e 119 Cost..

IV.- Violazione della disciplina sulla mobilità attiva extraregionale. Violazione e falsa applicazione dell’art. 15, co. 14, d.l. 95/2012. Violazione della direttiva 2011/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2011 e degli artt. 114, par. 1, e 168, par. 3, TFUE. Violazione degli artt. 3, 32, 97, 117, comma 3 e 119 Cost.

Secondo parte ricorrente l’art. 15, co. 14, del d.l. n. 95/2012 come modificato dall’art. 1, co. 574, l. n. 208/2016, sarebbe stato erroneamente interpretato dal gravato DCA n. 84/2018, in quanto l’unica interpretazione costituzionalmente compatibile della disposizione sarebbe quella per cui si debbano intendere incluse nell’ambito applicativo della spending review le prestazioni da acquistare in mobilità passiva.

In buona sostanza stabilire dei limiti alla mobilità attiva significa incidere sui LEA di cittadini residenti in altre Regioni e sulla mobilità passiva di esse, con ciò proponendo un altro profilo di contrasto con gli artt. 117, co. 3, e 119 della Costituzione.

V.- Violazione e falsa applicazione degli articoli 24 e 113 Costituzione – violazione e falsa applicazione dell’articolo 8 quinquies, comma 2-quinquies, del d lgs 502/92 – violazione e falsa applicazione del principio di buona fede – contraddittorietà intrinseca.

Infine parte ricorrente contesta la legittimità della clausola di salvaguardia inserita nel contratto di accreditamento per violazione dell’art. 113 Cost..

Si sono costituiti in giudizio la Regione Campania e il Commissario ad acta per l’Attuazione del Piano di Rientro Sanitario nella Regione Campania.

Parte ricorrente ha insistito nelle proprie domande e difese con memoria ex art. 73 c.p.a. e all’udienza pubblica del 9 novembre 2022 la causa è stata introitata in decisione.

Il ricorso è infondato, richiamandosi al riguardo, anche alla stregua di precedente conforme, quanto già statuito dalla Sezione con la sentenza n. 389/2023.

Con il primo motivo parte ricorrente lamenta la violazione del termine del 30 ottobre 2017 entro cui determinare i tetti di spesa fissato nei Programmi Operativi 2016-2017.

Al riguardo deve rilevarsi, come già evidenziato dalla Sezione in una recente pronuncia sul medesimo tema, che i Programmi in questione non stabilivano alcun termine perentorio, sicché la potestà di fissare i tetti di spesa non può considerarsi consumata per effetto del decorso di tale data (cfr. TAR Campania, n. 7421/2022). Né la circostanza che la fissazione dei tetti sia avvenuta successivamente al termine fissato nei predetti Programmi determina l’insorgenza di un onere motivazionale rafforzato. Peraltro parte ricorrente non ha indicato le specifiche carenze che affliggerebbero la motivazione del gravato DCA n. 84/2018 e quali parti avrebbero dovuto essere illustrate più nel dettaglio.

Con il secondo motivo la società attrice lamenta la violazione del proprio affidamento conseguente alla fissazione retroattiva dei tetti di spesa della macro area, operata in discontinuità rispetto al passato.

Anche tale censura non coglie nel segno.

Al riguardo la giurisprudenza amministrativa, anche di questa Sezione, ha ritenuto che « la retroattività dell'atto di determinazione della spesa non priva gli interessati di punti di riferimento regolatori per lo svolgimento della loro attività e, d'altro lato, il ritardo nella sua adozione non è tale da comportare, di per sé, alcuna decadenza nell'esercizio della funzione amministrativa de qua. Difatti, è evidente che, in un sistema nel quale, in ragione della tempistica oggettivamente complessa, è fisiologica la sopravvenienza della determinazione del limite di budget (la quale rappresenta, comunque, l'adempimento di un preciso ed ineludibile obbligo, che influisce sulla possibilità stessa di attingere le risorse necessarie per remunerare le prestazioni sanitarie) soltanto dopo l'inizio dell'erogazione del servizio, le strutture accreditate possono aver riguardo - fino a quando non risulti adottato un provvedimento definitivo - all'entità delle somme contemplate per le prestazioni dell'anno precedente, detratta, ovviamente, la quota di riduzione della spesa sanitaria sancita dalle norme finanziarie dell'anno in corso » (da ultimo TAR Campania, n. 7421/2022;
TAR Campania, n. 65/2019;
sulla stessa questione TAR Cagliari, n.159/2017). Ne consegue che le esigenze di bilancio proprie della gestione finanziaria pubblica del servizio sanitario nazionale sono da ritenere prevalenti anche sulla tardività della negoziazione e dell’assegnazione del budget.

Peraltro la fissazione del tetto di spesa nel caso di specie è avvenuta nel corso dello stesso anno di riferimento e non già a rilevante distanza di tempo, con la conseguenza che nemmeno poteva dirsi maturato un affidamento rilevante delle strutture accreditate su un incremento del tetto di spesa in relazione alle prestazioni effettivamente erogate.

Con i motivi terzo e quarto parte ricorrente lamenta l’inadeguatezza del budget rispetto al fabbisogno che lederebbe la stessa garanzia di adeguatezza delle prestazioni garantita dalla Costituzione, assuntamente violata anche per quel che riguarda il potere regionale di fissazione dei tetti di spesa che sarebbe illegittimamente compresso dalla norma sulla spending review di cui al dl n. 95/2012 e dalle limitazioni indirettamente imposte alla mobilità interregionale.

Il motivo nelle sue declinazioni è complessivamente privo di pregio.

Giova premettere che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, la determinazione dei tetti di spesa è l’espressione di un potere di programmazione regionale caratterizzato da ampia discrezionalità nella previsione del dimensionamento e dei meccanismi di attribuzione delle risorse disponibili, con l’obiettivo di bilanciare molteplici e spesso contrapposti interessi di rilevanza anche costituzionale, come il contenimento della spesa in base alle risorse concretamente disponibili, l’esigenza di assicurare prestazioni sanitarie quantitativamente e qualitativamente adeguate agli assistiti, quelli delle strutture private operanti secondo logiche imprenditoriali, quelli delle strutture pubbliche vincolate all’erogazione del servizio nell’osservanza dei principi di efficienza e buon andamento (cfr., tra le tante, Cons. Stato, III, 7 dicembre 2021, n. 8161, ma anche TAR Sicilia Palermo, I, 8 maggio 2018, n. 1018).

Ed infatti, per un verso, non si può spendere senza limite, avendo riguardo soltanto ai bisogni, quale ne sia la gravità e l'urgenza;
è viceversa la spesa a dover essere commisurata alle effettive disponibilità finanziarie, le quali condizionano la quantità ed il livello delle prestazioni sanitarie, da determinarsi previa valutazione delle priorità e delle compatibilità e tenuto ovviamente conto delle fondamentali esigenze connesse alla tutela del diritto alla salute (cfr., Corte Cost. n. 203/2008;
Corte Cost. sentenza n. 203/2016);
per altro verso, gli interessi imprenditoriali propri delle strutture private che decidono di operare in regime di accreditamento non possono prevalere sul primario bene pubblico della salute allorché le scelte dell’Amministrazione, nei limiti della proporzionalità e ragionevolezza, siano funzionali alla programmazione di un’offerta sanitaria uniforme e adeguata sul territorio regionale.

Tali principi, anche a dimostrazione della manifesta infondatezza delle sollevate questioni di legittimità costituzionale, si impongono non solo per la legislazione statale, ma anche per quella regionale, di modo che l’autonomia delle Regioni (sia nei rapporti con lo Stato che tra esse stesse) trova il proprio limite nell’esigenza di rispettare le limitazioni di bilancio, aventi di per sé stesse primaria rilevanza costituzionale.

Quanto poi all’introduzione di un nuovo meccanismo di controllo e monitoraggio della spesa, la giurisprudenza ha già evidenziato che l'esercizio del potere di fissare la regressione tariffaria e la stessa determinazione del budget non sono subordinati né condizionati all'esecuzione del monitoraggio delle prestazioni erogate, né al ritardo o imprecisione nell’adempimento all'obbligo di eseguire i controlli per il tramite del tavolo tecnico - organo di fonte contrattuale al quale partecipano anche i rappresentanti aziendali e delle associazioni di categoria più rappresentative - avendo lo scopo fondamentale di contenere la remunerazione complessiva delle prestazioni nei limiti di spesa fissati e con l’impiego delle risorse disponibili e programmate;
è importante osservare che la determinazione dei tetti di spesa, a sua volta, recepisce il quadro delle risorse e dei vincoli determinati a monte con legge statale (cfr. da ultimo TAR Campania, sez. I, n. 6531/2022;
Cons. Stato, sez. III, 22 gennaio 2016, n. 207;
sez. II, 30 ottobre 2013, n. 4540;
sez. III, 5 febbraio 2013, n. 679).

Quanto alla dedotta insufficienza del tetto di spesa rispetto al fabbisogno, il Collegio richiama le considerazioni già svolte sul punto in una propria recente pronuncia, applicabile anche al caso di specie, nella quale si è evidenziato che “ In ogni caso parte ricorrente non è stata in grado di dimostrare che la discrepanza di fabbisogno accertata successivamente, rispetto al criterio storico utilizzato, abbia inciso sui provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo. In sostanza la ricorrente si fonda su una presunzione non condivisibile: che la sottostima del fabbisogno abbia inciso sulla determinazione dei tetti di spesa e sulla nota di credito, rendendo illegittimi i citati provvedimenti. Tali conclusioni, però, non possono essere condivise, perché eccessivamente generiche: se registrano sicuramente una problematica nell’azione della Regione Campania, che deve agire nella determinazione dei tetti di spesa possibilmente predeterminando in tempo il fabbisogno, non spiegano in termini puntuali quali sarebbero le ricadute sui provvedimenti impugnati e soprattutto sulla specifica posizione della ricorrente. Del resto, la ricorrente non tiene conto di alcune variabili capaci di alterare il ragionamento effettuato, rappresentate dalla non stretta interdipendenza tra fabbisogno e tetti di spesa, in quanto al di là del fabbisogno determinato le risorse assegnate alla Regione restano limitate e i tetti di spesa hanno proprio la funzione di fissare un limite all’erogazione di prestazione rimborsabili ” (TAR Campania n. 7584/2022).

Inammissibile per difetto di interesse è, infine, la censura proposta avverso la clausola di salvaguardia di cui all’art. 11 del contratto, tenuto conto che non è chiaro quale sarebbe l’utilità che parte ricorrente potrebbe trarre da un suo eventuale annullamento ai fini del presente giudizio.

In definitiva tutte le censure si appalesano infondate e il ricorso deve essere respinto.

In considerazione della complessità delle questioni trattate le spese del giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti.

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