TAR Bari, sez. II, sentenza 2017-12-19, n. 201701346

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2017-12-19, n. 201701346
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201701346
Data del deposito : 19 dicembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/12/2017

N. 01346/2017 REG.PROV.COLL.

N. 01555/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1555 del 2016, proposto da:
-O-, rappresentata e difesa dagli avvocati G W D T e F P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato V A P in Bari, via Pizzoli, 8;

contro

Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97;

per l'ottemperanza

al giudicato formatosi sulla sentenza del Tribunale di Bari, terza sezione civile, n. 4076/2015 del 28.9.2015, di accoglimento della domanda nel giudizio R.G. n. 11347/2008, che ha condannato il Ministero del lavoro, della salute delle politiche sociali a risarcire tutti i danni, da quantificare in separato giudizio, subiti dall’attrice a seguito della trasfusione, nonché al pagamento delle spese processuali, liquidate in euro 10.342,00, per onorari, oltre spese generali, Iva e CAP, ai sensi del D.M. n. 55/2014, oltre spese di c.t.u.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Salute;

Viste le memorie difensive;

Visto l'art. 114 del codice del processo amministrativo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2017 il consigliere G A e udita l’avv. Francesca Pizzutillo;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1. Con l’atto introduttivo del presente giudizio di ottemperanza la ricorrente ha richiesto l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza in epigrafe, con la conseguente condanna del Ministero della Salute al pagamento delle somme ivi liquidate.

L’Amministrazione statale intimata si è costituita chiedendo il rigetto della domanda.



2. In camera di consiglio, la medesima istante ha segnalato che l’originale dell’atto introduttivo del giudizio è stato depositato il 6 ottobre 2017, ma ha sostenuto che, ciò nonostante, il ricorso non possa reputarsi inammissibile.

Per decidere su tale questione preliminare, occorre premettere una breve ricostruzione dei fatti.

In data 29 dicembre 2016, l’interessata ha depositato una copia dalla stessa qualificata “conforme” all’originale del ricorso da cui risultava che esso era passato alla notifica il giorno 29 dicembre 2016.

La notifica al Ministero della Salute si è poi perfezionata il 20 gennaio 2017, come dimostrato dall’avviso di ricevimento depositato agli atti il 7 febbraio 2017.

Solo in data 6 ottobre 2017 infine veniva prodotto l’originale del ricorso che attestava la spedizione della raccomandata al Ministero della Salute il giorno 30 dicembre 2016 e l’avvenuta notifica “a mani” all'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari in pari data.

L’esame della fattispecie alla luce della disciplina di riferimento conduce in effetti alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso.

In origine, l’articolo 21, secondo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, prevedeva: “Il ricorso, con la prova delle avvenute notifiche deve essere depositato nella cancelleria del tribunale amministrativo regionale, entro trenta giorni dall'ultima notifica”.

Per il profilo che in questa sede rileva, la norma non ha subito sostanziali modifiche a seguito dell’articolo 1 della legge 21 luglio 2000, n. 205 (“Il ricorso, con la prova delle avvenute notifiche, e con copia del provvedimento impugnato, ove in possesso del ricorrente, deve essere depositato nella segreteria del tribunale amministrativo regionale, entro trenta giorni dall'ultima notifica”).

L’articolo 45 del codice del processo amministrativo, appunto dedicato al “Deposito del ricorso e degli altri atti processuali” contiene invece una serie di rilevanti novità.

Mentre il primo comma appare dettato per adeguarsi alla sentenza della Corte costituzionale n. 477/2002, che ha segnato la scissione del perfezionamento della notificazione a mezzo posta per il notificante e per il destinatario, i commi seguenti cristallizzano prassi che si erano diffuse per ovviare agli inconvenienti dovuti ai ritardi nella ricezione degli avvisi di ricevimento, evitando di appesantire l’ iter procedurale.

In particolare, in base al secondo comma, “È fatta salva la facoltà della parte di effettuare il deposito dell'atto, anche se non ancora pervenuto al destinatario, sin dal momento in cui la notificazione del ricorso si perfeziona per il notificante”. Una volta effettuata tale opzione, la parte “è tenuta a depositare la documentazione comprovante la data in cui la notificazione si è perfezionata anche per il destinatario. In assenza di tale prova le domande introdotte con l'atto non possono essere esaminate” (terzo comma).

Tali disposizioni s’inquadrano in un contesto in cui l’instaurarsi del rapporto processuale si realizza con il deposito.

Da ciò consegue, da un lato, che, in questa prospettiva, la legge ha sempre preteso la produzione dell’originale del ricorso entro trenta giorni dall’ultima notificazione (termine perentorio ai sensi dell’articolo 36 del regio decreto 26 giugno 1924 n. 1054), ammettendo però (espressamente, a partire dal decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104) una successiva integrazione del fascicolo con la (sola) prova dell’effettivo raggiungimento dello scopo della notificazione stessa prima della decisione;
dall’altro, che rimane estranea al processo amministrativo la possibilità di costituirsi attraverso “velina”, come consentito nei giudizi introdotti tramite atto di citazione ( ex multis , Cass. civ., Sez. unite, 18 maggio 2011, n. 10864).

È evidente perciò il mancato rispetto del dettato normativo nel caso concreto, da cui discende l’inammissibilità del ricorso.

Le peculiarità della vicenda giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

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