TAR Roma, sez. II, sentenza 2015-08-06, n. 201510708
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Testo completo
N. 10708/2015 REG.PROV.COLL.
N. 03978/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3978 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
SOC SPORTIVA DILETTANTISTICA OLIMPICA ROMA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. M D R, con domicilio eletto presso M D R in Roma, Via Savoia, 86;
contro
ROMA CAPITALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. A C, domiciliata in Roma, Via Tempio di Giove, 21;
per l'annullamento
- della determinazione di Roma Capitale n. 1153 in data 12.02.2013, notificata in data 18.02.2013, con la quale, da un lato, la ricorrente è stata diffidata al pagamento delle somme di euro 38.350,21 a titolo di oneri concessori nonché euro 583.632,86 a titolo di interessi, dall'altro è stato comunicato l'avvio del "procedimento di decadenza revoca della concessione convenzione, con conseguente attivazione delle procedure di immissione in possesso da parte dell'Amministrazione Capitolina anche attraverso lo sgombero forzoso";
- di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto e/o conseguente;
E, CON MOTIVI AGGIUNTI
per l’annullamento
- della determinazione dirigenziale di Roma Capitale n. EA/210/2013, in data 11.06.2013, notificata in data 19.11.2013, con la quale è stata disposta la decadenza revoca dalla concessione dell'impianto sportivo sito in Roma via degli Olimpionici n. 71, con intimazione al rilascio immediato dell'immobile;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 luglio 2015 il Consigliere Elena Stanizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Espone in fatto parte ricorrente che con delibera della Giunta Comunale n. 833 del 1997, in esito all’avviso pubblico approvato con delibera G.M. n. 3599 del 1995, è stata disposta la concessione a suo favore (all’epoca denominata Associazione Sportiva Cisco Roma) dell’impianto sportivo di proprietà comunale sito in Via degli Olimpionici, cui ha fatto seguito la sottoscrizione, in data 7 ottobre 1999, del disciplinare di concessione riferito anche all’effettuazione di lavori di ristrutturazione e adeguamento.
Illustra quindi in dettaglio parte ricorrente, nel loro sviluppo temporale, tutte le vicende che si sono susseguite, precisando di aver consegnato il progetto definitivo in data 10 agosto 2000 e il progetto esecutivo in data 8 giugno 2001, il quale ultimo è stato approvato, con un quadro economico del costo dell’intervento pari a € 4.055.063,36, con delibera di Giunta n. 794 del 21 dicembre 2001, con la quale è stata stabilita in 25 anni la durata della concessione decorrenti dalla data di agibilità dell’impianto.
Iniziati i relativi lavori in data 4 aprile 2002 e presentato un primo SAL in data 20 gennaio 2003, parte ricorrente – che nel frattempo ha cambiato denominazione in Cisco Roma s.r.l. – ottenuto un mutuo dall’Istituto per il Credito Sportivo di € 2.648.000,00, ha presentato una perizia di variante suppletiva al progetto esecutivo essendo intervenute modifiche alle N.T.A. del P.R.G. legittimanti un incremento dell’indice di fabbricabilità dell’area, e tali modifiche sono state approvate con delibera di Giunta n. 319 del 19 maggio 2004, con la quale è stata altresì disposta la proroga al 21 giugno 2005 per la fine lavori rispetto al termine inizialmente stabilito del 21 giugno 2004.
Sono stati successivamente presentati il SAL n. 2 e il SAL n. 3 rispettivamente in data 11 giugno 2004 e in data 24 settembre 2004.
Concesso ulteriore mutuo dall’ICS per € 2.765.670,00, il Comune di Roma ha rilasciato fidejussione solidale a garanzia dell’intero importo mutuato di € 5.413.670,00 con determinazioni dirigenziali n. 162 del 22 agosto 2003 e n. 272 del 28 ottobre 2004.
È seguita la presentazione di ulteriore variante con riduzione del quadro economico a € 5.698.609,09, approvata con delibera di Giunta n. 523 del 12 ottobre 2005, con proroga del termine di ultimazione lavori al 31 dicembre 2005.
Presentato, in data 31 dicembre 2005 il SAL n. 4, con determinazione dirigenziale n. 1450 del 17 maggio 2006 il termine di ultimazione lavori è stato prorogato al 14 settembre 2006.
Completati i lavori in data 14 settembre 2006, è stato richiesto alla ricorrente – che nel frattempo ha cambiato denominazione in Società Sportiva Dilettantistica Olimpica s.r.l. - il pagamento dei canoni a decorrere dalla data di ultimazione dei lavori pur non essendo l’impianto agibile e tali canoni sono stati corrisposti in data 17 luglio 2008.
E’ seguita la nomina da parte dell’Amministrazione, in data 4 novembre 2011, di un primo collaudatore e la nomina, in data 1 aprile 2010, di un secondo collaudatore, il quale ha redatto il certificato di collaudo statico e di collaudo tecnico-amministrativo rispettivamente in data 21 gennaio 2011 e 27 luglio 2011.
Non essendo state pagate le rate di mutuo scadute, l’I.C.S. ha proceduto, in data 30 luglio 2012, all’escussione delle somme insolute nei confronti dell’Amministrazione Comunale la quale, con determinazione n. 1153 del 12 marzo 2013, ha diffidato la ricorrente al versamento dei canoni di concessione scaduti oltre che della somma di € 583.632,86 versata in qualità di garante della fidejussione per il mutuo contratto con l’I.C.S., con avvertenza che, in difetto, sarebbe stato avviato il procedimento di decadenza revoca della concessione convenzione.
Avverso tale provvedimento deduce parte ricorrente i seguenti motivi di censura:
1 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del Regolamento del Comune di Roma per gli impianti sportivi di proprietà comunale e della Delibera della Giunta Comunale n. 794 del 21 dicembre 2001. Eccesso di potere per contraddittorietà, falsa rappresentazione dei fatti e carenza di istruttoria. Ingiustizia manifesta.
Denuncia innanzitutto parte ricorrente l’erronea applicazione della disciplina comunale concernente il versamento dei canoni concessori connessi alla gestione degli impianti sportivi, come dettata dal relativo Regolamento approvato con delibera di Giunta n. 170 del 2002, ai sensi del cui art. 8 il canone decorre dal mese successivo a quello previsto per la conclusione dei lavori.
Pur essendo tale termine, a seguito della concessione della richiesta proroga, stato stabilito nel 14 settembre 2006 – con ultimazione dei lavori in detta data – l’Amministrazione comunale avrebbe illegittimamente preteso sin dal 10 settembre 2004 il pagamento dei canoni concessori.
Rappresenta inoltre parte ricorrente – che ha provveduto al pagamento dei canoni richiesti in data 17 luglio 2008, per un importo di € 27.210,98 – la contraddittorietà della richiesta rispetto alla delibera di Giunta n. 794 del 21 dicembre 2001 di affidamento della gestione per 25 anni con onere di pagamento del canone mensile di concessione dal momento di inizio della gestione.
La gravata determinazione – nel chiedere il pagamento di € 33.686,29 per canoni di concessione scaduti, di € 4.663,92 per interessi di mora – oltre che affetta da carenza di istruttoria e da contraddittorietà, sarebbe anche erronea nella quantificazione delle somme dovute ed in contrasto con la volontà conciliativa in precedenza manifestata dall’Amministrazione, il cui atteggiamento sarebbe mutato solo a seguito dell’escussione da parte dell’ICS di € 583.632,86.
Contesta parte ricorrente anche la quantificazione di tale ammontare, essendo stata spesa una somma di € 4.859.122,06 compresa nel Quadro economico, risultando quindi creditrice dell’ICS per la somma di € 62.178,53, con riferimento alla quale ha inutilmente chiesto la compensazione.
Lamenta, inoltre, parte ricorrente i rallentamenti burocratici nello svolgimento dell’iter di completamento dei lavori nonchè l’eccessiva quantificazione degli interessi di preammortamento, non contestati dall’Amministrazione al momento dell’escussione della fideiussione.
2 – Violazione degli artt. 41 e 97 della Costituzione. Violazione dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e contraddittorietà. Illogicità ed ingiustizia manifeste.
Sostiene parte ricorrente come a fronte del grave danno discendente dal gravato provvedimento con riferimento alla preclusione all’esercizio della propria attività in concessione non via sia un preminente interesse pubblico o un danno per l’Amministrazione, rappresentando la lentezza che ha caratterizzato le varie fasi procedimentali, avuto particolare riguardo alla tardiva approvazione della variante presentata nel 2003, alla nomina del primo collaudatore in data 4 novembre 2007 a fronte della ultimazione dei lavori il 14 settembre 2006, alla nomina di un secondo collaudatore in data 1 aprile 2010, lla redazione del certificato di collaudo statico solo in data 21 gennaio 2011 e di quello tecnico-amministrativo in data 27 luglio 2011, alla trasmissione della documentazione necessaria per l’agibilità – ricevuta in data 6 ottobre 2011 - avvenuta solo in data 19 giugno 2012.
Sostiene, quindi, parte ricorrente come le ritardate approvazioni dei progetti, che a loro volta hanno comportato un ritardo nelle erogazioni dei SAL, nonchè il mancato ottenimento del certificato di agibilità, avrebbero determinato un grave danno in ragione dell’impossibilità di rendere produttivo l’impianto sportivo e di bilanciare conseguentemente i costi sostenuti, rappresentando come per effetto del mancato riconoscimento, da parte dell’Amministrazione di una serie di fatture relative a spese effettivamente sostenute ma non ricomprese nel Quadro economico approvato, è stata riconosciuta una somma parti a € 4.500.000,00, a fronte di una spesa approvata di € 5.700.000.
Evidenzia inoltre parte ricorrente i rischi imprenditoriali dell’iniziativa e la sua onerosità, che hanno suggerito di destinare parte delle risorse assegnate alla realizzazione di strutture e arredi di pregio che consentissero lo sfruttamento economico ottimale della concessione, lamentando l’atteggiamento non collaborativo dell’Amministrazione e la negligenza nello svolgimento degli adempimenti procedimentali, cui si affianca il rifiuto di accettare le proposte compensative avanzate dalla ricorrente, confluito nell’avvio del procedimento di decadenza.
Con ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 13 febbraio 2014, parte ricorrente impugnato la successiva determinazione dirigenziale datata 11 giugno 2013, con la quale è stata disposta la decadenza-revoca della concessione dell’impianto sportivo, articolando i seguenti motivi di censura:
1 – Illegittimità derivata. Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del Regolamento del Comune di Roma per gli impianti sportivi di proprietà comunale e della delibera della Giunta n 794 del 21 dicembre 2001. Eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti provvedimenti amministrativi, falsa rappresentazione dei fatti e carenza di istruttoria. Ingiustizia manifesta.
Nel denunciare l’illegittimità derivata del gravato provvedimento dai vizi articolati avverso la determinazione impugnata con il ricorso introduttivo del giudizio, ribadisce parte ricorrente l’erronea applicazione della disciplina concernente il versamento dei canoni concessori, da corrispondersi solo dal mese successivo a quello di ultimazione dei lavori, riproponendo quanto già esposto in ricorso con puntuale allegazione dei dettagli economici di interesse.
Lamenta, in particolare, parte ricorrente l’illegittimità del periodo di riferimento delle rate di preammortamento e dell’atteggiamento di Roma Capitale che non ha eccepito alcunché al riguardo, rappresentando di aver speso una somma maggiore di quella finanziata attingendo a risorse proprie a fronte di un impianto non ancora collaudato per ritardi imputabili all’Amministrazione.
2 – Violazione degli artt. 41 e 97 della Costituzione. Violazione dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità ed ingiustizia manifeste. Difetto di istruttoria. Sviamento di potere.
Rappresenta parte ricorrente che l’illegittimo protrarsi dell’iter burocratico, nell’impedire lo sfruttamento delle potenzialità produttive della struttura sportiva avrebbe comportato ingenti oneri economici cui è conseguita la difficoltà di far fronte ai debiti contratti ed agli interessi passivi sugli stessi, chiedendo l’accertamento dell’illegittimità dei dinieghi opposti dall’Amministrazione alla richiesta di finanziamento di talune opere.
Richiama, inoltre, parte ricorrente, la Memoria per la Giunta prot. n. 7069 del 2013, nella quale si afferma la necessità di individuare soluzioni negoziali a fronte delle difficoltà dei concessionari a far fronte ai propri obblighi economici, al fine di consentire la prosecuzione delle attività degli impianti sportivi, lamentando come a tale intento non sia stato dato alcun seguito.
Si è costituita in resistenza l’intimata Amministrazione Comunale eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse in quanto rivolto avverso un atto endoprocedimentale, giustificando l’adozione del provvedimento di decadenza-revoca impugnato con motivi aggiunti per essere la ricorrente inadempiente agli obblighi assunti con la stipula della convenzione di concessione e del contratto di mutuo, garantito da fidejussione comunale.
Con ordinanza n. 2962 del 2014 è stata accolta in parte la richiesta cautelare proposta in via incidentale da parte ricorrente ai fini del riesame della situazione anche al fine di giungere ad una soluzione transattiva.
Sia parte ricorrente che la resistente Amministrazione hanno successivamente depositato al fascicolo di causa pertinente documentazione inerente la vicenda contenziosa.
Alla pubblica udienza dell’1 luglio 2015 la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori delle parti presenti, trattenuta per la decisione, come da verbale.
DIRITTO
1 - Con il ricorso introduttivo del giudizio viene proposta azione impugnatoria avverso la determinazione dirigenziale recante la diffida alla società ricorrente – concessionaria dell’impianto sportivo di proprietà comunale sito in Via degli Olimpionici n. 7 – a corrispondere la somma di € 38.350,21 per canoni di concessione scaduti, oltre interessi, e la somma di € 583.632,86 per rate scadute del mutuo contratto con l’Istituto per il Credito Sportivo e versate da Roma Capitale quale garante della fidejussione, con contestuale avviso di avvio del procedimento di decadenza-revoca della concessione per il caso di non ottemperanza.
Con ricorso per motivi aggiunti è invece impugnata la successiva determinazione dirigenziale con la quale è stata disposta la decadenza-revoca dalla concessione dell'impianto sportivo, con intimazione al rilascio immediato dell'immobile.
2 – In via preliminare occorre procedere all’esame dell’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio – sollevata dalla resistente Amministrazione – per essere lo stesso rivolto avverso un atto che, recando l’avviso di avvio del procedimento di revoca-decadenza della concessione, avrebbe natura endoprocedimentale, con conseguente assenza di interesse alla sua impugnazione.
L’eccezione, così come formulata, è meritevole di accoglimento solo in parte, avendo la determinazione impugnata con il ricorso introduttivo un duplice contenuto, di diffida al pagamento di somme dovute a titolo di canoni concessori e di rate di mutuo scadute e di avviso di avvio del procedimento.
Ne consegue che, mentre con riferimento all’impugnazione dell’avviso di avvio del procedimento la stessa deve ritenersi inammissibile per difetto di interesse, non discendendo da tale avviso, avente natura di atto endoprocedimentale, alcun effetto lesivo dotato dei caratteri di attualità ed immediatezza, le doglianze proposte avverso la richiesta di corresponsione dei canoni concessori scaduti e delle rate di mutuo non onorate – censure riferite alla debenza dei canoni nonché a poste economiche relative alla mancata ammissione in sede di erogazione dei S.A.L. di voci di spesa sostenute e alla quantificazione degli interessi di preammortamento del mutuo - devono ritenersi inammissibili per difetto di giurisdizione del giudice adito, venendo in rilievo posizioni di debito e credito tra le parti aventi natura patrimoniale, afferenti quindi a posizioni di diritto soggettivo con riferimento alle quali l’Amministrazione non agisce in veste autoritativa ed è assente la mediazione di un’attività valutativa discrezionale orientata al perseguimento di finalità pubbliche e a tutela di interessi generali.
Al riguardo, viene in rilievo l’art. 133 del codice del processo amministrativo, che riflette gli ordinari criteri di riparto della giurisdizione, ai sensi del quale sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche”.
Deve pertanto essere declinata la giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento a tali capi di domanda che, alla luce del petitum sostanziale e della causa petendi, non ineriscono all’esercizio di un potere discrezionale da parte dell’Amministrazione ma investono posizioni di diritto soggettivo di tipo paritario tra concedente e concessionario, non essendo rivolti all'accertamento dell'esistenza o del contenuto della concessione, né alla verifica dell'azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio sottostante ovvero all'esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione delle indennità o canoni stessi.
Al difetto di giurisdizione così dichiarato si affianca l’indicazione, quale giudice competente a conoscere delle domande, del giudice ordinario, innanzi al quale il giudizio può essere riassunto ai sensi dell’art. 11, comma 2, c.p.a.
3 – Procedendo all’esame dell’ulteriore capo di domanda rivolto avverso la disposta decadenza- revoca della concessione, ne rileva il Collegio l’infondatezza.
La gravata determinazione ripercorre, in premessa, le vicende successive all’affidamento in concessione dell’impianto sportivo di proprietà comunale a favore della ricorrente, dando conto, in particolare, della stipula di due diversi contratti di mutuo a favore della ricorrente con l’Istituto di Credito Sportivo garantiti da fidejussione rilasciata dal Comune di Roma e dell’avvenuta escussione nei confronti di quest’ultima delle rate insolute comprensive di interessi di mora per la complessiva somma di € 583.632,86, nonchè del mancato pagamento da parte della ricorrente di alcune mensilità di canone di concessione, con posizione debitoria, al 31 luglio 2011, per la somma complessiva di € 38.350,21, successivamente parzialmente modificata.
Su tali presupposti è stata quindi disposta la decadenza-revoca della concessione dell’impianto sportivo ai sensi degli artt. 13 e 14 del Regolamento per gli impianti sportivi approvato con delibera consiliare n. 170 del 2002 e dell’art. 12 della Convenzione intercorrente tra il Comune di Roma, l’Istituto per il Credito Sportivo e il CONI.
Le norme poste a fondamento del gravato provvedimento pienamente danno conto della legittimità della disposta revoca-decadenza della concessione, stante la coincidenza tra i presupposti in astratto legittimanti tale misura, indicati nella richiamata disciplina, e gli inadempimenti contestati alla ricorrente.
Ed invero, ai sensi dell’art. 13 del Regolamento per gli impianti sportivi, è disposta la revoca della concessione nelle ipotesi di violazioni al Regolamento o al disciplinare di concessione, o in caso di mancato pagamento di tre rate consecutive del canone di concessione, mentre l’art. 14 del medesimo Regolamento prevede, alla lettera A, punto 1, la revoca della concessione per il caso in cui non venga sanata la morosità nel pagamento del canone per due mensilità a seguito dell’invito al relativo pagamento entro 30 giorni.
La Convenzione tra il Comune di Roma, l’Istituto per il Credito Sportivo e il CONI per la concessione di crediti agevolati, prevede, all’art. 14, che “In caso di grave inadempienza da parte del Concessionario rispetto agli obblighi rivenienti nella Convenzione-Concessione è in facoltà del Comune dichiarare la risoluzione anticipata della convenzione stipulata con il singolo Concessionario.
Analoghe previsioni sono peraltro contenute nel Disciplinare di concessione e nella convenzione di concessione, laddove si prevede la revoca della concessione in caso di mancato pagamento di tre rate consecutive del canone.
È dunque evidente la coincidenza tra la fattispecie astratta prevista dalla disciplina di riferimento e la fattispecie concreta, caratterizzata dal mancato pagamento dei canoni di concessione e dalla grave inadempienza nell’assolvimento delle obbligazioni contratte con la stipula dei mutui, da cui è conseguita l’escussione della garanzia prestata dall’Amministrazione Comunale.
Trattasi di presupposti che pienamente legittimano l’adozione del gravato provvedimento di revoca-decadenza della concessione, tenuto conto della obiettiva entità e rilevanza degli inadempimenti contestati, la cui gravità non può essere scalfita alla luce delle deduzioni di parte ricorrente.
Ed invero, l’impianto difensivo che sorregge la proposta azione impugnatoria è affidato a rilievi che – in disparte quelli che, per come dianzi illustrato, sfuggono dall’ambito di estensione della giurisdizione di questo Giudice in quanto riferiti ad aspetti meramente patrimoniali che attingono a posizioni di diritto soggettivo, ivi compresi quelli relativi alla decorrenza dei canoni - tendono ad offrire una giustificazione delle inadempienze contestate alla ricorrente e che sorreggono la gravata determinazione, imputandone la causa al comportamento dell’Amministrazione ed ai ritardi nello svolgimento dell’iter burocratico delle varie fasi procedimentali che si sono succedute nel tempo – ritardi relativi alla approvazione delle varianti e dei SAL, ai collaudi, alla trasmissione della documentazione volta ad ottenere la certificazione di agibilità – nonchè alle difficoltà economiche che tali lungaggini avrebbero causato con l’impedire l’avvio e lo sfruttamento economico dell’impianto e la remunerazione dei capitali investiti.
Il Collegio, nel prendere atto delle inefficienze mostrate dalla resistente Amministrazione nello svolgimento degli adempimenti di propria competenza connessi alla realizzazione dei lavori di ristrutturazione e potenziamento dell’impianto sportivo – come chiaramente emergenti dalla cronologia degli avvenimenti, che danno conto dei ritardi, anche rilevanti, maturati con riferimento alle singole fasi sopra indicate – non può tuttavia tributare a tali inefficienze efficacia esimente quanto alle inadempienze della ricorrente, causative di un grave danno economico per l’Amministrazione a seguito dell’escussione, in qualità di garante della fidejussione, delle rate insolute di mutuo per un rilevante importo, sostanzialmente pari all’intero importo mutuato.
Se i contestati ritardi, riconducibili a negligenza dell’Amministrazione, possono fondare una distinta azione di risarcimento del danno subito, non sono difatti idonei ad elidere l’obiettiva rilevanza degli inadempimenti della società ricorrente, che pienamente legittimano la revoca-decadenza della concessione, tenuto peraltro conto che neanche la predisposizione, da parte dell’Amministrazione Capitolina, di un Piano di Rientro del debito cui ha aderito, peraltro condizionatamente, parte ricorrente, ha consentito l’avvio di un procedimento di regolarizzazione o una transazione della situazione, quest’ultima sollecitata dalla Sezione con ordinanza n. 2962 del 2014.
La dedotta impossibilità, per la società ricorrente, di prestazione di garanzie fideiussorie bancarie ai fini della realizzazione del piano di rientro, seppur plausibilmente riconducibile a reali difficoltà, e la parimenti plausibile difficile situazione economica in cui versa la ricorrente, non consentono, nell’ambito del presente giudizio di legittimità, di prescindere dal rilievo obiettivo delle inadempienze contestate e poste a fondamento della gravata determinazione, essendo rimessa unicamente all’Amministrazione procedente la valutazione in ordine all’opportunità di proseguire nel rapporto concessorio al fine di valorizzare gli interventi già realizzati e preservare gli interessi del privato, nell’equo contemperamento con l’interesse pubblico, tenuto conto della situazione in cui versa la ricorrente e del comportamento procedimentale degli uffici amministrativi caratterizzato da inefficienze e ritardi, la cui valutazione sfugge al presente ambito di giudizio.
In conclusione, alla luce delle considerazioni sin qui illustrate, il ricorso ed i motivi aggiunti proposti vanno in parte dichiarati inammissibili per carenza di interesse da un lato e per difetto di giurisdizione dall’altro, mentre va rigettata la residua azione impugnatoria in quanto infondata.
Le spese di giudizio, tenuto conto delle peculiarità della presente vicenda contenziosa e del comportamento procedimentale dell’Amministrazione, possono essere equamente compensate tra le parti.