TAR Venezia, sez. I, sentenza 2009-11-06, n. 200902741

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza 2009-11-06, n. 200902741
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 200902741
Data del deposito : 6 novembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00931/2009 REG.RIC.

N. 02741/2009 REG.SEN.

N. 00931/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 931 del 2009, proposto da:
Impresa Costruzioni di E. Mantovani Spa, in proprio nonché quale capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento con Impresa Intercantieri Vittadello s.p.a. e Guerrato S.p.A., rappresentati e difesi dall'avv. A B, con domicilio eletto presso il medesimo in Venezia, S. Croce, 466/G;

contro

U.L.S.S. N. 17 Este, rappresentato e difeso dagli avv. F S, G R, S S, con domicilio eletto presso il terzo in Venezia-Mestre, via G. Carducci, 45;

nei confronti di

Astaldi Spa;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

della deliberazione n.338 in data 1.4.2009 con la quale il Direttore dell'ULSS n.17 ha escluso la ricorrente dalla procedura di gara indetta per l'affidamento del contratto di concessione di costruzione e gestione del Nuovo Polo Ospedaliero Unico;
del verbale delle operazioni di gara svoltesi in data 17.3.2009, della comunicazione n. 10 in data 11.3.2009 e della comunicazione n. 11 in data 12.3.2009 e, in particolare rispettivamente delle risposte ai quesiti nn.5 e 6 ed al quesito 8;
e, ove occorrer possa, del bando e del disciplinare di gara in partibus quibus;


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di U.L.S.S. N. 17 Este;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2009 il dott. Vincenzo Antonio Borea e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

I) In fatto va ricordato che l’A.t.i. ricorrente contesta la propria esclusione da una gara indetta dalla Azienda ULSS n. 17 per l’affidamento di una concessione di costruzione e gestione relativa alla realizzazione del nuovo polo ospedaliero unico per acuti, esclusione disposta in via definitiva con deliberazione del 1 aprile 2009.

A tale esclusione l’Amministrazione si è indotta per due distinte ragioni:

1) in primo luogo, perché, in quanto in possesso di attestazioni S.O.A. di sola costruzione, la ricorrente ha violato le regole di gara in quanto, invece di unirsi in associazione con progettisti qualificati ai sensi dell’art. 90 del D.Lvo n. 163/06, ovvero di ricorrere allo stesso fine all’istituto dell’avvalimento di cui all’art. 49 del suddetto D.Lvo, così come previsto a pena di esclusione, si è limitata ad “indicare” un raggruppamento temporaneo di progettisti ai sensi dell’art. 53, comma 3;

2) in secondo luogo perché l’impresa mandataria ha omesso di dichiarare di trovarsi in situazione di controllo diretto come controllante ex art. 2359 c.c. di una delle società di progettazione del sopra accennato raggruppamento di progettisti.

Il Collegio ritiene, a conferma di quanto già manifestato in sede cautelare con ordinanza n. 507 del 20 maggio c.a. (ordinanza prontamente eseguita dalla P.A. che ha riammesso in gara la ricorrente con riserva, in attesa della pronuncia di merito) che il ricorso sia fondato e meriti perciò di essere accolto.

II) Quanto alla prima delle due ragioni si esclusione, occorre partire dalla lettura delle disposizioni in proposito contenute nel bando e nel disciplinare;
recita il bando al punto III.1.3: “i concorrenti in possesso di attestazione S.O.A. di sola costruzione dovranno o avvalersi di progettisti qualificati da indicare nell’offerta ai sensi dell’art. 53, comma 3 del D.L.vo n. 163/06, o, ai sensi dell’art. 3, comma 8 del DPR n. 34/00, partecipare alla gara in associazione temporanea con uno o più soggetti di cui all’art. 90, comma 1, lettere d), e), f), f.bis, g), h) del D.L.vo n. 163/06, i quali dovranno necessariamente ricoprire nella associazione temporanea il ruolo di mandante/i”. Identica formulazione si legge nel punto 5.2 del disciplinare.

Ciò premesso, si sostiene nell’atto impugnato che, come da chiarimenti forniti a seguito di specifica richiesta, con comunicazione n. 10 dell’11 marzo, e cioè pochi giorni prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande di partecipazione (16 marzo) l’espressione “avvalersi di progettisti qualificati” contenuta nell’art. 53 del codice appalti …”deve essere letta in relazione all’art. 49 del codice stesso e agli artt. 47 e 48 della direttiva 2004/18”, e cioè, in sostanza, non già come un mero richiamo generico al ricorso all’opera o alla attività di altro soggetto (da indicarsi ex art. 53. comma 3), bensì come specifico riferimento all’istituto dell’avvalimento così come consacrato dal legislatore comunitario prima e da quello nazionale poi con il suddetto art. 49 del codice: con conseguente assorbimento totale (non si parla di abrogazione, implicita o meno) della suddetta generica indicazione ex art. 53, comma 3.

Come giustamente osserva la ricorrente, la tesi non può essere seguita. A ciò si oppone il fatto che gli estensori del codice del 2006, dopo avere recepito con l’art. 49, l’istituto dell’avvalimento di provenienza comunitaria come specifico strumento di collaborazione tra imprese allo scopo di consentire una ulteriore facilitazione nell’accesso alle pubbliche gare, hanno comunque mantenuto, con la disposizione contenuta nel successivo art. 53, la previsione della sufficienza, sempre nella logica delle agevolazioni concesse alle imprese per consentire la massima partecipazione alle gare, della semplice indicazione di progettisti qualificati alla cui opera ricorrere, in caso di carenza dei partecipanti dei necessari requisiti, mediante contratto di lavoro autonomo ex art. 2222 c .c., salva naturalmente in alternativa la facoltà di associarsi in raggruppamento temporaneo con i suddetti progettisti qualificati.

Se fosse vera la tesi dell’Amministrazione non si spiegherebbe in alcun modo il mantenimento del codice di una disposizione (per di più con inserimento, sul piano logico-temporale, in posizione successiva a quella, innovativa, che prevede l’avvalimento) la cui origine storica si ritrova nell’art. 19, comma 1 ter della L. n. 109/94, e che, se dovesse risolversi ora come vorrebbe l’Amministrazione resistente, in un semplice richiamo di natura meramente terminologica (avvalersi…avvalimento) all’istituto dell’avvalimento disciplinato nel precedente art. 49 sarebbe totalmente inutile: se ne deve necessariamente dedurre, in applicazione dei generale principio che impone nell’interpretazione della legge la ricerca della reale intenzione del legislatore, oltre che per evidenti ragioni di economia giuridica (in base alle quali si non si può ammettere che una disposizione di legge possa essere letta come priva di qualunque significato, una volta escluso, come nel caso in esame, che essa possa essere ritenuta implicitamente abrogata da una norma successiva con essa incompatibile) che il legislatore del 2006 ha inteso recepire l’istituto dell’avvalimento (inteso il termine in senso specifico) per affiancare, e non già per assorbire ovvero abrogare, la previsione secondo la quale gli operatori economici possono “avvalersi” (inteso il termine in senso generico) di progettisti qualificati mediante semplice indicazione nel modo che si è visto: affiancamento che ben risponde alla sopra richiamata ratio di origine comunitaria mirante ad agevolare la partecipazione alle gare lasciando libere le imprese di scegliere le varie modalità possibili di alleanze con altre imprese onde disporre dei requisiti necessari e richiesti dai bandi.

Singolare appare quindi l’equivoco nel quale l’Amministrazione è caduta invocando nell’atto impugnato, a sostegno della propria tesi, di natura sostanzialmente restrittiva della libertà di scelta che deve invece essere consentita agli operatori economici, una pronuncia del TAR Lazio , III Sez., n. 10565 del 21 novembre 2008, la quale, al contrario, come giustamente si rileva da parte ricorrente, si ispira ad una logica di favor partecipationis: vero è infatti che in detta pronuncia si dice che la disposizione di cui all’art. 53 va letta in relazione all’istituto dell’avvalimento, ma questo non già perchè detta disposizione debba essere intesa come inautonoma e priva di contenuto proprio, bensì soltanto per significare, in un caso in cui la lex specialis consentiva, in alternativa al possesso in proprio della qualificazione per le prestazioni di progettazione, soltanto la possibilità di una associazione con i soggetti di cui all’art. 90 del codice, la piena legittimità della ammissione alla gara di una partecipante che aveva fatto ricorso all’avvalimento ex art. 49: il tutto in applicazione del principio della etero-integrazione del bando con le disposizioni di legge sovraordinate nella logica dell’ampliamento, e non già del restringimento delle possibilità di partecipazione alle gare. In modo del tutto analogo, quindi, nella fattispecie in esame, deve ritenersi che legittimamente la ricorrente si sia avvalsa (inteso il termine in senso generico…) della “indicazione” di cui all’art. 53 del codice, disposizione tuttora operante e quindi da ritenersi parte integrante della lex specialis di gara, anche ad ammettere, come si vorrebbe, che questa non sia da intendere come ivi espressamente prevista (di ciò più oltre).

Del resto la giurisprudenza, come pure alcune autorevoli pronunce dell’Autorità di vigilanza sui contratti, opportunamente l’una e le altre richiamate dalla ricorrente, danno per pacifica la piena vigenza della disposizione che prevede la possibilità “di avvalersi di progettisti qualificati, da indicare nell’offerta”, così come recita il più volte ricordato art. 53 del codice degli appalti, da ciò traendo determinate conseguenze (cfr. Tar Basilicata, n. 277/07;
Autorità di vigilanza sui contratti, parere n. 54/07;
determinazione n. 5/09). Particolarmente significativo, nella logica del favor partecipationis che si è richiamata, è il parere n. 54/07, ove afferma che “la citata norma consente all’impresa priva di qualificazione per la progettazione la più ampia libertà nella individuazione della forma di collaborazione professionale che intende effettuare con il progettista…”, giungendo a dire che “una clausola di bando che impone la costituzione di una associazione temporanea con i soggetti di cui all’art. 90 del D.Lvo n. 163/06 è da considerarsi come non apposta”.

Né la difesa di controparte può valorizzare, a sostegno della ritenuta necessità di considerare la disposizione di cui all’art. 53 del codice come assorbita (di abrogazione implicita per incompatibilità neppure si parla, né si potrebbe come si è detto, vista la contestualità) dall’istituto dell’avvalimento di cui al precedente art. 49, la minor tutela che verrebbe assicurata alla amministrazione, in forza del diverso regime di responsabilità previsto nell’un caso e nell’altro.

E’ vero in fatto che in base alla disposizione di cui all’art. 53 il progettista “indicato” non risponde direttamente all’Amministrazione appaltante, in quanto non assume la qualità di concorrente;
ed è vero anche che invece in base all’art. 49, comma 4, l’impresa ausiliaria è responsabile in solido, insieme al concorrente.

L’argomento è comunque debole, per due ragioni: in primo luogo perché il principio di libertà di scelta delle forme di collaborazione tra imprese cui si ispira l’art. 53 è di provenienza direttamente comunitaria, e non può quindi ragionevolmente essere contestato in questa sua concreta applicazione, mentre semmai sono proprio le strette maglie in cui viene racchiuso dal codice l’istituto dell’avvalimento a destare qualche sospetto di contrasto con il suddetto principio. In secondo luogo poi, anche nell’associazione di imprese di sola costruzione con società di progettisti, modalità espressamente prevista nella lex specialis, in quanto necessariamente di tipo verticale, trattandosi di imprese di costruzione che si associano a imprese e società di progettisti, questi ultimi sono responsabili soltanto delle prestazioni di rispettiva competenza, ferma restando la responsabilità solidale del mandatario (art. 37 comma 5 del codice).

Consapevole presumibilmente della fragilità delle argomentazioni svolte a sostegno della sostanziale inesistenza della disposizione di cui all’art. 53 del codice, intesa nella sua autonomia rispetto alla disposizione di cui all’art. 49, la difesa della controparte sia nella memoria conclusiva che, più ancora, nel corso della discussione in pubblica udienza, si è a lungo soffermata sull’asserito valore vincolante che assumerebbe la comunicazione alla quale si è in precedenza nella sintesi in fatto accennato, comunicazione, si ricorda, risalente a pochi giorni prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande, fatta propria nei suoi contenuti nell’atto impugnato e consistente nel ritenere in sostanza, come si è detto, che in base alla lex specialis si debba ritenere l’inesistenza o inefficacia o inapplicabilità che dir si voglia dell’art. 53 e quindi la necessità di far ricorso esclusivamente (salva l’associazione con i soggetti di cui all’art. 90 del codice) all’istituto dell’avvalimento di cui all’art. 49.

Sostiene in sostanza la P.A., se ben si è capito il faticoso percorso argomentativo seguito, che pur dovendosi escludere che il suddetto chiarimento sia una integrazione, ovvero una interpretazione novativa, ovvero ancora, più semplicemente, un nuovo provvedimento di modifica del bando a gara in corso (che in quanto tale, si ammette, sarebbe illegittimo per una evidente pluralità di motivi), resterebbe comunque il fatto che il chiarimento in questione, in quanto interpretazione “autentica” sarebbe comunque vincolante per i partecipanti alla gara, in quanto, si dice, “fedele al testo della lex specialis e rispettoso del dato letterale di riferimento”.

E se così non fosse, si conclude, se cioè il chiarimento fosse da intendere come novativo, sarebbe stato necessario impugnarlo.

A prescindere dal fatto che nella epigrafe del ricorso risultano esplicitamente (e prudenzialmente) ad ogni buon conto oggetto di impugnazione sia la lex specialis ove intesa nel senso che vorrebbe la P.A, e sia il suddetto chiarimento “interpretativo”, appare evidente la contraddittorietà in cui si dibatte la difesa dell’Amministrazione.

Deve escludersi in primo luogo che una pubblica amministrazione abbia il potere di interpretare in via autentica (usata l’espressione in senso proprio e cioè in modo vincolante in via retroattiva), potere da ritenersi proprio solo del legislatore, stante il principio di irretroattività degli atti amministrativi, e, per contro, non potendosi in ogni caso condizionare in alcun modo l’interpretazione che degli atti amministrativi, ai sensi dell’art. 1362 del c.c. è tenuto liberamente a fare il giudice (cfr. Tar Friuli Venezia Giulia, n.122/88;
Tar Lombardia, Milano Sez. IV.5165/08).

A tanto in effetti neppure si spinge la difesa della P.A. ove definisce come “autentica” la lettura della lex specialis fornita nel chiarimento in quanto fedele al testo della lex specialis.

Ma sta qui la contraddittorietà, perché se l’interpretazione fornita è fedele al testo ciò che vincola semmai è il testo, non già l’interpretazione fornitane: e sulla vincolatività o meno del testo della lex specialis, ovviamente, considerato in se stesso, nell’uno o nell’altro senso, l’ultima parola non può che spettare, comunque, al giudice.

E poiché il testo della lex specialis appare chiarissimo (e qui si scioglie la riserva fatta poc’anzi) nel contemplare la possibilità “di avvalersi di progettisti qualificati da indicare ai sensi dell’art. art. 53, comma 3 del D.L.vo n. 163/06”, l’unico ragionevole dubbio possibile da chiarire riguarda semmai l’ammissibilità o meno “anche” dello strumento dell’avvalimento ex art. 49.

Dubbio peraltro anche questo che non ha ragion d’essere, dato che sia il bando che il disciplinare, sia pur in via residuale e in paragrafi lontani e ben distinti da quelli sin qui oggetto d’esame nel modo che si è visto, espressamente consentono (e neppure ve ne sarebbe stato bisogno, posti i principi affermati dal Tar Lazio nella ricordata sent. n.10565/08) il ricorso all’istituto dell’avvalimento di cui all’art. 49. Ciò che oltre tutto dimostra, ove anche occorresse, la piena consapevolezza da parte dell’estensore della lex specialis, contrariamente all’interpretazione che ex post se ne fornisce, che il richiamo alla previsione dell’art. 53, comma 3 non aveva nulla a che fare con l’avvalimento ex art. 49, dato che altrimenti ragionando non vi sarebbe stata alcuna necessità di prevedere in via del tutto autonoma e distinta l’utilizzabilità dell’avvalimento inteso questo in senso proprio così come codificato dall’art. 49.


III) Ugualmente priva di pregio è anche la seconda ragione posta a base della disposta esclusione, consistente, come si è detto in premessa, nel fatto che l’impresa mandataria dell’associazione ricorrente aveva omesso di dichiarare di trovarsi in situazione di controllo diretto come controllante ex art. 2359 c.c. di una delle società di progettazione del sopra accennato raggruppamento di progettisti.

Anche qui è agevole osservare come giustamente si denunci il fatto che nessun onere di dichiarazione poteva nella specie porsi a carico della ricorrente, dato che sia la disposizione di cui all’art. 34, comma 2, del codice, che la lex specialis (cfr. il disciplinare, punto 4.2, lett. b)), riferiscono il divieto di partecipazione nel caso di controllo tra concorrenti distintamente partecipanti alla gara, e ne è ovviamente chiara la ratio, che è quella di prevenire accordi tra società scapito del leale gioco della concorrenza: il che nella specie ovviamente non accade, dato che le due società oggetto dell’attenzione della P.A. non sono concorrenti bensì alleati in quanto fanno parte della stessa squadra e congiuntamente mirano alla aggiudicazione.

In definitiva, il ricorso deve essere accolto.

Ritiene il Collegio che in considerazione della delicatezza delle questioni poste sussistano valide ragioni per compensare integralmente fra le parti le spese di giudizio.



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