TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2014-09-02, n. 201409293
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N. 09293/2014 REG.PROV.COLL.
N. 07235/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7235 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
A K, rappresentato e difeso dall’avv. E P, con domicilio eletto, in assenza di elezione in Roma Capitale, presso l’Ufficio di segreteria del Tribunale amministrativo regionale del Lazio in Roma, Via Flaminia, n. 189;
contro
il MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
per l'annullamento
- del decreto di rigetto dell’istanza di rilascio della cittadinanza italiana adottata dal Ministero dell’interno in data 14 maggio 2010;
- di ogni altro atto a questo presupposto, conseguente o comunque connesso.
Visto il ricorso originario con i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata nonché i documenti prodotti;
Vista l’ordinanza presidenziale 9 gennaio 2013 n. 286 e il conseguente adempimento istruttorio svolto dall’Amministrazione;
Visto il ricorso per motivi aggiunti prodotto dal difensore della parte ricorrente;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2014 il dott. S T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - Il ricorrente, cittadino del Marocco, residente a Grosseto e da molti anni in Italia insieme alla moglie ed ai tre figli, inoltrava istanza diretta ad ottenere la cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 9 comma 1 lett. f) della legge 5 febbraio 1992 n. 91 (straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica).
Riferisce il ricorrente che la integrazione nel tessuto sociale italiano è dimostrata da numerose circostanze che il Collegio trae dalla lettura dei documenti dal medesimo ricorrente allegati alla istanza di rilascio della cittadinanza italiana: egli non ha mai riportato condanne penali, gestisce con il fratello un’impresa familiare, i tre figli frequentano regolarmente le scuole del territorio nel quale vivono, inoltre egli svolge come volontario l’attività di insegnante di norme comportamentali atte a favorire l’inserimento degli associati multirazziali nel tessuto sociale italiano, impartendo lezioni di lingua italiana presso l’Associazione culturale “Assiraje” di Grosseto, della quale è il Presidente.
Di tutto ciò il ricorrente allega documentazione probatoria attestante la veridicità di quanto dichiarato, al fine di dimostrare il pieno inserimento nel contesto sociale nel quale vive.
Il Ministero dell'interno, espletata l'istruttoria di rito, respingeva l'istanza sulla base di elementi ostativi legati al comportamento dello straniero a carico del quale “dall’attività informativa esperita sono emersi elementi attinenti la sicurezza della Repubblica tali da non rendere opportuna la concessione della cittadinanza allo straniero” (così, testualmente, nel provvedimento di reiezione dell’istanza).
Va precisato che l’amministrazione comunicava il preavviso di diniego al richiedente e che le osservazioni presentate dall’interessato non riuscivano a contrastare efficacemente le risultanze istruttorie.
Da quanto sopra è seguita la proposizione del ricorso dinanzi a questo Tribunale al fine di ottenere l’annullamento dell’atto di reiezione dell’istanza.
2. – Si è costituita in giudizio l’Avvocatura generale dello Stato contestando analiticamente le avverse prospettazioni e confermando la correttezza dell’operato degli Uffici, di talché veniva richiesta la reiezione del gravame.
Con ordinanza presidenziale 9 gennaio 2013 n. 286 il Tribunale disponeva a carico dell’Amministrazione l’onere istruttorio di produrre la documentazione sulla scorta della quale era stata assunta dagli Uffici la determinazione di rigetto della richiesta di cittadinanza qui impugnata, seppure con le opportune cautele in ragione della natura “riservata” di detta documentazione.
L’Amministrazione provvedeva a tale adempimento ed all’udienza del 2 luglio 2013, con le necessarie garanzie di tutela della segretezza, si consentiva al difensore del ricorrente di leggere il contenuto della nota della Questura.
3. - Il ricorrente proponeva ricorso per motivi aggiunti contestando la rilevanza delle informazioni conosciute a seguito della lettura della nota riservata depositata dall’Amministrazione resistente in adempimento all’invito istruttorio presidenziale ed in particolare rilevava che la contestata circostanza che il egli professi “la religione ultraortodossa ed ancorata al radicalismo islamico” (così nella nota secretata trasmessa dall’Amministrazione) non può in alcun modo costituire il fondamento per denegare il rilascio della cittadinanza, dovendosi invece tenere conto della sua completa integrazione nel tessuto sociale italiano e della lodevole attività svolta al servizio della integrazione di altri stranieri ai quali impartisce lezioni di lingua italiana.
All’udienza pubblica del 14 luglio 2014 la controversia è stata trattenuta in decisione.
4. - In punto di diritto il Collegio osserva che, in tutte le ipotesi di concessione della cittadinanza a sensi dell'art. 9 della legge n. 91 del 1992, l'Amministrazione gode di un ampio potere di valutazione discrezionale circa l'esistenza di una avvenuta integrazione dello straniero in Italia, tale da poterne affermare la compiuta appartenenza alla comunità nazionale (cfr., per tutte, Cons. Stato, Sez. IV, 17 luglio 2000 n. 3958).
Più in particolare va richiamato il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa in tema di concessione della cittadinanza, la quale non costituisce atto dovuto in presenza dei presupposti di legge, implicando una valutazione discrezionale dell'amministrazione circa la possibilità che lo straniero sia ammesso a far parte della comunità nazionale (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. III 16 novembre 2011 n. 6046 e T.A.R. Lazio, Sez. II-quater, 19 giugno 2012 n. 5665), rilevandosi che le circostanze ostative alla concessione debbono essere adeguatamente documentate nonché corroborate da specifica ed esaustiva motivazione (cfr., ancora, Cons. Stato, Sez. IV, 17 dicembre 2003 n. 8312 e T.A.R. Lazio, Sez. II-quater, 3 novembre 2011 n. 8419).
Nella specie il provvedimento di diniego di concessione della cittadinanza italiana risulta motivato con riferimento all'emersione - in seguito all'esperimento dell'attività informativa - di elementi ostativi di pericolo per la sicurezza della Repubblica ai sensi dell'art. 9 della legge n. 91 del 1992, trasmettendo previamente avviso ai sensi dell’art. 10-bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, rispetto al quale lo straniero faceva pervenire agli Uffici repliche che non venivano dagli stessi considerate utili a superare le negative risultanze istruttorie.
Per come si è sopra riferito, il ricorrente lamenta la carenza di motivazione del provvedimento e conseguentemente la violazione del suo diritto di difesa, in quanto non conoscendo i fatti concreti sulla base dei quali sarebbe stato reso il giudizio di pericolosità per la sicurezza della Repubblica, non sarebbe in grado di confutarli, ponendosi comunque le affermazioni ostative espresse nel provvedimento impugnato in aperta contraddizione con i numerosissimi elementi che egli stessi ha portato a conforto, anche nel corso del procedimento, per il sicuro accoglimento della istanza volta ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana.
Tenuto conto di ciò, il ricorso non si presta ad essere accolto in ragione del contenuto della documentazione formata nel corso dell’istruttoria procedimentale e depositata in giudizio dalla difesa erariale.
5. – Come si è sopra rilevato l'amministrazione ha motivato la propria determinazione con l'esistenza di elementi ostativi per la sicurezza della Repubblica ed in seguito al deposito documentale effettuato dalla difesa erariale, stimolato dall’ordinanza presidenziale 9 gennaio 2013 n. 286, detti elementi si sono confermati nella loro esistenza grazie alle espressioni contenute nella “riservata” ora agli atti del presente giudizio.
Dette informazioni, come è noto, vengono acquisite tramite i servizi informativi e dunque si tratta di notizie pervenute dagli organismi preposti ai servizi di sicurezza dello Stato. Si tratta, quindi, di notizie di fonte ufficiale, raccolte e vagliate da detti organismi pubblici nell'esercizio delle loro funzioni istituzionali, sulla cui attendibilità non è dato ragionevolmente dubitare, sia perché come detto provengono dagli organi specificamente preparati e adibiti alle indagini della specie sia perché alcun certo e sicuro elemento contrario è stato prodotto dalla parte in proposito.
Non può dunque essere ravvisato alcun vizio nell'operato degli Uffici istruttori né da parte del Ministero, atteso che quest’ultimo, nel respingere l’istanza per il rilascio della cittadinanza italiana, ha fondato il suo giudizio negativo su quelle indagini ed ha prestato fede alla loro provenienza istituzionale (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 28 novembre 2011 n. 6289) né sarebbe stata opportuna l'esternazione di maggiori dettagli.
Si può richiamare in proposito su questi temi la giurisprudenza consolidata del Consiglio di Stato (cfr.,tra le tante, Sez. VI, 3 ottobre 2007 n. 5103 e 19 luglio 2005 n. 3841) ad avviso della quale il provvedimento di diniego non deve necessariamente riportare le notizie che potrebbero in qualche modo compromettere l'attività preventiva o di controllo da parte degli organi a ciò preposti, essendo sufficiente l'indicazione delle ragioni del diniego senza dover indicare tutte le valutazioni interne che hanno condotto al giudizio sfavorevole dell'amministrazione.
6. – Può quindi affermarsi, quale principio di diritto, nei casi in cui il diniego di cittadinanza è fondato su ragioni inerenti la sicurezza della Repubblica, che il provvedimento di diniego è sufficientemente motivato, ai sensi dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, quando consente di comprendere l'iter logico seguito dall'amministrazione nell'adozione dell'atto, non essendo necessario che vengano espressamente indicate tutte le fonti ed i fatti accertati sulla base dei quali è stato reso il parere negativo.
Gli accertamenti sulla sicurezza pubblica sono, infatti, naturalmente riservati e quando non sono posti a base di misure limitative della libertà o di altri diritti costituzionalmente garantiti ma danno luogo alla formulazione di una valutazione riferibile al potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (e che può essere risollecitata dopo cinque anni dall'emanazione del diniego, ai sensi dell'art. 8, comma 1, della legge n. 91 del 1992), ben possono essere esternati con formule sintetiche che, piuttosto che configurarsi meramente apodittiche, hanno l’obiettivo di evitare il disvelamento di notizie che potrebbero compromettere indagini di polizia in corso (cfr., ancora in argomento, Cons. Stato, Sez. VI, 29 luglio 2008 n. 3783).
Né può ritenersi che in questo modo venga violato il diritto di difesa dell'interessato, come sostanzialmente sostiene il ricorrente nel gravame qui in scrutinio, in quanto l'esercizio dei diritti di difesa e garanzia di un processo equo restano soddisfatti dall'ostensione in giudizio delle informative stesse (talvolta accompagnate con le cautele previste per la tutela dei documenti classificati. Cfr., sul punto, Cons. Stato, Sez. VI 4 dicembre 2009 n. 7637 e 2 marzo 2009 n. 1173).
7. – Ancora sul merito della determinazione negativa qui impugnata, pare opportuno rammentare come sia principio consolidato in giurisprudenza, oltre alla già riferita circostanza che l'amministrazione gode di un' ampia sfera di discrezionalità circa la possibilità di concedere o meno la cittadinanza, anche la specificazione che la valutazione operata dagli Uffici nel corso dell’istruttoria che segue alla richiesta di rilascio della cittadinanza si estende non solo alla capacità dello straniero di ottimale inserimento nella comunità nazionale nei profili dell'apporto lavorativo e dell'integrazione economica e sociale, ma anche in ordine all'assenza di vulnus per le condizioni di sicurezza dello Stato.
Sotto tale ultimo aspetto ben possono assumere rilievo specifiche frequentazioni dello straniero e l'appartenenza a movimenti che, per posizioni estremistiche, possano incidere sulle condizioni di ordine e di sicurezza pubblica (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 3 ottobre 2007 n. 5103 nonché T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 30 ottobre 2012 n. 1749).
La valutazione sfavorevole all’accoglimento dell’istanza presentata dall’odierno ricorrente operata dal Ministero, quindi, non si configura viziata sotto il profilo del difetto di motivazione e non si discosta dai parametri di ragionevolezza, considerato che, in relazione al provvedimento di concessione della cittadinanza - che determina l'acquisizione in via definitiva di detto status - l'accertamento dell'assenza di pericolosità sociale si caratterizza per maggiore intensità e rigore (cfr. Cons. Stato sez. III, 28 novembre 2011 n. 6289).
8. – In ragione delle suesposte osservazioni i ricorsi (principale e per motivi aggiunti) vanno respinti.
Ad avviso del Collegio sussistono i presupposti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., per come richiamato espressamente, dall’art. 26, comma 1, c.p.a., per compensare integralmente le spese di giudizio tra le parti costituite.