TAR Venezia, sez. I, sentenza 2019-09-23, n. 201901016
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Pubblicato il 23/09/2019
N. 01016/2019 REG.PROV.COLL.
N. 01486/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1486 del 2018, proposto da
Plavisgas S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati M M e F Z, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F Z in Venezia Mestre, via Cavalloti n. 22;
contro
Comune di Pederobba, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati A L e M R, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M R in Venezia, viale Ancona 17;
nei confronti
Asco Holding S.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, non costituita in giudizio;
Bluenergy Group S.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, non costituita in giudizio;
Comune di Conegliano, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, non costituito in giudizio;
Ascopiave S.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, non costituita in giudizio;
per l'annullamento, previa sospensione o comunque previa adozione di idonee misure cautelari della
delibera del Consiglio Comunale di Pederobba n. 34 del 1 ottobre 2018, pubblicata dal 5 ottobre 2018 al 20 ottobre 2018 e dei relativi allegati avente ad oggetto “ misure di razionalizzazione delle partecipazioni societarie di cui alla deliberazione del consiglio comunale n. 32 del 29/09/2017. riapprovazione ricognizione a seguito sentenza tar con aggiornamenti/specificazioni a seguito della recente modifica statutaria di Ascoholding s.p.a. del 23/07/2018 ”, nonché di ogni altro atto ad esso comunque connesso per presupposizione e/o consequenzialità.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pederobba;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 luglio 2019 il dott. G G A D e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società ricorrente rappresenta che l’entrata in vigore del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (recante Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica ), e segnatamente della previsione di cui all’art. 24 (in base al quale, in sintesi, gli enti locali dovevano effettuare entro il 30 settembre 2017, “con provvedimento motivato”, la ricognizione delle partecipazioni detenute, individuando quelle da alienare;l’alienazione doveva avvenire – precisa il comma 4 dell’art. 24 – entro un anno dalla conclusione della ricognizione), ha posto i Comuni soci di Asco Holding S.p.a. di fronte alla necessità di verificare la compatibilità della partecipazione societaria con i principi introdotti con il suddetto decreto.
Asco Holding S.p.a., rappresenta l’esponente, è società partecipata (quanto meno fino al recesso di cui si dirà infra ) da 90 Comuni (il Comune di Pederobba è socio con una partecipazione del 2,2%), ciascuno con partecipazioni che vanno da un valore minimo dello 0,05% a quello massimo del 2,74%, nonché da due soci privati, Bluenergy Group S.p.a. e la stessa ricorrente Plavisgas S.r.l..
Dopo aver ricostruito – pagg. 3 e ss. del ricorso - l’ambito di attività di Asco Holding S.p.a. (che non ha dipendenti) e le partecipazioni detenute (Ascopiave S.p.a.;Asco Tlc S.p.a.;Bim Piave Servizi S.r.l.;Rieka Una Invest S.r.l. in liquidazione;Veneto Banca S.p.a., che la parte ricorrente procede ad esaminare singolarmente), la società ricorrente ha evidenziato che in vista della scadenza del 30 settembre 2017, Asco Holding S.p.a. aveva chiesto un parere legale relativo agli adempimenti che le Amministrazioni locali socie avrebbero dovuto porre in essere (iniziativa che viene definita dalla stessa esponente “quantomeno anomala”). Il parere, affermata l’assenza di qualsiasi controllo pubblico sulla compagine, stante l’assenza di patti tra i soci, individuava quale unica criticità per il mantenimento della partecipazione la mancanza di dipendenti in Asco Holding S.p.a., mentre quanto alla sussistenza del presupposto della “stretta necessità” delle partecipazioni ai fini dell’assolvimento delle “proprie finalità istituzionali”, si limitava ad affermare che vi sarebbero stati non meglio precisati profili suscettibili di essere “valorizzati positivamente” nell’ambito della discrezionalità che caratterizzerebbe la valutazione dell’Ente.
La questione - evidenzia l’esponente - era nel contempo oggetto di un atto di intervento notificato da Plavisgas S.r.l. a ciascuna delle Amministrazioni socie, nel quale si evidenziava come il mantenimento delle partecipazioni fosse non solo (e non tanto) precluso dalla mancanza di dipendenti in capo alla medesima, quanto dalla circostanza che la società espleta attività chiaramente non consentite dal Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.
Evidenzia la società ricorrente che oltre a fornire il suddetto parere legale, Asco Holding S.p.a. trasmetteva ai Comuni uno schema di deliberazione consigliare e un facsimile precompilato dell’allegato piano di ricognizione e razionalizzazione che gli stessi enti pubblici avrebbero dovuto assumere (intervento che l’esponente definisce inopinato, arbitrario e fors’anche illecito, con il quale pretendeva di risolvere la problematica della mancanza di dipendenti mediante la strumentale incorporazione della partecipata Asco TLC S.p.a.).
Le indicazioni fornite - argomenta l’esponente - venivano recepite dal Comune di Pederobba e da altri Comuni che costituivano la maggioranza dei soci di Asco Holding S.p.a., che deliberavano di mantenere la partecipazione incorporando Asco TLC S.p.a. (la società ricorrente riporta, a pag. 8 del ricorso introduttivo del giudizio, uno stralcio della deliberazione di Consiglio Comunale n. 32 del 29 settembre 2017).
Osserva la società ricorrente che molte delle delibere assunte dai Comuni soci venivano contestate da Plavisgas S.r.l. ed impugnate avanti al T.A.R. adito, il quale, con una serie di sentenze “gemelle” (T.A.R. Veneto, Sez. I, 11 aprile 2018, n. 376;Id., 16 aprile 2018, n. 401;Id., 17 aprile 2018, n. 408 e Id., 18 aprile 2018, n. 426;analoga sorte subiva la equivalente delibera del Comune di Pravisdomini avanti al T.A.R. Friuli Venezia Giulia, Sez. I., con sentenza 11 luglio 2018, n. 245) ne pronunciava l’annullamento.
Evidenzia l’esponente che alcune delle sentenze pronunciate dal T.A.R. Veneto sono state impugnate avanti al Consiglio di Stato mentre sono passate in giudicato le sentenze nei confronti dei Comuni di Maserada sul Piave e Casier.
Espone la società ricorrente che a seguito delle sentenze del T.A.R., Asco Holding S.p.a. si è fatta promotrice di alcune modifiche dello statuto che, a detta della stessa, avrebbero assicurato l’adeguamento al Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica. In particolare, l’assemblea straordinaria dei soci del 23 luglio 2018 ha modificato lo statuto della società (alle pagg. 9 e 10 del ricorso vengono riportate le modifiche) che, secondo la società ricorrente, nulla c’entrano con l’adeguamento al Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica e che nulla cambiano nella governance della società;argomenta la società ricorrente, dunque, che lo stato di fatto è rimesto identico e che lo scopo perseguito è quello di liberarsi dei soci dissenzienti, costringendoli a recedere da Asco Holding S.p.a., svilendo il valore delle loro partecipazioni.
Plavisgas S.r.l. rappresenta, tuttavia, di essere rimasta socia per parte delle proprie azioni e di mantenere inalterato il proprio interesse alla presente iniziativa, come già riconosciuto dal T.A.R. adito con le citate sentenze.
Successivamente alla modifica statutaria di cui si è detto, evidenzia la società ricorrente, il Comune di Pederobba, con delibera del Consiglio Comunale n. 34 del 1 ottobre 2018, ha provveduto a riapprovare, sostituendola, la delibera n. 32 del 29 settembre 2017 di revisione straordinaria delle proprie partecipazioni limitatamente alla partecipazione detenuta in Asco Holding S.p.a. (quanto deliberato è riportato nel ricorso introduttivo del giudizio alle pagg. 10 e 11).
La società ricorrente ha osservato che il provvedimento di razionalizzazione assunto dal Comune di Pederobba con la delibera impugnata è illegittimo e gravemente lesivo dei suoi diritti ed interessi, e che le modifiche allo statuto di Asco Holding S.p.a. deliberate in data 23 luglio 2018 non hanno mutato di alcunché la situazione precedente, già ritenuta illegittima dal Tribunale adito (come peraltro confermato dal parere dello stesso studio legale che ha assistito Asco Holding S.p.a.;ampi stralci di detto parere sono riportati nel ricorso introduttivo del giudizio alle pagg. 11 e ss.).
Con ricorso spedito per la notifica in data 18 dicembre 2018 e depositato in data 31 dicembre 2018 Plavisgas S.r.l. ha pertanto avversato il provvedimento in epigrafe e i suoi allegati.
1.1. Si è costituito in giudizio il Comune di Pederobba, deducendo la inammissibilità in rito e l’infondatezza nel merito del ricorso.
Non si sono costituiti in giudizio Asco Holding S.p.a., Bluenergy Group S.p.a., Comune di Conegliano e Ascopiave S.p.a..
1.2. Alla camera di consiglio del 9 gennaio 2019, presenti i difensori delle parti, come da verbale, il difensore della parte ricorrente ha chiesto il rinvio della causa al merito;il Presidente ha accolto la suddetta richiesta.
1.3. Con memoria conclusionale depositata in data 1 luglio 2019 il Comune resistente ha rappresentato l’intervenuta pronuncia della sentenza del Consiglio di Stato n. 578/2019 e l’emanazione da parte del Comune di Pederobba di una nuova delibera che tiene conto di tale sentenza, in sostituzione della precedente.
Ha argomentato la parte resistente che tale ultima delibera, che chiarisce e modifica tutti i punti censurati della delibera impugnata, non è stata impugnata: dunque, il Comune resistente ha, tra l’altro, eccepito l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso.
In sintesi, argomenta la parte resistente, nella nuova delibera: è imposta l’assunzione di personale in Asco Holding S.p.a. trasformando i contratti di service attuali, cosa che comporterà una presenza di personale superiore al numero dei consiglieri di amministrazione tenendo conto del bilancio macroscopico e delle numerose attività di Asco Holding S.p.a.;è rafforzata esattamente come da sentenza del Consiglio di Stato la presenza dei soci pubblici in Asco Holding S.p.a.;è confermata Asco Holding S.p.a. come holding pura, sicuramente legittima ex lege .
Inoltre, argomenta il Comune resistente, per quanto tutte le attività svolte siano già state considerate legittime dal Consiglio di Stato: il gruppo Ascopiave S.p.a., per quanto quotato in borsa da prima del 2015 e dunque totalmente estraneo a vincoli Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica o territoriali (come altri gruppi, per esempio ENI o Finmeccanica) dovrà concentrarsi sulle attività a rete, con particolare attenzione alle reti locali, e non sul trading, e infatti nell’energy il gruppo ha già ceduto il controllo del trading ad Hera in cambio di una cessione di impianti di distribuzione;nelle TLC è prevista nella nuova delibera la cessione del traffico e il mantenimento della sola rete, che è indubbiamente di interesse pubblico;su BIMPiave si conferma il ruolo di società strumentale ai Comuni espressamente legittimo ai sensi del TUSP.
1.4. Con memoria depositata in data 1 luglio 2019, la società ricorrente ha richiamato i fatti intervenuti successivamente alla notifica del ricorso introduttivo del giudizio: innanzitutto la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 23 gennaio 2019, n. 578 che ha confermato le sentenze del T.A.R. Veneto che avevano disposto l’annullamento delle delibere di revisione straordinaria di quei Comuni soci che intendevano procedere alla fusione tra Asco Holding S.p.a. e Asco TLC S.p.a. al fine di conformarsi al Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica e rendere detenibili le partecipazioni, ribadendo l’illegittimità delle stesse;in secondo luogo, l’adozione, tra aprile e maggio 2019, da parte di molti dei Comuni soci, tra cui il Comune di Pederobba, di ulteriori delibere di revisione straordinaria all’asserito scopo di ottemperare a quanto affermato dai T.A.R. e dal Consiglio di Stato.
Rappresenta la società ricorrente che i Comuni hanno deciso, sia pur con qualche differenza, di procedere a modificare nuovamente lo statuto della Asco Holding S.p.a. (con ciò riconoscendo l’inidoneità a soddisfare i requisiti del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica e delle sentenze dei due T.A.R. delle delibere adottate in precedenza a seguito delle modifiche statutarie introdotte a luglio 2018 per espellere i soci “ ribelli ”) per creare un nuovo organo sociale che dovrebbe coordinare l’attività dei Comuni e di stipulare patti parasociali o convenzioni tra di loro. Tali decisioni – che la società ricorrente definisce come meramente dilatorie – sono rimaste prive di qualsiasi attuazione, sicché ad oggi nulla è cambiato rispetto alla situazione del 2017;la società ricorrente argomenta, inoltre, nel senso che tali delibere sono oltre che parimenti illegittime, del tutto irrilevanti, in quanto tardive e intervenute quando oramai il rapporto sociale era cessato, essendo state infatti assunte dopo la scadenza di ogni termine previsto dal Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.
Le circostanze sopra indicate, argomenta l’esponente, non lasciano dubbio alcuno circa la fondatezza dell’azione proposta con il ricorso introduttivo del giudizio.
1.5. Con memoria conclusionale di replica depositata in data 5 luglio 2019 la parte resistente ha contrastato la tesi della società ricorrente secondo la quale la delibera del 2019 approvata dopo la sentenza del Consiglio di Stato n. 578/2019 sarebbe irrilevante in quanto tardiva, posto che la mancanza della delibera di revisione straordinaria nei tempi previsti (30 settembre 2018) determinerebbe la perdita irrimediabile dei diritti sociali.
Secondo il Comune resistente tale rilievo è inammissibile poiché estende l’oggetto dell’accertamento rispetto a petitum e causa petendi presenti in ricorso;per l’ipotesi in cui si ritenga tale rilievo ammissibile, il Comune ha chiesto il rinvio dell’udienza e ha richiamato l’attenzione sul bilancio di Asco Holding S.p.a. in particolare in utile negli ultimi tre anni, con la possibilità di applicare l’art. 24 comma 5 bis, Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, inserito dall'art. 1, comma 723, legge 30 dicembre 2018, n. 145. Per la parte resistente il Comune ha pieni poteri e pieni diritti sociali, ove la tesi della società ricorrente volesse sostenere che i diritti sociali si sono esauriti dopo il 30 settembre 2018;in ogni caso la vicenda, inerendo a diritti sociali, non rientra nella giurisdizione amministrativa.
In ogni caso, ha argomentato il Comune resistente, anche in assenza della c.d. legge di stabilità non vi è alcuna decadenza: il Comune aveva pieni poteri e doveri di adeguarsi alle decisioni del Giudice, senza alcun esaurimento del proprio potere (peraltro avendolo regolarmente esercitato senza inerzia nei tempi previsti;diversamente il Comune subirebbe una espropriazione dei propri poteri non per propria colpa, ma per colpa dei tempi giurisdizionali).
Inoltre, argomenta la parte resistente, anche se il Comune non avesse esercitato tempestivamente i propri poteri, il termine del 30 settembre 2018 non è un termine che comportava un esaurimento del potere. Le fattispecie di esaurimento del potere sono solo quelle definite come tali esplicitamente dalle legge e non è il caso del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica che non prevede una decadenza solo per inerzia e non certo perché il potere è stato esercitato regolarmente e poi annullato dal Giudice con l’amministrazione che deve adeguarsi al giudicato di annullamento. Ciò comporta che i Comuni subiranno la decadenza dei propri diritti sociali (oggi solo dopo il 2021) solo ove restino nell’errore e non correggano una eventuale delibera illegittima.
Inoltre, ha argomentato il Comune resistente, l’annullamento della delibera impugnata non avrebbe alcuna utilità per il ricorrente: a) tale delibera è stata sostituita da altra, non impugnata, in cui tutti i profili di contestazione altrui sono stati recepiti ed è stato recepito anche l’unico profilo contestato dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 578/2019;b) in ogni caso, anche se non si considerasse la nuova delibera 2019 mai impugnata, l’annullamento della delibera 2018 avrebbe l’effetto di far rivivere pienamente la delibera 2017, mai contestata, e variata dalla delibera 2018 solo nella parte inerente al ruolo di Asco Holding S.p.a. che diventa con la delibera 2018 qui impugnata holding pura anziché fondersi con Ascopiave S.p.a. come previsto nel 2017.
1.6. Con memoria di replica depositata in data 5 luglio 2019, la società ricorrente – in relazione alle ulteriori delibere adottate ma non impugnate – ha argomentato che il disegno complessivo dei Comuni è, da una parte, di continuare a mantenere la partecipazione senza adeguarsi alla normativa (in particolare, la società ricorrente lamenta la pretestuosità delle cangianti e sempre più fantasiose motivazioni volte a giustificare il mantenimento della partecipazione) e, dall’altra, di sottrarsi a qualsiasi sindacato giurisdizionale attraverso la continua riedizione della revisione straordinaria chiaramente strumentale a tale scopo e a cercare di costringere Plavisgas S.r.l. ad un continuo inseguimento, rendendo inutile e defatigante il ricorso giurisdizionale.
Inoltre, osserva la società ricorrente, le delibere successive non rilevano perché sono state assunte dopo il 30 settembre 2018, ovverosia, oltre quello che costituiva “ il termine ultimo della complessa fattispecie procedimentale indicata dall’art. 24 del decreto legislativo ” (l’esponente richiama le citt. sentenze T.A.R. Veneto).
Plavisgas S.r.l. espone, dunque, di aver interesse a veder accertata l’illegittimità delle delibere assunte prima di tale data al fine di far valere in sede civile le conseguenze del mancato rispetto di tale termine ed argomenta nel senso che le delibere successive rendono solamente evidente come la precedente qui impugnata fosse illegittima e inidonea a conformarsi al Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica e alle sentenze del T.A.R. che pur avevano chiaramente stabilito la non detenibilità di partecipazioni “pulviscolari”, già denunciata nell’atto di intervento di Plavisgas S.r.l. del 2017.
In tutte, argomenta la società ricorrente, viene riaffermato che ancora oggi Asco Holding S.p.a. non è e non può essere ritenuta (come peraltro riconosciuto anche dal Tribunale di Venezia) né una società a controllo pubblico né tantomeno una società sulla quale i Comuni soci sono in grado singolarmente di esercitare poteri idonei ad indirizzarne l’attività al soddisfacimento dei loro interessi istituzionali, come il T.A.R. adito ha già indicato.
1.7. All’udienza pubblica del 17 luglio 2019, presenti i difensori delle parti, come da verbale, il difensore della parte ricorrente ha eccepito la tardività della documentazione prodotta da controparte, evidenziandone comunque l’irrilevanza ai fini della decisione.
I difensori presenti, dopo la discussione, si sono riportati alle conclusioni già prese chiedendone l’accoglimento.
Il Collegio si è riservato di provvedere e ha trattenuto il ricorso in decisione.
2. In limine litis , il Collegio dichiara l’inutilizzabilità dei documenti tardivamente depositati in giudizio dalla società ricorrente in data 26 giugno 2019 (alle ore 17:41, come risulta dal sistema), nonché dei documenti parimenti tardivamente depositati in giudizio dal Comune resistente nelle date 26 giugno 2019 (alle ore 16:18, come risulta dal sistema) e 5 luglio 2019.
In merito al rispetto del termine orario (ore 12:00) del deposito effettuato nell’ultimo giorno utile e alla perentorietà dei termini fissati dall'art. 73, comma 1, cod. proc. amm. (termini da considerarsi, nella fattispecie in esame, dimezzati ex art. 119, comma 2, cod. proc. amm.), si rinvia alla giurisprudenza della Sezione (cfr., per tutte, T.A.R. Veneto, sez. I, 12 novembre 2018, n. 1039).
3. Il ricorso è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Va in primo luogo evidenziato che, secondo costante orientamento interpretativo, pienamente condiviso dal Collegio, alla declaratoria di improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse si perviene quando l'atto amministrativo impugnato ha cessato di produrre i suoi effetti per il mutamento della situazione di fatto o di diritto presente al momento della proposizione del ricorso che faccia venir meno l'effetto del provvedimento impugnato ovvero per l'intervenuta adozione di un nuovo provvedimento idoneo a ridefinire l'assetto degli interessi in gioco e, pur senza avere alcun effetto satisfattivo nei confronti del ricorrente, sia tale da rendere certa e definitiva l'inutilità della sentenza (cfr., ex multis , Cons. Stato, sez. VI, 25 gennaio 2019, n. 623).
Inoltre, costituisce ius receptum in giurisprudenza il principio in base al quale ove la Pubblica Amministrazione, sulla scorta di una rinnovata istruttoria e sulla base di una nuova motivazione, dimostri di voler confermare la volizione espressa in un precedente provvedimento, quello successivo ha valore di conferma, e non di atto meramente confermativo, con la conseguenza che deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso diretto avverso il provvedimento che, in pendenza del giudizio, sia stato sostituito dal provvedimento di conferma, per sua natura dotato di autonoma efficacia lesiva della sfera del suo destinatario, e come tale idoneo a rendere priva di ogni utilità la pronuncia sul ricorso proposto avverso il precedente provvedimento: e questo dal momento che l’atto di conferma si sostituisce appunto integralmente, pur avendo identico dispositivo, all'atto confermato, fissando in modo definitivo l'assetto degli interessi in argomento (cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 giugno 2013, n. 3091;T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 2 luglio 2018, n. 1641;T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 16 gennaio 2017, n. 115).
Deve inoltre evidenziarsi che la conferma in senso proprio, sebbene pervenga alle stesse conclusioni cui era giunto il precedente provvedimento e ne reiteri le statuizioni , è, comunque, un atto che si sostituisce al precedente, come fonte di disciplina del rapporto amministrativo. Il vecchio provvedimento è, quindi, assorbito dal nuovo, che, con efficacia ex tunc , viene ad operare in sostituzione di quello (Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., sez. giur., 26 aprile 2017, n. 194).
O, nel caso in esame appare indubbio che con la deliberazione n. 14 del 29 aprile 2019, avente ad oggetto “ Misure di razionalizzazione delle partecipazioni societarie a seguito della sentenza del Consiglio di Stato n. 578/2019 e modifiche alle precedenti delibere di razionalizzazione ”, a seguito di rinnovata istruttoria e sulla base di una nuova motivazione – sulle quali il Collegio non può pronunciarsi, attesa la mancata impugnazione della deliberazione in questione – ha confermato la volontà dell’Ente resistente di mantenere la partecipazione in Asco Holding S.p.a..
Con la detta deliberazione il Comune ha valutato “ indispensabile il mantenimento ed il potenziamento della Holding ” (cfr. pag. 6);inoltre, si legge nella stessa, “ il processo di rafforzamento dei poteri di influenza e di indirizzo degli enti territoriali sulla governance della società, già proficuamente avviato con la modifica statutaria del luglio 2018 ” deve “ essere incrementato a seguito della sentenza CDS mediante un’ulteriore modifica statutaria che veda la creazione di un organo speciale deputato ad esprimere la volontà del soci pubblici ” (cfr. pag. 6).
Ed ancora, in relazione alla necessità di una maggiore strutturazione della Asco Holding S.p.a., “ a seguito del rafforzamento della dominanza pubblica nella stessa e più in generale il ruolo di coordinamento di tale società, si rende necessaria l’assunzione di dipendenti anziché il ricorso a contratti di service, anche attraverso modifiche statutarie e convenzione tra i soci ” (cfr. pag. 10);si legge poi che “ per attuare le misure di razionalizzazione questo Comune comunicherà al Consiglio di Amministrazione di Asco Holding s.p.a. le succitate misure, chiedendogli di darvi attuazione […]” e che “ in ogni caso, il C.D.A. di Asco Holding s.p.a. deve predisporre ed adottare entro un anno dall’adozione della presente delibera, gli atti che consentano ai singoli soci pubblici di influire sulle decisioni strategiche della società e sulle decisioni attinenti alle modalità di accesso ai servizi e di erogazione di questi secondo quanto descritto sopra ” (cfr. pag. 10).
Infine, si evidenzia la volontà di confermare “ la partecipazione in Asco Holding s.p.a. e di approvare il prospettato processo di rafforzamento dei poteri di influenza e di indirizzo degli enti territoriali sulla governance della medesima società, già proficuamente avviato con la modifica statutaria del luglio 2018, avviando interlocuzioni con il Consiglio di Amministrazione di Asco Holding affinché sia implementato l’iter societario volto ad adottare un’ulteriore modifica statutaria che veda la creazione di un meccanismo statutario di preventiva consultazione tra soci pubblici mediante la convocazione di un’assemblea speciale composta dai rappresentanti dei soci pubblici prima della convocazione dell’assemblea generale degli azionisti, allo scopo di rappresentare un indirizzo unitario dei soci pubblici in assemblea generale, anche con la previsione che i soci dell’assemblea speciale devono delegare una sola persona (o un Collegio) per poter partecipare all’assembla ordinaria - nelle citata sentenza n. 578/2019, il Consiglio di Stato, Sez. V, ha ritenuto di indicare come norme di riferimento “le assemblee speciali di cui all’art. 2376 Cod. civ. (ovvero dell’assemblea degli obbligazionisti, di cui all’art. 2415 Cod. civ.)” ” nonché di “ di rafforzare la capacità operativa di Asco Holding s.p.a. e più in generale il ruolo di coordinamento di tale società, anche attraverso l’assunzione di dipendenti anziché il ricorso a contratti di service, anche attraverso modifiche statutarie e convenzione tra i soci ” (cfr. pagg. 11-12).
Detta deliberazione, come eccepito dall’Amministrazione resistente, non è stata impugnata.
Il Collegio ritiene opportuno evidenziare che l’elemento della volizione che la deliberazione in questione reca è chiaramente percepibile considerando il costante orientamento interpretativo – pienamente condiviso dal Collegio - secondo il quale il “ processo di razionalizzazione – nella sua formulazione straordinaria e periodica – rappresenta il punto di sintesi di una valutazione complessiva della convenienza dell’ente territoriale a mantenere in essere partecipazioni societarie rispetto ad altre soluzioni. Tutto ciò nell’ottica di una maggiore responsabilizzazione degli enti soci i quali sono tenuti a procedimentalizzare ogni decisione in materia, non soltanto in fase di acquisizione delle partecipazioni ma anche in sede di revisione, per verificare la permanenza delle ragioni del loro mantenimento ” (cfr. Corte dei Conti, Sezione delle autonomie, del. 21 luglio 2017, n. 19/SEZAUT/2017/INPR).
O, non coglie nel segno l’argomentazione difensiva sviluppata dalla parte ricorrente in base alla quale non rilevano le delibere assunte successivamente al 30 settembre 2018, ovverosia oltre quello che costituiva “ il termine ultimo della complessa fattispecie procedimentale indicata dall’art. 24 del decreto legislativo ” (la società ricorrente cita espressamente le sentenze della Sezione I del Tribunale adito).
Ed invero, l’art. 24, comma 5, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 stabilisce che in caso di mancata adozione dell'atto ricognitivo ovvero di mancata alienazione entro i termini previsti dal comma 4 , il socio pubblico non può esercitare i diritti sociali nei confronti della società e, salvo in ogni caso il potere di alienare la partecipazione, la medesima è liquidata in denaro in base ai criteri stabiliti all'art. 2437-ter, secondo comma, e seguendo il procedimento di cui all’art. 2437-quater del codice civile.
Dalla piana lettura della disposizione richiamata discende l’inconferenza della evocata previsione rispetto alla fattispecie che occupa.
Ed invero, la disposizione in questione non pone affatto uno “sbarramento temporale” per l’esercizio dei poteri pubblicistici, quali quelli di cui è espressione la deliberazione non avversata dalla parte ricorrente (deliberazione del Consiglio comunale n. 14 del 29 aprile 2019).
Appare evidente, infatti, che le conseguenze delineate dal legislatore con l’anzidetta disposizione sono tutte confinate nel “terreno societario”: si tratta, infatti, della impossibilità di esercitare i diritti sociali nei confronti della società e della liquidazione della partecipazione.
O, per diritti sociali sul piano contenutistico devono intendersi – secondo una tripartizione elaborata dalla dottrina giuscommercialistica – i diritti amministrativi , riguardanti in particolare le decisioni e la vita della società (ad es. diritto di intervento e di voto nelle assemblee), i diritti patrimoniali , legati ad aspetti economici (ad es. diritto agli utili) e i diritti misti amministrativi – patrimoniali , che riuniscono entrambi gli aspetti (es. diritto di recesso).
I diritti sociali nulla hanno a che vedere, dunque, con le potestà pubblicistiche dell’ente, trattandosi dei diritti spettanti all’ente pubblico uti socius .
Lo dimostra un ulteriore profilo – squisitamente letterale - della disposizione in esame: la stessa recita, invero, che il “ socio pubblico ” non può esercitare i diritti sociali nei confronti della società, riferendo dunque sul piano soggettivo la preclusione all’esercizio dei diritti sociali al “socio”. O, è noto che per costante giurisprudenza la posizione dell'ente pubblico all'interno della società di capitali, con partecipazione in tutto o in parte pubblica, è unicamente quella di socio in base al capitale conferito, senza che gli sia consentito influire sul funzionamento della società avvalendosi di poteri pubblicistici (arg. ex Cass. civ., sez. I, 22 febbraio 2019, n. 5346).
Quanto alla liquidazione della partecipazione essa si rapporta, in definitiva, all’esigenza di determinazione del valore della partecipazione al capitale sociale e di definizione della perdita dello status socii .
Anche tali aspetti nulla hanno a che vedere con le potestà pubblicistiche dell’ente.
Peraltro, e in via tranchant , nessuno dei fatti generatori di tali conseguenze (impossibilità di esercitare i diritti sociali nei confronti della società e liquidazione della partecipazione) è ravvisabile nel caso che occupa:
- non il primo, perché il legislatore ha inteso stigmatizzare, “sanzionandola”, la mancata adozione dell'atto ricognitivo ( id est , il contegno inerte ed omissivo serbato dall’ente), fattispecie che non è ravvisabile nel caso in esame: ed invero, la deliberazione n. 32 è stata adottata dal Consiglio comunale del Comune di Pederobba il 29 settembre 2017;
- non il secondo, in quanto la mancata alienazione entro i termini previsti dal comma 4 riguarda l’ipotesi di ricognizione che abbia individuato – ai sensi del comma 1 dell’art. 24, che infatti il comma 4 richiama – le partecipazioni che, appunto, devono essere alienate (recita, infatti, il comma 1: <<[…] A tal fine, entro il 30 settembre 2017, ciascuna amministrazione pubblica effettua con provvedimento motivato la ricognizione di tutte le partecipazioni possedute alla data di entrata in vigore del presente decreto, individuando quelle che devono essere alienate […]>>).
E tuttavia, la cit. deliberazione n. 32 del 29 settembre 2017 disponeva di confermare la partecipazione in Asco Holding S.p.a. (ritenendo “ strategico […] mantenere la quota di partecipazione in Asco Holding spa ”), prevedendo delle misure di razionalizzazione (fusione della società Asco TLC S.p.a. e in ultima istanza, di avviare un processo di quotazione, entro i termini di legge, attraverso la fusione con la società Ascopiave S.p.a. già quotata nel mercato regolamentato di Borsa Italiana).
Non è condivisibile, dunque, quanto osservato dalla società ricorrente nel senso che la deliberazione in questione è stata adottata quando ormai il rapporto sociale era cessato (cfr. pag. 3 della memoria depositata in data 1 luglio 2019), posto che non si è verificato alcun fatto idoneo a determinarne la cessazione.
E’ inconferente, invece, il richiamo operato dalla società ricorrente alle citate sentenze del T.A.R. Veneto sul termine del 30 settembre 2018, come termine ultimo della complessa fattispecie procedimentale indicata dall’art. 24 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (cfr. pag. 4 della memoria di replica depositata in data 5 luglio 2019), posto che nelle sentenze in questione il termine de quo è riferito all’alienazione delle partecipazioni di cui al comma 4 del ridetto art. 24, che per le ragioni sopra precisate non trova applicazione nel caso che occupa.
Del tutto infondato si rivela, poi, l’argomento utilizzato dalla società ricorrente che evoca una teoricamente infinita “spirale” di nuove deliberazioni (di revisione straordinaria)-impugnazioni: dimentica la società ricorrente, da un lato, la “ strutturale inesauribilità del potere amministrativo, dinamicamente teso ed istituzionalmente tenuto al continuo perseguimento del pubblico interesse ” (arg. ex Cons. Stato, sez. IV, 7 aprile 2017, n. 1620), principio “ che trova la propria giustificazione in relazione alla funzione di tutela e protezione del “bene giuridico” oggetto della norma attributiva del potere ” (cfr. Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., sez. riun., 17 novembre 2016, n. 1168) e, dall’altro, che la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo, come espressamente recita l’art. 1 cod. proc. amm..
In conclusione, in accoglimento dell’eccezione frapposta dal Comune resistente e per le ragioni sopra dette, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, e ciò consente al Collegio di poter dar luogo all’assorbimento, per ragioni di economia processuale, delle ulteriori eccezioni di rito frapposte dalla parte resistente.
Sul punto si ritiene utile rammentare come il giudice, secondo consolidata giurisprudenza, in ossequio al superiore principio di economia dei mezzi processuali in connessione con quello del rispetto della scarsità della risorsa - giustizia (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 27 aprile 2015, n. 5;Cons. Stato, Ad. Plen., 25 febbraio 2014, n. 9;Cons. Stato, sez. III, 14 novembre 2018, n. 6420), possa derogare alla naturale rigidità dell’ordine di esame delle questioni, ove ritenga preferibile risolvere la lite rigettando il ricorso nel merito o nel rito in base ad una ben individuata “ragione più liquida”, e purché sia stata preventivamente assodata, da parte del medesimo giudice, la giurisdizione e la competenza.
4. L’esito in rito della vicenda contenziosa e la particolare complessità delle questioni sottese alla stessa giustificano l’integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti costituite.
Non si fa luogo a pronuncia sulle spese nei confronti delle parti non costituitesi in giudizio.