TAR Venezia, sez. I, sentenza 2019-03-20, n. 201900350

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza 2019-03-20, n. 201900350
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201900350
Data del deposito : 20 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/03/2019

N. 00350/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01326/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1326 del 2016, proposto da:
A M, S G, M M, V M B, C B, V D B, R C, F L, F B, rappresentati e difesi dagli avvocati E P, M M, con domicilio eletto presso e nella Segreteria del T.A.R. Veneto, in Venezia Cannaregio 2277/2278;

contro

Ministero della Difesa - Ministero della Difesa, Comando Forze Difesa Interregionale Nord - Ministero della Difesa, Comando delle Forze Operative Terrestri - Ministero della Difesa, Sezione Rifornimenti e Mantenimento Treviso, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia, presso i cui uffici domicilia in Venezia, San Marco, 63;

per l'annullamento

ciascuno per quanto di propria competenza, dei seguenti atti:

- Nota-determinazione del Comando Forze di Difesa Interregionale Nord, M_D E25283 REG 2016 0525491 del 31.08.2016, a firma del Ten. Col. com. Carmine Coppolecchia, comunicata a Marra Antonio il 01.09.2016;

- Nota-determinazione del Comando Forze di Difesa Interregionale Nord, M_D E25283 REG 2016 0525489 del 31.08.2016, a firma del Ten. Col. com. Carmine Coppolecchia, comunicata a Gresti Salvatore il 31.08.2016;

- Nota-determinazione della Sezione Rifornimenti e Mantenimento Treviso Direzione, PERS.1/.1.1/5.7.14, M_D E21623REG20160500454 del 26.07.2016 a firma del Col. Giuliano Palpacelli, comunicata a Marangiolo Michele il 26.07.2016;

- Nota-determinazione del Comando Forze di Difesa Interregionale Nord, M_D E25283 REG 2016 0526470 del 05.09.2016, a firma del Ten. Col. com. Carmine Coppolecchia, comunicata a Buongiorno Vincenzo Mario il 05.09.2016;

- Nota-determinazione del Comando Forze di Difesa Interregionale Nord, M_D E25283 REG 2016 0529445 del 15.09.2016, a firma del Ten. Col. com. Carmine Coppolecchia, comunicata a Bertocco Cristiano il 15.09.2016;

- Nota-determinazione del Comando Forze di Difesa Interregionale Nord, M_D E25283 REG 2016 0525488 del 31.08.2016, a firma del Ten. Col. com. Carmine Coppolecchia, comunicata a De Bellis Vittorio il 31.08.2016;

- Nota-determinazione del Comando Forze di Difesa Interregionale Nord, M_D E25283 REG 2016 0525487 del 31.08.2016, a firma del Ten. Col. com. Carmine Coppolecchia, comunicata a Cinefra Rocco il 01.09.2016;

- Nota-determinazione del Comando Forze di Difesa Interregionale Nord, M_D E25283 REG 2016 0525490 del 31.08.2016, a firma del Ten. Col. com. Carmine Coppolecchia, comunicata a Luzzi Francesco il 31.08.2016;

- Nota-determinazione del Comando delle Forze Operative Terrestri, M_D E22083 REG 2016 0092429, Cod. Id. AMM ind. Cl. 5. 7. 14. 7 del 10.08.2016, a firma del Col. com. s.SM S G, comunicata a B F il 10.08.2016;

con le quali sono state rigettate le richieste dei ricorrenti volte ad ottenere il riconoscimento e la liquidazione dell'indennità di trasferimento di cui all'art. 1, 1° comma, L. 29.03.2001 n. 86, nonché gli emolumenti spettanti di cui alla L. n. 836 del 18.12.1973 e ss. mm., oltre ad ogni altro beneficio spettante e direttamente o indirettamente correlato al citato trasferimento, e di ogni altro atto presupposto e conseguente

e per l’accertamento

del diritto dei ricorrenti a percepire le indennità di trasferimento di cui all’art. 1, 1° comma, L. 29.03.2001 n. 86, gli emolumenti spettanti di cui all’ art. 21 L. n. 836/1973 come modificato dall’art. 12 L. n. 417/1978 e integrata dall’art. 4, 44° comma, L. n. 183/2011 (che specifica la non applicazione del requisito del trasferimento della residenza per i dipendenti della Difesa), il trattamento economico di cui all’art. 12, 5° comma, DPR 16.04.2009 n. 52, nonché ogni altro beneficio spettante, direttamente o indirettamente, in conseguenza della soppressione e/o riorganizzazione e/o riconfigurazione e/o ridislocazione dei rispettivi comandi, reparti, reggimenti, caserme, enti, uffici

e per la condanna

del Ministero al pagamento dei suddetti emolumenti oltre interessi da dì del dovuto all’integrale soddisfo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa - Ministero della Difesa, Comando Forze Difesa Interregionale Nord - Ministero della Difesa, Comando delle Forze Operative Terrestri – Ministero della Difesa, Sezione Rifornimenti e Mantenimento Treviso;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2019 il dott. Giovanni Giuseppe Antonio Dato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. I ricorrenti - tutti militari dipendenti del Ministero della Difesa - espongono quanto segue:

- con dispaccio n. 58/092/6.17.4 del 24.01.2011 lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva il trasferimento del ten. col A M dal Comando Brigata Logistica di Proiezione – Distaccamento, Sede Treviso (causa soppressione dello stesso) alla Brigata Corazzata “ Ariete ” di Pordenone, a far data dal 01.02.2011 (al 30.09.2012;
con successivo trasferimento dal 01.10.2012: cfr. doc. 29 depositato in data 22 gennaio 2019);

- con dispaccio prot. 14871/SU.NAZ./5.3.4.2 del 20.07.2011 di Statesercito Sottufficiali Roma, lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva il trasferimento del Mar. ca. Gresti Salvatore dalla sede di Cremona, Comando 1° Gruppo del 4° Reggimento Artiglieria C/A Peschiera (causa riconfigurazione dello stesso) alla sede di Piacenza, 2° Reggimento Genio Pontieri, a far data dal 13.09.2011 (al 29.07.2012);

- con dispaccio n. 1546/SU.NAZ/5.3.4.2 del 25.01.2011, di Statesercito Sottufficiali Roma, lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva il trasferimento del Serg. Magg. Marangiolo Michele dalla sede di Treviso – Distaccamento del Comando Logistico di Proiezione (causa soppressione dello stesso) alla sede di Vittorio Veneto, Reparto Comando e Supporti Tattici “ Mantova ”, a far data dal 01.02.2011 (al 22.09.2013;
con successivo trasferimento dal 23.09.2013: cfr. doc. 30 depositato in data 22 gennaio 2019);

- con dispaccio Prot. n. 22009-SU.NAZ.-2.4.1 del 08.11.2012 di Statesercito Sottufficiali Roma, lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva il trasferimento del Primo Mar. Buongiorno Vincenzo Mario dalla sede di Rovigo – 5° Reggimento.A.C/A. “ Pescara ” (causa soppressione dello stesso) alla sede di Padova, Reparto di Supporto Generale del Comando Logistico Nord, a far data dal 12.11.2012 (al 30.06.2015);

- con dispaccio Prot. n. 22009-SU.NAZ./2.4.1 del 08.11.2012 di Statesercito Sottufficiali Roma, lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva il trasferimento del 1° Mar. B C dalla sede di Rovigo - 5° Reggimento.A.C/A. “ Pescara ” (causa soppressione dello stesso) alla sede di Padova, Direzione di Amministrazione Ufficio Revisione Contabilità e Materia Decentrata del Comando Logistico, a far data dal 21.12.2012 (al 19.07.2013);

- con dispaccio n. 1960/092/6.17.4 del 22.09.2010 di Statesercito Ufficiali Roma, lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva il trasferimento del Ten. Col. D B V dalla sede di Treviso – Comando Logistico Brigata di Proiezione (causa riconfigurazione/soppressione dello stesso) alla sede di Vittorio Veneto, 1° Comando FOD, a far data dal 24.09.2010 (al 05.12.2011;
con successivo trasferimento dal 06.12.2012: cfr. doc. 31 depositato in data 22 gennaio 2019);

- con dispaccio n. 64/092/6.17.4 del 24.01.2011 di Statesercito Ufficiali Roma, lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva il trasferimento del Magg. (ora Ten. Col.) Cinefra Rocco dalla sede di Treviso – Comando Logistico Brigata di Proiezione Distaccamento (causa soppressione dello stesso) alla sede di Vittorio Veneto, 1° Comando Forze Difesa, a far data dal 01.02.2011 (al 02.09.2013;
con successivo trasferimento dal 02.09.2013: cfr. doc. 32 depositato in data 22 gennaio 2019);

- con dispaccio n. 2197/092/6.17.4 del 23.11.2010 di Statesercito Ufficiali Roma, lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva il trasferimento del Cap. F. Luzzi Francesco dalla sede di Treviso – Comando Logistico Brigata di Proiezione - Distaccamento (causa riconfigurazione/soppressione dello stesso) alla sede di Vittorio Veneto, 1° Comando FOD, a far data dal 02.12.2010 (al 26.12.2012;
con successivo trasferimento dal 27.12.2012: cfr. doc. 33 depositato in data 22 gennaio 2019);

- con dispaccio n. 2061/092/6.17.4 del 19.10.2010 di Statesercito Ufficiali Roma, lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva il trasferimento del Cap. a. B F dalla sede di Treviso – Comando Logistico Brigata di Proiezione – NU.Stralcio (causa soppressione dello stesso) alla sede di Verona, a COMFOTER, (Comando Forze Terrestri) a far data dal 23.11.2010 (ad oggi).

I ricorrenti espongono di aver avanzato a seguito dei sopra citati provvedimenti di trasferimento, ai rispettivi Comandi di appartenenza, formale richiesta di liquidazione e pagamento delle spettanze a titolo indennità di trasferimento di cui all’art. 1, 1° comma, L. 29.03.2001 n. 86, gli emolumenti spettanti di cui all’ art. 21 L. n. 836/1973 come modificato dall’art. 12 L. n. 417/1978 e come integrato dall’art. 4, 44° comma, L. n. 183/2011, in vigore solo dal 01.01.2012 (che specifica comunque la non applicazione del requisito del trasferimento della residenza per i dipendenti della Difesa), il trattamento economico di cui all’art. 12, 5° comma, DPR 16.04.2009 n. 52, nonché ogni altro beneficio spettante, direttamente o indirettamente, in conseguenza del trasferimento per soppressione e/o riorganizzazione e/o riconfigurazione e/o ridislocazione dei rispettivi comandi, reparti, reggimenti, caserme, enti, uffici.

Affermando il carattere immotivato ed illegittimo degli atti di diniego ricevuti, gli esponenti hanno proposto ricorso, articolando le domande in epigrafe.

1.1. Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa – Ministero della Difesa, Comando Forze Difesa Interregionale Nord - Ministero della Difesa, Comando delle Forze Operative Terrestri – Ministero della Difesa, Sezione Rifornimenti e Mantenimento Treviso, contestando, perché infondato in fatto ed in diritto, quanto dedotto.

1.2. All’udienza pubblica del 6 marzo 2019, presenti i difensori delle parti ricorrente e resistente, come da verbale, i quali si sono riportati alle conclusioni già prese chiedendone l’accoglimento, il Collegio si è riservato di provvedere e ha trattenuto il ricorso in decisione.

DIRITTO

1. In limine litis , il Collegio dichiara d’ufficio l’inutilizzabilità dei documenti depositati dalla parte resistente in data 13 febbraio 2019 (come risulta dal sistema) in violazione del termine stabilito dall’art. 73, comma 1, cod. proc. amm., termine perentorio in quanto espressione di un precetto di ordine pubblico processuale posto a presidio del contraddittorio e dell'ordinato lavoro del giudice (cfr. T.A.R. Veneto, sez. I, 5 settembre 2018, n. 878).

2. Il Collegio rileva, in primo luogo, che la posizione giuridica dedotta in giudizio dai ricorrenti ha natura di diritto soggettivo avente carattere patrimoniale , sicché le domande proposte, sebbene prospettate innanzitutto come azioni di annullamento degli atti di diniego in ordine alla corresponsione delle indennità sono qualificabili come azioni di accertamento e di condanna (peraltro espressamente articolate alle pagg. 4 e 5 del ricorso introduttivo) e non involgono la legittimità dell’esercizio del potere pubblico.

E’ noto, invero, che nel contenzioso sul c.d. pubblico impiego si deve distinguere tra controversie relative ad atti autoritativi , attinenti alla costituzione, modificazione o estinzione del rapporto d'ufficio, e controversie relative ad atti o comportamenti paritetici , attinenti all'adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto di servizio;
le prime, in quanto concernenti interessi legittimi, seguono le regole processuali dettate per la giurisdizione generale di legittimità (quali, exempli gratia , quelle che subordinano l'ammissibilità del ricorso all'impugnazione di una determinazione amministrativa, immediatamente e direttamente lesiva, contenuta in un formale provvedimento);
le seconde, invece, in quanto concernenti diritti soggettivi (od altre situazioni soggettive ad essi riconducibili) sono state da tempo sganciate dalle regole suddette, ed in particolare da quelle che subordinano il ricorso all'impugnativa di una specifica determinazione amministrativa, e ciò in quanto il comportamento amministrativo che concreta la lesione rileva non come atto bensì come semplice fatto, e cioè come inadempimento di una obbligazione preesistente, ed è quindi espressione di una condotta che non rientra nell'area del diritto pubblico, riservata all'amministrazione, ma nell'area del diritto comune, in cui quest'ultima può operare alla pari di qualsiasi operatore privato, ed in cui qualsiasi comportamento concludente può esser valutato dal giudice senza alcuna preclusione.

Ne consegue che il thema decidendum del presente giudizio è costituito dalla valutazione della fondatezza delle pretesa dedotte in ordine alla spettanza del “bene della vita”, vale a dire le indennità richieste, mentre non hanno rilievo eventuali vizi prospettati in relazione agli atti dell’Amministrazione (cfr., in particolare, pag. 12 del ricorso, circa i vizi dedotti in ordine alla motivazione dei dinieghi).

Ciò premesso, si esamineranno partitamente le tre voci indennitarie oggetto della specifica pretesa dei ricorrenti (indennità di trasferimento di cui all'art. 1, comma 1, legge 29 marzo 2001, n. 86;
indennità di cui all'art. 21 della legge 18 dicembre 1973, n. 836, rivisitata dall’art. 12 della legge 26 luglio 1978, n. 417 e integrata dall'art. 4, comma 44, L. n. 183/2011;
indennità di cui all'art. 12, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica del 16 aprile 2009, n. 52).

Prima, però, il Collegio deve dare atto della intervenuta cessazione della materia del contendere quanto alle pretese avanzate dai ricorrenti S G, V M B, C B, alla luce di quanto affermato dalla difesa erariale (cfr. pagg. 3 e ss. della memoria depositata in data 12 aprile 2018);
sul punto, la difesa degli esponenti si è associata alla richiesta della difesa erariale di declaratoria di cessazione della materia del contendere relativamente alle domande dei predetti tre ricorrenti (cfr. pag. 3 della memoria depositata in data 1 febbraio 2019).

Non resta al Collegio, dunque, che dichiarare la cessazione della materia del contendere in relazione alle domande avanzate dai predetti esponenti, alla luce dell'operato successivo della parte pubblica rivelatosi satisfattivo dell'interesse azionato.

3. In ordine alla c.d. indennità di trasferimento, il Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 29 gennaio 2016, n. 1, ha formulato il seguente principio di diritto: “ Prima dell’entrata in vigore (al 1° gennaio 2013) dell’art. 1, co. 163, l. 24 dicembre 2012, n. 228 - che ha introdotto il comma 1-bis nell’art. 1, l. 29 marzo 2001, n. 86 - spetta al personale militare l’indennità di trasferimento prevista dal comma 1 del medesimo articolo, a seguito del mutamento della sede di servizio dovuto a soppressione (o diversa dislocazione) del reparto di appartenenza (o relative articolazioni), anche in presenza di clausole di gradimento (o istanze di scelta) della nuova sede, purché ricorrano gli ulteriori presupposti individuati dalla norma, ovvero una distanza fra la nuova e l’originaria sede di servizio superiore ai 10 chilometri e l’ubicazione in comuni differenti ”.

Ne consegue che i presupposti per il diritto di credito all’indennità di trasferimento in questo caso sussistono, in quanto la distanza tra le originarie e le nuove sedi di servizio è superiore ai 10 chilometri e le stesse sono ubicate in Comuni differenti .

I ricorrenti evidenziano nel gravame introduttivo del giudizio l’irrilevanza della presentazione di domande di trasferimento e/o dell’espressione di gradimento (cfr. pagg. 8 e ss.) nonché il fatto che i trasferimenti in questione sono avvenuti tutti anteriormente all’entrata in vigore (01.01.2013) dell’art. 1, comma 163, legge 24 dicembre 2012, n. 228 sicchè è ad essi applicabile il principio di diritto enunciato dalla citata sentenza dell’Adunanza Plenaria (cfr. pagg. 11 e ss.).

Nella memoria depositata in data 1 febbraio 2019 gli esponenti si soffermano sul regime prescrizionale (cfr. pagg. 11 e ss.).

Sul punto va peraltro evidenziato che la difesa erariale - nella memoria depositata in data 12 aprile 2018 - non contesta la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’indennità de qua in favore dei ricorrenti, limitandosi ad eccepire l’intervenuta prescrizione (quinquennale) dei diritti di credito vantati dagli esponenti.

La soluzione della questione relativa alla spettanza o meno dell’indennità de qua , quindi, dipende esclusivamente dall’individuazione della durata del termine entro il quale il diritto di credito poteva essere fatto valere da ciascuno degli esponenti: occorre interrogarsi, in altri termini, sul regime prescrizionale cui è soggetto il diritto a percepire l’indennità medesima.

Sul punto la giurisprudenza amministrativa ha elaborato due tesi contrapposte.

a) Secondo un primo indirizzo interpretativo, il diritto in questione sarebbe soggetto a prescrizione decennale .

Secondo tale indirizzo (in base al quale la tesi fondata sull’art. 2, comma 1, del regio decreto legge 19 gennaio 1939, n. 295, come modificato dall’art. 2 della legge 7 agosto 1985, n. 428, che richiama il D.L.Lgt. 2 agosto 1917, n. 1278, non è accoglibile posto che tale decreto è stato abrogato - a decorrere dal 16 dicembre 2009 - dall’art. 2 del decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200, convertito con modificazioni nella legge 1° febbraio 2009, n. 9) va applicato il comma 2 dell’art. 2 del R.D.L. n. 295/1939, il quale aggiunge che “ il termine di prescrizione quinquennale [ ] decorre dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere ”, norma che ha determinato l’orientamento secondo cui la prescrizione decennale opera in luogo di quella quinquennale tutte le volte che il credito retributivo non sia immediatamente determinato o determinabile, ma presupponga una previa attività dell'Amministrazione di ricognizione dei presupposti di fatto, ai fini della quantificazione dell'entità del credito stesso;
in questi casi, fino a quando tale attività non sia posta in essere, il dipendente può far valere le proprie ragioni di pretesa entro il termine ordinario di prescrizione.

Stando all’orientamento in esame, in tale ipotesi rientra appunto l’indennità di che trattasi, che non può essere riconosciuta senza che l'Amministrazione abbia valutato le posizioni individuali dei soggetti contemplati dalla norma, al fine di accertare la sussistenza delle condizioni necessarie per l'attribuzione del beneficio economico richiesto.

Si osserva, inoltre, che dopo l'entrata in vigore dell'art. 2 della legge n. 428/1985 - che ha elevato da due a cinque anni il termine prescrizionale delle rate di stipendio e delle differenze arretrate dei dipendenti pubblici e ha quindi equiparato il regime dei crediti degli stessi alla disciplina generale sui crediti di lavoro prevista dall'art. 2948, n. 4, cod. civ. - tutti gli emolumenti corrisposti ai pubblici dipendenti in funzione dell'esercizio dell'attività lavorativa sarebbero soggetti alla prescrizione quinquennale, senza alcuna distinzione per l'ipotesi che il credito retributivo sia contestato o comunque richieda un formale atto di accertamento da parte dell'Amministrazione;
non avrebbe dunque più alcun valore la distinzione giurisprudenziale fondata sul presupposto (legislativo, normativo o provvedimentale) che aveva costituito in precedenza il discrimine tra l'applicazione del termine quinquennale e quello decennale.

Tuttavia tale indirizzo si riferisce agli “ emolumenti corrisposti ai pubblici dipendenti in funzione dell'esercizio dell'attività lavorativa ”, ma poiché l’indennità di trasferimento non ha carattere sinallagmatico della prestazione di lavoro, ma riveste la funzione di mitigare i disagi, anche economici, connessi al mutamento della sede, disposto d’autorità, continuano a valere per essa le ragioni sopra ricordate, in virtù delle quali il relativo diritto è soggetto al termine ordinario di prescrizione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 5 febbraio 2015, n. 558;
per la giurisprudenza di primo grado cfr., ex plurimis , T.A.R. Friuli Venezia Giulia, sez. I, 18 febbraio 2019, n. 77;
T.A.R. Friuli Venezia Giulia, sez. I, 28 marzo 2018, n. 81;
T.A.R. Lazio, Roma, 20 aprile 2017, n. 4796;
T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 23 febbraio, 2017, n, 108).

b) l’opposta ricostruzione interpretativa ha invece fatto propria la tesi della prescrizione quinquennale (cfr., ex plurimis , Cons. Stato, sez. IV, 14 settembre 2005, n. 4770;
T.A.R. Veneto, sez. I, 8 marzo 2017, n. 233;
T.A.R. Molise, sez. I, 5 agosto 2011, n. 235).

Il Collegio, anche alla luce del recentissimo intervento del Giudice di seconde cure (Cons. Stato, sez. IV, 4 marzo 2019, n. 1470), ribadisce il proprio orientamento in base al quale il diritto alla percezione dell’indennità di trasferimento ex art. 1 della legge n. 86/2001 si prescrive in cinque anni.

Ed invero, l’art. 2, comma 1, del R.D.L. n. 295/1939 – nel testo modificato dalla legge n. 428/1985 - stabilisce che “ le rate di stipendio e di assegni equivalenti, le rate di pensione e gli assegni indicati nel D.L.Lgt. 2 agosto 1917, n. 1278, dovuti dallo Stato, si prescrivono con il decorso di cinque anni ”.

La disposizione è stata così sostituita dall’art. 2 della legge citata n. 428/1985, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 7 aprile 1981, n. 50, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma precedentemente contenuta nel medesimo art. 2, comma 1, del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295, la quale fissava in due anni il termine di prescrizione delle rate di stipendio ovvero di pensione, nonché degli assegni indicati nel D.L.Lgt. 2 agosto 1917, n. 1278.

Ora, se è vero che l’allegato 1 del decreto legge n. 200/2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 9 del 2009, ha abrogato il D.L.Lgt. n. 1297/1917 (che fa riferimento anche alle indennità di tramutamento e consimili), è altrettanto vero che il contenuto di tale norma è stato recepito, attraverso un c.d. rinvio statico , nell’art. 2, comma 1, R.D.L. n. 295/1939 e nell’art. 2 della legge n. 428/1985 che non hanno costituito oggetto di abrogazione.

In altri termini, l’art. 2 della legge n. 428/1985, nel sostituire il comma 1 dell’art. 2 del R.D.L. n. 295/1939, che fa riferimento agli assegni indicati nel D.L.Lgt. n. 1278/1917, ha operato un rinvio statico a tale disposizione, con conseguente incorporazione della norma oggetto del rinvio in quella rinviante e con l’ulteriore conseguenza che le vicende della disposizione oggetto di rinvio non si riflettono sul rinvio stesso.

Sul punto può dirsi, in generale, che il congegno del rinvio , statico (detto anche fisso, materiale, redazionale, recettizio) o dinamico (detto anche mobile, formale, non recettizio) che sia, ricorre ogni qualvolta una disposizione normativa non provvede direttamente alla disciplina della materia cui si riferisce, ma la rimette ad altre disposizioni o fonti.

Il rinvio rappresenta, invero, una tecnica di produzione normativa frequentemente utilizzata dal legislatore all'evidente scopo di semplificare ed accelerare il lavoro di stesura del testo.

In linea di massima, la distinzione tra rinvio statico e dinamico (ovvero formule equivalenti) va per l'appunto ancorata al contenuto della disposizione rinviante, a secondo che essa rimetta l'individuazione della disciplina da applicarsi ad una fonte o esclusivamente ad una diversa ed ulteriore specifica disposizione : il rinvio alla fonte attribuisce rilievo a tutte la norme che la fonte di volta in volta produrrà e, così, a tutte le modifiche che queste eventualmente subiranno;
il rinvio ad una individuata disposizione, per contro, dà luogo ad un congegno di incorporazione della disposizione oggetto del rinvio in quella rinviante, con la conseguenza che il rinvio è qualificato come fisso proprio allo scopo di evidenziare che le vicende della disposizione oggetto di rinvio non si riflettono sul rinvio stesso (cfr. Cass. civ., sez. I, 11 agosto 2016, n. 17038).

Sul piano degli effetti, il rinvio recettizio si distingue dal rinvio non recettizio perchè nel primo caso la norma richiamante incorpora la norma richiamata, restando insensibile ai successivi mutamenti di questa;
nel caso di rinvio non recettizio, invece, la norma richiamante non assorbe quella richiamata, di talchè tutte le successive modifiche di quest'ultima, come pure la sua abrogazione, riverbereranno effetti sulla norma richiamante;
sul piano dell'interpretazione, il rinvio recettizio si distingue da quello non recettizio perchè il primo è sempre un rinvio ad una norma o ad una disposizione, mentre il rinvio non recettizio è sempre un rinvio ad un tipo di fonte (ad es., alla legge ordinaria): cfr. Cass. civ. sez. III, 28 febbraio 2017, n. 5039.

Orbene, il rinvio in questione deve essere qualificato come statico - come già detto - in quanto in assenza di dati letterali univoci è preferibile optare per la categoria in questione, atteso che, per un verso, la norma storica (verso la quale il rinvio opera) è certamente conosciuta dal legislatore (che così non corre il rischio di affidare la disciplina della materia ad un testo variabile), mentre per l’altro, essa si presta agevolmente a completare la normativa posta dall’atto rinviante senza creare problemi in ordine al coordinamento delle discipline (cfr. Cons. Stato, sez. III, 20 ottobre 2008, n. 5433).

Va inoltre evidenziato che non è possibile ritenere che dalla natura non retributiva dell’indennità in questione possa di per sé derivarne l’applicazione del termine prescrizionale di dieci anni (applicabile ai sensi dell’art. 2946 cod. civ. salvi i casi in cui la legge disponga diversamente ”), e ciò in presenza di una normativa di carattere speciale, che prevede al riguardo l’applicazione del termine di prescrizione quinquennale.

Inoltre, la natura indennitaria e non retributiva dell’indennità di trasferimento non esclude, ovviamente, che anche tale emolumento trovi la sua fonte nel rapporto di lavoro, per cui, in senso lato, è legato esso stesso da vincolo sinallagmatico con lo svolgimento della prestazione lavorativa.

In definitiva, già nel vigore della legge n. 100/1987, come poi della legge n. 86/2001, l'indennità di trasferimento è sempre stata assoggettata a prescrizione quinquennale.

Il dies a quo del termine di prescrizione, peraltro, non coincide con le verifiche dell'amministrazione circa la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento, ma, secondo la regola generale, deve essere individuato nel momento in cui il credito può essere fatto valere (art. 2935 cod. civ.), vale a dire in ogni scadenza mensile successiva alla data del trasferimento.

L'art. 2 del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295, infatti, non opera alcuna distinzione per l'ipotesi che il credito del dipendente sia contestato o comunque richieda un formale atto di accertamento da parte dell'Amministrazione, ma, al contrario, il comma 4 dello stesso stabilisce che “ La prescrizione decorre dal giorno della scadenza della rata o assegno dovuti quando il diritto alla rata od assegno sorga direttamente da disposizioni di legge o di, regolamento, anche se la Amministrazione debba provvedere di ufficio alla liquidazione e al pagamento. Nel caso invece che il diritto sorga in seguito e per effetto di un provvedimento amministrativo di nomina, di promozione e simili o comunque, dopo una valutazione discrezionale dell'Amministrazione, la prescrizione decorre dal giorno in cui il provvedimento sia portato, a norma delle disposizioni in vigore, a conoscenza dell'interessato ”.

La spettanza dell'indennità de qua integra una posizione di diritto soggettivo in capo all'avente titolo, che trova diretto fondamento nel dettato legislativo, a fronte della quale l’attività amministrativa si presenta del tutto vincolata ed è subordinata alla mera verifica della sussistenza dei relativi presupposti.

Ne deriva che il momento dal quale il diritto può essere fatto valere deve essere individuato in ogni scadenza mensile successiva al trasferimento, fino alla scadenza dei ventiquattro mesi in cui, in base all’art. 1, comma 1, della legge n. 86/2001, deve essere corrisposta l’indennità in questione.

Ne discende che:

- il Ten. Col. A M è stato trasferito a far data dal 1 febbraio 2011 e ha chiesto la corresponsione dell’indennità in discorso in data 21 luglio 2016;

- il Ser. Magg. M M è stato trasferito a far data dal 1 febbraio 2011 e ha chiesto la corresponsione dell’indennità in discorso in data 25 luglio 2016;

- il Ten. Col. V D B è stato trasferito a far data dal 24 settembre 2010 e ha chiesto la corresponsione dell’indennità in discorso in data 28 luglio 2016;

- il Magg. R C è stato trasferito a far data dal 1 febbraio 2011 e ha chiesto la corresponsione dell’indennità in discorso in data 22 luglio 2016;

- il Cap. F L è stato trasferito a far data dal 2 dicembre 2010 e ha chiesto la corresponsione dell’indennità in discorso in data 22 agosto 2016;

- il Cap. a F B è stato trasferito a far data dal 23 novembre 2010 e ha chiesto la corresponsione dell’indennità in discorso in data 4 agosto 2016;

Ne consegue che, applicando il termine di prescrizione quinquennale:

- il diritto di credito del Ten. Col. A M risulta prescritto in relazione ai primi 6 mesi;

- il diritto di credito del Ser. Magg. M M risulta prescritto in relazione ai primi 6 mesi;

- il diritto di credito del Ten. Col. V D B risulta prescritto in relazione ai primi 11 mesi;

- il diritto di credito del Magg. R C risulta prescritto in relazione ai primi 6 mesi;

- il diritto di credito del Cap. F L risulta prescritto in relazione ai primi 9 mesi;

- il diritto di credito del Cap. a F B risulta prescritto in relazione ai primi 9 mesi.

Di conseguenza ai citati esponenti spetta l’indennità in questione nella misura dovuta per la parte non prescritta, tenendo conto nella liquidazione della diversificazione - importo mensile pari a 30 diarie di missione in misura intera ovvero in misura ridotta - prevista dalla normativa in materia (art. 1, comma 1, legge 29 marzo 2001, n. 86);
inoltre, gli importi, in assenza della prova di un maggior danno, dovranno essere maggiorati - come chiesto dai ricorrenti - degli interessi legali dalla data di relativa maturazione e fino alla data di effettivo soddisfo (cfr. cit. Cons. Stato, sez. IV, 4 marzo 2019, n. 1470).

4. Quanto alla c.d. indennità di prima sistemazione , essa trova fondamento nell’art. 21 della legge 18 dicembre 1973, n. 836, rivisitata dall’art. 12 della legge 26 luglio 1978, n. 417.

Giova ricordare che l’art 4, comma 44, ultimo periodo, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (che richiama, ex aliis , l’indennità in questione) ha stabilito che “[…] La disposizione di cui al presente comma non si applica nei confronti del personale appartenente al comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico ”.

Ciò premesso, il Collegio ritiene che l’indennità de qua valga ad indennizzare forfetariamente il dipendente delle maggiori spese sostenute per reperire, ed avviare, una nuova sistemazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 gennaio 2019, n. 218).

In altri termini, l’indennità di prima sistemazione non ha natura di beneficio ad personam per il trasferimento della sede di lavoro, ma è un contributo forfettario per le maggiori spese sostenute dal lavoratore e dalla sua famiglia per il cambio di residenza o di domicilio;
non basta, dunque, il solo provvedimento amministrativo che cambia la sede di servizio a far scattare l'incremento economico per il trasferito, ma occorre anche un effettivo trasferimento della residenza o del domicilio , diversamente il beneficio si tradurrebbe in un illecito arricchimento (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. I, 3 dicembre 2018, n. 1316).

Conclusivamente, tale indennità non può ritenersi svincolata dall’ effettivo mutamento della residenza o del domicilio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 settembre 2018, n. 5467;
Cass., sez. lav., 23 gennaio 2008, n. 1426;
Cass., sez. lav., 1 settembre 2006, n. 18198), con la conseguenza che non avendo i ricorrenti dimostrato l’ effettivo mutamento della residenza o del domicilio , l’indennità in questione non può essere loro riconosciuta.

Al riguardo, in linea generale, deve ribadirsi che, nell'ambito della giurisdizione esclusiva, vige il principio dell' onere della prova , sancito dall'art. 2697 cod. civ., secondo il quale chi vuole far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento;
principio che non ammette deroghe, non potendo i diritti trovare tutela differenziata se fatti valere davanti al giudice ordinario piuttosto che davanti al giudice amministrativo.

5. Infine, anche in relazione all’indennità prevista dall’art. 12, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica del 16 aprile 2009, n. 52 - analoga disciplina è racchiusa nell’art. 8, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica del 13 giugno 2002, n. 163 - (<< Al personale con famiglia a carico trasferito d'autorità che non fruisca dell'alloggio di servizio o che, comunque, non benefici di alloggi forniti dall'Amministrazione, è dovuta in un'unica soluzione, all'atto del trasferimento del nucleo familiare nella nuova sede di servizio, o nelle località viciniori consentite, un'indennità di euro 1.500,00. Tale indennità è corrisposta nella misura di euro 775,00 al personale senza famiglia a carico o al seguito >>) il Collegio ritiene che la domanda dei ricorrenti non possa essere accolta.

La disposizione richiamata fonda il diritto alla corresponsione dell’indennità de qua alla condizione positiva del ( fisico ) trasferimento dell’interessato con il proprio nucleo familiare (ovvero dello stesso interessato senza famiglia a carico o al seguito) e alla condizione negativa di non fruire dell'alloggio di servizio o, comunque, di non beneficiare di alloggi forniti dall'Amministrazione.

In altri termini detto, la disciplina in esame tratteggia quale condizione positiva quella di un effettivo e materiale trasferimento nella nuova sede di servizio o nelle località viciniori consentite (incidendo il trasferimento dell’interessato con il nucleo familiare ovvero senza famiglia a carico o al seguito sul quantum dell’indennità). Che tale sia la lettura da dare alla disposizione in questione lo conferma la condizione negativa (di non fruire dell'alloggio di servizio o, comunque, di non beneficiare di alloggi forniti dall'Amministrazione), in quanto la fruizione dell'alloggio di servizio o fornito dall'Amministrazione lascia intendere il materiale trasferimento .

Al predetto approdo ermeneutico il Collegio perviene alla luce del precetto declinato dall'art. 12 delle c.d. preleggi, nell'interpretazione della legge occorre primariamente riferirsi al criterio letterale , attribuendo alla disposizione interpretanda il solo significato emergente dalle parole da essa impiegate secondo la connessione sintattica che si realizza tra di loro, risultando il criterio in parola di regola sufficiente ad individuarne, in modo chiaro ed univoco, il relativo significato e la connessa portata precettiva: cfr. Cass. civ., sez. I, ord. 18 giugno 2018, n. 16083;
Cass. civ., sez. I, ord. 14 giugno 2018, n. 15584).

Ciò posto, non avendo gli esponenti dimostrato la ricorrenza delle anzidette condizioni l’indennità in questione non può essere loro riconosciuta, dovendosi qui ribadire quanto detto sopra al punto 4 in Diritto in relazione all’onere della prova.

6. Quanto alla domanda volta all’accertamento del diritto di ciascun ricorrente a percepire ogni altro beneficio spettante, direttamente o indirettamente, in conseguenza del trasferimento per soppressione e/o riorganizzazione e/o riconfigurazione e/o ridislocazione dei rispettivi comandi, reparti, reggimenti, caserme, enti, uffici (e di condanna dell’Amministrazione resistente al relativo pagamento) la stessa deve essere disattesa perché la conoscenza che il giudice ha e deve avere delle norme dell' ordinamento non esonera i ricorrenti dallo specificare adeguatamente le richieste, né il principio iura novit curia può essere interpretato nel senso che il giudice debba prestare la sua opera sollevando con la sua attività le parti dall’onere di reperire un qualunque fondamento per le loro pretese.

7. In conclusione, va dichiarata la cessazione della materia del contendere in ordine alle pretese avanzate dai ricorrenti S G, V M B, C B, mentre con riguardo ai restanti esponenti il ricorso merita di essere accolto in parte, nei limiti e con le modalità indicate sopra.

8. La peculiarità delle questioni trattate (con riguardo a tutte le parti in causa) e la reciproca soccombenza (con specifico riguardo ai rapporti fra i ricorrenti A M, M M, V D B, R C, F L, F B e l’Amministrazione resistente) giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi