TAR Torino, sez. II, sentenza breve 2010-04-15, n. 201001940
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N. 01940/2010 REG.SEN.
N. 00042/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 21 e 26 della legge 1034/71 e successive modifiche e integrazioni,
Sul ricorso numero di registro generale 42 del 2010, proposto da:
LEONARDO LO BAIDO e P C, rappresentati e difesi dagli avv.ti A B e M L D, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Torino, corso S. Maurizio, 81;
contro
COMUNE DI CANNOBIO, in persona del Sindaco pro tempore;
nei confronti di
POLLOLI VITTORIO;
UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DEL VCO, in persona del Prefetto in carica;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della ordinanza emessa in data 05.11.2009 n. 184/09 dal Sindaco del Comune di Cannobio, notificata il 10.11.2009, con cui si disponeva l'ordinanza nei confronti degli odierni ricorrenti "di provvedere ad eseguire l'allacciamento del fabbricato sito in via Madonna delle Grazie e distinto in mappa al Fg. 50 Mapp. 1249 del NCT, alla condotta fognaria comunale, entro sessanta giorni dalla notifica della presente al fine di prevenire ogni sorta di pericolo igienico sanitario".
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista la memoria difensiva;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 marzo 2010 il dott. A M e comparso l’avv. Casavecchia, su delega dell’avv. Demagistris;
Avvisate le stesse parti ai sensi dell'art. 21 decimo comma della legge n. 1034/71, introdotto dalla legge n. 205/2000;
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che, con rituale ricorso a questo TAR, i signori Leonardo Lo Baido e Paola Caturelli hanno impugnato l’ordinanza n. 184/09, del 5 novembre 2009, con la quale il Sindaco del Comune di Cannobio ha loro ordinato “di PROVVEDERE ad eseguire l’ALLACCIAMENTO del fabbricato sito in Via Madonna della Grazie e distinto in mappa al Fg. 50 mapp. 1249 del NCT, alla condotta fognaria comunale, entro 60 (SESSANTA) GIORNI DALLA NOTIFICA DELLA PRESENTE, al fine di prevenire ogni sorta di pericolo igienico sanitario”, domandandone l’annullamento previa sospensione cautelare;
che i due ricorrenti, comproprietari dell’immobile oggetto dell’ordine di allacciamento, riferiscono di trovarsi attualmente “nell’impossibilità di allacciare il proprio scarico fognario alla condotta pubblica”, a seguito del rifiuto, loro opposto da parte del vicino di casa sig. P F, di allacciare lo scarico fognario del loro immobile al tubo di proprietà dei signori Ferrari e Polloli a sua volta allacciato allo scarico pubblico;
che, peraltro (come i ricorrenti riferiscono nell’atto introduttivo), essi avevano precedentemente realizzato un allacciamento “al tubo posto lungo la strada privata che congiunge l’abitazione dei ricorrenti alla strada pubblica”, tubo di proprietà del sig. P F, il quale allora “ha intentato giudizio possessorio che, all’esito della fase di reclamo, ha visto il Tribunale di Verbania – in accoglimento delle domande svolte dal Sig. P F – ordinare ai medesimi il distacco dal tubo” (ordinanza del Tribunale di Verbania del 27 settembre 2007: doc. n. 6);
che, pertanto, i ricorrenti, vista “l’impossibilità a conferire i liquami nella fogna pubblica attraverso la proprietà Ferrari”, “hanno posato in opera la fossa di raccolta Imhoff”, tuttora in funzione;
che il provvedimento impugnato, nelle premesse, dopo aver richiamato il Regolamento comunale “Fognature” adottato nel 1992 a seguito della legge Reg. Piemonte n. 13 del 1990, riferisce che in data 26 giugno 2006 il Comune aveva rilasciato al sig. Lo Baido “Autorizzazione condizionata” per “allacciamento fognatura comunale” e che però, a seguito della sentenza del Tribunale di Verbania, “è stato ordinato il distacco di detta condotta per l’allacciamento fognario e di scarico dei liquami ‘acque nere’ realizzata”;
che “per fronteggiare detta situazione la contitolare del Permesso di Costruire a seguito del quale era stata posta Domanda di Allacciamento fognario, Sig.r C P con nota di cui al n. prot. 12225 del 20/09/2008 ha comunicato che a seguito della predetta pronuncia del Tribunale di Verbania si vedeva costretta a scaricare temporaneamente in una fossa tipo “Imhoff”, sino all’ottenimento delle Autorizzazioni necessarie al nuovo Allacciamento”;
che, “Considerato il continuo prorogarsi a tutt’oggi di tale situazione, senza l’esecuzione del dovuto allacciamento”, e “Dato atto” della “necessità di provvedere all’allacciamento con la rete delle acque ‘nere’”, si è “Ritenuta l’urgenza di tutelare l’assetto igienico-sanitario della zona interessata, in quanto il fabbricato in questione risulta ivi l’unico non allacciato alla rete fognaria, pur essendo ricompreso nella fascia in cui vige l’obbligatorietà dell’allacciamento alla rete fognaria comunale”, con conclusivo richiamo all’art. 50, comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000;
che, con un primo motivo di gravame, i ricorrenti fanno valere “violazione del regolamento comunale – collegato disposto dagli artt. 5 e 9 del regolamento comunale”, evidenziando che l’art. 5 di detto Regolamento (prodotto in giudizio: doc. n. 10) prevede l’obbligo di allacciamento al tronco fognario pubblico di ogni stabile ubicato “ nel raggio di m. 100 misurato dal confine di proprietà dall’asse del tronco fognario pubblico più vicino purchè lo sviluppo delle tubazione di allaccio dal confine di proprietà del condotto fognario comunale non superi la lunghezza di m. 150 ”, laddove la loro proprietà, “pur essendo collocata ad una distanza inferiore a mt. 100 dal tronco fognario pubblico [...], necessiterebbe, stante l’adiacenza a confine della stessa di altre abitazioni private, di una tubazione di allaccio alla condotta pubblica di sviluppo abbondantemente superiore ai 150 mt.”, come indicato dalla perizia del geom. Giacomo G che producono in giudizio;
che, del resto, in base all’art. 9 del suddetto Regolamento comunale, sussiste il divieto di uso o di costruzione di pozzi neri solo per gli immobili “ per i quali sussiste l’obbligo di allacciamento per lo scarico dei liquami come descritto nell’art. 5 ”, sicché l’immobile dei ricorrenti risulterebbe sgravato di tale divieto;
che, con un secondo motivo di gravame, viene contestata la violazione dell’art. 23 del suddetto Regolamento comunale, a norma del quale gli scarichi degli insediamenti civili (aventi determinate caratteristiche architettoniche) sono ammessi “ sul suolo e nel sottosuolo solo se caratterizzati di norma da un volume di scarico inferiore o uguale a 25 mc al giorno ”;
che, secondo la citata perizia del geom. G, “il volume di scarico dell’impianto di proprietà degli odierni ricorrenti non supera in alcun modo tali limiti e, pertanto, rientra nella disciplina prevista dal predetto art. 23 del regolamento comunale”;
che, con un terzo motivo di gravame, si deduce l’illegittimità dell’impugnata ordinanza per violazione degli artt. 5, comma 2, e 16 della legge regionale n. 13 del 1990 (recante: “ Disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli scarichi civili (art. 14 della legge 10 maggio 1976, n. 319) ”), a norma dei quali, rispettivamente, “ Eccezionalmente e limitatamente agli scarichi della prima categoria derivanti da soli insediamenti civili, qualora sia accertata l'impossibilità di recapitare tali scarichi a corpi idrici superficiali, gli stessi possono essere ammessi sul suolo e nei relativi strati superficiali ” e “ Gli scarichi degli insediamenti civili di cui al Capo III [ossia, degli insediamenti civili che non recapitano in pubblica fognatura] sono sempre ammessi nei corpi idrici superficiali;sono ammessi sul suolo e nel sottosuolo solo se caratterizzati di norma da un volume di scarico inferiore o uguale a venticinque metri cubi al giorno, nei casi di cui alla lett. b), comma 1, dell'art. 17 ”;
che, con un quarto motivo di gravame, si contesta l’illegittimità dell’impugnata ordinanza anche “per mancanza di motivazioni contingibili d’urgenza”, non facendo essa “alcun cenno” a “ragioni contingibili d’urgenza connesse a motivi igienico-sanitari”;
che il ricorso è stato notificato sia al Comune di Cannobio, sia al controinteressato sig. Vittorio Polloli, sia (a scopo di “notizia”) all’Ufficio Territoriale del Governo del Verbano-Cusio-Ossola, nessuno dei quali si è costituito in giudizio;
che, a seguito di ordinanza istruttoria n. 60/i/2010, il Comune di Cannobio, pur non costituendosi in giudizio, ha tuttavia operato una produzione spontanea di documenti, corredata da una relazione sui fatti di causa;
che, nella relazione, il Comune sostiene che “la proprietà dei ricorrenti si trova [...] a meno di mt. 100 dalla condotta fognaria pubblica” sicché, per ciò solo, non rileverebbe “in alcun modo il volume di scarico giornaliero della fossa IMHOFF attualmente in uso”, e precisa che l’ordinanza impugnata è stata adottata “sulla base di ragioni contingibili ed urgenti connesse a motivi igienico-sanitari” ex art. 50, comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000, “nell’ambito [...] di una generalizzata tutela ambientale”;
che, a seguito di tale produzione spontanea, i ricorrenti hanno depositato una memoria con la quale hanno insistito per l’accoglimento del ricorso;
Considerato preliminarmente, in punto di fatto, che l’ordinanza del Tribunale di Verbania, citata nell’atto impugnato, è esclusivamente intervenuta a dirimere il giudizio possessorio insorto tra gli odierni ricorrenti ed il signor P F, originando la necessità di un nuovo allaccio fognario per l’immobile sito in via Madonna della Grazie, necessità diversamente fronteggiata dai suoi proprietari (mediante l’attivazione della fossa tipo “Imhoff”) e dal Comune resistente (mediante l’impugnato ordine di allaccio direttamente alla fognatura comunale);
che, ciò premesso, non sono fondati i primi tre motivi di gravame;
che, infatti, in base all’art. 5, comma 4, del Regolamento comunale “Scarichi provenienti da Insediamenti civili ed industriali” (doc. n. 10 del ricorrente), anche in caso di “edifici con distanze superiori” a quelle indicate nello stesso art. 5 è ben possibile che venga “imposto l’allacciamento con ordinanza del sindaco”, laddove “esistano particolari situazioni di pericolo ambientale e/o igienico sanitario”;
che, pertanto, anche in assenza dell’obbligo di allacciamento imposto dalla norma regolamentare, è sempre possibile che il Sindaco adotti con ordinanza, come avvenuto nella specie, l’ordine di allacciamento alla fognatura comunale;
che analogo discorso va fatto con riferimento a quanto previsto dall’art. 23 del medesimo Regolamento, nonché alle norme della legge regionale n. 13 del 1990 invocate dai ricorrenti, le quali, pur “ammettendo” che gli scarichi degli insediamenti civili possano operare “sul suolo e nel sottosuolo” allorché risultino “caratterizzati di norma da un volume di scarico inferiore o uguale a 25 mc al giorno”, tuttavia non escludono che, in presenza di situazioni di pericolo ambientale o igienico-sanitario, anche per i suddetti scarichi possa essere vietata, con provvedimento contingibile ed urgente del Sindaco, siffatta modalità operativa;
che, tuttavia, è manifestamente fondato il quarto motivo di gravame del ricorso, posto che l’ordinanza del Sindaco del Comune di Cannobio – pur essendo stata adottata con i poteri consentiti dall’art. 50, comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000, attivabili in presenza di “emergenze sanitarie o di igiene pubblica” – ha motivato il proprio intervento così testualmente esprimendosi: “ Ritenuta l’urgenza di tutelare l’assetto igienico-sanitario della zona interessata, in quanto il fabbricato in questione risulta ivi l’unico non allacciato alla rete fognaria, pur essendo ricompreso nella fascia in cui vige l’obbligatorietà dell’allacciamento alla rete fognaria comunale ”;
che, in tal modo, l’elemento richiesto dall’art. 50, comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000 (ossia la presenza di “emergenze sanitarie o di igiene pubblica”) non è stato specificato in modo idoneo, non essendo dato comprendere in base a quali presupposti di fatto il fabbricato in questione fosse da ritenere “ricompreso nella fascia in cui vige l’obbligatorietà dell’allacciamento alla rete fognaria comunale”, in relazione al dettato dell’art. 5 del Regolamento comunale;
che, pertanto, il presente ricorso può essere deciso, essendo state sentite sul punto le parti costituite, con sentenza succintamente motivata, ricorrendo tutti i presupposti di cui all’art. 21, comma 10, della legge n. 1034 del 1971;
che le spese seguono la soccombenza e sono equitativamente da liquidarsi, nei confronti del Comune resistente, in Euro 1.000,00 (mille/00);