TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2012-12-06, n. 201204968

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2012-12-06, n. 201204968
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201204968
Data del deposito : 6 dicembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05809/2002 REG.RIC.

N. 04968/2012 REG.PROV.COLL.

N. 05809/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5809 del 2002, proposto da D'Addario Giuseppe, rappresentato e difeso dagli avv. R S, G S, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Napoli, piazza G. Bovio n. 22;

contro

il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz, 11;

per l’annullamento

del decreto prot. n. 333 D/53824 del 19.2.2002 di trasferimento per incompatibilità ambientale con effetto immediato, in parte qua;

della nota del Dirigente del Compartimento della Polizia Stradale della Sardegna prot. n. 5308-3822 del 2/8/2001;

della nota del servizio della Direzione Centrale del Personale prot. n. 333 del 16/08/2001;

di ogni altro preordinato, consequenziale o, comunque, connesso con quelli che precedono.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nell’udienza pubblica del giorno 7 novembre 2012 la dott.ssa Emanuela Loria e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe il ricorrente, il signor D’Addario Giuseppe, agente della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di Terni ha impugnato il provvedimento in data 19.02.2002 notificato in data 14.03.2002 con il quale il Capo della Polizia ha disposto il suo trasferimento, per motivi di incompatibilità ambientale e di opportunità, dal Distaccamento di Polizia Stradale di Olbia alla Questura di Terni a seguito delle segnalazioni del Dirigente del Compartimento Polizia Stradale in data 07.06.2001 e 02.08.2001 con cui si chiedeva di allontanare il ricorrente dal suo ufficio nonché gli atti preordinati connessi e consequenziali.

Il ricorrente era, infatti, sottoposto a procedimento penale presso il Tribunale di Tempio Pausania per i reati di cui agli artt. 61/2, 110, 317 e 328 del codice penale. In particolare, al ricorrente veniva contestato di avere indotto, in concorso con altro dipendente della Polizia di Stato, mediante abuso dei poteri derivanti dalla funzione di Agenti della Polizia Stradale, il titolare di un pubblico esercizio a promettere vantaggi e facilitazioni personali nonché di avere omesso nell’esercizio delle sue funzioni, di segnalare ai competenti organi due dipendenti dell’esercizio commerciale in questione che facevano uso di sostanze stupefacenti. Nel medesimo procedimento lo stesso ricorrente era, poi, imputato per il reato di cui all’art. 323 c.p.

L’amministrazione attivava, pertanto, la procedura di trasferimento per incompatibilità ambientale a cui il ricorrente partecipava chiedendo di dare corso alla domanda di trasferimento, già da lui presentata, per gli uffici o reparti della provincia di Chieti.

In data 19.02.2002, l’amministrazione emetteva il provvedimento qui impugnato con il quale trasferiva il ricorrente presso la Questura di Terni, “perché non soddisfa le esigenze cautelari poste alla base della proposta di trasferimento autoritativo, anche in ragione della esigua anzianità di servizio del dipendente rispetto a quella di pari qualifica dei cointeressati” .

Giova, ai fini dell’esplicazione dell’intera vicenda, ricostruire come essa si è ulteriormente svolta in sede penale.

In data 20.02.2002 il Tribunale di Tempio Pausania condannava il ricorrente alla pena di mesi 4 di reclusione per il reato di cui all’art. 323 c.p. (abuso d’ufficio), assolvendolo dai restanti capi di imputazione “perché il fatto non sussiste” .

La Corte d’Appello di Cagliari, nell’udienza del 17.03.2009, condannava il ricorrente alle pena di anni uno e mesi quattro di reclusione per il reato di cui agli artt. 110 e 317 c.p. (concussione) dichiarando l’intervenuta prescrizione per il reato di cui agli artt. 61/2, 110 e 328 c.p. (omissione d’atti d’ufficio)e assolvendolo per il reato di cui all’art. 323 (abuso d’ufficio) “perché il fatto non sussiste” .

In ragione di tale condanna l’amministrazione, con provvedimento del Questore di Terni in data 09.10.2009, lo sospendeva cautelarmente dal servizio ai sensi della legge 97/2001.

La Corte di Cassazione, in data 12.10.2011 annullava, senza rinvio, la sentenza della Corte d’Appello, relativamente al delitto di concussione, “perché il fatto non sussiste” , rigettando nel resto il ricorso.

Il Questore di Terni, con provvedimento del 08.11.2011 revocava la sospensione cautelare dal servizio e la procedura disciplinare si concludeva con decreto emesso dal Capo della Polizia in data 27.04.2012 inflittivo della sanzione disciplinare e della pena pecuniaria, nella misura di 4/3 di un mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo si sensi dell’art. 4, n. 10 del d.P.R. 737/81.

Il ricorso avverso il provvedimento di trasferimento adottata in data 19.02.2002 è pervenuto all’odierno esame a seguito della istanza in data 08.06.2012 di revoca del decreto di perenzione n. 21141 del 21.12.2011, revoca effettivamente pronunciata in data 02.07.2012 con provvedimento monocratico n. 15463/2012. il ricorso è infondato

Alla pubblica udienza del 07.11.2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il Collegio ritiene che il ricorso sia è infondato e, come tale, da respingere.

1. Il ricorrente articola una serie di doglianze nei confronti degli atti e provvedimenti impugnati, volte a censurare la violazione e falsa applicazione di legge (art. 97;
art. 55 del d.P.R. 24.4.1982 n. 335;
art. 88 della l. 01.04.1981 n. 121, come modificato e integrato dall’art. 5 del D.L. 21.09.1987 n. 382, convertito in L. 20.11.1987 n. 472, artt. 3 e4 ss. della legga 07.08.19900 n. 241), la violazione dei principi in materia di trasferimento dei pubblici dipendenti, la violazione del giusto procedimento, l’eccesso di potere per erronea travisata, l’insufficiente e illogica valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, il difetto di motivazione, il difetto di istruttoria, la manifesta ingiustizia.

1.1. Con un primo nucleo di censure si adduce che il trasferimento inflitto al ricorrente non rispetterebbe i principi propri del trasferimento per incompatibilità ambientale, i quali si sostanziano nella presenza di una situazione oggettiva di rilevante pericolo per il dipendente stesso o in un comportamento da cui derivi una situazione di oggettivo nocumento al prestigio dell’ufficio, laddove, nel caso in parola, il provvedimento avrebbe assunto una evidente valenza “punitivo-sanzionatoria”, come tale impropria per la tipologia di atto.

Il presupposto su cui si fonda il provvedimento impugnato era, secondo il ricorrente già venuto meno al momento dell’esecuzione dello stesso, in quanto egli era già stato assolto dalle imputazioni addebitategli;
illogico, poi, sarebbe anche sotto il profilo temporale in quanto emanato dopo due anni dall’accadimento dei fatti.

1.2. Sotto un ulteriore profilo, la motivazione addotta dall’amministrazione - per cui i fatti in cui il ricorrente è stato coinvolto avrebbero determinato un grave nocumento all’immagine ed al prestigio dell’amministrazione, in particolare modo per il risalto dato alla vicenda dagli organi di stampa - sarebbe una mera formula di stile, inserita nel provvedimento solo per far rientrare la vicenda nell’art. 55, comma 4, del D.P.R. 335/82, giacché gli stessi organi di stampa avevano riportato anche la notizia dell’assoluzione, avente una valenza positiva sia per l’interessato sia per la stessa amministrazione. Vi sarebbe stata una erronea valutazione dell’amministrazione, che da un lato, avrebbe valutato con ritardo la vicenda occorsa al dipendente, dall’altro, avrebbe disposto un ingiusto trasferimento nel momento in cui il procedimento penale si era concluso in modo pienamente assolutorio per l’interessato.

1.3. Un ulteriore aspetto di illegittimità dell’atto impugnato deriverebbe dalla circostanza per cui, al momento dell’adozione del trasferimento, il ricorrente rivestiva la qualifica di Vice Segretario Provinciale del Sindacato Italiano Appartenenti alla Polizia (S.I.A.P.) di Sassari, per cui sarebbe stata violata la norma dell’art. 88, comma primo della legge 01.04.1981 n. 1212 come aggiunto dall’art. 5 del D.L. 21.09.1987 n. 387, convertito in L. 20.11.1987 n. 472, che prevede la necessità del nulla osta dell’organizzazione sindacale, nel caso di trasferimenti in uffici con sede in un comune diverso di appartenenti alla Polizia di Stato che ricoprono cariche sindacali.

2. Preliminarmente si rammenta che le esigenze di servizio poste a base del trasferimento per incompatibilità del personale della Polizia di Stato sono sindacabili dal giudice amministrativo solo estrinsecamente, sotto il profilo della logicità e completezza della motivazione e dell'errore e del travisamento dei fatti, quali si evincono dal complesso dell'attività procedimentale posta in essere, con il limite costituito dal divieto per il giudice amministrativo di sostituire la propria valutazione a quella già effettuata, rimanendo cioè esclusa per il giudice ogni indagine sulla valutazione di merito dell’Amministrazione di appartenenza a cui è, invece, riservato il potere di valutare, di volta in volta, gli elementi di fatto accertati nell'esercizio del potere di inchiesta (cfr. ad es. T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 2 settembre 2010, n. 1889, T.A.R. Bologna, sez. I, 11 novembre 2008, n. 4487 e Consiglio Stato, sez. IV, 07 luglio 2008, n. 3375).

3. Ciò premesso, le censure dedotte risultano tutte destituite di fondamento.

Con riferimento al trasferimento d’ufficio, disposto ai sensi dell’art. 55 commi 4 e 5 d.P.R. 335/1982, in generale è noto come lo stesso possa essere disposto quando la permanenza del dipendente nella sede nuoce al prestigio dell'Amministrazione, con ciò prescindendo da diretti profili di imputabilità al dipendente della situazione di incompatibilità ambientale;
è parimenti noto che detto trasferimento non ha valenza sanzionatoria (cfr. ex multis Consiglio Stato, sez. VI, 02 marzo 2011 , n. 1302).

Tale trasferimento è condizionato solo alla valutazione, ampiamente discrezionale, dei fatti che possano far ritenere nociva per il prestigio, il decoro o la funzionalità dell'ufficio la permanenza del dipendente in una determinata sede. Tale trasferimento ha il fine di tutelare il prestigio ed il corretto funzionamento degli uffici pubblici e di garantire la regolarità e la continuità dell'azione amministrativa e mira ad eliminare la causa obiettiva dei disagi e delle difficoltà che discendono dalla presenza del dipendente, tanto da trascendere da ogni valutazione circa l'imputabilità al dipendente ovvero la ricorrenza di eventuali profili soggettivi di colpa per la situazione di incompatibilità ambientale ingeneratasi. La ratio della importanza riconosciuta a situazioni di incompatibilità che possono sconsigliare la permanenza in una determinata sede, indipendentemente dalla loro rilevanza disciplinare, deriva dal fatto che le stesse vanno rapportate proprio al tipo di attività, particolarmente delicata, svolta dal dipendente;
infatti, l’essere l’operatore di polizia addetto al controllo del territorio ed al contrasto della criminalità comporta l’esigenza che l’esercizio di una funzione delicata come la pubblica sicurezza sia scevra da dubbi e da equivoci sul comportamento degli agenti di polizia. In proposito, le considerazioni svolte nel provvedimento impugnato nonché in sede di memoria della difesa erariale appaiono pienamente condivisibili e ragionevoli.

Per ciò che concerne il presunto difetto di valutazione della vicenda sottesa al trasferimento d’ufficio e di motivazione, l’analisi del provvedimento impugnato e degli atti procedimentali in esso confluiti esclude in toto la rilevanza delle deduzioni formulate da parte ricorrente.

Nel caso in esame, i fatti contestati denotano un comportamento non in linea con la dignità delle funzioni svolte dall’agente di Pubblica Sicurezza, in quanto, contrariamente rispetto a quanto dedotto dal ricorrente, la sentenza penale emessa in data 20.02.2002 non ha smentito i profili di incompatibilità ambientale riscontrati dall’amministrazione (che, come noto, attengono anche ai rapporti interni all’ufficio, tra colleghi e superiori), in quanto il G.U.P. di tempio Pausania ha assolto il dipendente perché il fatto non sussiste per i reati di cui agli artt. 110, 317 c.p. e 61 n. 2, 110 e 329 c.p. ma lo ha riconosciuto colpevole del delitto di abuso d’ufficio.

In proposito, è opportuno richiamare che per costante orientamento giurisprudenziale, ai fini dell’adozione di un provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale, è sufficiente che dal provvedimento emergano elementi logici e chiari, i quali siano adeguati a rendere la figura dell'agente offuscata da ombre idonee a nuocere, attraverso la sua persona, al prestigio dell'Amministrazione e alla stessa funzionalità dei compiti di istituto (Consiglio Stato, sez. VI, 13 febbraio 2009, n. 777), dimodoché la sentenza richiamata e la complessiva eco avuta dalla vicenda penale, per come riportata nella parte in fatto, costituiscono legittimi motivi di trasferimento per incompatibilità ambientale.

4. Con un ulteriore profilo di censura il ricorrente lamenta l'illegittimità dell'impugnato provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale per la violazione di legge (art. 88 l. n. 121/81), giacchè, malgrado il suo ruolo rappresentativo in uno dei sindacati della Polizia di Stato, il trasferimento non sarebbe stato adottato previo il necessario nullaosta del sindacato di appartenenza.

Anche sotto questo profilo il ricorso non è fondato.

Il trasferimento per incompatibilità ambientale per la particolare caratteristica e finalità di tutela del prestigio e del corretto funzionamento dei pubblici uffici costituisce in realtà un limite al funzionamento della previsione contenuta nell'ultimo comma dell’art. 88 della l.

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