TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2016-01-27, n. 201600414
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 00414/2016 REG.PROV.COLL.
N. 02505/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2505 del 2015, proposto da S G,
rappresentato e difeso dagli avvocati C L e G D L, con domicilio eletto presso l’avvocato G T in Napoli, piazza Francese, 1/3;
contro
il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro
pro tempore
,
rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, anche domiciliataria in Napoli, via Diaz, 11;
per l'esecuzione
del giudicato formatosi sul decreto decisorio n. 1132, emesso dalla Corte di Appello di Napoli l’1.3.2012, ai sensi della legge n. 89/2001, munito di formula esecutiva l’22.6.2012 e notificato il 10.9.2012.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2016 la dott.ssa Marina Perrelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso in ottemperanza, notificato a mezzo posta elettronica certificata (PEC) l’8.5.2015 e ritualmente depositato 14.5.2015, parte ricorrente chiede l’esecuzione del summenzionato decreto decisorio della Corte di Appello di Napoli, emesso ai sensi della legge n. 89/2001 (legge Pinto), la condanna dell’amministrazione al pagamento di somme ulteriori ex art. 114, comma 4, c.p.a., nonché la nomina di un commissario ad acta con il compito di provvedere in sostituzione dell’amministrazione in caso di persistenza nell’inadempimento.
2. Il Ministero della Giustizia, costituito in giudizio con memoria di stile, ha concluso per la reiezione del gravame.
3. All’udienza camerale del 12.1.2016 la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Occorre premettere che nel processo amministrativo telematico – contemplato dall’art. 13 delle norme di attuazione di cui all’allegato 2 al c.p.a. – è ammessa la notifica del ricorso giurisdizionale a mezzo posta elettronica certificata (PEC), anche in mancanza dell’autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, del c.p.a.(cfr. Cons. Stato, VI, 28.5.2015, n. 2682;TAR Campania, Napoli, VII, 6.2.2015, n. 923). La mancata autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, del c.p.a. non può, infatti, considerarsi ostativa alla validità ed efficacia della notificazione del ricorso a mezzo PEC, atteso che nel processo amministrativo trova applicazione immediata la legge n. 53 del 1994 (e, in particolare, per quanto qui più interessa, gli articoli 1 e 3 bis della legge stessa), nel testo modificato dall’art. 25 comma, 3, lett. a) della legge 12 novembre 2011, n. 183, secondo cui l’avvocato “può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale […] a mezzo della posta elettronica certificata” (cfr. in termini Cons. Stato, VI, 28.5.2015, n. 2682).
Peraltro, nel caso di specie il Ministero resistente si è ritualmente costituito in giudizio senza nulla eccepire al riguardo.
5. Passando all’esame del merito il Collegio rileva che parte ricorrente chiede l’esecuzione del giudicato di cui al decreto della Corte di Appello di Napoli indicato in epigrafe con il quale l’amministrazione resistente è stata condannata a pagare in suo favore la somma di euro 10.666,66, oltre interessi legali dal 6.5.2010 sino al saldo, a titolo di equa riparazione ai sensi della legge n. 89/2001.
Avverso il predetto decreto, spedito in forma esecutiva in data 22.6.2012 e così notificato in data 10.9.2012, non risulta proposto ricorso per cassazione con conseguente passaggio in giudicato del titolo giurisdizionale, come da certificazione del 9.12.2013.
6. Alla luce di quanto fin qui esposto, della documentazione acquisita e della mancata contestazione degli assunti di parte ricorrente, deve, quindi, ritenersi comprovata la sussistenza di tutti i presupposti per l’esperimento dell’azione ex art. 112 c.p.a., stante la legittimazione passiva dell’intimato Ministero della Giustizia (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, VII sezione, sentenze nn. 2457 e ss. del 30 aprile 2015 e, IV sezione, n. 867 del 5 febbraio 2015).
7. Tuttavia nelle more della presente decisione è sopravvenuta la legge di stabilità 28.12.2015, n. 208 che con il comma 777, in vigore dal 1° gennaio 2016, “al fine di razionalizzare i costi conseguenti alla violazione del termine di ragionevole durata dei processi”, ha novellato il capo II della legge 24.3.2001, n. 89 (la c.d. legge Pinto), apportando una serie di modificazioni parte delle quali relative “alle modalità di pagamento delle somme liquidate a norma della presente legge” (art. 5 sexies della legge novellata).
7.1. Fra i presupposti che la novella oggi richiede per potersi “emettere l’ordine di pagamento” e per potersi disporre lo stesso “nei processi di esecuzione forzata anche in corso” - con l’espressa precisazione che la previsione è applicabile “anche al pagamento compiuto dal commissario ad acta” (punti 4 ed 11)- vi è: 1) l’avvenuto assolvimento dell’obbligo, da parte dei creditori, di rilasciare, con effetto immediato anche in assenza dei decreti attuativi (punto 12), “all’amministrazione debitrice una dichiarazione, ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la mancata riscossione di somme per il medesimo titolo, l’esercizio di azioni giudiziarie per lo stesso credito, l’ammontare degli importi che l’amministrazione è ancora tenuta a corrispondere, la modalità di riscossione prescelta ai sensi del comma 9 del presente articolo…”;2) il decorso di un termine dilatorio di sei mesi decorrente dalla “data in cui sono integralmente assolti gli obblighi di comunicazione” di cui innanzi (punti 5 ed 11).
7.2. In applicazione della riportata novella legislativa, la domanda attorea va, quindi, accolta (in quanto il processo è stato instaurato prima della novella, con conseguente insussistenza di profili di inammissibilità della domanda giudiziaria per carenza dei presupposti: cfr. punto 7 del ripetuto art. 5 sexies), ma l’ordine giudiziale va emesso nel rispetto delle modalità legali oggi vigenti.
7.3. Va, quindi, ordinato all’amministrazione convenuta di eseguire la statuizione giudiziale innanzi riportata e, quindi, di far luogo al pagamento di quanto dovuto alla parte odierna ricorrente, nel termine di mesi sei dalla data dell’integrale assolvimento da parte della stessa degli obblighi di cui sempre si è detto, costituenti inderogabile presupposto per potersi conseguire il ripetuto pagamento.
7.4. Per quanto riguarda le spese successive alla pronuncia azionata e come tali da essa non liquidate, va precisato come in questa sede giudiziaria va riconosciuto l'obbligo di corresponsione anche delle spese accessorie, ma non di quelle relative agli atti di precetto (Tar Campania, Napoli, VII, 6.5.2015, n. 2943) e che ogni altra spese viene liquidata in modo omnicomprensivo nell’ambito delle spese di lite del presente giudizio.
8- Va, inoltre, accolta la richiesta di nominare un commissario ad acta con il compito di provvedere, una volta decorso infruttuosamente il termine quale innanzi assegnato all’amministrazione, al pagamento di quanto dovuto alla parte ricorrente entro i successivi 30 (trenta) giorni decorrenti dalla comunicazione, a cura diretta della ripetuta parte ricorrente, dell’ulteriore inottemperanza dell’amministrazione, pur in presenza dell’avvenuto assolvimento dei ripetuti obblighi di comunicazione.
8.1. In applicazione della novella legislativa (punto 8 dell’art. 5 sexies) le funzioni commissariali vengono affidate allo stesso Ministero della Giustizia, in persona del Direttore generale della Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, con facoltà di delega, nel rispetto delle puntuali previsioni della cennata norma, ad un dirigente della stessa amministrazione e con esclusione di compensi.
8. 2. Il commissario -qui nella veste di “ausiliario del giudice” (Cons. Stato, VI, 15.9.2015, n. 4299) - previa verifica della sussistenza dei vigenti presupposti di legge, darà corso al pagamento compiendo tutti gli atti a tanto necessari.
9. Non può essere, invece, accolta la domanda di condanna dell’amministrazione al pagamento di somme di denaro in applicazione della previsione di cui all’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., non rinvenendosi ragioni per le quali il Collegio si discosti dal motivato orientamento del Tribunale, applicabile anche alla vicenda processuale in esame, secondo cui in presenza di giudizi aventi ad oggetto il pagamento da parte di amministrazioni pubbliche di somme di danaro, produttive di interessi legali, “l’esigenza di contenimento della spesa pubblica in ragione della condizione di crisi finanziaria della finanza pubblica e dell’ammontare del debito pubblico giustifica in concreto la mancata condanna della parte pubblica al pagamento dell’astreinte” (cfr. sentenze della IV sezione n. 867 del 5 febbraio 2015 e della VII sezione n. 2007 dell’8 aprile 2015 che si soffermano sulla decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 15 del 25 giugno 2014 ed i cui più ampi contenuti sul punto devono aversi per trascritti)
9.1. Si deve aggiungere che ragioni solidaristiche (art. 2 Cost.) rispetto all’esplicazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.), convincono il Collegio che il diritto di utilizzo di una risorsa limitata, quale la piena azionabilità delle pretese, debba necessariamente trovare un punto di equilibrio -soprattutto in risposta a richieste di ristoro eccedentario- ove quella estesa possibilità di rimedi giudiziari, come nell'ordinamento italiano, comporti un connesso e (sotto certi aspetti) inevitabile prolungarsi dei tempi della Giustizia, tenuto presente peraltro che il nostro ordinamento (a differenza di altri) non frappone alcun "filtro" alla esperibilità dei rimedi giudiziari (la giurisdizione è apertamente ed autorevolmente definita "risorsa non illimitata": Cass. civ., ss. uu., n. 26242/2014 e n. 12307/2015).
10. Le spese del presente giudizio devono seguire, come di regola, la soccombenza ed esser poste a carico dell'inadempiente Amministrazione per esser liquidate come da dispositivo, tenendo conto della peculiarità del contenzioso.