TAR Ancona, sez. I, sentenza 2010-02-08, n. 201000053
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Testo completo
N. 00053/2010 REG.SEN.
N. 00709/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 709 del 2008, proposto da:
s.r.l. IMMOBILIARE I.M.G., corrente in Riccione, in persona del rappresentante legale pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. F B, elettivamente domiciliato in Ancona alla Via Leopardi n. 2, presso l’avv. F Z;
contro
- il COMUNE di TAVULLIA, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. V M, presso la medesima elettivamente domiciliato in Ancona alla Piazza Cavour n. 2;
- il RESPONSABILE del SERVIZIO del COMUNE di TAVULLIA, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento 18.6.2008 n. 22 con cui il responsabile del servizio del Comune di Tavullia ha ordinato la demolizione di opere edilizie realizzate in difformità al permesso di costruire, nonché di ogni atto presupposto, connesso e conseguente.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Tavullia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2009 il dott. Giuseppe Daniele e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con permesso di costruire in data 22.2.2008 n. 56/2007 il responsabile del servizio del Comune di Tavullia autorizzava la s.r.l. Immobiliare I.M.G. alla esecuzione dei lavori di demolizione di un fabbricato artigianale e costruzione di due edifici di civile abitazione in località Strada Botteghino, su terreno distinto in catasto al foglio n. 33 con il mappale n. 173.
A seguito di verbali di sopralluogo redatti dal corpo di polizia municipale dell’Unione Pian del Bruscolo veniva accertata l’esecuzione di opere con variazioni essenziali rispetto al suddetto permesso di costruire, riguardanti “la costruzione di un piano interrato adibito a garage realizzato non completamente contro terra, pertanto identificabile come piano seminterrato, e la costruzione di un piano definito seminterrato non definibile tale in quanto la parte fuori terra risulta superiore a quella interrata, pertanto da considerarsi fuori terra”.
Poiché tale situazione aveva comportato un aumento degli indici edilizi superiore al consentito, in quanto “il piano interrato prima esente ora al 50% di superficie accessoria, il piano seminterrato prima al 50% di superficie accessoria ora al 100% di superficie utile”, nonché la costruzione di edifici sul confine con altra proprietà in assenza di progetto unitario e di assenso da parte del proprietario confinante, il responsabile del servizio del Comune di Tavullia, con provvedimento 18.6.2008 n. 22, ha ordinato la demolizione di tutte le porzioni del piano interrato e del piano seminterrato non risultanti rispettivamente tali, in modo da far rientrare l’intero edificio progettato nei limiti di edificabilità previsti dalla vigente destinazione urbanistica del terreno.
Il provvedimento è stato impugnato dalla s.r.l. Immobiliare I.M.G., con atto notificato il 19.8.2008, depositato il 3.10.2008, che ne ha dedotto l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili, articolati in tre distinti motivi, sostenendo che:
a) l’ordine di demolizione è stato emanato senza la previa acquisizione del parere della Commissione edilizia;
b) alla società ricorrente non è stata data comunicazione dell’avvio del relativo procedimento;
c) le contestazioni sollevate dal Comune sono illegittime, poiché ai fini della rappresentazione dello stato dei luoghi è stata erroneamente presa in considerazione la quota di terreno del proprietario confinante e non la quota del terreno esistente sul lotto della società ricorrente, fra l’altro corrispondente a quello della pratica edilizia depositata presso l’Ufficio Urbanistica del Comune nel 1984 e definita con il rilascio della concessione edilizia n. 69/84. Inoltre l’atto impugnato è stato assunto in violazione dell’art. 31 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e, per quanto concerne il piano garage, in violazione dell’art. 9 della L. 24 marzo 1989, n. 122.
Per resistere all’impugnativa si è costituito in giudizio il Comune di Tavullia, che ha dedotto la infondatezza delle censure “ex adverso” formulate, concludendo per la reiezione.
DIRITTO
1.- Il Tribunale ritiene di esaminare in primo luogo (invertendo l’ordine in cui è articolato il ricorso) le questioni attinenti l’asserita abusività delle opere realizzate dalla s.r.l. Immobiliare I.M.G..
L’Amministrazione comunale di Tavullia contesta, sia nell’ordinanza di sospensione dei lavori 17.5.2008 n. 14 che nel successivo ordine di demolizione 18.6.2008 n. 22:
a) l’esecuzione di lavori di realizzazione di un piano interrato e di un piano seminterrato difformi da quanto rappresentato negli elaborati grafici allegati al permesso di costruire n. 56/2007 del 22.2.2008, per ciò che concerne l’interramento degli stessi rispetto alla quota del terreno esistente a valle, tra l’altro di altra proprietà, in violazione dell’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001;
b) l’incongruenza riscontrata negli elaborati grafici di progetto, nella parte in cui sono state rappresentate le quote del terreno allo stato di fatto, riscontrabili nelle sezioni trasversali e longitudinali, dove le quote del terreno sul retro fianco sinistro risultano sostanzialmente difformi da quelle esistenti, infatti risultano essere state rappresentate più alte di circa ml. 2,00 rispetto allo stato di fatto.
Il Collegio, alla luce della documentazione in atti, ritiene sicuramente fondata la contestazione di cui alla precedente lettera b). Invero, dalle tavole progettuali prodotte dalla difesa della resistente Amministrazione (cfr. in particolare la tavola A1 “architettonico di progetto”, allegata dalla società ricorrente alla documentazione presentata per ottenere il permesso di costruire n. 56/2007) si evince che il piano interrato viene graficamente rappresentato come tale in tutte le sezioni, risultando situato al di sotto del piano di campagna sia rispetto al terreno di proprietà della s.r.l. Immobiliare I.M.G. che rispetto al terreno del confinante, mentre il piano seminterrato viene rappresentato come avente una superficie fuori terra minore rispetto a quella interrata. Al contrario, dalla tavola I3 “sovrapposizione ante – post operam”, redatta dai tecnici della società ricorrente nel giugno 2008, risulta che il piano interrato può essere definito tale solo in relazione al fondo della s.r.l. Immobiliare I.M.G., mentre il muro esterno del garage si eleva sul fondo del proprietario confinante per una altezza che varia fra m. 1,43 (sezione B – B’) e m. 1,31 (sezione E- E’);mentre il piano seminterrato presenta maggiore superficie fuori terra rispetto a quella interrata. La non corretta rappresentazione dello stato dei luoghi nelle tavole di progetto ha prodotto la conseguenza – di cui viene fatta menzione nel preambolo dell’atto impugnato – della costruzione di un piano interrato realizzato non completamente sotto il livello del terreno, pertanto identificabile come piano seminterrato, nonché di un piano seminterrato che in realtà non è tale, in quanto la parte fuori terra risulta superiore a quella interrata;ciò ha ingenerato una violazione della normativa urbanistica (ed in particolare degli indici edilizi), poiché i piani completamente interrati non contribuiscono al calcolo della superficie utile lorda, mentre quello realizzato dalla società ricorrente, avendo in realtà le caratteristiche di un seminterrato, contribuisce al calcolo di detta superficie con una quota pari al 50%, ed il piano seminterrato, che in realtà non è tale, deve essere conteggiato per il 100% della superficie utile, e non per il 50%.
2.- La s.r.l. Immobiliare I.M.G., con il terzo motivo del ricorso, deduce che la quota di terreno da prendere in considerazione per valutare l’esatto interramento dei piani è quella del lotto di sua proprietà;tra l’altro lo stato di fatto assunto in progetto corrisponde a quello presentato al Comune con la pratica edilizia depositata presso l’Ufficio Urbanistica nel 1984 e accettato con il rilascio della concessione edilizia n. 69/84.
La censura è infondata. Osserva il Collegio che, secondo la giurisprudenza (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 12 settembre 2005, n. 4238) è principio generale quello per cui, salvo che non vi siano esplicite disposizioni normative di segno contrario, per piano interrato si intende quello costruito al di sotto dell'originario piano di campagna, in quanto le prescrizioni dettate dagli strumenti urbanistici in tema di altezza, distanze e volumetria degli edifici sono dirette a tutelare quegli specifici valori – aria, luce, vista – sui quali incidono tutti i volumi che, sporgendo al di sopra della linea naturale del terreno, modificano in maniera significativa la conformazione del suolo e dell’ambiente. Nella fattispecie, non solo non si rinvengono esplicite previsioni normative di segno contrario, ma anzi lo stesso regolamento edilizio tipo regionale definisce “piano interrato” il piano sito al piede dell’edificio quando le pareti perimetrali sono completamente comprese entro la linea di terra. Sicché la circostanza che, nel caso che occupa, il piano “de quo” sia ubicato sotto il livello del terreno di proprietà della s.r.l. Immobiliare I.M.G., ma non anche di quello del proprietario confinante, non permette di qualificarlo come interrato, onde la relativa superficie deve essere computata al fine del rispetto degli indici edilizi.
Neppure può sostenersi che il Comune di Tavullia avrebbe in passato “accettato” un determinato livello della quota del terreno di proprietà della società ricorrente, e non potrebbe oggi determinarsi diversamente. La circostanza infatti che nel 1984 il Comune non abbia formulato rilievi rispetto allo stato dei luoghi rappresentato nel progetto assentito con il rilascio della concessione edilizia n. 69/1984 non preclude oggi alla P.A. la possibilità di verificare la conformità alla normativa urbanistica delle opere realizzate dalla società ricorrente, e di assumere le conseguenti determinazioni, motivando le ragioni del proprio operato.
3.- Con altro profilo del medesimo motivo si deduce che erroneamente la P.A. avrebbe fatto applicazione dell’art. 31 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, non versandosi nell’ipotesi di totale difformità dal permesso di costruire.
Osserva il Collegio che la fattispecie è comunque inquadrabile nella categoria delle variazioni essenziali (come del resto viene specificato nello stesso oggetto del provvedimento impugnato), trattandosi di modifiche sostanziali di parametri urbanistico – edilizi da cui è conseguita la realizzazione di un edificio con maggiore consistenza volumetrica rispetto a quella autorizzabile, e quindi con diverse caratteristiche planovolumetriche e di utilizzazione, rapportate all’intero fabbricato. Ne deriva che legittimamente la P.A. ha ingiunto la demolizione di “tutte le porzioni del piano interrato e del piano seminterrato non risultanti rispettivamente tali, tanto da far rientrare l’intero edificio progettato nei limiti di edificabilità previsti dalla vigente destinazione urbanistica del terreno”, facendo applicazione dell’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001.
4.- Con un ulteriore profilo del terzo motivo viene dedotta, poi, la violazione dell’art. 9 della L. 24 marzo 1989, n. 122, assumendo che in virtù di tale norma la realizzazione del piano garage dovrebbe essere considerata legittima anche se esso fosse ritenuto non totalmente interrato.
Neanche tali argomentazioni meritano accoglimento. Come esattamente asserito dalla difesa della resistente Amministrazione, in questa sede non si controverte della possibilità della realizzazione di autorimesse e parcheggi destinati al servizio di fabbricati esistenti, anche in deroga agli strumenti urbanistici, ma dell’esecuzione di un intervento edilizio che ha comportato la realizzazione di volumi edilizi in difformità dalla vigente normativa urbanistica. In altre parole, l’applicazione dell’art. 9 della L. 24 marzo 1989, n. 122 avrebbe dovuto essere espressamente richiesta dalla società ricorrente in sede di rilascio del permesso di costruire, e debitamente autorizzata dall’Amministrazione comunale;in mancanza di tale passaggio procedimentale non è possibile sostenere l’illegittimità del provvedimento impugnato per la violazione della norma da ultimo menzionata.
5.- Restano quindi da esaminare le censure di ordine procedimentale dedotte con il primo ed il secondo motivo del ricorso, con cui la s.r.l. Immobiliare I.M.G. deduce, rispettivamente, che:
a) l’ordine di demolizione è stato emanato senza la previa acquisizione del parere della Commissione edilizia;
b) ad essa ricorrente non è stata data comunicazione dell’avvio del relativo procedimento.
Le censure sono infondate. Quanto alla prima, osserva il Collegio che la relativa invalidità procedimentale è irrilevante, in relazione al carattere vincolato dell’atto impugnato (demolizione di opere abusive) ed al disposto dell’art. 21-octies, comma 2, della L. 7 agosto 1990, n. 241, a norma del quale “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
Quanto alla seconda, oltre a richiamare il citato art. 21-octies della L. n. 241 del 1990, il Collegio ritiene la censura infondata anche in punto di fatto, atteso che con l’ordine di sospensione dei lavori 17.5.2008 n. 14 la P.A. ha dato formale comunicazione alla società ricorrente (oltre che ai progettisti ed all’impresa esecutrice dei lavori) dell’avvio del procedimento amministrativo atto a verificare la conformità urbanistica delle opere realizzate, specificando in maniera dettagliata le difformità riscontrate e preannunciando l’emanazione di “provvedimenti conseguenti all’accertamento dell’abuso”. Deve quindi ritenersi che la s.r.l. Immobiliare I.M.G. sia stata posta nelle condizioni di interloquire e di fornire la propria versione dei fatti, entro un termine ragionevole (l’ordine di sospensione dei lavori è stato notificato il 26.5.2008, mentre il successivo ordine di demolizione reca la data del 18.6.2008), con conseguente rispetto delle garanzie procedimentali stabilite dall’art. 7 della L. 7 agosto 1990, n. 241.
6.- Per le argomentazioni che precedono il ricorso deve essere respinto.
7.- Si ravvisano tuttavia ragioni per compensare tra le parti le spese del giudizio.