TAR Perugia, sez. I, sentenza 2023-05-16, n. 202300337

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Perugia, sez. I, sentenza 2023-05-16, n. 202300337
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Perugia
Numero : 202300337
Data del deposito : 16 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/05/2023

N. 00337/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00646/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 646 del 2022, proposto dal sig. G P, rappresentato e difeso dall'avvocato L C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Perugia, via degli Offici, 14;

per la revocazione

della sentenza n. 725/2022 (relativa al ricorso R.G. n. 479/2019), emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria, resa tra le parti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2023 la dott.ssa Daniela Carrarelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso indicato in epigrafe il ricorrente sig. Giuseppe Petrini ha chiesto la revocazione, per errore di fatto, della sentenza di questo Tribunale amministrativo regionale n. 725 pubblicata il 1° ottobre 2022 su ricorso n.r.g. 479/2019 per l’ottemperanza al giudicato formatosi in relazione al decreto della Corte d’Appello di Perugia n. 1592 del 7 giugno 2017.

La sentenza predetta, preso atto che « con l’atto notificato il 2.11.2021 e depositato il 4.11.2021 parte ricorrente non ha dedotto ritardi o inerzie del commissario ad acta nominato, né ha contestato gli atti dell’ausiliare del giudice, ma si è limitato a chiedere la sua attivazione affinché provveda a quanto necessario per l’esatta esecuzione del giudicato», ha ritenuto l’ «incidente di esecuzione promosso dal sig. Pietrini … inammissibile per difetto delle condizioni poste per la sua proposizione a norma del citato art. 114, c. 6, cod. proc. amm .». Conseguentemente, è stata dichiarata l’inammissibilità dell’incidente di esecuzione ed il ricorrente è stato condannato alla refusione delle spese della fase, liquidate in euro cinquecento.

2. Con ricorso per revocazione, notificato in data 28 novembre 2022 e depositato il successivo 29 novembre 2022, il ricorrente ha chiesto la revocazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 106 cod. proc. amm. e 395, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., deducendo che la sentenza n. 725 del 1° ottobre 2022 sarebbe stata pronunciata sulla base di un errore revocatorio, avendo il Giudice errato nel qualificare l'istanza di insediamento del commissario ad acta come un reclamo ex art. 114 cod. proc. amm.

Evidenzia la parte ricorrente che l'istanza, come desumibile dal suo tenore testuale, non voleva essere un reclamo, ponendosi come unico obiettivo quello di determinare l'insediamento del commissario, come del resto previsto dalla l. n. 89 del 2001 e dalla sentenza n. 106 del 2021 resa nel medesimo giudizio dal T.A.R. Umbria;
il deposito telematico che ne è seguito aveva unicamente uno scopo informativo e una funzione prodromica alla successiva, e solo eventuale, fase processuale dell'incidente di esecuzione da introdurre con lo specifico strumento del reclamo.

3. Si è costituito in giudizio il Ministero della Giustizia, eccependo l’inammissibilità dell’azione di revocazione, alla luce del disposto dell’art. 106 cod. proc. amm. e del principio della prevalenza dell’appello;
ad avviso della difesa erariale, inoltre, l’impugnazione dovrebbe comunque dichiararsi inammissibile stante l’assenza, nella specie, di qualsiasi vizio “percettivo”.

4. All’udienza pubblica del 9 maggio 2023, uditi per le parti i difensori come specificato a verbale, la causa è stata trattenuta per la decisione.

5. Preliminarmente, va rilevato che il ricorso è stato assegnato ad un Collegio con composizione diversa rispetto a quello che ha deciso la sentenza impugnata con il rimedio della revocazione, in applicazione dei principi di cui alla decisione dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 25 marzo 2009, n. 2.

6. Sempre in via preliminare deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità ricorso per revocazione, sollevata dalla difesa resistente alla luce del disposto del terzo comma dell’art. 106 cod. proc. amm. e del principio della “prevalenza dell’appello”.

L’eccezione è infondata per quanto di seguito esposto.

L’art. 106 cod. proc. amm., che al primo comma rinvia agli artt. 395 e 396 cod. proc. civ., al terzo comma dispone che contro le sentenze dei Tribunali amministrativi regionali la revocazione è ammessa se i motivi non possono essere dedotti con l’appello.

Non ignora il Collegio l’orientamento costante che individua in tale disposizione la codificazione del principio del rapporto meramente suppletivo della revocazione rispetto all'appello, nel senso che la revocazione ha un ruolo residuale, essendo ammessa solo se l'appello è escluso, alla stregua del rapporto tra revocazione ed appello caratteristico del processo civile (già affermato in passato, per il processo amministrativo, da una parte della giurisprudenza, cfr. C.d.S., sez. IV, 23 settembre 2004, n. 6237). Dalla codificazione del principio della "prevalenza dell'appello" la giurisprudenza amministrativa fa discendere l'inammissibilità del ricorso per revocazione ordinaria proposto senza avere a suo tempo impugnato in appello la sentenza (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 9 aprile 2019, n.785;
T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI 4 gennaio 2018 n. 80;
T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 21 novembre 2013, n. 2220;
T.A.R. Umbria, 8 giugno 2021, n. 431;
Id., 9 maggio 2013, n. 276).

Va, tuttavia, evidenziato che il presupposto per l’applicazione della citata regola della prevalenza dell’appello risiede proprio nell’appellabilità della decisione.

Al riguardo è stato più volte ribadito, ferma restando la regola generale della impugnabilità di tutte le decisioni rese dal giudice di primo grado in sede di ottemperanza, «[l]’indirizzo giurisprudenziale secondo cui le statuizioni rese in primo grado nell’ambito di un giudizio di ottemperanza che abbiano effetti meramente esecutivi e dunque sostanzialmente ordinatori (essendo prive di natura decisoria definitiva), non sono appellabili (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 1759 del 20 marzo 2018;
ordinanza n. 1835 del 22 marzo 2018;
entrambe richiamano Cons. Stato, sez. IV, 22 febbraio 2016 n. 725;
sez. III, 21 ottobre 2015 n. 4806;
sez. VI, 20 dicembre 2013, n. 6159). Tale approdo è coerente con i principi ripetutamente affermati dalla Corte di cassazione circa la non impugnabilità, salvo che non sia diversamente disposto dalla legge, dei provvedimenti non decisori e comunque non definitivi (cfr. Cass. civ., sez. un., 1 febbraio 2017 n. 2610;
Cass. pen., sez. un., 29 luglio 2016 n. 33216)
» (C.d.S., sez. IV, 9 aprile 2018, n. 2141).

Dovendosi avere riguardo non al nomen della decisione adottata in primo grado quanto piuttosto al suo contenuto, non ritiene il Collegio che la pronuncia di cui si chiede la revocazione fosse appellabile, attenendo ad un mero incidente di esecuzione ai sensi dell’art. 114, comma 6, cod. proc. amm., privo di contenuto decisorio.

Pertanto, il ricorso per revocazione ai sensi degli artt. 106 cod. proc. amm. e 395, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. deve ritenersi ammissibile.

7. Ciò posto, il ricorso si presenta fondato, risultando la sentenza n. 725 del 2022 trovare fondamento su un errore di fatto risultante dagli atti di causa, ex art. 395, comma 1, n. 4, cod. proc. amm.

Appare opportuno richiamare i principi affermati dalla giurisprudenza amministrativa, secondo la quale « l’errore - per potere assumere natura revocatoria e consentire di pronunciare in sede rescissoria sulle censure delibate dal giudice a quo - deve rispondere a tre requisiti:

i) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l'organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, ritenendo così esistente un fatto documentale escluso, ovvero inesistente un fatto documentale provato;

ii) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato, tenuto conto che se vi è valutazione di un contrasto tra le parti, non può esservi una svista percettiva, ma piuttosto la formulazione di un giudizio volto a risolvere il suddetto contrasto, “che si sottrae al rimedio revocatorio, così che restano escluse dall'ambito della revocazione l'erroneità della valutazione dei fatti storici o della loro rilevanza ai fini della decisione” (Cassazione civile, Sez. VI - 1, 5 febbraio 2020, n. 2726);

iii) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l'erronea presupposizione e la pronuncia stessa (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 agosto 2022, n. 7294) » (da ultimo, C.d.S., sez. VI, 12 maggio 2023, n. 4809).

Nel caso in esame erroneamente è stato ritenuto che la parte ricorrente avesse rivolto al Collegio una istanza di reclamo ai sensi dell’art. art. 114, comma 6, cod. proc. amm.;
di contro, l’istanza proposta dalla difesa di parte ricorrente, avente oggetto “ Richiesta insediamento Commissario ad acta già nominato ”, notificata a mezzo pec in data 2 novembre 2021 e depositata agli atti del giudizio n.r.g. 479/2019 il successivo 4 novembre 2021, risulta volta esclusivamente a sollecitare l’attivazione del commissario ad acta già nominato con precedente sentenza n. 106 del 2021, resa nel medesimo giudizio. Né quanto sopra risulta essere un punto controverso sul quale la sentenza di cui si chiede la revocazione si è pronunciata, non essendo stata né dalle parti né dal Giudice posta in discussione la sussistenza di un reclamo ex art. 114, comma 6, cod. proc. amm. presentato dalla parte ricorrente.

Evidenzia il Collegio che l’errore nella percezione dell’istanza di parte ricorrente appare imputabile anche alle modalità del deposito telematico della richiesta di attivazione del commissario ad acta ;
inoltre, a seguito dell’avviso di fissazione della camera di consiglio, alcuna eccezione è stata mossa tanto dalla difesa attorea che da quella resistente, entrambe poi non comparse alla camera di consiglio del 29 luglio 2022.

7. Per quanto esposto l’istanza di revocazione di parte ricorrente deve essere accolta, con la conseguente integrale revocazione della sentenza di questo Tribunale amministrativo regionale del 1° ottobre 2022 n. 725;
in sede rescissoria il Collegio ritiene che non vi sia luogo a provvedere sulla richiesta di insediamento del commissario ad acta depositata dalla parte ricorrente in data 4 novembre 2021 agli atti del giudizio n.r.g. 479/2019.

Alla luce delle circostanze sopra riportate, si ravvisa la sussistenza di giusti motivi per disporre la compensazione delle spese.

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