TAR Brescia, sez. I, sentenza 2011-11-25, n. 201101628
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Testo completo
N. 01628/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00541/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 541 del 2009, proposto da:
B B, P L, rappresentati e difesi dagli avv. F F, I F, G F, con domicilio eletto presso G F in Brescia, via Diaz, 28;
contro
Comune di Adro;
nei confronti di
Societa' Ravagni Adriana e C. Snc, rappresentato e difeso dall'avv. G B, con domicilio eletto presso G B in Brescia, via V. Emanuele II, 60;
per l'annullamento
del permesso di costruire C 2007- 22/D 2007-125 del 19.10.2007 e, per quanto occorra, di ogni atto a questo connesso;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Societa' Ravagni Adriana e C. Snc;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2011 il dott. S C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Baglioni Battista e Lancini Palmira hanno proposto – con atto notificato in data 16.3.2009 al Comune di Adro e alla società Ravagni e C s.n.c. - ricorso straordinario al Capo dello Stato, ex art. 8 D.P.R. 24.11.1971 n. 1199, per chiedere l’annullamento del permesso di costruire in data 28.7.2009, relativo alla realizzazione di una villetta bifamiliare.
Con atto notificato l’ 8 e 9 aprile.2009 la società Ravagni e C s.n.c. ha richiesto, ex art. 10 del D.P.R. n. 1199/1971, che il predetto ricorso fosse deciso in sede giurisdizionale.
Con atto notificato il 22.502009 e depositato presso la Segreteria della Sezione il 28.5.2009, Baglioni Battista e Lancini Palmira hanno provveduto a costituirsi in giudizio ex art. 10 del cit. D.P.R. n. 1199 presso il TAR Brescia, ove il ricorso è stato rubricato al n. 541/09 .
I ricorrenti – premessa ampia espositiva in fatto – articolava le seguenti doglianze:
1) “Violazione di legge degli articoli 9 DM 1444/1968 e dell’articolo 19.1 delle NTA comunali;erronea interpretazione ed erronea applicazione dell’articolo 3.4.15 delle Disposizioni sanitarie Generali – Regione Lombardia”.
La nuova costruzione è localizzata in aderenza al condominio preesistente, violando i limiti in materia di distanze fra fabbricati posi dalla legge nazionale e dalla normativa comunale.
2) “Violazione di legge, articoli 12.1 e 19.1 NTA comunali;eccesso di potere per travisamento dei fatti, per illogicita’ manifesta, contraddittorieta’ nelle scelte operate dalla amministrazione comunale”.
Si contesta la sussistenza di volumetria disponibile sul lotto che sarebbe ormai saturo.
3) “Violazione articolo 11 e 12 del DPR n. 380 del 6.6./2001”.
Sulla premessa che sia il mappale 35 sub 1 (magazzino al piano interrato con sovrastante lastrico solare) che il mappale 35 sub 18 (accatastato come lastrico solare) costituiscano parti di un condominio, si sostiene che sarebbe stato necessario l’assenso di tutti i condomini.
4) “Violazione di legge art. 7 della legge 241/1990”.
L’emanazione del provvedimento impugnato non è stata fatta precedere dalla comunicazione di avvio del procedimento, nonostante fosse palese che ai titolari delle unità abitative di cui ai mappali 35 fg 6 (dal sub 1 al sub 18) – facilmente individuabili dalla PA - potessero derivare pregiudizi.
Non si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Adro.
Si è costituita la controinteressata Ravagni e C., chiedendo il rigetto del gravame.
Con atto depositato il 8.6.2009 i ricorrenti dichiaravano di rinunciare all’istanza cautelare a seguito del sopravvenire di fatti che facevano venir meno la necessità della sospensiva.
In vista della pubblica udienza del 12.10.2011 i ricorrenti hanno depositato (il 22.7.2011) memoria con cui si insiste per l’accoglimento del gravame, evidenziando che:
- con atto in data 17.3.2009 l’Amministrazione comunale aveva emesso comunicazione di avvio del procedimento di “revoca del permesso di costruire C 2007- 0022 pratica edilizia D 2007/00125 relativo alla edificazione di una villetta bifamiliare in Via Provinciale”;
- successivamente il Comune non portava a termine detta procedura, in quanto la Ravagni e C s.n.c. presentava istanza di variante al detto permesso per eliminare la violazione delle distanze;
- dopo aver il Comune emesso, il 4.6.2009, comunicazione di motivi ostativi al rilascio del permesso in variante per superamento della volumetria, il 10.7.2009 veniva rilasciata la variante di cui al permesso C2009/0016, che i ricorrenti hanno impugnato con il ric. n. 1019/09.
Con memoria depositata il 25.7.2011 la controinteressata Ravagni e C s.n.c. chiede che venga dichiarata la sopravvenuta carenza d’interesse o la cessazione della materia del contendere, in quanto il provvedimento impugnato con il ric. n. 541/09 è stato sostituito dal nuovo permesso impugnato con il ric. 1019/09.
Con memoria di replica depositata il 16.9.2011, la Ravagni contesta la richiesta di annullamento formulata dai ricorrenti con la memoria del 22.7.2011 ed insiste per la dichiarazione di improcedibilità del gravame.
I ricorrenti hanno depositato nota spese per totali € 13.396,68.
Alla pubblica udienza del 12.10.2011 – alla quale era pure chiamato il connesso ric. n. 1019/09 R.G. – il gravame è stato trattenuto in decisione.
Il Collegio è chiamato a verificare, in via preliminare, la permanenza dell’interesse alla decisione della causa.
Al riguado vanno svolte le seguenti osservazioni.
Il rapporto che lega una concessione alla successiva variante si atteggia in maniera differenziata a seconda del concreto contenuto precettivo dell'assenso rilasciato in epoca posteriore, di guisa che non sempre all'annullamento di quello originario consegue di necessità l'insanabile invalidità derivata del secondo (cfr. Cons. St., Sez. V, 11 marzo 2005 n. 1023).
Va ricordato che il sopravvenire di un nuovo provvedimento sostitutivo di un precedente ed idoneo a provocarne la caducazione, fa venir meno in chi abbia impugnato il primo provvedimento l'interesse a coltivare la suddetta impugnazione, poiché la situazione pregiudizievole lamentata si verificherebbe ugualmente, nonostante l'annullamento (eventuale) del provvedimento già impugnato, in forza di quello sopravvenuto.
Per converso, tale effetto non si verifica allorché siano emanati provvedimenti dipendenti da quello impugnato e che ne presuppongono l'esistenza, perché in tal caso questi ultimi cessano di aver effetti con l'annullamento del primo.
In tema di concessioni edilizie l'esposto principio comporta l'improcedibilità delle impugnazioni delle concessioni edilizie allorché la concessione impugnata sia stata sostituita con altra che ne autorizzi anche se sotto la denominazione di "variante", un progetto nuovo e diverso, sul quale si siano esplicate nuove ed autonome valutazioni dell'Amministrazione, idonee a legittimare l'edificazione indipendentemente dalla prima concessione.
Al contrario, il rilascio di autorizzazioni di variante vere e proprie, tese a modificazioni dell'originario progetto che ne presuppongono tuttavia l'esistenza, non comporta l'improcedibilità del ricorso proposto contro il primo e fondamentale provvedimento autorizzatorio, poiché tali varianti ed i provvedimenti che li autorizzano non hanno autonoma esistenza, perdono di oggetto e vengono a cadere all'atto dell'annullamento del precedente provvedimento (cfr. Cons. St., Sez. V, 14 gennaio 1991 n. 44).
Al fine di discriminare fra un progetto autonomo ed una semplice variante di un precedente progetto, la giurisprudenza ha evidenziato come debba aversi riguardo alla natura "delle modificazioni quantitative o qualitative apportate rispetto all'originario progetto, riguardanti, in particolare, la superficie coperta, il perimetro, la volumetria, nonchè le caratteristiche funzionali e strutturali interne ed esterne del fabbricato" (cfr. Cons. St., Sez.V, 2 aprile 2001 n.1898) e non certo alla dizione utilizzata.
In particolare, si è affermato che "la diversa dislocazione sul territorio dell'edificio in progetto rispetto alle previsioni originarie, integra gli estremi di una nuova concessione, e non di una mera variante in corso d'opera" (cfr. T.A.R. Liguria 16 marzo 1985 n. 118). L'estendersi dell'edificio in un'area precedentemente non occupata costituisce elemento di innovatività tale da sciogliere qualsiasi vincolo con altri precedenti progetti (cfr. T.A.R. Palermo, Sez. II, 23 luglio 2002 n. 1992).
Con riguardo alla fattispecie all’esame, va escluso che siano state introdotte modifiche quantitativamente e qualitativamente circoscritte, tali da non alterare le linee originarie dell'intervento edilizio.
Infatti, dalla relazione tecnica a firma del progettista geom. Paolo Usanza, allegata alla domanda di permesso di costruire in variante (depositata in Comune il 25.6.2009: cfr. fasc. n. 18) emerge che:
- “ trattasi della modifica volumetrica e conseguentemente architettonica al progetto inoltrato in data 7.5.2009…”
. si “…prevede il distacco dell’edificio da edificarsi …ad una distanza uguale o maggiore di metri 10 rispetto all’edificio condominiale esistente in lato nord e il rispetto della volumetria massima di mc 578,12.”
- “le porzioni di edificio già edificate alla data odierna ad una distanza inferiore a quella minima prevista di mt. 10 (consistenti fondamentalmente in porzioni di murature perimetrali in gasbeton e travi di basamento) verranno demolite e rimosse.”
- “ la villetta bifamiliare in variante la cui edificazione è prevista nella presente richiesta rispetta il volume disponibile per i lotti di proprietà del committente come meglio specificati nella tavola n. 1 …occupa complessivamente una volumetria pari a mc. 558,18 inferiore a quella prevista ed accertata di mc.578,12.” (al riguardo va ricordato che il permesso originario prevedeva 533,77 a cui con la dia 132/20080 si sono aggiunti mc. 49,45 per totali mc. 583,22
- “rispetto al permesso di costruire originario … e alla DIA n. 132/2008 la nuova villetta bifamiliare rimane invariata per la porzione rivolta a sud, mentre la porzione a nord si svilupperà su una superficie in pianta diversa rispetto a quanto previsto in origine. Per conseguenza a tale modifica il progetto comporterà una diversa disposizione degli spazi interni, nonché il cambiamento dell’imposta e della pendenza della copertura di entrambe le unità residenziali. Il tetto sarà realizzato con una struttura a due falde a differenza della struttura a padiglione prevista nel progetto originario.”
Dall’insieme di tali elementi (le modificazioni riguardano: la dislocazione dell’edificio, la volumetria complessiva, la disposizione degli spazi interni,il cambiamento dell’imposta delle copertura) emerge che si è in presenza di un nuovo progetto e non di una mera variante in corso d’opera, tanto più che viene espressamente prevista la demolizione di quanto già realizzato in violazione delle distanze.
Alla stregua di tali elementi di valutazione, va concluso nel senso della improcedibilità del gravame, non sussistendo più alcun interesse, in capo ai ricorrenti alla decisione del presente gravame, il loro interesse essendosi trasferito sull’ulteriore ric. n. 1019/09.
Va soggiunto che – in tale contesto - non si è determinata la cessazione della materia del contendere, la quale – come è noto – presuppone il pieno soddisfacimento della posizione giuridica fatta valere con il ricorso.
Infine, alla stregua dell’orientamento della Sezione (cfr. le sentenze n. 330/11, 373/11 e 768/11) va rilevato che non costituisce impedimento alla declaratoria d’improcedibilità l’astratta eventualità della proposizione di domanda risarcitoria da parte dei ricorrenti(che nulla hanno rilevato al riguardo), in quanto - dopo che l'art. 30, secondo comma, del c.p.a. ha introdotto nel processo amministrativo l'azione autonoma di condanna per ottenere il risarcimento del danno ingiusto derivante dall'illegittimo esercizio dell'azione amministrativa - non può più affermarsi che il giudice chiamato a pronunciarsi sulla domanda annullatoria non possa dichiarare l'improcedibilità del gravame. Infatti, se è pur vero che il c. 3 dell'art. 34 c.p.a. prevede che "quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto sussiste l'interesse ai fini risarcitori", va osservato che laddove, come nella fattispecie, tale interesse non sia stato concretizzato dalla ricorrente tramite la presentazione formale di una specifica domanda, la quale è proponibile entro il termine di cui all'art. 30, c. 5 del c.p.a., non si può più affermare che competa al Giudice rilevare ex officio l'ipotetica presenza di un interesse la cui azionabilità è ancora nel potere della parte interessata (cfr. ulteriormente sul punto TAR Brescia, 24.2.2011 n. 330).
Ai fini della liquidazione delle richieste spese del giudizio (c.d. valutazione della soccombenza virtuale), va rilevato che il primo motivo di gravame risultava fondato, come sostanzialmente riconosciuto dalla stessa controinteressata che, per eliminare la violazione delle distanze, ha provveduto a redigere un nuovo progetto, prevedente una diversa area di sedime dei fabbricati, che risulta rispettosa delle stesse.
Il Comune di Adro e la controinteressata Ravagni e C s.n.c. vanno quindi condannati al pagamento, in parti eguali fra loro, delle spese del presente giudizio.
Le stesse sono liquidate (così ridotto l’importo esposto nella prodotta parcella) in complessivi € 6.000, oltre ad accessori di legge.