TAR Brescia, sez. I, sentenza 2024-04-09, n. 202400289

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza 2024-04-09, n. 202400289
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 202400289
Data del deposito : 9 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/04/2024

N. 00289/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00656/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOE DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la L

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 656 del 2021, proposto da
“T”, rappresentato e difeso già dagli avvocati N G e P F, e ora dagli avvocati M L e P F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Brescia, via S. Caterina, 6;

per l'annullamento

- della determinazione n. 195/2-2 di prot. del 10.6.2021, notificata il 17.6.2021, del Comandante del Comando Interregionale Carabinieri “Pastrengo” con la quale, all'esito di ricorso gerarchico, è stato confermato il provvedimento disciplinare n. 1968/66-2020 di prot. Disc. Cont. del 12.3.2021, notificato in pari data, del Comandante del Comando Legione Carabinieri “L”, che aveva irrogato al ricorrente la sanzione del rimprovero;

- di tutti gli atti a quello suindicato comunque connessi e coordinati, anteriori e conseguenti, e dell’intero relativo procedimento, con pronuncia espressa su ciascuno dei motivi di ricorso;
con ogni consequenziale pronuncia di legge.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2024 il dott. A F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- La vicenda trae origine da un’indagine della Procura di Brescia, denominata “-OISSIS-”, al centro della quale c’era il sig. "C", imprenditore nel settore delle televisioni locali, accusato di vari reati (associazione a delinquere, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, tutti e tre con l’aggravante mafiosa per avere favorito una ’ndrina, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, reati in materia fiscale, indebito utilizzo di carte di credito o di pagamento, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, accesso abusivo a sistema informatico o telematico).

Con una comunicazione del 20.11.2020, prot. 485/20-020/2020, il pubblico ministero titolare dell’indagine, nell’autorizzare il Comandante del Reparto Operativo di Brescia ad accedere agli atti del fascicolo penale, scrisse, a proposito di quattro Carabinieri in servizio a Chiari (BS), tra cui il sig. "T", che “ l’attività di intercettazione ha consentito di cristallizzare non solo la assidua frequentazione di "C", ma una completa adesione al suo stile di vita, lasciandosi andare sovente a commenti indegni della importante funzione ricoperta. Circostanza che lascia trasparire un netto contrasto tra la personalità dei militari in questione ed i valori insiti propri dell’Arma dei Carabinieri ”.

Il sig. "T" non è mai stato sottoposto a procedimento penale per i fatti in questione.

2.- A seguito di quella comunicazione è stato avviato nei confronti del ricorrente il procedimento disciplinare con lettera di contestazione degli addebiti del 15.12.2020.

Egli è stato sentito il 12.3.2021 e al verbale sono state allegate le sue memorie difensive, ma in quella stessa circostanza gli è stata irrogata la sanzione del rimprovero con il provvedimento disciplinare del Comandante della Legione Carabinieri “L” indicato in epigrafe, notificatogli lo stesso giorno.

Il provvedimento reca la seguente motivazione: “ Graduato addetto a Sezione Radiomobile di Compagnia distaccata, evidenziando inadeguato senso di responsabilità, intratteneva frequentazione e rapporti amicali con soggetto controindicato, ritenuto al vertice di sodalizio criminale contiguo ad associazione mafiosa di tipo ‘ndranghetista. Tale condotta – severamente stigmatizzata dall’Autorità Giudiziaria – da cui è derivata la lesione del prestigio della istituzione, è disciplinarmente censurabile in quanto contraria ai doveri attinenti al grado ed alle funzioni del proprio stato, nonché alle norme di comportamento a cui ogni militare ed in particolar modo un appartenente all’Arma, deve improntare il proprio contegno, anche nella vita privata, violazione degli art. 713 co. 2, 717 e 732 commi 1 e 5 lett. B del Testo Unico delle disposizioni Regolamentari in materia di Ordinamento Militare. (Mancanza commessa tra il novembre del 2018 ed il novembre 2020, nella provincia di Brescia, nel Grado di Appuntato Scelto Qualifica Speciale) ”.

3.- Avverso detto provvedimento il sig. "T" ha proposto ricorso gerarchico, che è stato respinto dal Comandante del Comando Interregionale Carabinieri “Pastrengo” con il provvedimento del 10.6.2021, notificato il 17.6.2021, indicato in epigrafe, nel quale si dice quanto segue:

“OSSERVATO CHE - lo stralcio delle intercettazioni telefoniche riporta una conversazione il cui tenore evidenzia un preesistente rapporto amicale tra il ricorrente ed il "C", dalla quale emerge che quest’ultimo, nel rappresentare un dissidio privato con la convivente – per vicenda verosimilmente in tema di violenza di genere – richiedeva l’intervento del militare per il quale non risulta essere stata redatta alcuna relazione di servizio (ex art. 748 del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90);
- la frequentazione tra i suddetti è, altresì, supportata dall’annotazione riscontrabile a pag. 1842 della citata “nota informativa”;

CONSIDERATO CHE - indicativi della pregressa conoscenza tra il "C"e l’App. Sc. "T" appaiono anche i termini usati dal primo nel riferire di accadimento per il quale chiede al militare un intervento per vicenda che lo vede coinvolto personalmente;
- la conclamata vicenda penale che vede il "C"ritenuto in organico alla compagine criminale del territorio ove il graduato presta servizio di P.G. evidenzia peraltro, a carico di quest’ultimo, una palese situazione di incompatibilità ambientale”
.

4.- Il ricorrente ha allora impugnato il provvedimento disciplinare davanti al TAR L, sede di Milano, il quale, con ordinanza n. 938 dell’11.9.2021, ha rigettato la domanda cautelare per mancanza di periculum in mora in considerazione della tenuità della sanzione disciplinare inflitta ”.

Poi il Presidente del TAR L, accogliendo l’eccezione sollevata dall’Avvocatura dello Stato, con ordinanza n. 764 del 25.10.2021 ha assegnato il ricorso alla Sezione Staccata di Brescia ai sensi dell’art. 47, comma 1 e dell’art. 13, comma 2, c.p.a., davanti alla quale il giudizio è proseguito.

5.- Il 14.1.2022 si è costituito un nuovo difensore del ricorrente in sostituzione di uno dei due precedenti difensori.

Il 18.1.2022 si è costituita formalmente l’Avvocatura dello Stato di Brescia, che non ha svolto difese né depositato una relazione.

6.- Il ricorrente ha depositato una memoria ex art. 73 c.p.a. nella quale ha riferito che, con sentenza n. -OISSIS-del 31.5.2023, depositata il 26.7.2023, il Tribunale Ordinario di Brescia – Seconda Sezione Penale, ha assolto il signor "C" con formula piena da molti dei reati ascrittigli, e in particolare ha escluso l’aggravante mafiosa, ritenendo insussistente qualsivoglia collegamento con la ’ndrina alla quale era stato accostato.

Con quella sentenza il sig. "C" è stato invece condannato per associazione a delinquere, per alcuni reati in materia fiscale, per autoriciclaggio, per indebito utilizzo di carte di credito o di pagamento e per accesso abusivo a un sistema informatico o telematico, a 5 anni di reclusione ed euro 12.000 di multa, oltre alle pene accessorie dell’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni, dell’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per 6 mesi e dell’incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione per un anno.

Secondo il ricorrente, con tale sentenza sarebbe venuto meno il presupposto sul quale si fonda la sanzione disciplinare inflitta al ricorrente, perché dalle condotte ascrittegli non potrebbe derivare alcuna lesione del prestigio dell’Arma, né quelle condotte potrebbero porsi in contrasto con i doveri attinenti al grado e alle funzioni derivanti dallo status di militare.

DIRITTO

1.- La sanzione a carico del sig. "T" è stata irrogata per violazione degli artt. 713 comma 2, 717 e 732 commi 1 e 5 lett. b, d.P.R. 90/2010, recante il testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare.

L’art. 713, comma 2, prescrive che il militare “ deve astenersi, anche fuori servizio, da comportamenti che possono comunque condizionare l'esercizio delle sue funzioni, ledere il prestigio dell'istituzione cui appartiene e pregiudicare l'estraneità delle Forze armate come tali alle competizioni politiche, fatto salvo quanto stabilito dall' articolo 1483 del codice ”.

L’art. 717 prevede che “ Il senso di responsabilità consiste nella convinzione della necessità di adempiere integralmente ai doveri che derivano dalla condizione di militare per la realizzazione dei fini istituzionali delle Forze armate ”.

L’art. 732 prevede, al comma 1, che “ Il militare deve in ogni circostanza tenere condotta esemplare a salvaguardia del prestigio delle Forze armate ”, e al comma 5, lett. b, che il personale dell'Arma dei carabinieri deve “ osservare i doveri del suo stato, anche nel contrarre relazioni o amicizie ”.

La sanzione irrogata, il rimprovero scritto, rientra tra le quattro sanzioni disciplinari di corpo previste dall’art. 1358 d.lgs. 66/2010 (codice dell’ordinamento militare), ed è più grave del richiamo verbale, e meno grave della consegna e della consegna di rigore.

2.- Il ricorrente lamenta in primo luogo la “ violazione di legge per non corretta interpretazione del fatto ”, contestando le tre circostanze indicate nella comunicazione del pubblico ministero a seguito della quale è stato avviato il procedimento disciplinare, e cioè l’assidua frequentazione con il sig. "C", l’adesione al suo stile di vita e l’essersi lasciato andare a commenti indegni della funzione.

2.1.- Con riguardo alla “ assidua frequentazione ” con il sig. "C" il ricorrente evidenzia che, a fronte di un’indagine penale durata circa due anni e mezzo, il cui fascicolo processuale è composto da 12 faldoni di atti e intercettazioni, i contatti tra il sig. "T" e il sig. "C" constano solo di tre telefonate e un incontro.

2.1.1.- Quanto alle tre telefonate, sono state tutte effettuate nella medesima serata del 12.10.2018, in un brevissimo arco di tempo (tra le 19.53 e le 20.35) e tutte per il medesimo motivo: il sig. "C" aveva chiamato il sig. "T" alla sua utenza di servizio dopo un litigio con la compagna, avvenuto in presenza dei figli minori, e concluso con l’uscita della donna dalla casa familiare. Nel corso delle telefonate il sig. "T" si sarebbe accertato che la donna e i bambini stavano bene e, in assenza di fatti reato procedibili d’ufficio, avrebbe invitato la donna a presentare denuncia-querela nei confronti del compagno. Nel corso di quelle telefonate, il sig. "T" avrebbe trattato il sig. "C" con distacco, al solo fine di potersi sincerare delle condizioni fisiche della donna e rintracciare questa per comprendere se fossero stati commessi reati;
inoltre nell’ultima delle tre telefonate la conversazione fu interrotta dal militare proprio perché aveva rintracciato la donna.

Il sig. "T" non ha dato seguito alle richieste espresse in quella telefonata dal "C", non lo ha mai richiamato o informato di alcunché sugli accertamenti di quella sera. Inoltre da quel giorno non ha più avuto alcun contatto con il "C", ragion per cui non corrisponde al vero l’addebito mossogli, che colloca temporalmente i fatti addebitati “ tra il novembre del 2018 ed il novembre 2020 ”.

2.1.2.- Quanto all’incontro, a pag. 1842 della nota informativa di riepilogo del 6.2.2020 del Comando Provinciale Carabinieri di Brescia – Reparto Operativo – Nucleo Investigativo vi è una tabella “ a fini prettamente indicativi ” nella quale viene indicato che il 22.4.2018 il sig. "C" è arrivato a bordo di una Maserati presso il Comando Compagnia Carabinieri di Chiari alle ore 10.40 per ripartire cinque minuti dopo, e vi è poi tornato alle 11.29 per ripartire un minuto dopo. Negli atti d’indagine è annotato, riguardo al primo accesso in caserma del "C", che “ "C" arriva in caserma e incontra l’Aps "T" ”, e riguardo al secondo accesso che “ "C" riaccompagna in caserma l’Aps "T" ”. Il ricorrente sostiene che non vi sarebbe traccia in atti delle intercettazioni ambientali citate nella tabella che indica i due accessi, né esisterebbero relazioni di servizio attestanti OCP (osservazione controllo pedinamento) in tal senso;
il sig. "T" alle ore 10.43 di quel giorno era intento a lavorare al terminale del comando, il che renderebbe impossibile l’incontro con il "C" nell’arco orario in atti indicato, tenuto inoltre conto che il "C", in quell’arco orario, non risulterebbe aver avuto accesso alla caserma.

2.2.- Con riguardo all’adesione allo stile di vita del sig. "C", il ricorrente afferma che egli non sapeva nulla delle condotte criminali ascritte al predetto, ma sapeva soltanto che: era un imprenditore, proprietario di un bar tabaccheria nei pressi della sua abitazione, dove capitava che il ricorrente prendesse il caffè, ricaricasse il cellulare o pagasse bollette delle utenze di casa;
frequentava la Caserma e il Comandante della Compagnia Mar. Magg. -OISSIS-, fermandosi a pranzo in mensa con lui e con il Magg.-OISSIS-, in mezzo ai militari della Compagnia;
aveva donato al Comando della Compagnia un monumento (per procedere a una donazione è prevista una procedura di autorizzazione da parte della scala gerarchica, atta ad evitare che la liberalità sottenda una corruzione);
frequentava il palazzo di giustizia e la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia e aveva rapporti di amicizia e di frequentazione con magistrati e segreterie, tra cui lo stesso pubblico ministero autore della comunicazione a seguito della quale è stato avviato il procedimento disciplinare.

2.3.- Con riguardo agli asseriti “ commenti indegni dell’importante funzione ricoperta ”, secondo il ricorrente dal fascicolo penale non ne risulterebbe alcuno da parte del sig. "T".

2.4.- La censura risulta infondata, anche senza considerare l’asserito episodio del 22.4.2018 – quando il sig. "C" si sarebbe recato in caserma, sarebbe andato via con la propria automobile assieme al sig. "T" e lo avrebbe riportato in caserma dopo circa 45 minuti – in relazione al quale, a fronte delle specifiche contestazioni del ricorrente, l’Amministrazione non ha replicato né documentato alcunché.

Dalle tre telefonate intercettate tra il ricorrente e il sig. "C", in effetti, non emerge alcun “ commento indegno dell’importante funzione ricoperta ” da parte del sig. "T", né una sua “ adesione allo stile di vita del sig. "C" ”, contrariamente a quanto aveva segnalato il pubblico ministero titolare dell’indagine.

Tuttavia da quelle telefonate risulta inequivocabilmente che tra il sig. "C" e il sig. "T" preesisteva un rapporto di amicizia e di frequentazione: lo si desume dal fatto che "C" ha telefonato di sera al cellulare di servizio di "T" per risolvere un problema personale con la compagna, che i due nella conversazione si sono dati del “tu”, che "T" ha scritto un messaggio e telefonato alla compagna di "C" (non ricevendo risposta) senza dover chiedere il numero a quest’ultimo, e che "T" ha acconsentito alla richiesta di "C" di recarsi presso l’abitazione della madre della compagna per verificare se quest’ultima fosse andata là dopo avere lasciato la casa familiare.

All’esito del processo penale a suo carico, il sig. "C" non è risultato essere legato alla ’ndrangheta, come gli era stato invece contestato nell’imputazione, e com’è indicato anche nel provvedimento disciplinare emesso nei confronti del sig. "T";
tuttavia il sig. "C" era comunque un soggetto che, all’epoca del rapporto intrattenuto con il sig. "T", aveva già precedenti penali in materia di stupefacenti, ed è stato poi nuovamente condannato, all’esito del processo penale in questione, alla pena di cinque anni di reclusione per vari reati.

Alla luce di quanto esposto, la motivazione sulla quale si fonda il provvedimento disciplinare – e cioè che "T", “ evidenziando inadeguato senso di responsabilità, intratteneva frequentazione e rapporti amicali con soggetto controindicato, ritenuto al vertice di sodalizio criminale contiguo ad associazione mafiosa di tipo ’ndranghetista ” – seppure rivelatasi errata con riguardo a quest’ultima parte, è per il resto giustificata, poiché effettivamente il ricorrente ha imprudentemente intrattenuto “ frequentazione e rapporti amicali con soggetto controindicato ”.

2.4.1.- Non solo: questo rapporto di amicizia con il sig. "C" ha indotto il sig. "T", nell’occasione delle tre telefonate, a tenere una condotta “ contraria ai doveri attinenti al grado ed alle funzioni del proprio stato, nonché alle norme di comportamento a cui ogni militare ed in particolar modo un appartenente all’Arma, deve improntare il proprio contegno, anche nella vita privata ”, come indicato nel provvedimento disciplinare.

Egli infatti, dopo le tre telefonate con il sig. "C", nelle quali aveva appreso che la compagna di questi si era allontanata da casa a seguito di una lite di coppia e che il sig. "C" temeva di essere denunciato da lei, e dopo avere cercato e trovato la donna, ha omesso di redigere una relazione di servizio, come invece avrebbe dovuto fare ai sensi dell’art. 748 d.P.R. 90/2010, il quale prescrive al militare di dare sollecita comunicazione al proprio comando o ente “ degli eventi in cui è rimasto coinvolto e che possono avere riflessi sul servizio ”. Tale norma si riferisce agli eventi occorsi fuori dal servizio, che tuttavia possono avere “ riflessi ” sul servizio stesso;
ed è evidente che quanto accaduto al sig. "T" la sera del 12.10.2018 poteva avere riflessi importanti sul servizio, perché, qualora la compagna del "C" avesse poi effettivamente sporto denuncia-querela nei confronti di questi, con ogni probabilità i Carabinieri di Chiari sarebbero stati incaricati delle indagini, e quanto appreso e fatto dal sig. "T" nel corso di quella serata avrebbe avuto un’estrema rilevanza ai fini delle indagini stesse.

Questo aspetto è specificamente sottolineato nella decisione di rigetto del ricorso gerarchico, nella quale si legge che “ lo stralcio delle intercettazioni telefoniche riporta una conversazione il cui tenore evidenzia un preesistente rapporto amicale tra il ricorrente ed il "C", dalla quale emerge che quest’ultimo, nel rappresentare un dissidio privato con la convivente – per vicenda verosimilmente in tema di violenza di genere – richiedeva l’intervento del militare per il quale non risulta essere stata redatta alcuna relazione di servizio (ex art. 748 del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90) ”.

Non coglie nel segno l’obiezione del ricorrente secondo la quale la violazione dell’art. 748 d.P.R. 90/2010 gli sarebbe stata contestata solo nella decisione sul ricorso gerarchico: tra gli addebiti mossi al ricorrente, per i quali gli è stata irrogata la sanzione disciplinare, v’è quello di non essersi astenuto “ anche fuori servizio, da comportamenti che possono comunque condizionare l'esercizio delle sue funzioni ” (art. 713, comma 2, d.P.R. 90/2010) e di non avere osservato “ i doveri del suo stato, anche nel contrarre relazioni o amicizie ” (art. 732, comma 5, lett. b);
il richiamo alla violazione dell’art. 748, compiuto nella decisione sul ricorso gerarchico, non rileva quale autonomo illecito disciplinare, bensì come mero indice del fatto che l’amicizia intessuta dal sig. "T" con il sig. "C" era tale da condizionare la condotta del carabiniere, inducendolo anche a non osservare le norme che disciplinano l’esercizio delle sue funzioni, quali appunto l’art. 748 succitato.

In definitiva, non sussiste il vizio di non corretta interpretazione del fatto, che il ricorrente deduce con la sua prima censura.

3.- Il ricorrente lamenta, in secondo luogo, l’illegittimità dell’atto di contestazione degli addebiti per difetto di specificità, perché esso non conterrebbe “ nessun riferimento certo a quali siano i comportamenti di reiterata frequentazione connessi alla conoscenza delle controindicazioni del soggetto «frequentato» ”.

Il ricorrente sostiene che non si possa ritenere che il semplice riferimento per relationem al procedimento penale soddisfi il requisito della “specificità”, perché egli non è mai stato accusato/indagato/rinviato a giudizio nel procedimento penale e non era a conoscenza di esso sino al momento della diffusione di notizie di stampa al riguardo, e perché in ogni caso il rinvio agli atti del procedimento penale non gli avrebbe consentito di individuare con precisione le condotte addebitategli e di apprestare una puntuale difesa.

3.1.- La censura è infondata, perché il ricorrente sapeva bene quali fatti gli fossero addebitati, e su di essi si è difeso ampiamente e in modo specifico già nel corso del procedimento, depositando una corposa memoria: v. in particolare il paragrafo 1 alle pagg. da 2 a 6 di quella memoria, dedicato proprio alla disamina de “ I fatti oggetto di vaglio disciplinare ”.

4.- Il ricorrente sostiene che il provvedimento sanzionatorio sia illegittimo per travisamento dei fatti, poiché si fonda su un commento formulato da un pubblico ministero a suo dire potenzialmente coinvolto nelle frequentazioni con il soggetto controindicato, commento che l’Amministrazione non avrebbe dovuto considerare, dovendo invece valutare la sussistenza o meno di condotte sulla base dei fatti e delle prove assunte e/o contenute nel fascicolo del procedimento penale.

Secondo il ricorrente, la stigmatizzazione della condotta da parte del pubblico ministero, richiamata nel provvedimento disciplinare, costituirebbe un giudizio di parte non corrispondente al vero, tendenzioso ed esorbitante dalla competenza del pubblico ministero che lo ha espresso, il quale non solo è stato sostituto nella titolarità del fascicolo penale a seguito di trasferimento, ma, secondo il ricorrente, sarebbe ben più di lui in rapporti stretti e diretti con il sig. "C", come risulterebbe dalla documentazione fotografica asseritamente ignorata in sede disciplinare.

Inoltre nel provvedimento si rileva che l’asserita relazione tra "T" e "C" sarebbe avvenuta tra il novembre 2018 ed il novembre 2020, mentre in realtà i contatti tra i due sono avvenuti solo in momenti specifici e ben determinati (12.10.2018), non già in modo continuativo, e comunque prima del periodo indicato.

4.1.- La censura è infondata, perché il provvedimento non si fonda sul mero commento di un pubblico ministero, ma su specifici fatti addebitati al ricorrente, ossia l’avere intrattenuto un rapporto di amicizia con un soggetto controindicato e coinvolto in un processo penale di notevole clamore mediatico, e l’aver fatto sì che tale rapporto condizionasse il ricorrente nell’esercizio delle funzioni.

Quanto all’indicazione temporale contenuta nel provvedimento, essa è effettivamente errata, perché i fatti addebitati a "T" si erano verificati anteriormente, ma ciò non inficia la legittimità del provvedimento, perché "T" sapeva quali fatti gli erano stati contestati, e su di essi si è difeso specificamente e in modo articolato già nel procedimento disciplinare, come già detto.

5.- Con riguardo alla decisione sul ricorso gerarchico, il ricorrente lamenta che altri militari assidui frequentatori del sig. "C", che comparirebbero nella documentazione fotografica da lui prodotta, non siano stati sottoposti a procedimento disciplinare: pertanto, in applicazione del principio di uguaglianza di trattamento, anche la sua condotta dovrebbe essere qualificata come “ occasionali contatti con un soggetto controinteressato del quale erano note le frequentazioni dei vertici dell’Arma e della Procura non già, che fosse soggetto sottoposto a procedimento penale ”.

5.1.- La censura è inammissibile sia perché del tutto generica, non essendo precisato a quali militari essa si riferirebbe, e da cosa si desumerebbe la loro asserita assidua frequentazione con il sig. "C", sia perché nuova rispetto ai motivi formulati con il ricorso gerarchico: è infatti orientamento giurisprudenziale consolidato quello secondo cui “ in sede di ricorso giurisdizionale contro una decisione adottata a seguito di ricorso gerarchico, sono inammissibili i motivi nuovi di ricorso che non siano stati proposti nella predetta sede contenziosa amministrativa, a meno che il termine a ricorrere contro l'originario provvedimento impugnato non sia ancora decorso, e ciò al fine di evitare che la mancata impugnativa di un atto asseritamente illegittimo attraverso il rimedio giustiziale e la sua successiva impugnativa ( per saltum ) con il rimedio giurisdizionale possa costituire la via attraverso la quale eludere l'onere di impugnare tempestivamente l'atto nell'ordinario termine decadenziale ” (Cons. Stato, sez. III, 18.9.2023, n. 8419;
sez. VI, 19.11.2018, n. 6491;
sez. III, 17.4.2018, n. 2286;
sez. VI, 2.7.2015, n. 3299;
sez. V, 15.3.2012, n. 1444).

6.- Il ricorrente lamenta ancora un difetto di motivazione della decisione sul ricorso gerarchico, che si sarebbe limitata a “prendere atto” delle censure formulate avverso il provvedimento sanzionatorio, senza però indicare le ragioni per le quali esse non sarebbero accoglibili.

6.1.- Anche questa censura è infondata.

I motivi del ricorso gerarchico erano gli stessi che sono stati poi proposti con il ricorso introduttivo del presente giudizio, e cioè il travisamento dei fatti, il difetto di motivazione del provvedimento disciplinare e l’insufficienza di una contestazione formulata mediante rinvio agli atti del procedimento penale.

La decisione sul ricorso gerarchico contiene in sé le ragioni, benché esposte in maniera sintetica, per le quali quei motivi non sono stati ritenuti meritevoli di accoglimento.

Quanto all’individuazione dei fatti addebitati, nella decisione sul ricorso gerarchico essi sono indicati in maniera puntuale, smentendo così implicitamente la doglianza del ricorrente sull’asserita genericità della contestazione. Nella decisione infatti vengono menzionati:

- “ lo stralcio delle intercettazioni telefoniche [che] riporta una conversazione il cui tenore evidenzia un preesistente rapporto amicale tra il ricorrente ed il "C", dalla quale emerge che quest’ultimo, nel rappresentare un dissidio privato con la convivente – per vicenda verosimilmente in tema di violenza di genere – richiedeva l’intervento del militare per il quale non risulta essere stata redatta alcuna relazione di servizio (ex art. 748 del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90) ”;

- l’asserito episodio in cui "C" sarebbe andato a prendere "T" in caserma con la propria automobile e lo avrebbe riportato indietro dopo circa 45 minuti, episodio richiamato mediante rinvio non genericamente all’intero fascicolo del procedimento penale, ma a una specifica pagina della nota informativa: “ la frequentazione tra i suddetti è, altresì, supportata dall’annotazione riscontrabile a pag. 1842 della citata «nota informativa» ”.

Quanto poi alla correttezza della valutazione di questi fatti compiuta nella decisione sul ricorso gerarchico, si è già detto sopra nel paragrafo 2.

7.- Il ricorrente sostiene ancora che “ ulteriore vizio, sempre riconducibile al travisamento del fatto, si trova nella espressione usata nel provvedimento impugnato allorquando si giustifica la sanzione comminata con la conclamata vicenda penale del soggetto controinteressato. Da tale vicenda, l’odierno ricorrente è del tutto estraneo ”.

7.1.- Non sussiste nemmeno questo asserito vizio, perché al ricorrente non è stato addebitato di avere concorso con il sig. "C" nei reati a questi ascritti, ma di avere intrattenuto con lui “ frequentazione e rapporti amicali ”.

Quanto poi al carattere “conclamato” della vicenda penale a carico del sig. "C", esso è richiamato nella decisione sul ricorso gerarchico non per giustificare la sanzione disciplinare, ma per evidenziare l’opportunità di un trasferimento per incompatibilità ambientale, poi in effetti disposto con un distinto provvedimento: nella decisione si legge infatti che “ la conclamata vicenda penale che vede il "C"ritenuto in organico alla compagine criminale del territorio ove il graduato presta servizio di P.G. evidenzia peraltro, a carico di quest’ultimo, una palese situazione di incompatibilità ambientale ”.

8.- In conclusione, il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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