TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2017-03-21, n. 201701543

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2017-03-21, n. 201701543
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201701543
Data del deposito : 21 marzo 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/03/2017

N. 01543/2017 REG.PROV.COLL.

N. 09235/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9235 del 2002, proposto da:
C P, C O e C L, rappresentate e difese dall'avvocato A A, presso il cui studio domiciliano in Napoli, via Melisurgo, n.4;

contro

Comune di Anacapri, in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio;

per l'annullamento

dell’ordinanza del Comune di Anacapri prot. n. 8585 del 6.06.2002 di diniego concessione edilizia in sanatoria, del parere reso dalla Commissione edilizia comunale nella seduta del 15.05.2002 verbale n.3, e del parere reso dalla Commissione Edilizia Integrata nella seduta del 15.05.2002 verbale n.4, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale;


Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2017 la dott.ssa Renata Emma Ianigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con ricorso iscritto al n. 9235/2002 le ricorrenti, quali compromittenti acquirenti di un immobile sito in Anacapri alla via Follicara n. 9, denominato “Villa Sole” esponevano che:

- l’immobile, costituente originariamente la dependance della villa Casa Caprile destinata ad albergo, era stato oggetto di richiesta di condono edilizio ex lege n. 47/1985, dall’allora affittuario Marco La Via, avente ad oggetto, per lo stabile di pertinenza, uno spazio coperto al primo piano, locali cantina, deposito e concimaia al piano seminterrato, ed opere di ristrutturazione interna e realizzazione di servizi igienici;

- la pratica di condono veniva fatta oggetto di richiesta di integrazione istruttoria con nota comunale prot. n. 2609 del 15.03.1988, ottemperata il 26.03.1990, e di richiesta del 17.03.1992 di versamento degli oneri di urbanizzazione;

- in data 27.02.1995 la Fondazione Carlo Maurilio Lerici, proprietaria dell’immobile locato al sig. La Via, inoltrava domanda di condono ai sensi dell’art. 39 della legge n. 724/1994, per il cambio di destinazione a camera del locale adibito a caldaia, tipologia abuso n.4, e per il terrazzo antistante il fabbricato, tipologia abuso n.7;

- in data 24.05.1995 Eugenio D’Esposito, in qualità di possessore, presentava una denuncia di inizio attività relativa ad opere interne di manutenzione ordinaria e straordinaria relativamente alle parti interne dell’immobile, ed in data 10.07.1998 comunicava l’intervenuta ultimazione dei lavori;

- in data 28.10.1996 veniva effettuato un sopralluogo dei V.V.U.U. cui seguivano ulteriori accertamenti tecnici in data 25.08.2000 culminati in un ordine di sospensione dei lavori prot. n. 7952 del 23.05.2001;

- impugnato con ricorso iscritto al n.8476/2001, l’ordine di sospensione predetto veniva sospeso con ordinanza n.4751/2001 anche in relazione alla presentazione di un’istanza di accertamento di conformità urbanistica ex art. 13 della legge n. 47/1985;

- con ricorso iscritto al n.8394/2001 veniva inoltre impugnata l’ordinanza di demolizione n. 10 del 28.05.2001 a sua volta sospesa con provvedimento cautelare n.4784/2001.

- con la determinazione n.8585 del 5.06.2002, impugnata in questa sede, veniva respinta la richiesta di concessione edilizia in sanatoria in conformità ai pareri contrari della Commissione edilizia e della Commissione edilizia integrata.

A sostegno del ricorso deducevano i seguenti motivi di diritto:

1) Illegittimità derivata dai vizi dedotti avverso gli ordini di sospensione e demolizione impugnati con i ricorsi n.n. 8394/2001, e 8476/2001.

A/I Violazione del giusto procedimento di legge ed eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 47/1985, travisamento dei fatti, mancanza di interesse pubblico;

L’amministrazione, sul solo presupposto della relazione dell’ufficio tecnico del 4.11.996 e del 4.09.2000, mai comunicate alle ricorrenti, ha desunto l’abusività dell’opera senza compiere alcuna istruttoria, e limitandosi ad un generico richiamo alla normativa di riferimento.

A/II Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per violazione del principio del giusto procedimento, per difetto di istruttoria e di motivazione, mancanza di interesse pubblico;

Sotto il profilo procedimentale vi è stata violazione delle disposizioni in tema di comunicazione di avvio del procedimento.

A/III Violazione e falsa applicazione dell’art. 44 della legge n. 47/1985, eccesso di potere, difetto del presupposto;

L’amministrazione intimata ha del tutto ignorato il disposto di cui all’art. 44 cit. secondo cui, a far data dall’entrata in vigore della legge, sono sospesi i procedimenti amministrativi e giurisdizionali e la loro esecuzione.

A/IV Violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 35 e 39 della legge n. 724/1994, violazione e falsa applicazione dell’art. 25 ultimo comma della legge n. 10/1977, eccesso di potere, erroneità del presupposto, travisamento dei fatti;

Non è intervenuto alcun mutamento di destinazione d’uso del locale cantina ad abitativo. Ai sensi degli artt. 1 e 4 della legge n. 10/1977 la concessione di costruzione riguarda solo le attività che comportano la esecuzione di opere. Il locale cantina è rimasto immutato nella sua conformazione fisica, nonché quanto a volume e altezza, per cui non occorre concessione edilizia per il caso in cui il mutamento di destinazione attenga allo ius utendi e non allo ius aedificandi. Il locale misura h.

2.10 di altezza, ed è quindi inferiore all’altezza minima consentita per il rilascio della licenza di abitabilità, laddove l’art. 43 della legge n.47/1985 fissa l’altezza minima per le civili abitazioni in mt 2,70. La pretesa cucina di cui trattasi aveva un’altezza di 2,10 metri. L’unica modifica di destinazione intervenuta è stata quella funzionale.

A/V Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 35 e 39 della legge n. 724/1994, violazione e falsa applicazione dell’art. 25 ultimo comma della legge n. 10/1977, eccesso di potere, erroneità del presupposto, travisamento dei fatti;

Alcun frazionamento in tre unità abitative è stato mai effettuato atteso che gli accessi indipendenti sono sempre esistiti trattandosi di villa con 3 diversi livelli, e da sempre con tre diversi accessi.

A/VI Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt.7 e 9 della legge n. 47/1985, erroneità del presupposto, eccesso di potere per travisamento dei fatti, violazione e mancata applicazione della legge n. 662/1996, art. 2 comma 60;

Il divisorio in muratura di pietrame calcareo di altezza di circa 1.20 metri non costituisce opera subordinata al rilascio della previa concessione edilizia, per cui non è passibile di alcun provvedimento demolitorio, che ha quale presupposto la realizzazione di un’opera in assenza o in totale contrasto con la concessione edilizia, mentre le opere per cui è causa rientrano tra quelle soggettate a denuncia di inizio attività ai sensi dell’art. 2 comma 60 lett. c) della legge n. 662/1996, la cui mancanza determina l’applicabilità della sanzione pecuniaria.

A/VII Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1 e 4 della legge n. 10/1977 in connessione con gli artt. 4 e7 e segg. della legge n. 48/1985, eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti;

L’accertamento effettuato dall’U.t.c. e posto a base del provvedimento impugnato è totalmente erroneo poiché nel giardino sottostante il cortile non è mai stato realizzato alcun vespaio. Dall’elaborato planimetrico allegato all’istanza di condono del 1990 si evince chiaramente la preesistenza di un vialetto di accesso in muratura che è stato riattato nell’ambito dei lavori di manutenzione della villa, senza alcuna attività edilizia.

A/IX Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 comma 7 del d.l. n. 154 del 25.03.1996 come convertito ex l. n. 662/1996 art. 60 comma 7, violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 47/1985, eccesso di potere, difetto del presupposto;

Nel maggio del 1996, per le opere per cui è causa, è stata presentata una d.i.a. ex d.l. n.154/1996, relativa ad opere interne di manutenzione ordinaria e straordinaria.

A/X Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 7 e 9 della legge n. 47/1985 in connessione con l’art. 4 della legge n. 10/1977, erroneità del presupposto, eccesso di potere per travisamento dei fatti;

Il piccolo deposito in muratura non rientra nella tipologia di interventi edilizi in relazione ai quali occorre il rilascio della concessione edilizia, essendo stato ricavato da un’intercapedine preesistente di protezione del muro confinante con il piano seminterrato: nessuna opera muraria è stata eseguita. L’unica opera esistente è la persiana in legno, per cui non è stato chiuso il vialetto di cui all’ingiunzione di demolizione che in quel punto non poteva esistere a causa del notevole dislivello preesistente e rilevabile.

AXI Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 9 della legge n. 47/1985, eccesso di potere per erroneità del presupposto, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione;

Alcuna modifica dei prospetti è stata operata mediante apertura di nuovi vani porta e vani finestra e chiusura di un vano finestra e di un vano porta, come evincibile dai prospetti depositati insieme alla richiesta di condono prot. n. 1260/1986. La villa è sempre stata dotata di tre livelli e di tre accessi, e l’unico cambiamento è avvenuto solo all’interno attraverso l’allargamento di un preesistente vano finestra in vano balcone a livello del giardino.

Sotto il distinto profilo ambientale si ripropongono anche in relazione al parere Cei del 15.05.2002 le censure di cui al gravame r.g. 8476/2001;

B/I Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per violazione del principio del giusto procedimento per difetto di istruttoria e di motivazione, mancanza di interesse pubblico;

Si eccepisce la violazione delle disposizioni in tema di comunicazione di avvio del procedimento.

B/II Violazione e falsa applicazione della legge regionale n. 10/1982, eccesso di potere, incompetenza;

Poiché l’immobile di cui trattasi insiste in zona vincolata ex lege n. 1497/1939, si deduce l’incompetenza del Dirigente dell’Utc ad emanare i provvedimenti gravati poiché non titolare delle funzioni delegate ai sensi della legge regionale n. 10/1982, che all’art. 1 demanda al Sindaco la competenza ad emanare i provvedimenti amministrativi relativi alle funzioni subdelegate in materia di beni ambientali.

B/III Violazione di legge, violazione dell’art. 44 della legge n. 47/1985, violazione dell’art. 151 del d.lgs. n. 490/1999 in connessione con gli artt. 32 e segg della legge n. 47/1985, eccesso di potere, difetto del presupposto, travisamento dei fatti;

Rispetto alle istanze di condono presentate con riferimento al locale cantina, locale deposito e concimaia al piano seminterrato, nonché al cambio di destinazione d’uso del locale caldaia, rileva l’art. 44 della legge n. 47/1985 a tenore del quale sono sospesi i procedimenti amministrativi e giurisdizionali e la loro esecuzione, con la precisazione che l’autorità comunale delegata ex lege regionale n. 10/1982 avrebbe comunque dovuto esaminare la pratica di condono.

Inoltre, ai sensi dell’art. 152 del d.lgs. n. 490/1999, non è richiesta l’autorizzazione paesaggistica per le opere che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici. Nella specie il paventato cambio di destinazione d’uso e il dedotto frazionamento dell’immobile sono opere interne che non possono avere alcuna incidenza sul territorio.

III/C Il portico è stato realizzato in tempi risalenti ed oggetto di istanza di condono prot. 8632/86 da cui l’applicabilità dell’art. 44 cit.

In ogni caso non sussiste alcun abuso trattandosi di un manufatto preesistente, la cui incidenza ambientale è inesistente.

Anche la realizzazione del deposito è frutto di un evidente abbaglio dell’amministrazione non essendo stata realizzata alcuna opera muraria, in quanto le ricorrenti si sono limitate ad utilizzare come deposito di bombole una preesistente intercapedine esistente sul vialetto, così come, rispetto al presunto vespaio, v’è stata un’attività di mera manutenzione del preesistente vialetto di accesso in muratura senza dar vita ad alcun opera edilizia. Allo stesso modo alcuna facciata o prospetto sono stati modificati.

B/IV Violazione di legge, violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 490/1999 combinato disposto artt. 151e 153, eccesso di potere, difetto del presupposto, travisamento dei fatti;

Le opere imputate alle ricorrenti sono in parte opere interne ed in parte costituiscono quella ordinaria attività di manutenzione rispetto alla quale, ai sensi dell’art. 152 del d.lgs. cit., è esclusa la necessità del previo rilascio dell’autorizzazione.

Concludeva per la riunione del presente ricorso con quelli iscritti ai n.n. r.r.g.g. 847672001 e 8394/2001 avverso pregressi ordini di demolizione.

Il Comune di Anacapri non si costituiva per opporsi al ricorso.

Con memoria depositata il 27.01.2017 per la discussione le ricorrenti formulavano istanza di sospensione del giudizio in attesa della definizione delle richieste di condono pendenti iscritte al prot. n. 8632 del 30.09.1986, 2675 del 27.02.1995, 16952 ed 16951 del 2004.), ed in subordine insistevano per l’accoglimento del ricorso.

Alla pubblica udienza di discussione del 28.02.2017 il ricorso veniva introitato per la decisione.

2. Preliminarmente va respinta l’istanza di sospensione del giudizio inoltrata con memoria del 27.01.2017, motivata in ragione della pendenza, per gli immobili oggetto di causa, di quattro domande di condono non ancora definite dal Comune di Anacapri. Al riguardo il Collegio ritiene di disattendere la predetta richiesta dovendo escludersi che la definizione di un giudizio ormai maturo per la decisione possa essere procrastinata in contrasto con le esigenze di speditezza dei processi, per la cui realizzazione il giudice e le parti sono chiamati a cooperare, in base all’art. 2, co. 2, c.p.a. e tenuto conto delle conseguenze onerose a carico dell’erario per effetto del sistema introdotto dalla legge n.89/2001 per il caso di violazione del termine ragionevole di durata del processo. Peraltro un eventuale accoglimento dell’istanza in argomento determinerebbe un’inammissibile sospensione sine die del giudizio in attesa di un esito non anticipatamente databile delle istanze pendenti da data risalente finanche al 30.09.1986.

2.1 Sotto altro profilo non vi è luogo a provvedere sulla richiesta formulata in sede di ricorso di riunione del presente giudizio per connessione e trattazione congiunta con i ricorsi iscritti ai n.n. r.g. 8476/2001 e 8394/2001 instaurati innanzi a questo T.a.r. rispettivamente per l’impugnazione della pregressa ordinanza di sospensione dei lavori n. 7952 del 23.05.2001 e del provvedimento di demolizione n. 10 del 28.05.2001. Risulta difatti documentato in atti nella produzione della medesima parte ricorrente in data 23.01.2017 che i predetti giudizi sono stati ormai definiti da questo T.a.r. sez. IV con le pronunce di improcedibilità n. 5111 e 5112 del 2013, allegate in copia agli atti, per sopraggiunto difetto di interesse dichiarato in ragione della intervenuta presentazione in data 20.08.2001 di un’istanza di accertamento di conformità per le opere oggetto di contestazione.

3. Nel merito il ricorso è infondato e va respinto come di seguito argomentato.

Nel giudizio si controverte in ordine alla legittimità del provvedimento prot. n. 8585 del 5.06.2002 con cui il Comune di Anacapri, recependo i pareri negativi espressi dalla Commissione edilizia comunale e dalla Commissione Edilizia Integrata, respingeva l’istanza di concessione edilizia in sanatoria assunta a prot. 12488 del 20.08.2001 e successivamente integrata in data 29.09.2001 prot. n. 14717 presentata in relazione lle seguenti opere abusive realizzate presso la proprietà della Fondazione Carlo Maurilio Lerici, in via Follicara n. 9 e precisamente per la realizzazione di:

- scale di collegamento interne, sostituzione di infissi esterni, frazionamento di un deposito, trasformazione di finestra in balcone ed opere di sistemazione esterna.

Con lo stesso provvedimento venivano altresì contestate ulteriori opere abusive riscontrate in sede di sopralluogo dell’Utc prot. n. 12417 del 4.09.2000.

3.1 A ben vedere con il provvedimento impugnato l’amministrazione intimata respingeva l’istanza di sanatoria sul rilievo dell’assenza dei presupposti di conformità urbanistica richiesti dalla normativa di settore, in assenza di ulteriori provvedimenti sanzionatori rispetto a quelli già in precedenza adottati e separatamente impugnati nei ricorsi iscritti ai n.n. r.g. 8476/2001 e 8394/2001 ed allo stato definiti.

Con il presente gravame parte ricorrente, lungi dal contestare nel merito le ragioni ostative alla sanabilità degli interventi in contestazione, propone rispetto al diniego di sanatoria gravato vizi di illegittimità derivata già proposti nei precedenti ricorsi, che non possono acquisire rilievo ed essere valutati in questa sede in assenza tra gli atti impugnati di un rapporto di presupposizione e/o connessione o conseguenzialità necessaria.

In ordine alla forma di patologia dedotta, la giurisprudenza è dell’avviso che l’illegittimità di un atto amministrativo si trasmetta in via derivata ad un altro solo qualora tra essi sussista un nesso procedimentale ovvero vi sia un rapporto di presupposizione, cosa che non è nella specie, dal momento che il diniego di sanatoria gravato non appartiene alla medesima sequenza procedimentale del procedimento sanzionatorio in precedenza attivato dall’amministrazione, né la pregressa demolizione ne costituisce il necessario presupposto.

Del pari le valutazioni compiute dall’amministrazione in sede di definizione di un’istanza di sanatoria sono del tutto autonome e scisse rispetto agli altri abusi oggetto di successivo accertamento ed alle conseguenti determinazioni adottate nell’ambito dell’esercizio del potere di vigilanza in materia edilizia.

Perché possa ritenersi sussistente un nesso di presupposizione fra provvedimenti, tale da determinare l’illegittimità derivata del provvedimento presupponente, occorre che si tratti di provvedimenti facenti parte della medesima sequenza procedimentale, e che il provvedimento successivo si ponga in rapporto di consequenzialità rispetto a quello precedente.

Nella specie il diniego di sanatoria impugnato si pone invece in un rapporto di assoluta autonomia rispetto ai pregressi ordini di sospensione e demolizione delle opere in contestazione, mancando un rapporto di collegamento temporale, alla stregua del quale un determinato provvedimento finisce per costituire il necessario presupposto per l’emissione di un ulteriore provvedimento successivo, oppure di collegamento funzionale, in forza del quale l’emissione di un determinato provvedimento presuppone l’adozione di un provvedimento sotto il profilo funzionale, o ancora di collegamento logico, in cui il legame intercorrente tra due provvedimenti non condiziona la validità, sebbene l’efficacia di un provvedimento rispetto all’altro.

Rispetto agli altri abusi oggetto di accertamento nel provvedimento impugnato va rammentato in via preliminare e in termini generali che, per l'ammissibilità dell'azione di annullamento dinanzi al giudice amministrativo, occorre verificare in capo al ricorrente la sussistenza di un interesse ad agire, ovvero della concreta possibilità di perseguire un bene della vita attraverso il processo, in corrispondenza con una lesione diretta e attuale dell'interesse protetto.

La sola legittimazione "ad causam", da intendere come titolarità di una posizione giuridica qualificata e differenziata dedotta in giudizio, non è di per sé sufficiente per consentire la concreta esperibilità dell'azione annullatoria, dato che la mera titolarità di un interesse protetto (di tipo sia oppositivo sia pretensivo) non giustifica l'azione giudiziale, se tale interesse non è leso in via concreta e attuale dall'atto di cui si chiede la rimozione al fine di perseguire un bene della vita.

Nel caso di specie, il mero accertamento dell’abusività degli interventi in mancanza di un provvedimento sanzionatorio non è idoneo a produrre alcuna lesione immediata, attuale e concreta della sfera giuridica del destinatario, configurandosi quale atto endoprocedimentale non impugnabile in via autonoma, mentre la lesione della sfera giuridica del destinatario è di regola imputabile all'atto che conclude il procedimento. La possibilità di una impugnazione anticipata è pertanto di carattere eccezionale e va riconosciuta esclusivamente ad atti di natura vincolata, idonei a conformare in maniera netta la determinazione conclusiva del procedimento ("ex multis", Cons. Stato, nn. 5254 del 2013, 2511 del 2013 e 5921 del 2011).

Il ricorso va quindi respinto non risultando contestate nel merito le ragioni ostative alla sanabilità degli interventi di cui alla richiesta di accertamento di conformità prot. n. 124888 del 20.08.2001, successivamente integrata, e non ravvisandosi profili di lesività in termini di attualità del provvedimento impugnato rispetto alle altre opere contestate come abusive sulla base della relazione di sopralluogo dell’Ufficio tecnico Comunale prot. n. 12417 del 4.09.2000, in assenza di un provvedimento sanzionatorio conseguentemente adottato.

Nulla va disposto per le spese in assenza di costituzione del Comune intimato.

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