TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2024-04-30, n. 202400135

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2024-04-30, n. 202400135
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Campobasso
Numero : 202400135
Data del deposito : 30 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/04/2024

N. 00135/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00196/2019 REG.RIC.

N. 00234/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 196 del 2019, proposto dai sigg.ri -O- -O- e -O- -O-, rappresentati e difesi dall'avvocato P S, con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia;

contro

la Regione Molise e il Ministero della Cultura (già Ministero per i Beni e le Attività Culturali), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via Insorti D'Ungheria, n.74;
il Comune di -O-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Di Nezza, con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Campobasso, Corso Umberto I, n. 43.



sul ricorso numero di registro generale 234 del 2020, proposto dai sigg.ri -O- -O- e -O- -O-, rappresentati e difesi dall'avvocato P S, con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia;

contro

il Comune di -O-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Di Nezza, con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia;

per quanto riguarda il ricorso introduttivo di cui al R.G. n. 196 del 2019:

per l'annullamento

- del provvedimento di rigetto dell’istanza di autorizzazione paesaggistica in sanatoria ai sensi dell’art. 167 del D.lgs. n. 42/2004 emesso dalla Regione Molise –

IV

Dipartimento “Governo del Territorio, mobilità, risorse naturali” in data -O-2019, prot. n. -O-;

- nonché di tutti gli altri atti presupposti, connessi e consequenziali;

quanto ai motivi aggiunti del 17 settembre 2020 di cui al R.G. n. 234 del 2020:

per l’annullamento

- della nota comunale prot. n. -O-2020 con la quale il Comune di -O-, in persona del Sindaco -O- e del responsabile del servizio Arch. -O-, respingeva la richiesta degli interessati finalizzata a ottenere l'astensione della medesima Arch. -O- per motivi di grave inimicizia;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e comunque consequenziale.

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Molise, del Ministero della Cultura e del Comune di -O-;

Vista l’ordinanza cautelare n. -O-2020 resa nel giudizio n. 196/2019 R.G.:

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2024 il dott. F G R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. I sigg.ri -O- -O- e -O- -O- sono proprietari di un fondo sito in via -O- presso il Comune di -O-, censito originariamente al Catasto terreni al Foglio n. -O-, e confinante con il plesso scolastico di proprietà comunale sito nella stessa via.

2. A seguito della realizzazione da parte del Comune di un muro di contenimento dell’altezza di circa 20 metri, iniziava a defluire acqua piovana sul terreno della coppia -O-/-O-. Sicché la -O- adiva il Tribunale di Isernia - Sezione civile, che, con sentenza del -O-2008, n. -O-, condannava il Comune all’esecuzione dei lavori necessari a scongiurare le predette infiltrazioni, attraverso la realizzazione di un cordolo sul muro per evitare il trabocco delle acque meteoriche, e di pozzette per la raccolta dell’acqua piovana, nonché il rappezzo della pavimentazione del parco giochi.

Adducendo che i lavori previsti non fossero stati realizzati a regola d’arte, la coppia diffidava poi il Comune a realizzare con urgenza gli interventi adeguati, senza che, tuttavia, tale richiesta avesse alcun esito.

3. La coppia, dunque, a quanto emerge dagli atti di causa, procedeva motu proprio alla realizzazione di alcuni degli interventi edilizi sul proprio fondo, e nello specifico di “ due tettoie a falde inclinate, l’una opposta all’altra, in modo tale da contenere il più possibile gli effetti del deflusso dall’alto delle acque ” (cfr. pag. 2 della sentenza di questo T.A.R. Molise -O-2015, n. -O-).

4. Sennonché, a seguito di alcune segnalazioni, con nota n. -O-2014 la Stazione dei Carabinieri di -O- informava l’Ufficio Tecnico del suddetto Comune sulla possibile realizzazione di abusi edilizi ad opera dei suddetti -O-/-O- sulla loro proprietà.

Così, il successivo 17 ottobre 2014, il Responsabile del Servizio, l’Architetto -O-, si recava presso il fondo dei sunnominati, accompagnata da due vigili urbani, per effettuare un sopralluogo. L’accesso alla proprietà veniva però negato dalla figlia della coppia, la sig.ra -O- -O-: ma veniva riscontrato che sul sito si stavano eseguendo lavori edili, non conosciuti né previamente assentiti dall’Ente.

Sicché il Responsabile del Servizio, con nota denominata “ Segnalazione presunti abusi edilizi ” dell’11 novembre 2014, comunicava alla Stazione Carabinieri di -O- la circostanza che, a seguito del sopralluogo del 17 ottobre 2014, era risultato che presso l’abitazione dei -O-/-O- si stavano realizzando interventi edili presumibilmente abusivi, ossia la sopraelevazione di una porzione di fabbricato, il rifacimento di un porticato antistante l’abitazione, l’eliminazione dell’accesso pedonale e la realizzazione di un casotto.

La nota significava come le opere suddette fossero state realizzate durante l’arco temporale intercorrente tra il 2010 e il 2014: ciò in ragione della comparazione fotografica tra le foto effettuate durante il sopralluogo e quelle estraibili dal portale “Google” tra il 2010-2011, anno di realizzazione del plesso scolastico viciniore. Si rappresentava, altresì, che dette opere, e “ in particolare la sopraelevazione di parte del fabbricato, ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. 380/2001 e s.m.i. necessitavano del Permesso di Costruire e di tutte le autorizzazioni, in particolare dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del D.Lgs. 42/2004 e dell’attestato di deposito sismico che deve essere richiesto ai sensi della Legge Regionale n. 20/1996, a seguito dell’ottenimento del Permesso di Costruire, alla Regione Molise Servizio per le Costruzioni ”.

5. Un mese più tardi, e precisamente il 16 dicembre 2014, il Comune notificava quindi ai sig.ri -O- e -O- l’ordinanza di rimozione e demolizione n. -O-2014 delle seguenti opere: manufatto in soprelevazione costituito da solaio in C.A. chiuso su due lati con muratura e coperto con struttura in legno lamellare, a falda inclinata, poggiante, su un lato, sul fabbricato esistente;
rifacimento di un porticato esistente antistante l’abitazione, realizzato per una parte con copertura a falda inclinata e per l’altra con copertura piana, il tutto sorretto da pilastri in cemento rivestiti con mattoncini rossi;
manufatto in muratura completamente chiuso.

Più in dettaglio, il provvedimento, dopo aver richiamato il contenuto del verbale di sopralluogo del 17 ottobre 2014, illustrava che:

a) l’intero territorio del Comune era sottoposto a regime vincolistico secondo il Piano Territoriale Paesistico – Ambientale di Area Vasta n. 5;
le opere erano state realizzate, inoltre, senza previa sottoposizione ai controlli della Regione Molise prescritti dalla normativa antisismica;

b) le opere in contestazione, stante la loro consistenza, dovevano essere considerate quali “interventi di nuova costruzione” ai sensi dell’art. 3, lett. e) del d.P.R. n. 380/2001, in quanto costituenti “ nuovi organismi edili caratterizzati da un proprio impatto volumetrico e ambientale e, dunque, idonei a determinare una trasformazione permanente urbanistico-edilizia ed ambientale del territorio ”;

c) pur in assenza di un’istanza della parte interessata diretta ad attivare il procedimento di accertamento di conformità urbanistica, le opere dovevano ritenersi insanabili ex post alla luce dei parametri vincolanti di cui al combinato disposto degli artt. 146 e 167, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 42/2004.

La nota di trasmissione del 16 dicembre 2014, inoltre, imponeva ai proprietari la sospensione immediata dei lavori in corso di realizzazione, la demolizione delle opere abusivamente realizzate e il ripristino dello stato dei luoghi nel termine di 90 giorni dalla notifica del provvedimento.

6. Contestualmente, a seguito delle informazioni rese dal Responsabile del Servizio alle forze dell’ordine, la Stazione C.C. di -O- comunicava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Isernia una notizia di reato con le note dell’8 e -O-2014 (nell’ultima comunicazione veniva allegata, altresì, la citata ordinanza di demolizione).

7. La Procura della Repubblica di Isernia procedeva all’apertura del procedimento penale R.G.N.R. n. -O-2014 nei confronti dei signori -O- -O-, -O- -O- e -O- -O-.

In relazione al suddetto procedimento, la Procura della Repubblica ordinava al Comune l’effettuazione di un’ispezione sul fondo con decreto n. -O-2014 del -O-2014: sicché l’Ente procedeva a tale nuovo sopralluogo il 12 gennaio 2015, all’esito del quale i tecnici comunali confermavano sia l’entità degli abusi che la loro realizzazione successiva all’anno 2010.

La Procura procedeva alla conclusione delle indagini preliminari con l’avviso del 25 gennaio 2015, notificato agli interessati sigg.ri -O- -O-, -O- -O- e -O- -O-.

L’Avviso, in particolare, contestava ai suddetti la commissione delle seguenti fattispecie di reato:

- il reato di cui al combinato disposto degli artt. 110 e 81 c.p., 444, lett. c) del d.P.R. n. 380/2001, comma 1, nonché del d.lgs. n. 42/2004, per aver realizzato gli interventi (manufatto in sopraelevazione e casotto con copertura in legno) in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione ambientale, trattandosi di manufatti ricadenti in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico in forza del P.T.P.A.A.V n. 5 della Regione Molise;

- il reato di cui al combinato disposto di cui artt. 93 e 95 del d.P.R. n. 380/2001, per avere realizzato le opere innanzi descritte senza darne preavviso scritto all’ufficio tecnico regionale;

- il reato di cui al combinato disposto degli artt. 93 e 95 del d.P.R. n. 380/01, per avere iniziato i lavori senza il rilascio dell’attestato di deposito del progetto e senza la direzione di un tecnico abilitato.

Come si vedrà in seguito, la Corte di Appello di Campobasso pronuncerà all’esito una sentenza di assoluzione nei confronti degli imputati.

8. Tornando sul pertinente versante amministrativo della vicenda, l’ordinanza di demolizione già menzionata veniva gravata dai sigg.ri -O- e -O- con ricorso dinanzi a questo Tribunale, che però lo rigettava integralmente con la sentenza n. -O- del -O-2015.

Quest’ultima veniva allora appellata dai soccombenti dinanzi al Consiglio di Stato, che, parimenti, all’esito del relativo giudizio, rigettava l’impugnativa con la decisione n. -O-2022.

9. Nelle more del suddetto contenzioso impugnatorio, il 15 giugno 2016 i sig.ri -O- e -O- presentavano all’Ente locale una richiesta di permesso di costruire in sanatoria ai sensi degli artt. 36 e 37 del d.P.R. n. 380/2001, con annessa istanza di autorizzazione paesaggistica in sanatoria ai sensi dell’articolo 167 del D.lgs. n. 42/2004: le opere edili realizzate in assenza di titolo si sarebbero sostanziate in interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria non valutabili in termini di superfici e volumi, e, dunque, sarebbero state assentibili anche ex post tanto dal Comune quanto dalle Amministrazioni deputate alla tutela dell’interesse paesistico.

Il Comune, tuttavia, con provvedimento n. -O-2016 dichiarava l’improcedibilità dell’istanza di sanatoria, in quanto gli interventi edilizi erano stati realizzati in assenza dei relativi atti di assenso previsti per i profili paesaggistici e antisismici dell’intervento.

10. Avverso il suddetto diniego di sanatoria i proprietari presentavano allora dinanzi a questo Tribunale un secondo ricorso impugnatorio, di lì a poco accolto con la sentenza n. -O- 2017, passata poi in giudicato.

In tale sentenza si osservava, invero, che il Comune aveva: - omesso di trasmettere l’istanza del privato alla competente Soprintendenza per le necessarie verifiche in ordine alla compatibilità paesaggistica degli interventi edilizi;
- mancato, nel contempo, di svolgere i necessari accertamenti per la conformità edilizia degli interventi, con specifico riferimento al parametro normativo della c.d. “doppia conforme”.

Sicché la pronunzia n. -O-2017 imponeva all’Amministrazione comunale “ l’adozione di un nuovo provvedimento avente ad oggetto anche la verifica di compatibilità dell’intervento in relazione al profilo urbanistico edilizio ”, “ all’esito della acquisizione del parere vincolante della Soprintendenza ”.

11. Il Comune procedeva allora alla riapertura del procedimento amministrativo e trasmetteva, conseguentemente, la pratica edilizia, con annessa attività istruttoria, alla Soprintendenza e alla Regione Molise, per l’acquisizione delle rispettive valutazioni sui profili di loro competenza.

12. La Regione, con le note -O-2017, chiedeva tanto all’Ente locale quanto agli istanti la trasmissione di documentazione istruttoria.

A seguito delle relative integrazioni la Regione Molise, con la nota prot. -O-2018, comunicava agli istanti l’inizio del relativo procedimento, anticipando peraltro, nella propria nota di trasmissione della documentazione alla Soprintendenza, la compatibilità paesaggistica degli interventi edilizi, ai sensi dell’art. 167, comma 5 del Codice dei Beni Culturali, con le norme del Piano Territoriale Paesistico Ambientale di Area Vasta n. 5, versandosi in “area urbana”, su cui avrebbe trovato applicazione la modalità di tutela “TCI” ai sensi dell’art. 22 delle N.T.A. del Piano.

La nota rappresentava inoltre che l’assenso regionale veniva espresso anche con riferimento al locale rimessa di mq 42 nonostante che “ dalla relazione istruttoria dell’arch. -O-, l’autorizzazione rilasciata per il medesimo ” dal Comune di -O- l’11 agosto 1968 risultava ormai “perenta”.

13. La Regione con successiva nota del 12 aprile 2018 notiziava però gli istanti del preavviso di rigetto dell’istanza di autorizzazione paesaggistica in sanatoria a seguito dell’acquisizione di un parere negativo rilasciato dalla Soprintendenza il 6 aprile 2018: parere con il quale era stato osservato che le opere in questione non erano riconducibili tra quelle di cui alle lettere a), b) e c) dell’art. 167, comma 4 del D.lgs. n. 42/2004.

14. Gli istanti trasmettevano indi osservazioni a riscontro con nota del 30 giugno 2018, unitamente a ulteriore documentazione tecnica a supporto della loro pratica.

15. Sennonché, la Soprintendenza, con il parere definitivo MIBAC-SABAP-MOL PAES -O-2018, confermava l’improcedibilità dell’istanza di sanatoria paesaggistica ex art. 167, commi 4 e 5 del Codice dei Beni Culturali.

La Soprintendenza precisava che le osservazioni trasmesse dal progettista: - non avevano introdotto “ elementi certi e documentazione idonea (es.: accatastamento del manufatto, da cui si può evincere la data di presentazione all’Ufficio competente) a dimostrazione che il manufatto di 42 mq è stato realizzato in data anteriore al vincolo paesaggistico ”;
- non avevano nemmeno superato il rilievo dell’improcedibilità dell’istanza con riguardo alle due tettoie e alla scala esterna, atteso che le suddette opere non rientravano tra quelle espressamente previste al comma 4, lettere a), b) e c) dell’articolo 167 del D.lgs. n. 42/2004.

Il parere infine richiedeva, “ relativamente al manufatto di 42 mq: 1) al Dirigente o al Responsabile del competente ufficio comunale di -O- di accertare, nell’ambito della vigilanza sull’attività urbanistica-edilizia (articolo 27 del D.P.R. n. 380/2001 T.U. edilizia), quanto affermato dal progettista e di relazionare in merito a questo Ufficio;
b) alla ditta documentazione certa ed idonea che attesti la realizzazione del manufatto di mq 42,00 in data anteriore al vincolo paesaggistico (es. accatastamento presso l’Ufficio competente)
”.

15.1. A riscontro della suddetta, i proprietari con atto del 27 settembre 2018 rappresentavano, in relazione al loro deposito per attrezzi di mq 42, quanto segue:

a) il sig. -O- -O- acquisiva dal Comune l’autorizzazione a costruire un deposito per attrezzi agricoli l’11 agosto 1967, realizzandolo nello stesso periodo;

b) per esigenze di carattere funzionale, anche a seguito della fatiscenza dell’immobile, i proprietari del fondo realizzavano anche interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria sul fabbricato;
e questi, per quanto eseguiti in assenza di autorizzazione, non avevano alterato le altezze e le superfici già autorizzate dal predetto titolo abilitativo;

c) la destinazione d’uso di deposito del manufatto non era stata mai modificata;

d) la particella n. 251 del fondo non poteva classificarsi quale area vincolata, bensì come semplice zona “B1” del relativo P.R.G. comunale del 1999, nella quale era possibile provvedere all’esecuzione di interventi di restauro conservativo, manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria e ristrutturazione o sostituzione edilizia;

e) quando iniziavano gli interventi sul deposito nel 1998 l’area non era ancora sottoposta al vincolo paesaggistico di cui al Piano Paesistico – Area n. 5, approvato dal Consiglio regionale del Molise solo con la deliberazione n. -O- 1999.

Nella nota si ribadiva, altresì, la riconducibilità nell’ambito dell’art. 167, comma 4 del D.lgs. n. 42/2004 anche degli ulteriori interventi edilizi eseguiti, ossia la scala esterna e le tettoie. A detta degli interessati, tali interventi non realizzavano alcuna nuova cubatura né un volume superiore al 20 % di quello dell’edificio principale su cui poggiavano, e dunque dovevano essere considerati come mere opere pertinenziali.

Ne conseguiva che: a) l’istanza di sanatoria edilizia ricadeva nell’ambito applicativo dell’art. 37 del d.P.R. n. 380/2001;
b) gli interventi di cui all’istanza di autorizzazione paesaggistica in sanatoria erano sicuramente assentibili ai sensi e per gli effetti dell’art. 167, comma 4, lettera c) del Codice dei Beni Culturali.

Nell’atto degli interessati si prospettava, infine, anche una violazione, da parte dell’arch. -O-, dell’obbligo di astensione di cui all’articolo 1 della L. n. 241/1990 e del D.M. 28 novembre 2000 (“ Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni ”) derivante -in tesi- dal suo stato di inimicizia con la figlia dei coniugi -O-.

Sul punto, in sintesi, gli istanti rappresentavano la sussistenza di una pregressa situazione di conflittualità sul luogo di lavoro e di inimicizia tra la loro figlia, la sig.ra -O- -O-, già dipendente del Comune di -O-, e la stessa Responsabile dell’Ufficio Tecnico Arch. -O-, culminate nella presentazione di denunce-querele. La signora -O- -O-, difatti, aveva denunciato la -O-, ritenendo il suo operato contrario alla legge, ma la sua querela era stata archiviata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Isernia. E la stessa -O-, di contro, aveva sporto denuncia nei confronti della -O- per calunnia, dando origine a un procedimento penale conclusosi con la sentenza n. -O-2011 del Tribunale di Isernia, con cui la -O- era stata accolta “ perché il fatto non costituisce reato ”.

Alla luce di tutto ciò, gli istanti ritenevano che l’Arch. -O- fosse animata da inimicizia, livore personale e da eventuale spirito di vendetta, con la conseguenza che la stessa avrebbe dovuto astenersi ai sensi dell’art. 6- bis (“conflitto di interessi”) della legge n. 241/1990 (a tenore del quale “ il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale ”).

15.2. Dal canto suo, il suddetto responsabile del Servizio comunale, con nota acquisita dalla Regione Molise al prot. -O- 2018, ribadiva quanto affermato nella propria precedente relazione istruttoria, ossia. In sintesi, che la preesistente autorizzazione edilizia dell’11 agosto 1967 era perenta, e, dunque, il fabbricato per deposito attrezzi non risultava esistente prima del 2007, né prima dell’epoca di apposizione del vincolo paesaggistico.

In dettaglio, la sua relazione esponeva quanto segue: “ L’autorizzazione datata 11.08.1967 è di fatto perenta in quanto il locale deposito di m 42 dalla visione delle foto scattate in occasione dei rilievi eseguiti per la predisposizione del progetto riguardante la demolizione e ricostruzione, la foto di cui all’allegato 1 è stata scaricata da google earth in data sicuramente anteriore al 24.09.2007, data in cui è stato approvato il progetto esecutivo dei lavori di demolizione e ricostruzione del vecchio edificio scolastico, essendo tale immagine inserita nell’elaborato rilievo fotografico del progetto. Le foto allegato 2 e 3 (scattate in periodi diversi) ritraggono entrambe la scalinata comunale adiacente la proprietà del sig. -O- -O-, dalla visione delle stesse si nota chiaramente dapprima (allegato 2) la presenza di una balaustra in cemento e di un albero mentre nel successivo fotogramma (allegato 3) si riscontra l’eliminazione dell’albero e la realizzazione di una tettoia e comunque non di un locale deposito di 42 mq. intendendo per locale deposito un luogo chiuso destinato a un determinato uso”.

15.3. Il successivo 2 gennaio 2019 gli istanti trasmettevano alla Soprintendenza e alla Regione la dichiarazione del sig. -O- del 26 novembre 2018 con la quale il medesimo attestava la realizzazione nell’agosto 1967 del deposito attrezzi.

16. La Regione Molise l’11 marzo 2019 comunicava ai sigg.ri -O- e -O- il provvedimento prot. n. -O-/2019 del -O-2019, con il quale aveva rigettato la richiesta di autorizzazione paesaggistica in sanatoria di cui all’art. 167 del Codice dei Beni Culturali, in ragione del definitivo parere di improcedibilità dell’istanza emesso dalla competente Soprintendenza per il Molise con nota prot. n. MIBAC-SABAP-MOL PAES -O- -O-2019.

Il parere evidenziava come, con riguardo al deposito degli attrezzi agricoli, la ditta non avesse fornito “ documentazione idonea a dimostrare l’avvenuta costruzione del fabbricato in epoca antecedente l’apposizione del vincolo ”. Sicché, “ non avendo acquisito nuovi elementi, utili ai fini di una diversa valutazione ”, la domanda era “ da considerarsi nel complesso improcedibile, per le medesime motivazioni precedentemente espresse ”, in quanto le opere non rientravano “ tra quelle espressamente previste dal comma 4 lettera a), b) e c) dell’art. 167 del D.lgs. 42/2004 ”.

17. Coevamente, il Comune di -O- notificava agli stessi interessati, il 19 febbraio 2019, un preavviso di diniego ex art. 10- bis della l. n. 241/1990 del rilascio del Permesso di Costruire a sanatoria di cui agli artt. 36 e 37 del d.P.R. n. 380/2001. In tale atto, l’Ente locale rappresentava che le opere da sanare ricadevano in zona R 12 “Verde privato vincolato” del vigente P.R.G., nella quale non risultava consentito alcun tipo di intervento edilizio. Sicché, in applicazione del principio della “doppia conformità”, le opere eseguite non risultavano sanabili ai sensi degli artt. 36 e 37 del d.P.R. n. 380/2001 per la loro difformità rispetto alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione degli abusi, sia al momento della presentazione della domanda.

18. I proprietari con successiva nota del 20 marzo 2019 trasmettevano alla Soprintendenza una diffida ad adempiere al rilascio del parere sulla compatibilità paesaggistica, chiedendo che questo considerasse tutta la pregressa documentazione.

I sunnominati allegavano che le determinazioni negative della Regione e della Soprintendenza erano fondate su comunicazioni rese dal Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di -O-, l’Arch. -O-, il quale però -secondo la loro tesi - aveva rappresentato nei propri atti delle circostanze non veritiere.

La diffida non trovava però riscontro.

19. Da qui la proposizione del ricorso introduttivo in epigrafe, notificato per mezzo PEC il 10 maggio 2019 e corredato di istanza cautelare, con il quale i sig.ri -O- -O- e -O- -O- chiedevano a questo Tribunale l’annullamento del provvedimento di rigetto dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria ai sensi dell’art. 167 del D.lgs. n. 42/2004 del -O-2019, nonché dei provvedimenti presupposti, ivi incluso il parere definitivo della Soprintendenza BAP del Molise.

Il gravame era affidato ad un unico motivo così rubricato: Violazione ed errata applicazione di legge, con riferimento all’art. 167 del D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 e successive modificazioni e integrazioni. Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, errore sui presupposti, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, illogicità manifesta.

19.1. In estrema sintesi, a detta dei ricorrenti i provvedimenti gravati dovevano ritenersi incompatibili con il quadro normativo vigente, siccome emessi in violazione della normativa settoriale di cui al D.lgs. n. 42/2004 e in totale mancanza di istruttoria e di motivazione, in considerazione del fatto che le Amministrazioni intimate non avevano correttamente valutato la cospicua documentazione e le numerose note illustrative loro sottoposte, da cui sarebbe emerso chiaramente il diritto degli interessati al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria.

Più specificamente, con riguardo al deposito per attrezzi, il fabbricato sarebbe stato da loro legittimamente costruito già nel 1967, in virtù della specifica autorizzazione rilasciata dal Comune di -O- l’11 agosto 1967, e quindi edificato in conformità della normativa del tempo. E le ulteriori opere edilizie in seguito realizzate sullo stesso manufatto, e consistenti nelle tettoie e nella scala esterna, dovevano qualificarsi come legittimi interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria.

Gli atti gravati, non avendo preso in considerazione la corposa istruttoria fornita dagli istanti, per avere invece aderito supinamente alla relazione istruttoria del Comune, risultavano quindi affetti dal vizio di eccesso di potere nelle figure sintomatiche del difetto di motivazione e di istruttoria.

Il denunciato deficit motivazionale sarebbe stato riscontrabile anche nel fatto che entrambe le Amministrazioni avevano mancato di prendere in considerazione la loro richiesta di non tenere conto, ai fini dell’istruttoria, degli atti forniti dall’Arch. -O-, che versava in una condizione di conflitto di interessi per gravi ragioni di convenienza a seguito dell’inimicizia con la loro figlia, la sig.ra -O- -O-, con la conseguenza che la -O- avrebbe dovuto astenersi dalla stesura di atti e relazioni comunali confluiti invece anche nel procedimento di cui all’art. 167, comma 4 e 5 del Codice dei Beni Culturali.

20. Le Amministrazioni intimate si costituivano in giudizio deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame.

Il Comune di -O- depositava in giudizio anche il proprio successivo provvedimento prot. n. -O- 2019 reiettivo dell’istanza di sanatoria di cui agli artt. 36 e 37 del d.P.R. n. 380/2001, motivato in coerenza con il precedente preavviso di diniego ex art. 10- bi s della l. n. 241/1990.

Avverso detto provvedimento la parte ricorrente avrebbe proposto un ricorso straordinario al Capo dello Stato notificato, l’8 gennaio 2020, solo al Comune di -O-: gravame definito con una pronunzia di inammissibilità giusta parere del Consiglio di Stato n. -O- 2022.

21. Questo Tribunale con l’ordinanza n. -O-2020 rigettava l’istanza cautelare recata dal ricorso in epigrafe.

22. Nelle more del presente giudizio giungeva a conclusione il connesso giudizio penale di cui al p.p. -O-2014 incardinato presso il Tribunale di Isernia.

Il procedimento penale a carico dei ricorrenti e della figlia, -O- -O-, si concludeva con l’assoluzione con formula piena di tutti e tre gli imputati.

Con sentenza n. -O-2019 il Tribunale Penale di Isernia, in composizione monocratica, assolveva la sig.ra -O- -O- da tutte le imputazioni con la formula “ perché il fatto non sussiste ”. Dall’attività istruttoria non era emersa, difatti, alcuna responsabilità a suo carico, poiché essa non risultava né essere proprietaria del terreno sul quale erano stati eseguiti i lavori, né aver partecipato alla loro realizzazione.

In primo grado venivano condannati, invece, gli altri due imputati, i sig.ri -O- -O- e -O- -O-, ciascuno alla pena di sette mesi di arresto e € 13.000,00 di ammenda. La relativa pronunzia veniva però poi riformata dalla Corte d’Appello di Campobasso con la sentenza di assoluzione n. -O-2020 “ perché il fatto non sussiste ”. La Corte evidenziava, con tale decisione, che l’istruttoria dibattimentale non aveva chiarito in maniera idonea, né tramite i tesi d’accusa né in via documentale, nessuno dei profili di illiceità loro contestati. Non era invero emerso con assoluta certezza quali sarebbero state le opere abusive. La licenza sindacale del 1967 dava poi legittimazione al casotto in muratura con funzione di deposito, e tutte le ulteriori opere riscontrate dai tecnici del Comune atteneva solo a lavori di manutenzione e ristrutturazione del fabbricato.

23. A seguito della pubblicazione di quest’ultima sentenza, i ricorrenti inoltravano al Comune di -O- una prima istanza di annullamento in autotutela dell’ordinanza n. -O-2014, rigettata dall’Ente locale con nota del 23 aprile 2020 sul rilievo che pendeva ormai apposito giudizio vertente proprio sulla legittimità dell’ordinanza gravata e dei suoi atti connessi.

La coppia formulava poi una nuova istanza di autotutela il 22 maggio 2020, stavolta per mezzo del proprio legale difensore, richiedendo che per l’esame della nuova istanza si dovesse astenere dalla procedura l’Arch. -O-, sempre in ragione della grave inimicizia intercorrente con gli istanti.

Anche in questo caso il Comune rigettava la richiesta di autotutela, con il provvedimento n. -O- 2020.

Con riguardo alla richiesta di astensione del funzionario, il Comune rilevava come non fosse sua intenzione “ rimuovere l’Arch. -O-, quale responsabile del Servizio e del Procedimento, rinnovata nell’incarico a far data dal 3.01.2020, non sussistendo alcuna inimicizia con i Signori -O- -O- e -O- -O-, così come più volte dichiarato dalla stessa ”;
e aggiungeva che, oltretutto, il ruolo ricoperto dall’Architetto era sprovvisto di copertura in ruolo, sicché la sua eventuale astensione, “ con riferimento alle pratiche dei suoi assistiti, non potrà che arrecare nocumento all’Ente ”.

24. I ricorrenti procedevano alla notifica di motivi aggiunti il 17 settembre 2020, per errore tuttavia allibrati come nuovo ricorso R.G. n. 234/2020, con i quali impugnavano l’ultima nota comunale n. -O- 2020 nella parte in cui, appunto, tale provvedimento respingeva la richiesta volta a ottenere l’astensione dell’Arch. -O-, o comunque la sua rimozione dalla trattazione delle pratiche loro riguardanti, per gravi ragioni di convenienza.

I ricorrenti ritenevano che tale atto fosse difatti viziato per eccesso di potere e violazione degli artt. 6- bis della l. n. 241/1990, 55 del d.lgs. n. 165/2001 e 7 del d.P.R. n. 62/2016, in quanto la -O- non avrebbe potuto partecipare al processo formativo della volontà dell’Ente con riguardo alle istanze da loro presentate, in forza della sua grave inimicizia con la loro figlia -O- -O-. Inimicizia la quale, a loro dire, avrebbe condizionato l’emissione dell’ordinanza di demolizione per opere abusive n. -O-2014 e il successivo rigetto dell’istanza di sanatoria. Laddove la stessa sorte del suddetto procedimento penale, conclusosi con la sentenza di assoluzione di tutti e tre gli imputati “perché il fatto non sussiste”, avrebbe confermato la prospettata situazione di conflittualità personale.

25. Il Comune di -O- si costituiva anche con riguardo ai motivi aggiunti spiegati con il nuovo ricorso, deducendo la loro inammissibilità e infondatezza.

26. Con istanza del 2 dicembre 2021 i ricorrenti chiedevano la riunione del procedimento R.G. n. 234/2020 al precedente R.G. n. 196/2019.

27. In prossimità della trattazione della controversia nel merito le parti, nelle loro successive memorie, riprendevano i loro rispettivi argomenti di fondo confermando le proprie contrapposte conclusioni.

28. All’udienza pubblica del 10 gennaio 2024 le parti discutevano congiuntamente entrambi i ricorsi, che venivano quindi trattenuti in decisione.

DIRITTO

1. Il Tribunale ritiene innanzitutto sussistenti i presupposti per la riunione dei ricorsi in epigrafe ai sensi dell’art. 70 del cod. proc. amm., condividendo essi le medesime vicende di fatto e questioni di diritto, nonché le stesse parti processuali.

2. Quanto al merito della controversia, tanto il ricorso introduttivo quanto i successivi motivi aggiunti sono infondati.

3. Muovendo dall’esame del primo, ad avviso del Collegio l’avversato diniego di autorizzazione paesaggistica in sanatoria ai sensi dell’art. 167, comma 4 e 5 del d.lgs. n. 42/2004 si fonda, in sintesi, su di un’autonoma e approfondita istruttoria da parte dell’Amministrazione statale, dalla quale non emerge nessuno dei sollevati indici sintomatici del vizio dell’eccesso di potere, né alcun profilo di violazione di legge.

I ricorrenti con il loro motivo di gravame contestano la violazione dell’art. 167, comma 4 del Codice dei Beni Culturali, nonché il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione.

A loro avviso, i provvedimenti impugnati venivano emessi in violazione della normativa in materia e in totale mancanza di istruttoria, in considerazione del fatto che gli Enti resistenti non avevano correttamente valutato la cospicua documentazione trasmessa e le numerose note illustrative, da cui sarebbe emerso chiaramente il diritto dei ricorrenti al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria.

Con riguardo al deposito per attrezzi agricoli, a detta dei ricorrenti il fabbricato era stato legittimamente costruito in virtù della specifica autorizzazione loro rilasciata dal Comune l’11 agosto 1967, proprio in tale medesimo anno, e quindi in conformità alla normativa urbanistica del tempo. E le successive opere edilizie sull’immobile, consistenti nelle tettoie e nella scala esterna, dovevano, invece, qualificarsi come legittimi interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria.

Ne consegue, sempre ad avviso dei ricorrenti, che il parere di improcedibilità della Soprintendenza e il conseguente provvedimento di rigetto della Regione Molise risulterebbero affetti dal vizio di eccesso di potere nelle figure sintomatiche del difetto di motivazione oltre che di istruttoria.

Nulla, infatti, veniva riferito dalla Soprintendenza e dalla Regione in funzione di superamento delle risultanze documentali fornite dai richiedenti. E un deficit motivazionale era riscontrabile anche nel fatto che entrambe le Amministrazioni non avevano tenuto conto della richiesta di non prendere in considerazione gli atti forniti dall’Arch. -O-, asseritamente versante in una condizione di conflitto di interessi per inimicizia, con conseguente suo obbligo di astenersi dalla stesura degli atti e relazioni comunali confluiti invece nel procedimento.

4. Queste doglianze non possono essere condivise.

5. Si rammenta che, ai sensi dell’art. 167, comma 4 del d.lgs. n. 42/2004: “ L'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:

a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;

b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;

c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 ”.

6. Ora, come si avrà modo di verificare nel prosieguo, la Soprintendenza ha ben evidenziato come nessuno degli interventi oggetto dell’istanza di sanatoria paesaggistica fosse riconducibile alle ipotesi di cui alle citate lettere a), b) e c) dell’art. 167, comma 4 del Codice.

7. Muovendo dall’ipotesi di cui alla lettera a) dell’articolo appena trascritto, si ricorda che la consolidata giurisprudenza in materia, cui il Collegio ritiene di prestare piena adesione, ha delineato principi di diritto così compendiabili:

- “ il divieto di incremento dei volumi esistenti sancito dall'art. 167 comma 4 d.lgs. n. 42/2004, ... è imposto ai fini di tutela del paesaggio e si riferisce a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, ivi compresi i volumi tecnici o interrati ” (cfr, tra le tante, Cons. Stato, sez.

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