TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2016-10-19, n. 201604771

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2016-10-19, n. 201604771
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201604771
Data del deposito : 19 ottobre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/10/2016

N. 04771/2016 REG.PROV.COLL.

N. 05455/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5455 del 2011, proposto da:
P N, rappresentato e difeso dagli avvocati R R C.F. RCCRRT70D13B963W, F P C.F. PNNFNC77H50B963P, con domicilio eletto presso la Segreteria di questo T.A.R. Campania essendo mancata l’elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede questo Tribunale Amministrativo (art. 25 c.p.a.);

contro

Ministero dell'Interno (Questura di Caserta), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato Napoli, presso la quale è domiciliato in Napoli, via Diaz, n.11;

per l'annullamento

- del decreto del Questore di Caserta Cat. A.12/2011/Imm./11 prot. n. 205, emesso il 7 giugno 2011 e notificato il 1^ agosto 2011, con il quale è stata respinta la richiesta del ricorrente di rinnovo del permesso di soggiorno per minore età e di conversione dello stesso per lavoro autonomo;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 settembre 2016 la dott.ssa Anna Corrado e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


FATTO e DIRITTO

Espone l’odierno ricorrente di essere entrato in Italia il 17 agosto 2009, ancora minorenne, e di aver ottenuto il permesso di soggiorno per minore età il 5 marzo 2010, venendo successivamente affidato a un suo connazionale resosi disponibile ad accoglierlo. In data 7 marzo 2011, oramai maggiorenne, ha presentato istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per minore età e di conversione dello stesso per lavoro autonomo. In data 23 marzo 2011 la Questura di Caserta ha notificato al ricorrente comunicazione di avvio del procedimento volto al rigetto della detta istanza, cui il ricorrente rispondeva depositando memorie. Da ultimo, con decreto in data 7 giugno 2011, notificato l’1 agosto 2011, la predetta istanza è stata respinta richiamando l’amministrazione la norma di cui all’art. 32 comma 1 ter del decreto legislativo n. 286 del 1998 e sulla scorta del rilievo per cui il ricorrente non ha provato l’esistenza di una apertura di tutela in suo favore.

Avverso il detto decreto è dunque proposto il presente ricorso a sostegno del quale si deduce la illegittima applicazione al caso di specie del disposto di cui all’art. 1 (rectius 32) comma 1 bis e ter del decreto legislativo n. 286 del 1998 così come modificato dalla legge n. 94 del 2009 che ha equiparato ai minori non accompagnati quelli affidati ai sensi dell’art. 2 della legge n. 184 del 1983, così estendendo a questi ultimi la più rigorosa normativa prevista per i primi. Ricorda al riguardo il ricorrente che il T.A.R. Piemonte con ordinanza n. 130 del 2011 ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle norme recate dal cd. pacchetto sicurezza nella parte in cui, appunto assimilando i minori sottoposti a tutela (quale il ricorrente) ai minori non accompagnati, prevede anche per i primi la possibilità della conversione del permesso solo se al compimento della maggiore età abbiano seguito programmi di integrazione sociale e siano presenti sul territorio italiano da almeno tre anni.

Si è costituita in giudizio con memoria di stile l’intimata amministrazione.

Alla pubblica udienza del 28 settembre 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso non è fondato e va, pertanto, respinto.

Occorre preliminarmente ricordare che il ricorrente, nato il 15 giugno 1992, è entrato (minorenne) nel nostro Paese il 17 agosto 2009. E’ stato collocato in una casa famiglia con ordinanza del Comune di Casagiove n. 54 del 20 ottobre 2009 e quindi con ordinanza n. 51 dell’11 giugno 2010 affidato al connazionale G D. Il decreto avversato che respinge l’istanza di conversione del permesso per minore età nelle more ottenuto in permesso per lavoro autonomo è del 7 giugno 2011. Quanto sopra consente quindi di rilevare che la disciplina ratione temporis applicabile alla presente fattispecie è quella di cui al citato art. 32 come modificato dalla legge n. 94 del 2009, entrata in vigore l’8 agosto 2009, venendo poi il detto art. 32 ulteriormente modificato dal decreto legge n. 89 del 23 giugno 2011 e poi ancora dalla legge n. 122 del 2016.

Giova ricordare che l'art. 32, commi 1 e 1-bis, nel testo anteriore alla novella introdotta dalla legge n. 94 del 15 luglio 2009 , stabiliva, per quanto d'interesse nella questione in esame, che al compimento della maggiore età, ai minori comunque affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 184 del 1983, poteva essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo (comma 1, nel testo anteriore alla novella ex lege n. 94 del 2009 ). Detto permesso di soggiorno poteva essere rilasciato, al compimento della maggiore età, anche ai minori stranieri non accompagnati che fossero stati ammessi, per un periodo non inferiore a due anni, in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che avesse rappresentanza nazionale e che comunque fosse iscritto, ai sensi di legge, nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (comma 1-bis, introdotto dal comma 1 dell' art. 25 della legge 30 luglio 2002, n. 189, recante «Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo», nel testo anteriore alla novella ex lege n. 94 del 2009). La citata legge n. 94 del 2009 ha modificato il contenuto precettivo delle suddette disposizioni. In particolare, il legislatore ha innovato il comma 1, richiamando nello stesso il contenuto precettivo del comma 1-bis, e ha modificato quest'ultimo stabilendo, come già previsto per i minori non accompagnati, che per i minori stranieri affidati ai sensi dell' articolo 2 della legge n. 184 del 1983, ovvero sottoposti a tutela, il rilascio del permesso di soggiorno, di cui al comma 1, è subordinato all'essere stati gli stessi ammessi, per un periodo non inferiore a due anni, in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nell'apposito registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Pertanto, dal combinato disposto dei suddetti due commi, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi di accesso al lavoro, ovvero di lavoro subordinato o autonomo, lo status del minore affidato ai sensi dell'art. 2 della legge n. 183 del 1984, non si differenzia rispetto a quello del minore non accompagnato, e agli stessi è equiparato quello del minore sottoposto a tutela. Di detta disposizione ha fatto letteralmente applicazione nella specie l’intimata Amministrazione.

Evoca parte ricorrente i dubbi sulla legittimità costituzionale del richiamato sistema normativo quali prospettati dal T.A.R. Piemonte con ordinanza n. 130 del 2011. Occorre però rilevare e ricordare che la questione posta con l’ordinanza citata è stata dichiarata manifestamente inammissibile con ordinanza della Corte costituzionale n. 222 del 21 luglio 2011. Ha, in particolare, ricordato la Corte che, “in proposito, come già nella vigenza dell'art. 32, comma 1-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998 , come aggiunto dal comma 1 dell' art. 25 della legge n. 189 del 2002, e prima della novella introdotta dalla legge n. 94 del 2009 , il Consiglio di Stato (sezione VI, decisioni n. 3690 del 2007 e n. 2951 del 2009) riteneva l'impossibilità di applicare il comma 1-bis ai soggetti che avessero compiuto la maggiore età prima della entrata in vigore della legge n. 189 del 2002 , ovvero nei due anni successivi, in quanto gli stessi non potevano, in termini materiali e giuridici, partecipare ad un progetto di integrazione sociale e civile della durata minima di due anni prima del compimento della maggiore età, come previsto dal comma 1-bis” e che “tale orientamento giurisprudenziale è stato confermato dalla giurisprudenza amministrativa con riguardo all' art. 32 del d.lgs. n. 286 del 1998, come modificato dalla legge n. 94 del 2009 (Consiglio di Stato, sezione VI, ordinanze n. 2919 del 2010 e n. 4232 del 2010;
TAR Lazio, sezione II quater, sentenza n. 2681 del 2011)”. Ancora con la citata ordinanza la Corte ricorda pure che “il giudice amministrativo ha ritenuto, peraltro anche alla luce dell'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, di dover privilegiare l'interpretazione secondo cui la legge n. 94 del 2009 non può trovare applicazione in ordine a coloro che hanno maturato i requisiti per la conversione del permesso di soggiorno anteriormente alla sua entrata in vigore e che, quindi, la novella in questione si applica ai minori affidati dopo la sua entrata in vigore, o anche affidati prima, ma che compiano la maggiore età almeno due anni dopo l'entrata in vigore della citata legge, in modo da consentire agli stessi di partecipare al progetto biennale”. Dunque, poiché l’odierno ricorrente è stato affidato al connazionale sig. G D con ordinanza del Comune di Casagiove n. 51 dell’11 giugno 2010, in epoca largamente successiva alla entrata in vigore delle disposizioni di cui alla legge n. 94 del 2009 che hanno riscritto il citato art. 32, legittimamente allo stesso è stata negata la conversione del permesso di soggiorno in permesso per lavoro autonomo difettando i requisiti previsti dalla legge.

In altri termini, il sistema, così come delineato dal combinato disposto dei commi 1 e 1-bis del medesimo art. 32, ratione temporis riferibile alla fattispecie, si applica interamente ai minori affidati, come nella specie, dopo la sua entrata in vigore.

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il Collegio respinge il ricorso in esame poiché infondato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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