TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2019-07-22, n. 201909791
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Testo completo
Pubblicato il 22/07/2019
N. 09791/2019 REG.PROV.COLL.
N. 05356/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5356 del 2017, proposto da
Associazione Italiana Lattiero Casearia – Assolatte, Assocaseari - Confcommercio-Imprese per L'Italia - Assocaseari, Associazione Unionalimentari, Unione Nazionale della Piccola e Media Impresa Industria Alimentare, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato C M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Vittorio Emanuele II 284;
contro
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del decreto interministeriale 9 dicembre 2016, pubblicato in G. U. il 19 gennaio 2017;
del d.m. del MIPAAF n. 990, pubblicato sul sito dello stesso Ministero in data 28 marzo 2017, come modificato dal d.m. n. 1076 del MIPAAF, pubblicato sul sito dello stesso Ministero in dato 31 marzo 2017;
delle Linee guida del 13 aprile 2017, pubblicate presumibilmente sul sito del MIPAAF in data 20 aprile 2017 e delle successive del 26 maggio 2017.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e di Ministero dello Sviluppo Economico;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 maggio 2019 la dott.ssa Maria Laura Maddalena e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe, le ricorrenti, dopo aver premesso una rapida ricostruzione della normativa vigente in materia di etichettatura dei prodotti lattiero- caseari, impugnano il decreto interministeriale 9 dicembre 2016, pubblicato in G. U. il 19 gennaio 2017, nonché il d.m. del MIPAAF n. 990, pubblicato sul sito dello stesso Ministero in data 28 marzo 2017, e il dm n. 1076 del MIPAAF, pubblicato sul sito dello stesso Ministero in dato 31 marzo 2017, di modifica del dm 990/2017, nonché le relative linee guida, recanti la disciplina sulle modalità da seguire per l’etichettatura del latte e dei prodotti lattieri caseari.
Espongono le ricorrenti che:
il decreto interministeriale del 9 dicembre 2016, recante “ Indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari, in attuazione del regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori ”, prevede all’articolo 1 che – ad eccezione dei prodotti di cui al regime di denominazioni di origine protetta (DOP) e di indicazioni geografiche protette (IGP), nonché del latte fresco – “ Le disposizioni del presente decreto… si applicano a tutti i tipi di latte ed ai prodotti lattiero-caseari di cui all'allegato 1, preimballati ai sensi dell'art. 2 del regolamento (UE) n. 1169/2011, destinati al consumo umano ”.
Nell’etichetta di tali prodotti dovrà essere indicata l’origine: sia il Paese di “ mungitura ”, sia quello di “ condizionamento ” o di “ trasformazione ”. È possibile utilizzare la dicitura di sintesi “ origine del latte ”, quando le predette fasi siano localizzate in un unico territorio (articoli 2 e 3).
L’articolo 4, comma 1, rubricato “ Disposizioni per favorire una migliore informazione dei consumatori ” dispone al comma 2 che le indicazioni sull’origine “ devono essere indelebili e riportate in etichetta in modo da essere visibili e facilmente leggibili ” e che non “ devono essere in nessun modo nascoste, oscurate, limitate o separate da altre indicazioni scritte o grafiche o da altri elementi suscettibili di interferire ”. Il comma 1 dello stesso articolo prevede poi che “ Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nell'ambito delle attività previste a legislazione vigente, può definire apposite campagne di promozione dei sistemi di etichettatura previsti dal presente decreto ”.
Seguiva l’adozione di varie circolari applicative, fino alla circolare interministeriale del 24 febbraio 2017, recante “ Disposizioni applicative del decreto 9 dicembre 2016 concernente l'indicazione dell'origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattiero-caseari, in attuazione del regolamento (UE) n. 1169/2011 ”, che ha chiarito alcuni dubbi interpretativi circa le modalità applicative del citato decreto.
In data 28 marzo 2017, il MIPAAF ha pubblicato, esclusivamente sul proprio sito web, il decreto n. 990 recante “ Linee guida per le indicazioni in etichetta dell’origine e del latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero caseari ”.
A distanza di due giorni, in data 31 marzo 2017, è intervenuto un nuovo decreto MIPAAF (n. 1076) di modifica del precedente.
Il decreto n. 1076/2017 interviene nella regolamentazione dell’etichettatura dei prodotti lattiero-caseari, prevedendo: i) che le indicazioni obbligatorie sull’origine devono essere apposte in uno specifico campo visivo (articolo 1); ii) che tutte le informazioni sull’origine (obbligatorie e facoltative) devono essere apposte nel medesimo campo visivo (articoli 2 e 3); iii) che le indicazioni obbligatorie sull’origine devono essere riportate con un contrasto significativo tra indicazioni e sfondo dell’imballaggio (articolo 3); iv) la futura emanazione di – ulteriori – linee guida attuative finalizzate a specificare le informazioni previste dai sistemi di etichettatura (articolo 1); v) l’entrata in vigore del decreto stesso decorsi 60 giorni dalla pubblicazione, sul sito dell’Amministrazione, delle linee guida previste dall’articolo 1 dello stesso decreto ministeriale (articolo 4 bis, introdotto dal decreto 1076/2017).
Dette linee guida sono state infine adottate, in data 13 aprile 2017, dal MIPAAF. Successivamente, sono state adottate anche le linee guida del 26 maggio 2017.
Ad avviso delle ricorrenti, questi ultimi atti (i due decreti MIPAAF e le linee guida) introdurrebbero novità sulle modalità da seguire per l’etichettatura, tali da rendere contrastanti con le disposizioni sopravvenute, e perciò inservibili, gli imballaggi già predisposti ed ordinati dalle aziende sulla base del decreto del 9 dicembre 2017 e della circolare interministeriale del febbraio 2017, cagionando una situazione di assoluta incertezza normativa, oltre che un grave pregiudizio economico per le ricorrenti.
In punto di legittimazione, le ricorrenti affermano che tre associazioni insieme coprono la rappresentanza dell’intero comparto industriale del settore lattiero caseario.
Tanto premesso, le ricorrenti deducono le seguenti doglianze.
1) Nullità degli atti impugnati per violazione dell’articolo 288 del TFUE e del regolamento 25 ottobre 2011, n. 1169/2011/UE e dell'art. 34 TFUE. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 3, 41 e 117 della Costituzione. In subordine: disapplicazione del decreto interministeriale 9 dicembre 2016.
La competenza a disciplinare la materia dell’etichettatura spetterebbe in via esclusiva all’UE, essendo disciplinata in modo uniforme dal reg. 1169/2011 UE. L’origine che disciplina l’art. 2 reg. 1169/2011 è solo quella del prodotto finito (formaggio; latte in polvere etc.), non quella degli ingredienti. Il decreto interministeriale del 9 dicembre 2016, invece, interviene imponendo per il latte e per i prodotti lattiero-caseari una serie di obblighi di indicazione del luogo di produzione del latte ed in particolare il paese di mungitura, di confezionamento o di trasformazione, incompatibili con la definizione di origine richiamata dal reg. 1169/2011 e contenuta nel codice doganale.
L’art. 39 del regolamento 1169/2011 UE, laddove consente agli Stati membri di introdurre obblighi di indicazione dell’origine alle condizioni ivi indicate dovrebbe essere interpretato come autorizzazione a stabilire con norme nazionali per quali prodotti l’indicazione di origine si ritenga necessaria; la suddetta norma non autorizzerebbe, invece, l’introduzione dissimulata di nozioni “alternative” di origine, la cui possibilità non può che essere riservata alle istituzioni UE, trattandosi di derogare ad una disciplina già armonizzata.
In via subordinata, le ricorrenti sostengono che comunque, anche ove si ritenesse che la materia non sia completamente armonizzata, la normativa in questione, specie quella applicativa, si porrebbe comunque (causa 8/74 del 11 luglio 1974) come disciplina tecnica capace di creare ostacoli alla libera circolazione delle merci.
In ogni caso, esse sostengono che l’articolo 39 del regolamento 1169/2011 pone due imprescindibili condizioni per l’introduzione di simili disposizioni: la sussistenza di un interesse legittimo di carattere generale (di fatto: una “ esigenza imperativa ”, come tassativamente identificata nelle ipotesi di protezione della salute pubblica, tutela dei consumatori e lotta alle frodi), nonché, ai sensi del paragrafo 2, con riferimento specifico all’obbligo dell’indicazione di origine l’imprescindibile esistenza di “ un nesso comprovato fra talune qualità dell’alimento e la sua origine o provenienza ”.
32. Con riferimento al primo profilo la disciplina qui impugnata non sarebbe giustificata.
Quanto poi al secondo profilo (nesso qualitativo agro-ambientale) non esisterebbe alcuno studio scientifico che possa dimostrare la sussistenza di una simile differenza.
In ogni caso, il decreto interministeriale 9 dicembre 2016 dovrebbe essere quanto meno