TAR Milano, sez. III, sentenza 2023-07-26, n. 202301964
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Pubblicato il 26/07/2023
N. 01964/2023 REG.PROV.COLL.
N. 02616/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2616 del 2016, proposto da
-OMISSIS- -OMISSIS-, in proprio e nella qualità di tutore di -OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati U F e F T, con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, corso Italia, 7
contro
Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato B D R, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, viale Bianca Maria, 11
nei confronti
Agenzia di Tutela della Salute Città Metropolitana di Milano, Regione Lombardia, Assemblea Distrettuale dei Sindaci del Distretto n. 5 Asl Mi2, Società Cooperativa Sociale -OMISSIS- a r.l. O.N.L.U.S., non costituiti in giudizio
per l'ottemperanza
alla sentenza -OMISSIS- del TAR per la Lombardia, Sezione III,
e per la dichiarazione di nullità/annullamento della DD.G.C. -OMISSIS-, e della nota -OMISSIS- della responsabile servizi alla persona del Comune di -OMISSIS-.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2023 il dott. R L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso depositato in data 16 novembre 2016, -OMISSIS- -OMISSIS-, padre e tutore di -OMISSIS- -OMISSIS-, persona con disabilità grave, ha chiesto l’ottemperanza alla sentenza n. -OMISSIS- del -OMISSIS- emessa da questo Tribunale.
Con tale pronuncia era stata annullata, per quanto di interesse dell’odierno ricorrente, la lettera comunale resa in data 2 febbraio 2012, l'art. 25 in parte qua e l'art. 40 comma 3 della deliberazione del consiglio comunale n. -OMISSIS-, oltre che la deliberazione della giunta comunale n. -OMISSIS-, nella parte in cui avevano previsto la quota mensile per spese personali, con conseguente obbligo, derivante dalla pronuncia stessa, di ridefinire la base imponibile della compartecipazione, sulla scorta dei criteri indicati in motivazione.
Si è costituito in giudizio il Comune di -OMISSIS-, che ha chiesto il rigetto del ricorso, e la Sezione ha da un lato respinto la domanda di ottemperanza, per ciò che concerneva i “rapporti pregressi”, e dall’altro convertito il rito da speciale a ordinario per il prosieguo della trattazione, con riferimento all’esame delle “prestazioni successive agli atti impugnati”, in quanto “la materia è disciplinata dalle successive norme, ed in particolare dal divieto di utilizzo di assegni di natura assistenziale che non rientrano nell’ISEE”, con “profili rispetto ai quali il giudicato non può prevalere”.
La sentenza non definitiva è stata impugnata in appello e confermata dal Consiglio di Stato, seppure con diversa motivazione.
E’ sulla base di tale diversa motivazione – ormai consolidatasi con il passaggio in giudicato della pronuncia – che deve essere in sede odierna “proseguita” l’ottemperanza dinanzi a questo Collegio, “con riferimento ai diversi parametri di ottemperanza che ne discendono” (così, Cons. di Stato, sentenza n. 1623 del 2018).
La causa è stata quindi definitivamente trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 27 giugno 2023.
Preliminarmente, occorre respingere l’istanza di rinvio della decisione formulata dalla difesa dell’amministrazione resistente, in quanto il giudizio civile pendente dinanzi al Tribunale di Milano – invocato come possibile causa di rinvio - è basato su presupposti diversi e non incompatibili rispetto a quelli in esame nel presente contenzioso, come emergerà anche dal seguito della motivazione.
Il Collegio rileva che con l'originario ricorso -OMISSIS- ha chiesto l'ottemperanza della sentenza n. -OMISSIS-/-OMISSIS- e contestualmente la dichiarazione di nullità o comunque di annullamento delle delibere della Giunta comunale di -OMISSIS- n. -OMISSIS-, oltre che della nota n. -OMISSIS-.
Con le suddette due delibere il Comune resistente avrebbe dimezzato il proprio contributo per il servizio residenziale, e avrebbe contestualmente eliminato il contributo per il centro diurno disabili;avrebbe inoltre sospeso il servizio CDD ed escluso l'abbinamento di servizi diurni e residenziali, aggiungendo per il passato una quota di compartecipazione al costo del predetto CDD.
Il primo motivo è semplicemente volto a rilevare la difformità della nuova disciplina con quanto statuito in precedenza dalla sentenza di cui si chiede l'esecuzione, in relazione all'esborso richiesto al padre della disabile, che ammonterebbe a circa € 40.000.
Con il secondo motivo, è stata dedotta anche la violazione dell'art. 4, comma 2 del DPCM 14.2.2001, nel senso che, in base al principio della presa in carico personalizzata e di responsabilità "unitaria" dell'amministrazione, sarebbe il Comune a dovere garantire il servizio al cittadino, salvo poi agire per il recupero delle somme non facenti capo, da un punto di vista istituzionale, alla sua esclusiva competenza.
Con il terzo motivo, il ricorrente ha dedotto che i criteri stabiliti dalle delibere impugnate sarebbero difformi dalla disciplina ISEE nei punti in cui prevedono l'utilizzo delle risorse patrimoniali della disabile "a valere sul pagamento delle rette arretrate" e che il peso dei tre fattori rilevanti per il calcolo (reddito, patrimonio e carico familiare-assistenziale) non sarebbe stato correttamente combinato con le proporzioni e le franchigie normativamente previste.
Con il quarto motivo è stata contestata l'illegittimità delle delibere impugnate nella misura in cui avrebbero interrotto il servizio dei centri diurni, senza motivazione e istruttoria adeguata, in asserito contrasto "con lo stato di salute e i bisogni dell'assistito".
Con il quinto motivo, infine, è stata rilevata la mancata previa consultazione dei soggetti indicati dall'art. 3 della L.r. n.3 del 2008, pur essendo tale consultazione, secondo la sentenza da ottemperare, obbligatoria ai sensi dell'art. 8, comma 1 della citata legge.
Secondo la motivazione resa dal Consiglio di Stato in sede di appello avverso la prima sentenza non definitiva – motivazione dalla quale il Collegio deve necessariamente muovere in sede odierna – non vi era stata piena ottemperanza da parte del Comune resistente, al momento della decisione definitiva, sulla base dei seguenti rilievi:
- la conversione del rito disposta dal TAR ha presupposto la sola valutazione della non riconducibilità dell’impugnazione all’ambito dell’ottemperanza;
- conseguentemente, la questione della eventuale tardività dell’impugnazione è demandata a questa fase del giudizio, così come la questione dell’alternatività (non cumulabilità) dei regimi assistenziali in C.S.S./R.S.A. e C.D.D. e delle relative rette;
- esula dal presente giudizio ogni valutazione sulla congruità della scelta della struttura assistenziale nonché delle rette richieste dal gestore del servizio, non venendo in rilievo un’impugnazione degli atti con i quali i ricoveri sono stati disposti o le rette quantificate, ma soltanto questioni di ripartizione tra i soggetti onerati;
- tra i soggetti pubblici coinvolti, si applica la ripartizione disposta dalla disciplina statale, che rappresenta una forfettizzazione dell’incidenza rispettiva della componente sanitaria (a rilevanza sociale) e di quella sociale (a rilevanza sanitaria), con percentuali di partecipazione alla spesa prefissate dalla norma;
- il Comune resistente non può essere riconosciuto ottemperante per il fatto di aver calcolato il proprio contributo nella misura (da ritenersi corretta, secondo quanto stabilito a livello statale dal d.P.C.M. 14 febbraio 2001 e dal d.P.C.M. 14 febbraio 2001) del 30% della retta, in quanto si sarebbe dovuto far carico della quota gravante sulla Regione (ma non erogata da questa);
- è il Comune che deve garantire il servizio al cittadino, salvo poi agire nei confronti degli altri soggetti onerati, per l’eventuale recupero delle somme necessarie al pagamento del servizio, che non possono certo essere scaricate sull’utente o sulla famiglia;
- fermo restando l’obbligo definitivo del Comune di -OMISSIS- di sopportare la quota pari al 30% della retta, al netto della compartecipazione alla spesa dell’assistita (come definita nella pronuncia non definitiva), l’ente comunale non può dunque sottrarsi all’ulteriore onere di anticipare la parte residua non coperta dal contributo stabilito dalla Regione Lombardia, qualora ciò sia necessario al fine di evitare la sospensione del servizio in favore dell’assistita.
In vista dell’udienza di discussione, il Comune di -OMISSIS- ha allegato di avere provveduto a versare tutti gli importi richiesti dalla struttura sanitaria Cooperativa Sociale -OMISSIS-, ivi compresi quelli a carico del servizio sanitario sino all’anno 2018, a fronte di un decreto ingiuntivo nelle more emesso ai suoi danni. Successivamente, in assenza di richieste pervenute dalla Cooperativa controinteressata per quanto attiene alla quota a carico del Servizio sanitario nazionale, la quota a carico del Comune sarebbe stata regolarmente versata al ricorrente o accantonata.
Secondo il Comune resistente, la richiesta del ricorrente di interpretazione della normativa di settore, nel senso che l’intero costo del servizio residenziale di cui usufruisce la beneficiaria debba essere posto a carico del Comune, sarebbe contraria al dettato normativo come interpretato dal Consiglio di Stato, posto che in ogni caso l’amministrazione comunale ha proposto opposizione al Tribunale civile di Milano al fine di chiamare in manleva la Regione Lombardia (giudizio allo stato pendente, con decisione attesa entro il mese di luglio 2023).
Ad ogni buon modo, la difesa del Comune di -OMISSIS- ha insistito per la declaratoria di inammissibilità parziale del ricorso in ottemperanza relativamente alla domanda di nullità o annullamento della deliberazione di giunta n. 36 del 14 luglio 2016 avente a oggetto “Atto d’indirizzo per la valutazione delle istanza di pagamento della retta di frequenza dei CDD per coloro che risultano ricoverati in forma di residenzialità presso CSS, RSD et similia”, per l’asserito decorso, al momento della notifica del ricorso per l’ottemperanza del giudicato, dei termini per l’impugnativa ordinaria.
Secondo il ricorrente, invece, -OMISSIS- -OMISSIS- avrebbe “sostenuto oneri ampiamente superiori a quelli previsti dalla legge e dall’ottemperanda sentenza”. Tenuto conto anche dei versamenti successivi, dal 2011 ad oggi (ultimo versamento di € 11.613,00 del 28.2.2023), i ricorrenti avrebbero complessivamente versato alla Cooperativa € 228.704,81 per il servizio CSS ed ulteriori € 8.210,80 per il servizio CDD;tali somme sarebbero comprensive dei contributi versati dal Comune ad -OMISSIS- a titolo di integrazione della retta, pari a complessivi € 54.703,15, con un esborso netto della famiglia -OMISSIS- pari ad € 182.212,46.
D’altra parte, in esecuzione all’ordinanza-ingiunzione del Tribunale di Milano, il Comune avrebbe versato direttamente alla Cooperativa altri € 121.244,00 in data 15.3.2019 ed € 4.054,30 in data 28.3.2019, con un versamento complessivo dunque di € 180.001,45.
Sempre secondo il ricorrente, resterebbero rette inevase per ulteriori € 116.737,70, mentre il Servizio sanitario nazionale, tramite ATS, ha versato a mezzo voucher la somma complessiva di ulteriori € 94.937,10, nonostante, seguendo l’impostazione del Consiglio di Stato, il rispetto della percentuale a suo carico del 70% prevista dai