TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2016-03-21, n. 201603458
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Testo completo
N. 03458/2016 REG.PROV.COLL.
N. 09513/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9513 del 2015, proposto da:
P L C, rappresentato e difeso dall'avv. F S M, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Roma, Via dei Monti Parioli n. 48;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca - Anvur,
in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliati per legge presso gli uffici, in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
nei confronti di
Susanna Cannizzaro;
per l'annullamento
del diniego di idoneità al conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale a professore di seconda fascia nel settore concorsuale 12/d2 - diritto tributario;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca - Anvur;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2016 la dott.ssa Maria Cristina Quiligotti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorso è fondato nel merito per l’assorbente primo motivo di censura con il quale è stata dedotta l’illegittimità dell’articolo 8, comma 5, del d.P.R. n. 222 del 2011 per avere il ricorrente conseguito tre giudizi individuali favorevoli e solo due giudizi individuali negativi.
E, infatti, con le sentenze della sezione nn. 12407/2015 e 13121/2015, la prima confermata in sede di appello con l’ordinanza del C.d.S., sez. VI, n. 5696 del 21.12.2015 e la seconda con la sentenza del C.d.S., sez. VI, n. 470 del 5.2.2016, il predetto articolo 8, comma 5, del d.P.R. n. 222 del 2011, nella parte in cui dispone che “la Commissione delibera a maggioranza dei quattro quinti dei componenti” è stato annullato.
In particolare con la sentenza di cui da ultimo n. 470 del 2016 sono state svolte le seguenti considerazioni:
“- il regolamento di cui al d.P.R. n. 222 del 2011 è stato adottato ai sensi dell’art. 17, comma 2, l. 23 agosto 1988, n. 400, sulla base della disposizione di rango primario contenuta nell’art. 16, comma 2, l. n. 240 del 2010 che testualmente recita: «Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più regolamenti emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, sono disciplinate le modalità di espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento dell’abilitazione, in conformità ai criteri di cui al comma 3»;
- la censurata disposizione regolamentare, di cui all’art. 8, comma 5, d.P.R. n. 222 del 2011 – che, con evidente riferimento all’attribuzione dell’abilitazione di cui al precedente comma 4, stabilisce che «la commissione delibera a maggioranza dei quattro quinti dei componenti» –, non trova copertura alcuna nei «criteri» fissati alla potestà regolamentare governativa dall’art. 16, comma 3, della legge di delegificazione («criteri», da qualificare, con una più appropriata terminologia, come «norme generali regolatrici» ai sensi dell’art. 17, comma 2, l. n. 400 del 1988, le quali, secondo la giurisprudenza costituzionale, assolvono ad una funzione delimitativa stringente della potestà regolamentare governativa nelle materie delegificate: v. sent. Corte Cost. n. 303/2005), non risultandovi stabilito alcunché con riguardo ad un’eventuale maggioranza qualificata che debba assistere la deliberazione di abilitazione;
- come correttamente rilevato nell’impugnata sentenza, l’introduzione di una deroga talmente significativa alle regole generali che presiedono al funzionamento degli organi collegiali – infatti, generalmente ed in assenza di un’espressa previsione normativa, la volontà dell’organo collegiale si identifica con quella della maggioranza dei votanti (coincidente, negli organi collegiali perfetti, con la maggioranza dei componenti), corrispondente alla metà più uno dei votanti – necessitava di una previsione espressa nella legge autorizzativa, pena la violazione dell’art. 17, comma 2, l. n. 400 del 1988;
- quanto sopra vale, a maggior ragione, per le commissioni giudicatrici di procedure di abilitazione o concorsuali – quale la commissione nazionale di abilitazione delle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia, nominata secondo una complessa procedura per ciascun settore concorsuale, composta da cinque membri [v. artt. 3, lett. f), l. n. 240 del 2010 e 6 d.P.R. n. 22 del 2011] –, le cui valutazioni sono improntate esclusivamente a criteri di discrezionalità tecnica;
- nella fattispecie in esame – a differenza dalle ipotesi di organi collegiali muniti di poteri discrezionali amministrativi, in cui la maggioranza qualificata è, sovente, richiesta in relazione a determinate materie o in ragione della natura degli interessi rappresentati dai vari componenti dell’organo –, la previsione di una maggioranza qualificata, attributiva di un sostanziale potere di veto alla minoranza dissenziente in seno all’organo collegiale chiamato a formulare un giudizio prettamente tecnico sull’idoneità dei candidati (sotto il profilo della loro qualificazione scientifica, per l’accesso alla prima e seconda fascia dei professori, sulla base della valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche), non appare, comunque, sorretta da un’adeguata ratio giustificatrice;
- peraltro, anche nella disciplina pregressa del settore dei concorsi universitari era richiesta la maggioranza semplice delle commissioni giudicatrici per l’indicazione dei candidati ritenuti meritevoli dell’idoneità scientifica nazionale (v., da ultimo, l’art. 9, comma 9, d.lgs. 6 aprile 2006, n. 164 – abrogato dall’art. 29, comma 12, l. n. 240 del 2010 –, secondo cui «Al termine dei lavori la commissione, previa valutazione comparativa, con deliberazione assunta a maggioranza dei componenti, indica i candidati ritenuti meritevoli dell'idoneità scientifica nazionale nei limiti numerici fissati dal bando»), ad ulteriore rafforzamento della sopra enunciata esigenza di una disposizione derogatoria espressa di rango primario;
- la disposizione regolamentare qui impugnata appare, altresì, tendenzialmente incompatibile con la previsione di cui all’art. 16, comma 3, lett. a), l. n. 240 del 2010, secondo cui l’attribuzione dell’abilitazione deve essere sorretto da un «motivato giudizio fondato sulla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche», poiché nei casi, quale quello sub iudice, nei quali sia raggiunta la maggioranza semplice, la motivazione della mancata abilitazione espressa nell’atto collegiale conclusivo si risolve nella mera constatazione del mancato raggiungimento del prescritto quorum, la quale assorbe (e contrasta con) il motivato giudizio positivo formatosi in seno alla commissione con la maggioranza semplice dei componenti [v., a conferma, le conclusioni del giudizio collegiale espresso dalla commissione sul candidato N: « (…) la Commissione, richiamati e fatti propri tutti i giudizi individuali – che qui si intendono integralmente riportati –, rilevato che i voti favorevoli sono 3 e che, pertanto, non si è raggiunta la maggioranza prevista (4/5), non attribuisce al candidato l’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso al ruolo di professore universitario di seconda fascia nel settore concorsuale 12/A1 Diritto Privato»].”.
Tutte le considerazioni di cui in precedenza vengono condivise e fatte ulteriormente proprie in questa sede.
Dall’illegittimità della regola di computo della maggioranza discende quella del giudizio negativo reso nella fattispecie dalla Commissione. A favore dell’abilitazione del ricorrente, invero, hanno votato la maggioranza dei commissari (tre su cinque), sicché il giudizio reso collegialmente non può che considerarsi favorevole, con conseguente conseguimento dell’abilitazione a professore di prima fascia da parte dell’interessato.
In definitiva, il ricorso in esame va accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.
Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.