TAR Bolzano, sez. I, sentenza 2020-07-13, n. 202000177
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Pubblicato il 13/07/2020
N. 00177/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00093/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa
Sezione Autonoma di Bolzano
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 93 del 2018, proposto da
L B e C B, rappresentati e difesi dall'avvocato M N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Bolzano, Galleria Europa, n. 26;
contro
Comune di Merano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati J P e V M, domiciliato presso l’Avvocatura del Comune in Merano, Portici, 192;
nei confronti
Kolpinghaus Meran e.V., rappresentata e difesa dapprima dagli avvocati U L e U V, e, successivamente, soltanto dall’avv. U L con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio della stessa in Merano, via delle Corse, n. 101;
per l'annullamento
della declaratoria di nullità e/o inefficacia – disapplicazione dei seguenti atti (nei limiti di cui ai seguenti motivi di impugnazione):
1. deliberazione della Giunta comunale di Merano n. 30 del 6 febbraio 2018 (approvazione del piano di recupero A 14) – pubblicata il 19 febbraio 2018;
2. deliberazione della Giunta comunale di Merano n. 385 del 17 ottobre 2017 (Adozione del piano di recupero della zona residenziale A14);
3. parere del progettista del piano di recupero, nota del 26 gennaio 2018;edilizia n. 28 del 26 gennaio 2018;
4. ivi richiamato parere della commissione edilizia comunale di Merano;
5. ogni altro parere richiamato;
e di ogni altro atto precedente, presupposto, preparatorio, successivo, esecutivo anche ove non conosciuto e richiamato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Merano e della Kolpinghaus Meran e.V.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 aprile 2019 il Cons. T D G e uditi per le parti i difensori: avv. M. Natzler per i ricorrenti;avv. J. Pichler per il Comune di Merano;avv. U. Lobis per il Kolpinghaus Meran e.V.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Nel 2016 il Comune di Merano avviava la procedura formale per dotare di un piano di recuperola zona di recupero A14, zona residenziale A - centro storico, sita a Maia Alta ad ovest di piazza Fontana, racchiusa tra detta piazza e le pubbliche strade via Salita alla Chiesa, a nord, e via Cavour a sud.
Sentita la Consulta per l'assetto urbanistico nella seduta dell'11.1.2017, la Commissione edilizia comunale approvava all'unanimità il progetto del piano e, successivamente, il piano di recupero veniva adottato dalla Giunta comunale con deliberazione n. 385 dd. 17.10.2017.
La zona di recupero di cui è causa comprende sia due complessi immobiliari, che costituiscono le minime unità di intervento G1 e G2, sia alcuni edifici di minori dimensioni, ubicati lungo il vicolo salita alla Chiesa, che rappresentano le minime unità di intervento (di seguito MUI) da G3 a G9.
La MUI G1, che investe l’ex albergo Regina, ora di proprietà dell’associazione Kolping, si suddivide in G1a e G1b.
L’edificio di Kolpinghaus, sul quale si indirizzano soprattutto le deduzioni di controparte nel ricorso, è l’edificio p.ed. 449 CC Maia, ricompreso nell’unità di intervento G1b (oggetto degli interventi edilizi di cui al piano di recupero oggetto del ricorso), contraddistinto dalla parte bassa del complesso edilizio sulla p.ed. 54/3 C.C. Maia (cfr. doc. 1d, pag. 4 e 5 del FP Kolping).
L’immobile p.ed. 54/2 CC Maia, di proprietà dei ricorrenti, rientra invece nella MUI G5, per la quale il piano in contestazione prevede uno specifico vincolo di “facciata da conservare”.
Con lettera dd. 20.11.2017 i ricorrenti presentavano le proprie osservazioni avverso il piano di recupero.
Con deliberazione n. 30 dd. 06.02.2018, presa puntuale posizione sulle predette osservazioni, la Giunta comunale approvava il piano di recupero di cui è causa.
Con il presente ricorso vengono impugnati gli atti deliberativi e i pareri presupposti del piano di recupero in argomento e, a sostegno del ricorso, vengono dedotti i seguenti motivi d’impugnazione:
1) Violazione e falsa applicazione degli articoli 30 e seguenti nonché 52 e seguenti della legge urbanistica provinciale, legge provinciale 11 agosto 1997, n. 13. Violazione e falsa applicazione del piano urbanistico comunale di Merano ed in particolar modo dell’articolo 5 delle norme di attuazione. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 della legge provinciale 22 ottobre 1993, n. 17. Eccesso di potere per travisamento di fatti e/o omessa istruttoria e/o omessa istruttoria e/o manifesta illogicità (mancato rispetto della funzione del piano di recupero);
2) Violazione e falsa applicazione degli articoli 30 e seguenti nonché 52 e seguenti della legge urbanistica provinciale, legge provinciale 11 agosto 1997, n. 13. Violazione e falsa applicazione del piano urbanistico comunale di Merano ed in particolar modo dell’articolo 5 delle norme di attuazione. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 della legge provinciale 22 ottobre 1993, n. 17. Eccesso di potere per travisamento di fatti e/o omessa istruttoria e/o omessa istruttoria e/o manifesta illogicità (previsione di un’area edificabile per nuova costruzione in una zona già ipersatura);
3) Violazione e falsa applicazione degli articoli 30 e seguenti nonché 52 e seguenti della legge urbanistica provinciale, legge provinciale 11 agosto 1997, n. 13. Violazione e falsa applicazione del piano urbanistico comunale di Merano ed in particolar modo dell’articolo 5 delle norme di attuazione. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 97 della Costituzione della Repubblica Violazione e falsa applicazione dell’articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 della legge provinciale 22 ottobre 1993, n. 17. Eccesso di potere per travisamento di fatti e/o omessa istruttoria e/o omessa istruttoria e/o manifesta illogicità (sulla tutela della facciata);
4) Violazione e falsa applicazione degli articoli 30 e seguenti nonché 52 e seguenti della legge urbanistica provinciale, legge provinciale 11 agosto 1997, n. 13. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 97 della Costituzione della Repubblica. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 della legge provinciale 22 ottobre 1993, n. 17. Eccesso di potere per travisamento di fatti e/o omessa istruttoria e/o omessa istruttoria e/o manifesta illogicità (violazione del principio dell’imparzialità della pubblica amministrazione e della proporzionalità dell’azione amministrativa);
5) Violazione e falsa applicazione degli articoli 30 e seguenti nonché 52 e seguenti della legge urbanistica provinciale, legge provinciale 11 agosto 1997, n. 13. Violazione e falsa applicazione del piano urbanistico comunale di Merano ed in particolar modo dell’articolo 5 delle norme di attuazione. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 97 della Costituzione della Repubblica. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 della legge provinciale 22 ottobre 1993, n. 17. Eccesso di potere per travisamento di fatti e/o omessa istruttoria e/o omessa istruttoria e/o manifesta illogicità (errore di calcolo sulla cubatura).
Si sono costituiti in giudizio:
- il Comune di Merano chiedendo il rigetto del ricorso, siccome infondato;
- la Kolpinghaus Meran e.V. che, nel chiedere in ogni caso il rigetto del ricorso siccome infondato, eccepisce in via pregiudiziale l’inammissibilità del ricorso per carenza d’interesse sotto il duplice profilo che, per un verso, la proprietà dei ricorrenti “non viene in nessun modo “toccata” e che, per altro verso, gli stessi “non sono in grado di dimostrare di subire dei danni / pregiudizi derivanti dal semplice strumento urbanistico”.
Alla pubblica udienza del 17.4.2019 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
L’infondatezza del ricorso nel merito consente di tralasciare l’esame dell’eccezione di carenza d’interesse sollevata dalla Kolpinghaus Meran e.V.
Premettono i ricorrenti che “il ricorso è volto alla tutela della proprietà dei ricorrenti. Anche se la scrivente difesa ritiene che sussistano ragioni per un annullamento integrale a prescindere dalle considerazioni che seguono, i ricorrenti chiedono a codesto TRGA di voler valutare la possibilità di procedere ad un annullamento parziale delle previsioni del piano di recupero, nella parte in cui incidono direttamente sulla proprietà dei ricorrenti. In particolare modo si chiede l’annullamento della previsione della tutela della facciata sull’immobile di proprietà dei ricorrenti e della previsione del piano normativo che al confine fra MUI 5 e MUI 6 indica una cubatura in demolizione di 138 m³, con la possibilità della sua ricostruzione sulla sola MUI 6 (associazione Kolping). Ove codesto TRGA non ritenesse possibile procedere ad un annullamento parziale nel senso sopra descritto e neanche un annullamento parziale limitatamente alle previsioni relative alle MUI 5 e 6, si chiede l’annullamento integrale del piano di recupero per i motivi successivamente evidenziati”.
Un tanto precisato, si procede ora all’esame di merito.
Con il primo motivo d’impugnazione i ricorrenti affermano che la funzione del piano di recupero consisterebbe unicamente nel “soddisfacimento del fabbisogno residenziale” mentre nel caso di specie il piano in questione sarebbe stato adottato per consentire alla Kolping la realizzazione di nuova consistente cubatura turistica.
La doglianza è infondata.
L'asserzione dei ricorrenti secondo cui l'unico scopo del piano di recupero impugnato sarebbe quello di permettere all'associazione Kolping la realizzazione di nuova cubatura, è contraddetta dal contenuto del piano stesso che, come emerge dalla relazione tecnico-illustrativa, detta una disciplina organica per tutti gli interventi edilizi ammessi nell'intera zona oggetto del piano, interventi che comprendono non solo la realizzazione di nuova cubatura ma anche lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, lavori di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia nelle ben otto unità minime di intervento.
Ai sensi degli artt. 52 e 54 della legge urbanistica provinciale n. 13/1997 le zone di recupero riguardano quelle parti del territorio comunale in cui, per le condizioni di degrado in cui le stesse versano, si rende opportuno "il recupero del patrimonio edilizio e urbanistico esistente, mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso".
La norma riguarda pertanto l'intero patrimonio edilizio e urbanistico, e non è limitata, come affermano i ricorrenti, soltanto agli edifici con destinazione residenziale.
Un tanto trova conferma nell’art. 52 L.U.P. che, al comma 1, specifica che gli interventi sono rivolti “alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso” e che le zone di recupero possono comprendere anche "edifici da destinare ad attrezzature" e che, al comma 3, che “nel piano di recupero è consentita una destinazione d’uso diversa” (quindi non solo residenziale).
Non si pone pertanto in contrasto al dettato normativo la previsione, contenuta nel piano di recupero impugnato, della realizzazione di cubatura con destinazione alberghiero - ricettiva.
Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano che il piano di recupero consentirebbe la realizzazione di nuova cubatura in violazione del prescritto indice massimo di densità edilizia che, per la zona residenziale A "Centro storico", corrisponde, ai sensi dell’art. 5 delle norme di attuazione al puc, alla cubatura esistente aumentata del 5% ma comunque non superiore a 5m³ per metro quadrato riferita all'intera zona.
La doglianza è infondata.
L'art. 128 quinto comma della legge urbanistica provinciale stabilisce che "per l'ampliamento quantitativo di esercizi ricettivi esistenti in zone edificabili, nel regolamento di esecuzione della presente legge può essere previsto di derogare agli indici di edificazione stabiliti dal piano urbanistico comunale".
In considerazione del generico riferimento della norma alle "zone edificabili" e della mancanza di una disposizione che vieti l’applicazione della predetta previsione alle zone di recupero, deve concludersi che la previsione dell’art. 128 cit. riguardi anche le zone di recupero, sicché anche per queste è consentita la deroga a tutti gli indici di edificazione previsti dal PUC, ivi compreso quello della densità edilizia.
Del resto, coerentemente con la predetta previsione, il D.P.P: n. 55 del 18.10.2007 stabilisce all’art. 5 “Indici di edificazione in zone edificabili” (che ha abrogato e sostituito gli artt. 39 - 41 del regolamento di esecuzione della L.U.P. concernenti l’ampliamento degli esercizi alberghieri) che “Gli esercizi ricettivi, quelli di somministrazione di pasti e bevande e quelli di somministrazione di bevande siti in zone edificabili, in caso di ampliamento dei rispettivi edifici possono raggiungere le superfici lorde di piano indicate negli articoli 7, 10 e 11, anche in deroga alla densità edilizia prevista dal piano urbanistico …”.
In altri termini, per l'ampliamento di esercizi ricettivi in zone edificabili, com’è nel caso di specie, si può derogare alla densità edilizia prevista dal piano urbanistico.
Con il terzo motivo i ricorrenti contestano l'imposizione della tutela sulla facciata dell'edificio di loro proprietà, costituente la UMI 5, perché essa impone una restrizione alla libertà di apportare modifiche in futuro. Il piano sarebbe inoltre contraddittorio perché afferma che sulla medesima facciata coesistono elementi meritevoli di tutela (facciate della UMI 5) e elementi di disturbo (facciata nord). Sempre secondo i ricorrenti, le facciate in argomento non sarebbero visibili dalla pubblica via, sicché non sarebbe giustificata la necessità della tutela che, secondo i redattori del piano di recupero, è da ricondursi alla linea architettonica dell’edificio.
Deducono, inoltre, la disparità di trattamento rispetto all’edificio che sorge all'ingresso di via Salita alla Chiesa, costituente la UMI 4, per il quale non è prevista alcuna tutela sebbene esso sia visibile non solo dal vicolo, ma anche dall'incrocio.
La doglianza è infondata.
La tutela delle facciate è descritta dall'art. 5 delle norme di attuazione del piano di recupero, secondo cui "gli interventi su queste facciate devono rispettare le proporzioni, le caratteristiche formali e l'aspetto d'insieme dell'ambiente architettonico e urbano esistente. I progetti riguardanti la tinteggiatura, le pitture murali, le scritte e le insegne sono soggetti al parere della commissione edilizia".
Si tratta, dunque, di una tutela relativamente blanda, che non esclude interventi sulle facciate, imponendo semplicemente che essi siano rispettosi del contesto urbanistico in cui è inserito l'edificio e dell'armonia intrinseca della singola facciata, richiedendo soltanto, per gli interventi che modificano il colore della facciata o l'aspetto "grafico" degli elementi esistenti sulla facciata, il preventivo parere della commissione edilizia.
In altri termini, la norma vieta sostanzialmente quegli interventi edilizi che possano comportare uno stravolgimento radicale delle facciate.
Come ribadito in sede di risposta alle osservazioni presentate dai ricorrenti, anche le facciate dell'edificio dei ricorrenti, “apparentemente più semplici, meritano di essere mantenute in quanto improntate a un riuscito rapporto formale e in qualità di buon esempio di architettura tradizionale. La facciata ovest partecipa con il suo particolare carattere alla determinazione dell'immagine complessiva dello slargo formato con i due edifici richiamati dall'osservante".
Non ha nemmeno pregio la dedotta censura di disparità di trattamento rispetto ad altri edifici ricompresi nel piano di recupero, atteso che l'edificio posto allo sbocco di via Salita alla Chiesa in piazza Fontana non presenta quegli elementi architettonici particolari che renderebbe necessaria l’imposizione della tutela e che le limitazioni imposte all’edificio dei ricorrenti sono state previste anche per altri edifici, in particolare quelli facenti parte delle UMI 1, 2, 3, 6 e 8.
Non rileva, poi, la tesi secondo cui la presenza di un elemento di disturbo sulla facciata nord dell'edificio di proprietà dei ricorrenti risulterebbe contraddittoria rispetto all’imposizione della tutela alla stessa facciata.
In realtà, va osservato che il predetto elemento di disturbo, ravvisato nella presenza di due vetrine con infissi in alluminio anodizzato, che non impedisce di riconoscere alla facciata una complessiva armonia di forme o un valore architettonico che la rendono meritevole di essere conservata.
Con il quarto motivo i ricorrenti sostengono che il piano di recupero sarebbe illegittimo perché arrecherebbe dei vantaggi a un unico soggetto, cioè l'associazione Kolpinghaus, proprietaria del complesso edilizio costituente la UMI 1, mentre i proprietari di tutti gli altri edifici inseriti nella zona di recupero subirebbero prevalentemente gli svantaggi e i vincoli che non sarebbero il risultato di un'adeguata istruttoria né risulterebbero proporzionati. Secondo i ricorrenti, poi, il Comune di Merano avrebbe "gestito gli affari di un soggetto privato" (l'associazione Kolpinghaus) "permettendo a questi di proporre uno strumento di pianificazione che non contiene una equa considerazione dell'interesse degli altri proprietari coinvolti".
La doglianza è infondata.
A prescindere dalla genericità della doglianza, va comunque osservato che la finalità che l’amministrazione si prefigge nell’adottare un piano di recupero è quella di consentire, ai sensi dell'art. 52 LUP, "il recupero del patrimonio edilizio e urbanistico esistente mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso" e non di provvedere a una distribuzione "equa" di vantaggi e svantaggi tra i privati.
Peraltro va osservato che, oltre all’edifico ricompreso nella UMI 1, Kolping possiede anche l’edificio facente parte della UMI 6, per il quale sono stati previsti vincoli ancora più gravi rispetto a quelli previsti per l’edificio G5 in UMI 5 dei ricorrenti (cfr. doc. 1b- norme di attuazione- art. 9.3. ..”..sono ammessi gli interventi edilizi indicati nella tavola P1, senza modifica delle misure esterne e degli elementi decorativi esterni in particolare quelli indicati nel piano normativo e descritti all’art. 7, che sono da conservate integralmente e da tutelare da eventuali danni..”.
Con il quinto ed ultimo motivo i ricorrenti contestano la perimetrazione della UMI 6, in particolare di quella parte che confina con la UMI 5 di proprietà degli stessi.
Secondo i ricorrenti, la cubatura di 138 m³ posta vicino a confine fra UMI 6 e UMI 1, e per la quale il piano di recupero prevede la demolizione e lo spostamento, sarebbe stata eretta senza titolo e non apparterebbe integralmente all'associazione Kolping.
I ricorrenti sostengono che, trattandosi di una sopraelevazione costruita su un garage di loro proprietà al pianoterra, anche la cubatura al primo piano dovrebbe "probabilmente" essere di loro proprietà. Da ciò discenderebbe che la perimetrazione dell'UMI 6 non sarebbe corretta visto che quella parte del garage sarebbe stata inclusa, assieme alla descritta cubatura, nella UMI 6, e ciò allo scopo di assegnare illegittimamente la disponibilità esclusiva della cubatura all'associazione Kolpinghaus. Poiché i ricorrenti avevano fatto presente la problematica già nelle loro osservazioni al piano di recupero, il Comune non avrebbe potuto approvare il piano stesso prima di aver chiarito l'appartenenza della cubatura.
La doglianza non è fondata.
Premesso che nelle osservazioni presentate nel corso del procedimento di approvazione del piano di recupero i ricorrenti avevano contestato solo la quantificazione della cubatura mentre l'asserita problematicità della situazione proprietaria dell'edificio non veniva, invece, affrontata in quella sede e premesso che nel presente ricorso non viene allegato alcun principio di prova a sostegno di tale affermazione che risulta invero contraddetta dalla documentazione prodotta in giudizio dalla controinteressata Kolpinghaus, va ad ogni modo osservato che il piano di recupero è solo uno strumento di pianificazione urbanistico - edilizia che non costituisce e non elimina diritti reali.
In altri termini, la previsione dell'inclusione in un'unità minima di intervento di una particella la cui appartenenza, dal punto di vista civilistico, non è del tutto chiara o addirittura controversa, non incide sulla situazione proprietaria. I diritti edificatori espressi da quell'immobile potranno perciò essere vantati e realizzati solo da chi ne risulta proprietario. Si tratta di un presupposto da dimostrare quando si richiede il rilascio della concessione edilizia, mentre è irrilevante ai fini della pianificazione urbanistica, in sede di elaborazione del piano di recupero.
Un tanto vale anche per l'asserita illegittimità della cubatura espressa dall'edificio che secondo i ricorrenti sarebbe stato eretto senza alcun titolo edilizio. La cubatura potrà, dunque, essere demolita e spostata solo a condizione che chi richiede la relativa concessione edilizia dimostri che l'edificio è stato eretto in base a un titolo autorizzativo e nei limiti quantitativi da accertare e comprovare minuziosamente prima del rilascio della concessione.
Il descritto principio viene ribadito nel piano impugnato, in particolare nella delibera di approvazione (v. sopra, doc. 8) che, facendo proprie le osservazioni tecniche espresse dai progettisti (v. sopra, doc. 7), precisa che "il volume delle unità di intervento vale se e per quanto dello stesso ne venga dimostrata la legittimità in sede concessoria. In occasione di tale dimostrazione dovrà quindi venire accertato, e ciò vale per ogni costruzione all'interno del piano, se l'effettiva entità corrisponda a quanto computato. Ovviamente, stante questa precisazione, i diritti edificatori, anche in sede di spostamenti di volumi, si limitano ai volumi accertati e legittimi". Va da sé che detti volumi possono essere vantati solo da chi ne è proprietario.
Sempre con il quinto motivo di ricorso i ricorrenti contestano l'inclusione del cortile p.f. 345/1, di proprietà di tre soggetti diversi, nella UMI 6 nonostante essa costituisca una superficie a servizio paritetico dei tre immobili circostanti. L'inclusione dell'intera particella nella UMI 6, nonostante la disposizione dell'art. 2 delle norme di attuazione del piano di recupero stabilisca che le unità minime di intervento corrispondono di regola all'unità di proprietà, avrebbe dovuto essere motivata in modo più adeguato e approfondito.
La doglianza è infondata.
L'art. 2 delle norme di attuazione del piano di recupero riassume, semplicemente, la struttura logica del piano che, per quanto riguarda le unità minime di intervento, è stato redatto appunto sulla base delle singole unità di proprietà. Non si tratta, dunque, di un criterio assoluto. Dal tenore dello stesso art. 2 emerge, infatti, che la coincidenza delle UMI con le unità di proprietà costituisce una caratteristica generale del piano che non si riscontra però necessariamente in tutte le UMI ("le minime unità di intervento sono perimetrate nella tavola E1b e nel piano normativo P1 con numero identificativo, e corrispondono, di regola, all'unità di proprietà").
Considerato il carattere meramente descrittivo e non precettivo dell'art. 2 delle norme di attuazione, il piano non necessita di un’approfondita motivazione in ordine alla ragione per cui questa coincidenza non sussiste per l'UMI 6.
Va osservato che la delibera di approvazione del piano di recupero illustra i motivi della scelta dell'amministrazione, affermando che "le UMI non devono necessariamente riflettere lo stato proprietario delle superfici. Nel presente caso la UMI è stata disegnata tenendo conto della manifesta relazione spaziale tra il cortile e gli edifici attorno. Ad ogni buon conto si precisa che la ripartizione di un compendio proprietario (la p.ed. 449 di proprietà dei B e la p.f. 345/1 di cui i B sono comproprietari per 1/6 ciascuno) in più UMI (la UMI 5 e la UMI 6) non incide minimamente sui diritti edificatori riconosciuti dal piano per singolo immobile".
Premesso che, per pacifica giurisprudenza, le scelte dell'amministrazione comunale in ambito di pianificazione urbanistica, in cui rientra anche l'adozione dei piani di recupero, costituiscono apprezzamento di merito, connotato da ampia discrezionalità e, quindi, sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o procedurali o da abnormi illogicità, si deve dedurre che la scelta del Comune di Merano di inserire nella UMI 6 il cortile costituito dalla p.f. 345/1, non si appalesa immotivata, illogica, irragionevole o inficiata da errori di fatto.
In conclusione, il ricorso è infondato e, come tale, va rigettato.
Alla soccombenza consegue la condanna alle spese che vengono liquidate come da dispositivo.