TAR Genova, sez. I, sentenza 2012-12-05, n. 201201566

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. I, sentenza 2012-12-05, n. 201201566
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201201566
Data del deposito : 5 dicembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00143/2012 REG.RIC.

N. 01566/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00143/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 143 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto dal signor -OMISSIS- in proprio, con domicilio eletto a Genova in via Bosco 31/4;

contro

Università degli Studi di Genova in persona del Rettore in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Luigi Cocchi, con domicilio eletto presso di lui a Genova in via Macaggi 21/5

Ministero dell’università, dell’istruzione della ricerca in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall’avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, con domicilio presso l’ufficio;

per l'annullamento

CON IL RICORSO INTRODUTTIVO

dello Statuto dell’Università degli Studi di Genova emanato con decreto rettorale -OMISSIS- nella parte in cui costituisce la Scuola di scienze sociali e non anche un’autonoma scuola per la disciolta facoltà di giurisprudenza;

della delibera -OMISSIS- del senato accademico

del decreto rettorale -OMISSIS-

della delibera -OMISSIS- del senato accademico

del parere -OMISSIS- del consiglio d’amministrazione

della nota -OMISSIS-di trasmissione del testo al Miur

della nota -OMISSIS-del MIUR

della deliberazione -OMISSIS- della commissione per la revisione dello statuto


CON I MOTIVI AGGIUNTI -OMISSIS-

della deliberazione -OMISSIS- del senato accademico dell’università degli studi di Genova

della deliberazione -OMISSIS- del consiglio d’amministrazione dell’università degli studi di Genova

della nota -OMISSIS-del MIUR

della deliberazione -OMISSIS- della commissione per la revisione dello statuto


CON I MOTIVI AGGIUNTI -OMISSIS-

della deliberazione -OMISSIS- del senato accademico dell’università degli studi di Genova


CON I MOTIVI AGGIUNTI -OMISSIS-

del decreto -OMISSIS- del Rettore dell’università degli studi di Genova

dei verbali delle riunioni -OMISSIS- e -OMISSIS- della commissione istruttoria per la costituzione dei dipartimenti

delle deliberazioni -OMISSIS- del senato accademico e del consiglio d’amministrazione

del decreto rettorale -OMISSIS-

dei decreti rettorali -OMISSIS-


CON I MOTIVI AGGIUNTI -OMISSIS-

del decreto -OMISSIS- del rettore dell’università degli studi di Genova

dei decreti -OMISSIS- e -OMISSIS- del rettore dell’università degli studi di Genova

del decreto rettorale-OMISSIS-

dell’atto -OMISSIS- del direttore generale del MIUR


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio dell’università degli studi di Genova e del ministero;

visti gli atti notificati contenenti motivi aggiunti di impugnazione;

viste le memorie e gli atti depositati;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 novembre 2012 il dott. P P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il -OMISSIS-, ricercatore universitario in servizio presso la facoltà di giurisprudenza dell’università di Genova si ritenne leso dal decreto rettorale -OMISSIS- nella parte in cui questo costituì la Scuola di scienze sociali e non anche un’autonoma scuola per la disciolta facoltà di giurisprudenza, oltre che dagli atti preparatori, per cui notificò l’atto -OMISSIS-, affidato ai seguenti motivi:

violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge 30.12.2010, n. 240 e degli artt. 6 e 16 della legge 9.5.1989, n. 168. Violazione dei principi di autonomia universitaria di cui all’art. 33 cost., eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto, contraddittorietà, irrazionalità, illogicità ed ingiustizia manifesta. Travisamento e sviamento.

Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge 30.12.2010, n. 240 e degli artt. 6 e 16 della legge 9.5.1989, n. 168 sotto distinto profilo.

Violazione dello statuto (art. 34) dell’università degli studi di Genova, violazione dei principi in materia di autonomia universitaria di cui all’art. 33 cost., eccesso di potere per difetto del presupposto, dell’istruttoria, per contraddittorietà ed irrazionalità, illogicità ed ingiustizia manifesta. Travisamento e sviamento.

Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge 30.12.2010, n. 240 e degli artt. 6 e 16 della legge 9.5.1989, n. 168 sotto distinto profilo.

Violazione dei principi in materia di autonomia universitaria di cui all’art. 33 cost., eccesso di potere per difetto del presupposto, dell’istruttoria, per contraddittorietà ed irrazionalità, illogicità ed ingiustizia manifesta. Travisamento e sviamento.

Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge 30.12.2010, n. 240 e degli artt. 6 e 16 della legge 9.5.1989, n. 168.

Violazione dell’art. 74 del d.lvo 15.3.2010, n. 66.

Violazione degli artt. 9 e 10 del d.lvo 27.1.2006, n. 25.

Violazione dell’art. 2 della legge 25.7.2005, n. 150.

Violazione dell’art. 9 della legge 13.3.2001, n. 48

Violazione degli artt. 2 e 5 del dm 21.12.1999, n. 537.

Violazione dell’art. 16 del d.lvo 17.11.1997, n. 398.

Violazione dell’art. 2 della legge 15.5.1997, n. 127.

Violazione dell’allegato 1 al dpcm 2.8.1968, n. 542500

Violazione dell’art. 3 del decreto luogotenenziale 31.5.1945, n. 362.

Violazione dell’art. 1 del decreto legislativo luogotenenziale 7.9.1944, n. 272.

Violazione dell’art. 125-quinqueis del rd 30.1.1941, n. 12.

Violazione dell’art. 45 del rd 12.10.1933, n. 1364.

Violazione dei principi in materia di autonomia universitaria di cui all’art. 33 cost.

Violazione dei principi di cui agli artt. 101, 102, 103, 104, 105, 106, 107, 108, 109, 110 e 135 cost.

eccesso di potere per difetto del presupposto, dell’istruttoria, per contraddittorietà ed irrazionalità, illogicità ed ingiustizia manifesta. Travisamento e sviamento.

Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge 30.12.2010, n. 240 e degli artt. 6 e 16 della legge 9.5.1989, n. 168 sotto distinto profilo.

Violazione dei principi in materia di autonomia universitaria di cui all’art. 33 cost., eccesso di potere per difetto del presupposto, dell’istruttoria, per contraddittorietà ed irrazionalità, illogicità ed ingiustizia manifesta. Travisamento e sviamento.

Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge 30.12.2010, n. 240 e degli artt. 6 e 16 della legge 9.5.1989, n. 168 sotto distinto profilo.

Violazione dei principi di proporzionalità degli atti amministrativi.

Violazione dei principi in materia di autonomia universitaria di cui all’art. 33 cost., eccesso di potere per difetto del presupposto, dell’istruttoria, per contraddittorietà ed irrazionalità, illogicità ed ingiustizia manifesta. Travisamento e sviamento.

Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca si è costituito in giudizio con atto depositato il -OMISSIS- chiedendo di essere tenuto indenne dalla domanda.

L’università degli studi di Genova si è costituita in giudizio con memoria depositata il -OMISSIS- chiedendo la reiezione della domanda, ed ha depositato un atto il 5.3.2012.


L’interessato notificò poi l’atto -OMISSIS-, depositato il -OMISSIS-, con cui chiedeva l’annullamento:

della deliberazione -OMISSIS- del senato accademico dell’università degli studi di Genova

della deliberazione -OMISSIS- del consiglio d’amministrazione dell’università degli studi di Genova

della nota -OMISSIS-del MIUR

della deliberazione -OMISSIS- della commissione per la revisione dello statuto

I motivi:

illegittimità propria e derivata dall’illegittimità degli atti impugnati con il ricorso introduttivo.

violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge 30.12.2010, n. 240 e degli artt. 6 e 16 della legge 9.5.1989, n. 168. Violazione dei principi di autonomia universitaria di cui all’art. 33 cost., eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto, contraddittorietà, irrazionalità, illogicità ed ingiustizia manifesta. Travisamento e sviamento.

violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge 30.12.2010, n. 240 e degli artt. 6 e 16 della legge 9.5.1989, n. 168, con riferimento alla violazione dell’art. 3 della legge 15 luglio 1994, n. 444, violazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241, Violazione dei principi di autonomia universitaria di cui all’art. 33 cost., violazione dei principi che regolano l’esercizio del potere in regime di prorogatio, eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto, contraddittorietà, irrazionalità, illogicità ed ingiustizia manifesta. Travisamento e sviamento, incompetenza, nullità.

violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge 30.12.2010, n. 240 e degli artt. 6 e 16 della legge 9.5.1989, n. 168 sotto distinto profilo. Violazione dei principi di autonomia universitaria di cui all’art. 33 cost., eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto, contraddittorietà, irrazionalità, illogicità ed ingiustizia manifesta. Travisamento e sviamento, perplessità, incompetenza.

L’università degli studi di Genova ha depositato una memoria il -OMISSIS-, così come l’interessato ha depositato un atto in tale data.

Parte resistente ha depositato un’ulteriore difesa il -OMISSIS-


Il ricorrente notificò poi l’atto -OMISSIS-, depositato il -OMISSIS-, con cui chiedeva l’annullamento della deliberazione -OMISSIS- del senato accademico dell’università degli studi di Genova. I motivi:

illegittimità propria e derivata dall’illegittimità degli atti impugnati con i ricorsi depositati in precedenza.

violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge 30.12.2010, n. 240 e degli artt. 6 e 16 della legge 9.5.1989, n. 168. Violazione dei principi di autonomia universitaria di cui all’art. 33 e 117 cost., eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto, contraddittorietà, irrazionalità, illogicità ed ingiustizia manifesta. Travisamento e sviamento e perplessità.


Con un successivo atto notificato il -OMISSIS-, depositato il -OMISSIS-, il ricorrente chiese l’annullamento:

del decreto -OMISSIS- del Rettore dell’università degli studi di Genova

dei verbali delle riunioni -OMISSIS- e -OMISSIS- della commissione istruttoria per la costituzione dei dipartimenti

delle deliberazioni -OMISSIS- del senato accademico e del consiglio d’amministrazione

del decreto rettorale -OMISSIS-

dei decreti rettorali -OMISSIS-.

I motivi:

illegittimità propria e derivata dall’illegittimità degli atti impugnati con i precedenti ricorsi.

violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge 30.12.2010, n. 240 e degli artt. 6 e 16 della legge 9.5.1989, n. 168 e dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241. Violazione dei principi di autonomia universitaria di cui all’art. 33 e 117 cost., violazione dei principi in materia di giusto procedimento, eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto, contraddittorietà, irrazionalità, illogicità ed ingiustizia manifesta. Travisamento, sviamento e perplessità.

violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge 30.12.2010, n. 240 e degli artt. 6 e 16 della legge 9.5.1989, n. 168 e degli artt. 1 e 3 della legge 7.8.1990, n. 241.

Violazione dei principi di autonomia universitaria di cui all’art. 33 e 117 cost., violazione dei principi in materia di giusto procedimento, eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto, contraddittorietà, irrazionalità, illogicità ed ingiustizia manifesta. Travisamento e sviamento e perplessità.

violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge 30.12.2010, n. 240 e degli artt. 6 e 16 della legge 9.5.1989, n. 168 e dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241. Violazione dei principi di autonomia universitaria di cui all’art. 33 e 117 cost., violazione dei principi in materia di giusto procedimento, eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto, contraddittorietà, irrazionalità, illogicità ed ingiustizia manifesta. Travisamento e sviamento e perplessità.

violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge 30.12.2010, n. 240 e degli artt. 6 e 16 della legge 9.5.1989, n. 168, con riferimento alla violazione dell’art. 3 della legge 15 luglio 1994, n. 444, violazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241, Violazione dei principi di autonomia universitaria di cui all’art. 33 cost., violazione dei principi che regolano l’esercizio del potere in regime di prorogatio, eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto, contraddittorietà, irrazionalità, illogicità ed ingiustizia manifesta. Travisamento e sviamento, perplessità.


Con un successivo atto notificato il -OMISSIS-, depositato il -OMISSIS-, il ricorrente denuncia l’illegittimità:

del decreto -OMISSIS- del rettore dell’università degli studi di Genova

dei decreti -OMISSIS- e -OMISSIS- del rettore dell’università degli studi di Genova

del decreto rettorale-OMISSIS-

dell’atto -OMISSIS- del direttore generale del MIUR. Le censure:

illegittimità propria e derivata dai vizi dei provvedimenti impugnati con i precedenti ricorsi.

violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge 30.12.2010, n. 240 e degli artt. 6 e 16 della legge 9.5.1989, n. 168 e dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241. Violazione dei principi di autonomia universitaria di cui all’art. 33 e 117 cost., violazione dei principi in materia di giusto procedimento, eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto, contraddittorietà, irrazionalità, illogicità ed ingiustizia manifesta. Travisamento e sviamento e perplessità.


Nel corso delle camere di consiglio del -OMISSIS--OMISSIS- e -OMISSIS- il ricorrente ha chiesto abbinarsi al merito le domande cautelari proposte.

Le parti hanno depositato documenti e memorie.


L’impugnazione è proposta da un ricercatore confermato dell’università degli studi di Genova nei ruoli della soppressa facoltà di giurisprudenza, che si duole del fatto che l’istituita scuola di scienze sociali abbia ricompreso in sé anche detta facoltà, e non sia stata invece prevista un’autonoma struttura deputata allo studio del diritto nei suoi diversi aspetti.


Il collegio ritiene di poter prescindere dalle eccezioni sollevate dall’amministrazione resistente relative alla dedotta carenza della legittimazione attiva del ricorrente.

Sempre in via preliminare si osserva che nessuna domanda è stata proposta nei confronti del ministero intimato, sì che questo va estromesso dalla lite potendosi compensare le spese tra tali parti, attesa la natura dell’attività difensiva svolta dalla difesa erariale.


Tanto premesso possono essere esaminati i motivi dedotti nel merito.


Con una prima articolata censura, ribadita letteralmente in tutte le memorie notificate alle controparti, l’interessato denuncia l’illegittimità della scelta operata dall’università degli studi di Genova di costituire una scuola che raggrupperà gli ambiti di studio, ricerca e insegnamento che sino ad ora venivano ricompresi nelle distinte facoltà di giurisprudenza, scienze politiche ed economia.

Va premesso che la rielaborazione dello statuto qui impugnato è derivata dall’approvazione della legge 30.12.2010, n. 240, che ha tra l’altro demandato ai soggetti riconosciuti ai sensi dell’art. 33 ult. co. cost., di modificare appunto lo statuto, così da conformarlo alla novella. In tal senso il legislatore ha previsto (art. 2 comma 2 lett. a) che sia il dipartimento l’articolazione fondamentale per lo svolgimento delle “… funzioni finalizzate allo svolgimento della ricerca scientifica, delle attività didattiche e formative…”. Il successivo punto b) prescrive che un dipartimento non possa essere costituito con un numero inferiore a trentacinque docenti, mentre il punto c) conferisce allo statuto la facoltà di istituire tra “… più dipartimenti, raggruppati in relazione a criteri di affinità disciplinare, strutture di raccordo, comunque denominate con funzioni di coordinamento e razionalizzazione delle attività didattiche…”

In tale senso lo statuto dell’Ateneo genovese ha ritenuto di istituire cinque ‘Scuole’, così denominata la struttura di raccordo di cui al precedente punto c) dell’art. 2 comma 2, in misura inferiore a quanto previsto dal successivo punto d), raggiungendo l’indicato numero che è inferiore al massimo previsto di dodici indicato dalla norma.

La censura che va esaminata per prima riguarda appunto la scelta operata dagli organi di governo dell’Ateneo di non riproporre la denominazione giurisprudenza o simili nelle scuole costituite, accorpando con ciò delle realtà disomogenee a differenza di quel che è stato operato per le altre scuole, che hanno visto la ricomprensione di discipline assimilabili.

Il collegio osserva innanzitutto che l’asserzione principale che fonda la doglianza è indimostrata, posto che essa viene formulata da un Docente di materie giuridiche, e potrebbe non essere condivisa da un Collega delle soppresse facoltà che hanno visto il loro ambito di studi risucchiato in uno più ampio. Così potrebbe dirsi per i farmacologi nei riguardi dei medici, per gli architetti con gli ingegneri, per i chimici nei confronti dei matematici.

Il ricorso è in tal senso apodittico, laddove opina che l’università di Genova abbia operato la denunciata eccezione solo per gli studiosi di diritto, omologati a torto agli economisti ed agli altri studiosi di scienze sociali, mentre in tutte le altre fattispecie si sarebbe trattato dell’unificazione di discipline di per sé omologhe.

La mancata allegazione di elementi a corredo di tale assunto infirma di per sé l’argomentazione addotta, derivandone la convinzione, almeno per quel che riguarda la prova in giudizio, della non scorretta esplicazione la discrezionalità che la norma ha attribuito agli organi dell’Ateneo.

Oltre a ciò la principale censura mossa dal Docente al nuovo statuto dell’università si fonda su una, del pari indimostrata, necessità di far sì che lo studio del diritto debba restare isolato, senza soffrire le interferenze delle altre scienze cosiddette sociali.

La difesa dell’università ha variamente obiettato al riguardo, con assunti che il tribunale deve condividere, osservando tra l’altro che da decenni molte cattedre di economia e scienza delle finanze sono istituite nelle facoltà giuridiche, a conferma dell’esigenza sempre sentita dagli studiosi del diritto di raccordare le proprie ricerche a dei campi della vita umana che trasmodano rispetto alla mera lettura della norma.

Anche in questo caso il collegio non può che condividere tale spunto, e ravvisare che gli atti di impugnazione non si sono dati carico di chiarire la ragione per cui lo studio giuridico dovrebbe essere mantenuto in uno stato di separatezza dalle altre discipline che usualmente si qualificano come scienze sociali.

Non spetta ad un tribunale preconizzare le possibilità di evoluzione dello studio del diritto e delle altre discipline, essendo piuttosto questo un compito del legislatore, ed ancor prima, degli studiosi delle materie interessate: in questa sede è sufficiente osservare che, sopite ormai le dispute circa la natura strutturale del diritto ovvero sul suo carattere sovrastrutturale rispetto alla branca economica, è possibile osservare con maggiore disincanto ai dati effettuali disponibili.

Questi chiariscono, seppur con ovvia approssimazione, che l’esperienza giuridica italiana è ancora piuttosto conformata al modello accreditato dagli atti di impugnazione, mentre la lettura delle decisioni delle corti europee indirizza piuttosto verso un modello di analisi del diritto che tiene in rilevante conto il dato economico;
può rimandarsi a tale riguardo alle decisioni della corte del Lussemburgo, che spesso compiono un’accurata verifica economica degli scambi commerciali, allorché si tratta di decidere sulle questioni della concorrenza, o sulla validità dei brevetti.

Oltre a ciò si osserva che numerosi atti normativi dell’unione europea compiono nei cosiddetti ‘considerando’ un’attenta disamina del contesto economico e sociale in cui le disposizioni introdotte si andranno ad inserire, sì che appare corretto ritenere che un moderno giurista debba essere in grado di comprenderle.

Questa almeno apparente distonia tra la formazione del giurista italiano e quella degli omologhi operatori di taluni paesi europei dovrà essere colmata, in un modo che non spetta al giudice indicare, ma che le norme positive prefigurano nell’assimilazione alle disposizioni della UE (esemplificando, artt. 10 e 117 comma 1 cost., art. 1 comma 1 della legge 7.8.1990, n. 241).

E’ perciò che non può essere apprezzata favorevolmente la mancanza nel ricorso di ogni riferimento a tali dati di fatto oggettivi, risultando per ciò non provata la dedotta necessità che lo studio giuridico resti discosto da quello delle discipline che lo statuto impugnato ha ritenuto in qualche misura di apparentare.

La rilevata carenza probatoria dei profili sino ad ora esaminati non può essere ovviata dalle argomentazioni svolte, relativamente alla sufficienza dei Docenti sino ad ora raggruppati nei dipartimenti (-OMISSIS- e Dipartimento di scienze giuridiche) a costituire anche con le nuove norme una ‘Scuola’ soltanto riservata ai giuristi.

Si tratta infatti di un’allegazione che mira a salvaguardare una tradizione, e che con ciò configura una censura di merito;
in tal senso gli organi di governo dell’Ateneo hanno ritenuto di superare tale istanza con una determinazione che non presta il fianco alle censure di illogicità dedotte.


Con il secondo articolato motivo proposto con il ricorso introduttivo si lamenta l’illegittimità della scelta operata dall’Ateneo genovese, che ha riunito nella scuola di scienze sociali dei raggruppamenti monotematici (giurisprudenza) e dei corsi di studio pluridisciplinari, come si può dire per le scienze politiche. La struttura di raccordo costituita dalla neocostituita ‘Scuola’ avrebbe con ciò un significato per gli altri settori di studio, mentre tale tratto difetterebbe per la scuola di scienze sociali, che coinvolgerebbe arbitrariamente studiosi dagli interessi eterogenei, per i quali l’attività di interrelazione non avrebbe scopo.

Il collegio deve ribadire a questo riguardo il rilievo circa l’assenza di ogni prova apprezzabilmente offerta in giudizio circa l’affinità che sussisterebbe ad esempio tra l’architettura e l’ingegneria elettronica, la matematica e la chimica.

In tal senso il metro di comparazione adottato dalla censura non è verificabile, dal che l’infondatezza del motivo.


Con la terza censura si lamenta soprattutto la mancata evidenziazione nella denominazione della costituita ‘Scuola’ di ogni riferimento allo studio del diritto, cosa che sarebbe indice della sua misconosciuta rilevanza ed autonomia.

Il collegio deve condividere a tale riguardo le difese dell’Ateneo, che ha rilevato in diversi passaggi degli atti depositati che la ‘Scuola’ si strutturerà come un organismo di raccordo tra i dipartimenti, e che saranno questi ultimi a divenire i soggetti primi dell’organizzazione e della gestione delle attività di ricerca e insegnamento. In tal senso si nota che gli atti comprovano che il dipartimento unificato che afferisce ai due preesistenti e sopra menzionati è già stato costituito, sì che l’eccezione nominalistica assume un rilievo minore, se visto nella complessiva valutazione della questione.

Oltre a ciò gli organi universitari sono dotati di un’ampia discrezionalità che solo il Parlamento può conformare in circoscritti ambiti, sì che l’opportunità di un raccordo amministrativo della ‘Scuola’ va considerato anche al fine di ovviare alle disfunzioni che il legislatore ha inteso all’evidenza superare, laddove ha imposto un numero minimo di docenti per la costituzione dei dipartimenti.

La sfavorevole considerazione da riservare alla censura non può mutare prendendo in esame le doglianze con cui si lamenta che l’inclusione della soppressa facoltà di giurisprudenza nella scuola di scienze sociali comporterà la perdita della storica biblioteca giuridica.

Osserva il Docente interessato che l’introduzione dell’art. 43 dello Statuto comporterà la privazione per gli studiosi del diritto di spazi e libri atti solo ai loro studi, con ciò ponendosi in violazione delle norme e dei principi denunciati;
il collegio rileva che anche a non voler considerare le osservazioni sopra svolte circa la mancanza di prova in ordine alla disomogeneità tra il diritto, l’economia e le altre scienze weberianamente connotate, il dipartimento di scienze giuridiche sarà ben rappresentato negli organi direttivi della costituenda Scuola, sì che ad esso competerà la funzione di tutela e salvaguardia degli spazi e dei mezzi necessari per lo svolgimento delle attività d’istituto.

Oltre a ciò si osserva che la legge 31.12.2010, n. 240 si inserisce in un filone normativo ormai predominante nel momento in cui questa causa viene decisa in primo grado, e che tale orientamento postula una consistente diminuzione delle risorse destinate al settore pubblico, di cui l’Ateneo genovese fa ovviamente parte. Il collegio non deve plaudire ovvero contrastare tale indirizzo, che ha trovato tra l’altro una significativa conferma nelle norme introdotte dalla legge costituzionale 20.4.2012, n. 1, e che prescrivono che l’attività amministrativa dovrà conformarsi al principio della sostenibilità dei bilanci.

In tal senso una valutazione degli investimenti in relazione agli obiettivi didattici e di ricerca operata da diversi settori disciplinari non può essere considerata impropria, purché essa non vada a conculcare le attività tipiche di un’università degli studi. Tale limite non è provato sia stato superato, per cui anche questo motivo è infondato e non può essere accolto.


Con il quarto motivo si lamenta l’illegittimità delle norme introdotte dall’università degli studi di Genova, per il contrasto con le disposizioni che prevedono un ruolo fondamentale dei titoli rilasciati dalla facoltà di giurisprudenza in diversi settori dell’attività umana. Si tratta in particolare dell’accesso alla professione forense, alle magistrature, al personale di vario livello delle burocrazie statali e locali, e così di molte ipotesi in cui le norme menzionano la facoltà di giurisprudenza, e che per il caso di Genova non saranno utilmente classificabili.

Il tribunale rileva che la legge 30.12.2010, n. 240 demanda ai dipartimenti l’organizzazione dei corsi di studio, ed è in tali sedi che dovranno essere previsti gli insegnamenti che gli studenti dovranno seguire per conseguire i titoli necessari per aspirare alle professioni od agli uffici menzionati. Per il futuro, e per quel che riguarda il caso di Genova, di tratterà di compiere un’operazione interpretativa per verificare se il titolo ottenuto dallo Studente potrà dare accesso ai concorsi od agli esami a cui egli aspira.

Ne consegue che l’omessa menzione dei vocaboli ‘giurisprudenza’ e ‘facoltà’ non sembra rendere impossibile o anche solo più difficoltosa l’applicazione delle norme menzionate, dal che l’infondatezza del motivo.


Con il quinto motivo si denuncia l’illegittimità degli atti impugnati, che non hanno tenuto conto del fatto che la facoltà di giurisprudenza deve formare il personale che accederà alla professione di avvocato, oltre agli uffici di magistratura e notarili;
da ciò una imprescindibile differenza con le facoltà come scienze politiche e scienze della formazione, che non aprono possibilità professionali.

Il collegio ribadisce che l’operazione ermeneutica da effettuare per verificare l’ammissibilità di uno studente ad un concorso o ad un esame andrà operata avendo riguardo al corso di studi previsto dal dipartimento giuridico, sì che le questioni poste non sono tali da inficiare la legittimità dello statuto impugnato.

Anche questo motivo è pertanto infondato e va respinto.


Con l’ultimo motivo del ricorso introduttivo il Docente interessato lamenta la violazione delle norme dedotte e del principio di proporzionalità, in quanto le considerevoli dimensioni dell’università degli studi di Genova avrebbero dovuto indurre alla creazione di un numero maggiore di scuole rispetto alle cinque effettivamente approntate;
in tal senso si sarebbe giustificata una collocazione autonoma degli studi giuridici, che proprio per la loro ragguardevole dimensione avrebbero meritato di non confluire nella ‘Scuola’ con altre facoltà anch’esse soppresse.

Il tribunale deve rilevare che anche in questo caso non sono addotti consistenti elementi per confortare l’asserzione secondo cui la dimensione della soppressa facoltà era tale da giustificarne un’autonoma collocazione nel nuovo sistema delle scuole.

In tal senso il motivo si configura come carente di prova, per cui non merita condivisione.


Vanno ora esaminate le doglianze dedotte con il primo ricorso contenente i motivi aggiunti (data di deposito -OMISSIS-), che impugnano in particolare il parere favorevole reso dal consiglio d’amministrazione dell’Ateneo in ordine al nuovo statuto.


Con la prima censura si richiamano tutti i motivi già proposti, con il che è sufficiente il richiamo alle osservazioni svolte.


Con il secondo motivo si denuncia una violazione procedimentale, individuata nell’attività amministrativa posta in essere dagli organi dell’Ateneo successivamente ad una fase incidentale verificatasi.

Va aggiunto a tale riguardo che dopo la sua approvazione lo statuto dell’università genovese era stato impugnato dal Ministero competente avanti a questo tribunale amministrativo, per sentirne dichiarare l’illegittimità in ordine a taluni profili sollevati dall’amministrazione statale.

La lite si è rapidamente chiusa, in quanto l’Ateneo aveva ritenuto di conformarsi in gran parte ai rilievi sollevati in causa, mentre la domanda dell’amministrazione centrale è stata disattesa per un profilo che non riguarda il presente decidere (sent. -OMISSIS-).

Tale fase ha comportato per l’università degli studi di Genova un oggettivo rallentamento del procedimento di approvazione ed emanazione del nuovo statuto;
questo potere è stato allora esercitato in tempi e modi che l’interessato ritiene indebiti, in quanto la norma denunciata prevede una modalità particolare e meno gravosa di approvazione dello statuto di adeguamento alla novella occorsa, ma che si può spiegare per una sola volta.

Il collegio non condivide la tesi allegata, secondo cui la parentesi giurisdizionale occorsa al procedimento di approvazione dello statuto avrebbe consumato il potere esercitato;
in senso contrario sembra porsi il breve limite temporale fissato dal comma 2 dell’art. 2 della legge 30.12.2010, n. 240, che benché ordinatorio impone di approvare il nuovo statuto nel lasso indicato.

La norma non aveva contemplato l’ipotesi di intermezzi contenziosi, sempre possibili, ma la individuazione di un termine finale per il compimento di un’attività rafforza la tesi sostenuta dalla difesa resistente, secondo cui non esiste nella sistematica della legge un momento di consumazione del potere esercitato, che deriverebbe dall’aver già approvato uno statuto poi impugnato.

Deve pertanto considerarsi applicabile alla specie il principio generale secondo cui il potere amministrativo è inesauribile sino alla definitiva approvazione dello statuto di adeguamento alla legge, salve differenti e precise indicazioni normative.

Il motivo è pertanto infondato e va disatteso.


Con la terza censura si denuncia la nullità dell’atto di riapprovazione dello statuto, quale risulta dopo la menzionata parentesi giurisdizionale, in quanto l’atto sarebbe stato approvato e emanato da organi (il consiglio d’amministrazione e il senato accademico) ormai decaduti dalle loro funzioni, e con ciò al più abilitati al compimento degli atti di ordinaria amministrazione.

La censura non chiarisce quale sia la ragione per cui gli organi che hanno operato nella specie dovrebbero essere considerati decaduti, ed al contrario può addursi l’art. 2 comma 9 della legge 30.12.2010, n. 240, che prevede la decadenza degli organi statutari solo al momento della costituzione di quelli previsti dal nuovo strumento normativo. Per quanto osservato in precedenza la fase procedimentale rinnovatasi dopo la pronuncia della ricordata sentenza di questo tribunale amministrativo non può essere equiparata ad una nuova approvazione dello statuto.

Il consenso prestato dall’università a taluna delle censure proposte dall’amministrazione centrale nei confronti della originarie delibere configura un implicito annullamento d’ufficio degli atti approvati della prima stesura, con che non può considerarsi concretamente che lo statuto fosse stato già adottato.

Oltre a ciò non può ricevere migliore considerazione l’assunto contenuto nel terzo motivo in rassegna, secondo cui la (ri)approvazione dello statuto da parte del senato accademico configura un’ipotesi di sviamento, in quanto la determinazione fu motivata con la necessità di adeguarsi all’iniziativa giudiziaria assunta dal ministero.

Al riguardo i principi di autonomia delle istituzioni di elevato rilievo scientifico non possono impedir loro di concordare con un atto di controllo, ancorché esercitato nella forma contenziosa, sì che lo sviamento non sussiste. Ove avesse considerato infondate tutte le censure ministeriali, l’università degli studi di Genova avrebbe potuto resistere in giudizio e conseguire la reiezione delle domande, così come è accaduto per la domanda che il tribunale respinse.

Non si versa pertanto in una situazione di conculcata autonomia, quanto della libera valutazione di un’istituzione certo non sprovveduta in ordine all’apprezzamento della conformità a legge di taluno dei suoi atti.

Anche questo motivo è pertanto infondato e va respinto.


Con l’ultimo motivo proposto con la memoria in rassegna si denuncia che lo statuto in fine approvato non ha risolto l’equivoco segnalato dal ministero, allorché questi aveva impugnato gli originari atti dell’università degli studi di Genova. Il dualismo tra scuole e dipartimenti sarebbe rimasto immutato nei suoi profili di illegittimità, con la conseguenza di deprivare il dipartimento di giurisprudenza di un’autonoma potestà decisionale, che viene vanificata dall’assorbimento dell’originaria facoltà nella costituita scuola.

Il motivo deriva verosimilmente da un’incompleta lettura dello statuto, che nella sua formulazione definitiva (artt. 35 e 44) non riporta più le disposizioni che avevano attribuito alle scuole una potestà di istituzione e tenuta di corsi di studio.

In tal senso la difesa esposta dall’università con la memoria depositata il -OMISSIS- è corretta e va condivisa.


In conclusione anche i motivi dedotti con la memoria depositata il -OMISSIS- sono infondati e vanno respinti.



Devono essere ora esaminati i motivi aggiunti proposti con la memoria depositata il -OMISSIS-, con cui il senato accademico approvò definitivamente il testo statutario.


Con il primo motivo si richiamano tutti le censure già proposte, con il che è sufficiente il richiamo alle osservazioni svolte.


Con il secondo ed articolato motivo viene denunciata innanzitutto l’illegittimità (nullità) dell’atto risultato dalla riapprovazione dello statuto, in quanto gli organi competenti avevano esaurito la loro funzione.

Il collegio richiama a tale riguardo quanto esposto in precedenza in occasione dell’esame del terzo motivo dedotto con la memoria depositata il -OMISSIS-. A tali osservazioni va pertanto operato il rinvio, dal che discende l’infondatezza del motivo.

Ulteriormente il Docente interessato lamenta la compressione dell’autonomia universitaria occorsa allorché l’università degli studi di Genova ha ritenuto di conformarsi ai rilievi del ministero.

Anche a tale riguardo il collegio deve richiamare quanto esposto in precedenza, disattendendo con ciò il motivo.

In conclusione le censure dedotte con la memoria in questione non possono ricevere favorevole considerazione.


Devono ora essere esaminati i motivi proposti con la memoria depositata il -OMISSIS- che impugna in principalità l’atto con cui è stato istituito il dipartimento giuridico.


Con il primo motivo si richiamano tutte le censure già proposte, con il che è sufficiente il richiamo alle osservazioni svolte.


Con il secondo ed articolato motivo l’interessato lamenta la contraddittorietà dell’attività amministrativa spiegata dall’università degli studi di Genova, che da un lato ha inteso dare attuazione allo statuto approvato, e dall’altro ha accolto i rilievi formulati in giudizio dall’amministrazione statale, con ciò modificando il proprio atto. Con tale ambigua operazione l’università degli studi sarebbe incorsa nel vizio di travisamento, ed avrebbe fatto cattivo governo del principio di autonomia universitaria.

Il tribunale deve ribadire a questo riguardo che un’istituzione dotata di adeguate conoscenze come è l’università degli studi di Genova può discrezionalmente optare per la parziale conformazione della propria attività ad un ricorso interposto da un organo quale è il ministero, che è per prima cosa deputato al controllo della correttezza degli ordinamenti di studio nelle scuole della Repubblica.

In tal senso non si ravvisano i vizi denunciati.

Con un ulteriore motivo si denuncia l’illegittimità degli atti impugnati, in quanto l’università non ha chiarito se ha inteso attuare lo statuto impugnato, ovvero quello approvato dopo la proposizione del ricorso del Miur. L’incertezza sorgerebbe dal fatto che non è mai stato adottato alcun atto sospensivo dell’efficacia dell’originario atto fondamentale dell’università, sì che esso doveva ritenersi pienamente efficace.

La censura è invero proposta in modo perplesso, ma si osserva che l’avvenuta e rilevata modificazione dello statuto riguardo alla funzione delle scuole convince che l’Ateneo ha dato attuazione allo statuto vigente nei fatti, cosa che non risente dei vizi procedimentali dedotti per le ragioni esposte in precedenza.

Il motivo è pertanto infondato e va respinto.


Con la terza censura si lamenta innanzitutto la decadenza che sarebbe occorsa, ed avrebbe con ciò reso illegittima la costituzione del dipartimento di giurisprudenza, atto principalmente gravato con la memoria in questione. Il rettore si sarebbe infatti determinato al di là del termine previsto dalla legge denunciata, derivando da ciò il vizio dedotto.

Il collegio rileva che, sempre astraendo dalle ipotizzabili questioni di interesse alla deduzione secondo quanto preannunciato all’inizio di questa parte motiva, non v’è alcuna norma che possa indurre a ritenere perentorio il termine di sessanta giorni: la formulazione della disposizione che prevede ‘entro e non oltre’ configura la necessità che il procedimento non oltrepassi i termini della ragionevolezza, cosa sicuramente non occorsa nella specie, anche tenendo conto della più volte segnalata fase interlocutoria derivata dalla proposizione del gravame da parte dell’amministrazione statale.

Si ritiene infatti che la perentorietà di un termine debba essere specificamente comminata da una norma, e che a tale scopo l’espressione utilizzata dalla disposizione denunciata non sia tale da far ritenere che il suo superamento comporti la decadenza del potere esercitato.


Con il quarto motivo viene denunciata l’illegittimità del decreto rettorile costitutivo del dipartimento giuridico, nella parte in cui l’atto avrebbe violato il criterio di legge, che vuole che i dipartimenti siano costituiti con un numero minimo di docenti raggruppati per omogeneità di interessi. Osserva il ricorrente che, in pratica, la ragione che ha portato alla costituzione del dipartimento in questione è stato il traghettamento della soppressa facoltà di giurisprudenza nel nuovo ordinamento, disattendendo con ciò i principi introdotti dalla novella.

Il collegio supera anche in questo caso i dubbi circa la rilevanza per l’interessato della decisione sul motivo, ed osserva che:

l’attribuzione di taluni docenti con interessi multidisciplinari a più dipartimenti risponde all’interesse per cui sono state istituite le scuole, ovvero la necessità di rendere più agile la predisposizione di un’efficiente possibilità di ricerca ed insegnamento per coloro che possono essere valorizzati in più corsi di studio;

la ricomprensione tra i docenti assegnati al dipartimento così costituito di coloro che nella soppressa facoltà di giurisprudenza erano titolari di insegnamenti economici avvalora la natura dell’omogeneità che il corpo docente ha avvertito, e che evidentemente è differente da quella che muove l’interessato. Si tratta pertanto di una scelta discrezionale che non appare illogica alla luce di quanto osservato nel corso dell’esame dell’atto introduttivo della lite, e che evidenzia la congruità dell’apparentamento in un unico dipartimento delle discipline giuridiche e di talune materie economiche.

La dedotta irrazionalità sfugge pertanto all’apprezzamento richiesto, sì che il motivo non può trovare favorevole considerazione.


Con l’ultima censura contenuta nella memoria in rassegna si denuncia l’illegittimità dell’art. 10 del decreto rettorile, nella parte in cui ha ritenuto di mantenere in carica taluni organi dei precedenti dipartimenti;
tale determinazione sarebbe illegittima, in quanto adottata da soggetti che operano in regime di prorogatio, e come tali inabilitati a compiere attività al di là dell’ordinaria amministrazione.

Quel che manca al motivo, come già osservato per le precedenti censure formulate sulla medesima falsariga, è l’indicazione del parametro normativo in base al quale si sarebbe verificata detta situazione di carenza di potere: l’esistenza nell’ordinamento del comma 9 dell’art. 2 della legge 30.12.2010, n. 240 avrebbe dovuto essere specificamente individuata, e l’eventuale violazione di tale precetto avrebbe dovuto essere illustrata in modo espresso.

In tal senso il motivo è generico e va disatteso.

Anche i motivi proposti con la memoria -OMISSIS- sono infondati e non meritano condivisione.



Vanno ora esaminati i motivi proposti con l’ultima memoria notificata contenente i motivi aggiunti (-OMISSIS-), con cui è stato specificamente chiesto l’annullamento del decreto rettorile 31.5.2012 costitutivo della scuola di scienze sociali, nonché dei decreti della medesima autorità di indizione delle elezioni per i nuovi organi universitari.


Con la prima censura si richiamano tutti i motivi già proposti, con il che è sufficiente il richiamo alle osservazioni svolte in precedenza.


Con il secondo motivo si denuncia l’illegittimità degli atti impugnati per i vizi che affliggono le determinazioni gravate con i precedenti ricorsi, nella parte in cui non è stata espressamente prevista la scuola di giurisprudenza;
nella prospettazione del Docente interessato ciò ha riflessi importanti sulla composizione degli organi elettivi per cui sono stati convocati i comizi, posto che vi è una rilevante possibilità che nessun rappresentante della scuola giuridica genovese sieda negli organi stessi.


Trattandosi di un vizio di natura derivata, il collegio stima sufficiente richiamare le argomentazioni svolte in precedenza, che hanno convinto della mancanza di prova circa la fondatezza delle ragioni addotte a corredo della richiesta di annullamento delle modifiche statutarie intervenute.

Anche questo motivo è pertanto infondato e va respinto.


In conclusione i ricorsi tutti non meritano condivisione e vanno disattesi.

Non di meno la novità e la complessità delle questioni trattate inducono a ritenere sussistenti i giusti motivi per indurre alla compensazione delle spese tra le parti.

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