TAR Perugia, sez. I, sentenza 2024-01-31, n. 202400046

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Perugia, sez. I, sentenza 2024-01-31, n. 202400046
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Perugia
Numero : 202400046
Data del deposito : 31 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/01/2024

N. 00046/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00490/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 490 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato M B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Perugia, via Bonazzi 35;

contro

Ministero dell’Interno, Questura Perugia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, anche domiciliataria ex lege in Perugia, via degli Offici, 14;

per l'annullamento

del decreto emesso in data -OMISSIS- dal Questore della Provincia di Perugia con il quale è stato ordinato al ricorrente il rimpatrio nel Comune di Roma e vietato al medesimo di fare rientro nel Comune di Perugia per la durata di anni tre.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno e Questura di Perugia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2024 il dott. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente, cittadino extracomunitario titolare di carta di soggiorno fin dal 2014 ed all’epoca residente a Roma, in data -OMISSIS- è stato controllato dai Carabinieri in Perugia e trovato in possesso di sostanza stupefacente per uso personale, appena acquistata.

2. Con provvedimento in data -OMISSIS-, il Questore di Perugia, ritenuto che il comportamento del ricorrente sia idoneo ad alimentare il mercato dello spaccio a Perugia, rilevato che in loco non ha attività lavorative e che a suo carico risultano due denunce - per invasione di terreni ed edifici (-OMISSIS-) e per guida sotto l’influenza dell’alcool (-OMISSIS-) – lo ha qualificato come persona pericolosa ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 159/2011, ed ha disposto il suo allontanamento dal Comune di Perugia ed il divieto di rientrarvi per tre anni.

3. Nel ricorso, sottolineando di essere domiciliato a -OMISSIS-, di aver vissuto a Perugia fin dall’adolescenza e di lavorare attualmente come elettricista per una ditta di -OMISSIS- con frequenti occasioni di lavoro a Perugia, prospetta le censure appresso sintetizzate.

3.1. La comunicazione di avvio del procedimento è stata espressamente omessa in base a motivazioni di stile o addirittura travisate (l’urgenza di provvedere ed il pericolo di commissione di ulteriori reati), in violazione degli artt. 10 e 3 della legge 241/1990, posto che nessun reato è addebitabile al ricorrente (alla denuncia del -OMISSIS- è seguito un procedimento concluso con l’archiviazione;
i fatti recenti costituiscono mero illecito amministrativo ai sensi dell’art. 75 del d.P.R. 309/1990).

3.2. Non sussistono i presupposti per l’adozione del foglio di via obbligatorio di cui all’art. 2 del d.lgs. 159/2011, in quanto si tratta di uno strumento diretto a prevenire reati socialmente pericolosi, non già a reprimerli, e pertanto, benché non occorra la prova della avvenuta commissione di reati, è richiesta dalla giurisprudenza amministrativa una motivata indicazione dei comportamenti e degli episodi, desunti dalla vita e dal contesto socio ambientale dell’interessato, da cui oggettivamente emerga una apprezzabile probabilità di condotte penalmente rilevanti e socialmente pericolose. Elementi che mancano nel caso in esame;
anche l’episodio che ha originato il provvedimento impugnato potrà testimoniare il consumo di sostanze stupefacenti, ma non integra di certo il requisito del coinvolgimento effettivo in condotte criminose.

4. L’Amministrazione si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso in quanto il provvedimento di prevenzione sarebbe correttamente basato su una valutazione dei precedenti del ricorrente, e prevarrebbe sulle sue (eventuali) necessità lavorative.

5. L’efficacia del provvedimento è stata sospesa con ordinanza n. 89 in data luglio 2023.

6. Il ricorso è fondato e deve pertanto essere accolto.

6.1. L’omissione della fase di partecipazione procedimentale non vizia il provvedimento.

Infatti, provvedimenti di pubblica sicurezza come quello di cui si discute, “ si caratterizzano per la loro implicita funzione (anche) cautelare e per l’urgenza in re ipsa, in quanto diretti a rimuovere una situazione di attuale e grave pericolo per la pubblica sicurezza;
in questo sono assimilabili alle ordinanze contingibili e urgenti del sindaco. Del resto la relativa compressione del diritto di difesa è bilanciata dal fatto che contro simili provvedimenti è ammesso il ricorso gerarchico al Prefetto (ne è fatta menzione anche nell'atto impugnato in primo grado) e per questa via la parte interessata può far valere tutti quegli argomenti, anche di puro merito (come tali non deducibili nel giudizio di legittimità) che avrebbe potuto esporre in contraddittorio con l’autorità emanante, se vi fosse stato l’avviso
” (così, Cons. Stato, III, n. 3451/2011).

6.2. Sono invece fondate le censure di mancanza dei presupposti richiesti dagli artt. 2 ed 1 del d.lgs. 159/2011.

6.2.1. L’art. 2 del d.lgs. 159/2011 – di cui la Questura ha fatto applicazione - dispone che “Qualora le persone indicate nell’articolo 1 siano pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il questore può rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel comune dal quale sono allontanate”.

I soggetti di cui all’art. 1 sono: “ a) coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi;
b) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;
c) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, comprese le reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio di cui all'articolo 2, nonché dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica
”.

6.2.2. Detta definizione delle persone socialmente pericolose risale all’art. 1 della legge 1423/1956, poi sostituito dall’art. 2 della legge 327/1988, la cui formulazione aveva già introdotto una duplice restrizione: da un lato, si è imposto alla p.a. di assumere, quali indizi di pericolosità, solo precisi “elementi di fatto”, intuitivamente da esporre nella motivazione;
dall’altro lato, si è ristretto l’àmbito di applicazione della legge a comportamenti qualificati in ogni caso dalla loro rilevanza penale, e per di più consumati, e non solamente previsti previsti (“traffici delittuosi” al n. 1;
“attività delittuose” al n. 2;
“dediti alla commissione di reati” al n. 3)” (come viene sottolineato da Cons. Stato, n. 3451/2011, cit.).

6.2.3. Secondo la giurisprudenza, la misura del foglio di via obbligatorio, ex art. 2 del d.lgs. 159/2011, è finalizzata a prevenire reati più che a reprimerli e pertanto, benché non occorra la prova della avvenuta commissione di reati, è richiesta una motivata indicazione dei comportamenti e degli episodi, desunti dalla vita e dal contesto socio ambientale dell’interessato, da cui oggettivamente emerga una apprezzabile probabilità di condotte penalmente rilevanti e socialmente pericolose (cfr. Cons. Stato, III, n. 662/2017);
il provvedimento deve fondarsi necessariamente su circostanze concrete che, oltre ad essere provate, devono potersi ritenere significative e concludenti ai fini del giudizio di pericolosità sociale del destinatario del provvedimento (cfr. Cons. Stato, III, n. 3782/2018).

6.2.4. In questa prospettiva, la condotta consistente nell’acquistare e detenere sostanze stupefacenti per uso personale (e non è in discussione che questo soltanto – unitamente alle segnalazioni risalenti nel tempo, di cui però non è stato nemmeno prospettato che siano sfociate in sanzioni penali - sia l’illecito contestato al ricorrente) non integra le fattispecie in questione.

Può, al riguardo, richiamarsi quanto condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza (TAR Lombardia, I, n. 1619/2020;
nello stesso senso, cfr. anche TAR Calabria, I, n. 734/2023) in relazione a vicende che risultano del tutto analoghe a quella in esame:

- “ il mero possesso di una modica quantità di sostanze stupefacenti non consente di sussumere il ricorrente tra i soggetti di cui all'art. 1 lett. c) del D.lgs. 159/2011, essendo tale circostanza di per sé irrilevante anche sotto il profilo penalistico. E proprio l'assenza di rilevanza sotto un profilo penalistico dell'uso personale di stupefacenti avrebbe imposto all’Amministrazione un onere motivazionale più pregante sulla pericolosità dello stesso, al fine di evidenziare una stretta correlazione tra la sua condizione e la commissione di quelle particolari categorie di reati, dei quali l'applicazione della misura di prevenzione mira ad arginare il pericolo (Tar Milano sez. I 16 luglio 2020 n. 1333). Invece anche quelli che vengono indicati come ulteriori precedenti di polizia nel provvedimento impugnato, peraltro tra loro assai eterogenei (insolvenza fraudolenza accertata con decreto penale di condanna e una denuncia poi archiviata per lesioni personali, ingiuria, minaccia e molestia/disturbo alle persone), non appaiono ugualmente idonei a sostenere il provvedimento di ablazione personale per cui è causa, non rivelando l'attualità e l'effettività della pericolosità del soggetto nella reiterazione di reati diretti a porre in pericolo la sicurezza e la tranquillità pubblica. Nel caso di specie la Questura, muovendo dall'enucleazione di fatti privi di un concreto significato in termini di pericolosità del soggetto, neppure ha individuato a quale specifica categoria di reati idonei ad offendere i beni giuridici tutelati dalla misura di prevenzione sarebbe dedito il ricorrente. Va altresì aggiunto che la funzione specifica cui il foglio di via obbligatorio è preordinato, ovvero prevenire la commissione di reati in un determinato territorio che l'analisi delle circostanze concrete porta a qualificare come "esposto", implica e postula che le valutazioni operate dall'Amministrazione abbiano una stretta aderenza a quel contesto territoriale da cui il soggetto viene obbligatoriamente allontanato. Nessun riferimento all'analisi di tale profilo viene fatto nel provvedimento impugnato. La circostanza che il ricorrente e la sua auto siano stati controllati in luogo frequentato da soggetti non raccomandabili, di per sé, in assenza di ulteriori e concreti elementi, appare un fatto episodico non utile a giustificare la misura di prevenzione adottata, in quanto non idoneo a rivelare la pericolosità del soggetto, sia in generale sia con particolare riferimento a quello specifico contesto territoriale .”

6.2.5. In conclusione, l’applicazione della misura di prevenzione postula l’esistenza di attività delittuose, che nel caso del ricorrente non emergono dagli atti. Né, peraltro, la Questura ha evidenziato concrete circostanze idonee a sostenere il giudizio sulla pericolosità sociale del soggetto.

7. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

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