TAR Ancona, sez. I, sentenza 2024-03-27, n. 202400324

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. I, sentenza 2024-03-27, n. 202400324
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 202400324
Data del deposito : 27 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/03/2024

N. 00324/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00579/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 579 del 2008, proposto da
G P, rappresentato e difeso dagli avvocati G C e R P, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Francesco Tardella, in Ancona, corso Mazzini, 156;

contro

Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Ancona, corso Mazzini, 55;

Ispettorato Generale Servizio Terzo Divisione 11-Ufficio Trattamento Economico Accessorio, Ministero dell'Economia e delle Finanze, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

del provvedimento recante il diniego del trattamento economico di trasferimento di cui alle leggi nn. 100/1987 e 86/2001

e per l’accertamento

del diritto del ricorrente a percepire il suddetto trattamento economico.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2024 il dott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1. Il ricorrente, all’epoca della proposizione del presente ricorso ispettore capo del Corpo Forestale dello Stato in servizio presso la Stazione di San Benedetto del Tronto, agisce in questa sede per l’annullamento del provvedimento n. 4281 del 4 aprile 2008, adottato dal Corpo Forestale dello Stato - Ispettorato Generale - Servizio III - Divisione 11 - Ufficio Trattamento Economico Accessorio (e degli atti presupposti, fra cui il parere del Ministero dell'Economia e delle Finanze - I.G.O.P. comunicato all’amministrazione richiedente con nota n. 68208 del 28 maggio 2007), e per il conseguente accertamento del suo diritto a percepire l’indennità di cui alla L. n. 100/1987 e alla L. n. 86/2001 per il periodo dal 2 febbraio 1998 al 2 febbraio 2000, esponendo in punto di fatto quanto segue.



1.1. Esso ricorrente, in servizio presso il Coordinamento Provinciale di Macerata del C.F.S. - Servizio Certificazione CITES di Civitanova Marche, aveva preso parte al concorso interno indetto dal Corpo per la nomina di vice ispettori e, essendo risultato vincitore, era stato inviato a frequentare il 36° corso applicativo presso la scuola di Cittaducale. Terminato il corso era stato trasferito presso il Coordinamento Regionale del C.F.S. in Ancona.

Ritenendo che tale trasferimento fosse da qualificare “d’autorità” ai sensi e per gli effetti della L. n. 100/1987, l’ispettore capo P aveva chiesto all’amministrazione di appartenenza la liquidazione della relativa indennità.

Tale istanza fu respinta con atto prot. n. 9804830 del 1° luglio 1998, notificato all’interessato con nota prot. n. 6283 del 28 luglio 1998 del Comando di appartenenza.



1.2. Successivamente il Consiglio di Stato, con il parere della Sezione Terza n. 2432/02 adottato nell’adunanza del 22 ottobre 2002, pronunciandosi su un quesito del Ministero della Difesa, aveva affermato che in casi del genere il trasferimento del dipendente si configura come trasferimento “d’autorità”, ai sensi e per gli effetti della L. n. 100/1987 e della sopravvenuta L. n. 86/2001.

Pertanto, in data 29 gennaio 2008 l’ispettore capo P reiterava l’istanza di liquidazione dell’indennità di cui alla L. n. 100/1987 e s.m.i., richiamando proprio il suddetto parere del Consiglio di Stato.

Anche questa volta l’amministrazione, respingeva la richiesta del dipendente, richiamando il parere acquisito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze – I.G.O.P., in cui si evidenziava l’impossibilità “ …di riconoscere il medesimo beneficio economico al personale del Corpo forestale, trasferito a seguito di concorso, in vigenza della legge n. 100/1987 nei limiti in cui il relativo diritto non si sia prescritto… ”.



2. Ritenendo illegittimo l’operato del Corpo Forestale dello Stato, l’ispettore capo P ha proposto dunque il presente ricorso, affidato ai seguenti motivi:

- violazione di legge e del principio di uguaglianza con riferimento all'art. 3 della Costituzione ed all'art. 1 della legge 10 marzo 1987, n. 100 in relazione agli artt. 1 e 13 della legge 29 marzo 2001, n. 86. Violazione di legge con riferimento all'art. 39 del D.Lgs. 12 maggio 1995 n. 196;

- violazione di legge per difetto di motivazione e disparità di trattamento in casi identici. Violazione del principio del buon andamento e di imparzialità della P.A.;

- eccesso di potere per illogicità manifesta conseguente ad erronea e falsa applicazione di legge. Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed ingiustizia manifesta. Grave e manifesta disparità di trattamento.



3. Per resistere al ricorso si è costituito in giudizio il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, eccependo preliminarmente la prescrizione del credito vantato dal ricorrente e chiedendo comunque il rigetto nel merito della domanda.

Nel corso della discussione orale svoltasi all’udienza pubblica del 21 febbraio 2024 il difensore del ricorrente ha replicato alla suddetta eccezione, insistendo per l’accoglimento del ricorso nel merito.



4. Va condivisa l’eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa erariale, dal che discende il rigetto del ricorso.



4.1. In effetti, le pur apprezzabili argomentazioni giuridiche esposte dal difensore del ricorrente nel corso della discussione orale non sono sufficienti a superare l’eccezione preliminare in commento, la quale muove da un presupposto di fatto assolutamente insuperabile, ossia la circostanza che la pretesa dell’ispettore capo P è sorta in data 2 febbraio 1998, ossia quando, al termine della frequenza del corso di formazione, egli è stato assegnato al Coordinamento Regionale del C.F.S. in Ancona.

Tale pretesa è stata fatta valere, come del resto è stato esposto in ricorso, con l’istanza del 13 maggio 1998 (che aveva sicuramente valore di atto interruttivo della prescrizione), alla quale l’amministrazione ha dato riscontro con il summenzionato atto del 1° luglio 1998, comunicato all’interessato il successivo 28 luglio 1998;
poiché tale diniego non è stato impugnato dall’interessato, la vicenda si è chiusa allo scadere del termine decadenziale di 60 giorni decorrenti dalla data di piena conoscenza dell’atto, o, più correttamente (come meglio si dirà infra ), allo scadere del quinto anno dalla data in cui il ricorrente aveva notificato all’amministrazione il suddetto atto interruttivo della prescrizione (al quale non sono poi seguiti, nel quinquennio successivo, altri atti di analogo contenuto).

Va infatti ricordato che, come fu affermato dal Consiglio di Stato nella notissima decisione della Sezione Quinta n. 795/1939 (i cui principi non sono stati mai revocati in dubbio dalla giurisprudenza amministrativa e dalla dottrina successive), nella materia del pubblico impiego c.d. non privatizzato vanno distinte le controversie di natura impugnatoria (che hanno ad oggetto veri e propri provvedimenti, quali ad esempio i trasferimenti, gli ordini, le sanzioni disciplinari, e così via) e quelle che riguardano i c.d. atti paritetici, ossia gli atti con cui l’amministrazione di appartenenza del dipendente riconosce o nega diritti derivanti direttamente dalla legge, da regolamenti o da atti organizzativi, rispetto ai quali il datore di lavoro pubblico deve solo accertare la sussistenza dei presupposti di fatto (esempio tipico è l’atto contabile con cui l’amministrazione procede al calcolo degli assegni costituenti la retribuzione mensile del dipendente).

Come è noto, mentre nel primo caso le controversie hanno natura impugnatoria – e dunque si applica anzitutto il termine decadenziale attualmente previsto dall’art. 29 c.p.a. – nel caso degli atti c.d. paritetici la controversia ha natura “civilistica”, nel senso che la pretesa deve essere fatta valere entro il termine prescrizionale e i principi applicabili al giudizio sono sostanzialmente quelli del processo di cognizione civile (per cui, ad esempio, non rilevano in genere i vizi formali e procedurali, dovendo il giudice accertare la c.d. spettanza del diritto). Ciò vuol dire che non è necessaria la formale impugnazione del “provvedimento” (che tale non è) con cui l’amministrazione ha eventualmente negato al dipendente un beneficio previsto dalla legge, anche se nella prassi giudiziaria ormai centenaria sono ben pochi i casi in cui alla domanda di accertamento del diritto non si accompagni anche l’impugnazione dell’atto recante il rigetto della pretesa, solitamente patrimoniale, del dipendente. In questi casi, ovviamente, la notifica del ricorso avverso l’atto di diniego di riconoscimento del diritto ha anche valore di atto interruttivo della prescrizione.

Quanto al termine prescrizionale va incidentalmente ricordato che agli emolumenti dovuti a qualsiasi titolo ai dipendenti pubblici si applica il disposto dell’art. 2 della L. n. 739/1939, come modificato dall’art. 2 della L. n. 428/1985, per cui il diritto va fatto valere entro cinque anni dal momento nel quale esso può dirsi sorto e fatti salvi gli effetti di atti interruttivi regolarmente comunicati al debitore ( in terminis , proprio con riguardo all’indennità ex L. n. 100/1987, si veda per tutte la decisione del Consiglio di Stato n. 5351/2005).

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