TAR Roma, sez. I, sentenza 2017-06-05, n. 201706539
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Pubblicato il 05/06/2017
N. 06539/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00317/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 317 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
L F, rappresentato e difeso dagli avvocati M S, M D L e L P, con domicilio eletto presso lo studio legale Sanino in Roma, viale Parioli, 180;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
P M, P P e N B non costituiti in giudizio;
Quanto al ricorso introduttivo:
per l'annullamento
del provvedimento con il quale il ricorrente non è stato ammesso a sostenere le prove orali del concorso notarile bandito con D.D. 27.12.2011 a 150 posti di notaio, e di ogni altro atto a questo annesso, connesso, presupposto e/o conseguenziale, ivi compresi le delibere e/o i verbali della Commissione di concorso concernenti la formazione dei criteri di massima, i criteri stessi, i provvedimenti di nomina dei Commissari, l’approvazione della graduatoria finale.
Quanto ai motivi aggiunti:
per l’annullamento
del decreto 23 ottobre 2014 del Ministero della Giustizia di approvazione della graduatoria del concorso per esame a 150 posti di notaio indetto con Decreto Dirigenziale del 27 dicembre 2011.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2017 la dott.ssa L M B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il ricorso in epigrafe il ricorrente, premesso di aver partecipato al concorso, per esame a 150 posti di notaio, indetto con decreto del Direttore Generale della Giustizia Civile del 27 dicembre 2011, ha impugnato, tra gli altri, il provvedimento di mancata ammissione alle prove orali del concorso medesimo.
Espone, in fatto, di essere stata dichiarato “non idoneo” dalla Commissione esaminatrice per asseriti errori riscontrati nella correzione del primo elaborato (atto inter vivos ) e conseguentemente non è stato ammesso a sostenere le prove orali senza che si procedesse alla lettura anche del secondo e del terzo elaborato.
2. Ciò premesso, deduce le seguenti censure:
- Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 11 del d.lgs. n. 166/2006. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 7, del d.lgs. n. 166/2006. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche;in particolare illogicità, irragionevolezza, difetto di istruttoria, contraddittorietà, carenza di motivazione, confusione e perplessità. Violazione della legge 7 agosto 1990 n. 241.
Lamenta che il giudizio negativo che la Commissione esaminatrice ha espresso è incoerente con il contenuto effettivo del suo elaborato, donde non è giustificata la decisione della commissione di non procedere oltre nella correzione degli altri elaborati.
- Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 11 del d.lgs. n. 166/2006. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 7, del d.lgs. n. 166/2006. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche;in particolare illogicità, irragionevolezza, difetto di istruttoria, contraddittorietà, carenza di motivazione, confusione e perplessità. Violazione della legge 7 agosto 1990 n. 241 sotto altro profilo.
Parte ricorrente si duole del fatto che l’amministrazione si sia dotata di criteri di valutazione intenzionalmente “definiti” per procedere ad una estesa applicazione della eccezione di cui al comma 7 dell’art. 11 del d.lgs n. 166/2006, che consente alla Commissione, in presenza di una “grave insufficienza” in uno dei compiti, di non procedere alla correzione delle ulteriori prove scritte.
DIRITTO
1. Come esposto in narrativa, il ricorrente non è stato ammesso a sostenere le prove orali del concorso notarile per essere stato dichiarato non idoneo a conclusione della disamina della prima delle tre prove scritte (atto inter vivos );conseguentemente non è stato ammesso a sostenere le prove orali senza che si procedesse alla lettura anche del secondo e del terzo elaborato.
2. Con il primo motivo di impugnazione, il ricorrente contesta la valutazione di “gravemente insufficiente” che del suo elaborato è stata operata dalla Commissione, in quanto asseritamente affetta da travisamento dei fatti e da profili di illogicità e irragionevolezza.
2.1 Il vaglio giurisdizionale sollecitato con le proposte censure suggerisce di soffermarsi preliminarmente sull’ambito entro il quale lo stesso è consentito, al fine di parametrare specularmente l’ammissibilità delle doglianze sollevate avverso l’esercizio della discrezionalità valutativa, confluito nell’adozione del giudizio gravato.
2.2 In tale direzione, occorre rammentare che, dal momento che il giudizio di legittimità non può trasmodare in un pratico rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, trova espansione il principio per cui l'apprezzamento tecnico della Commissione è sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà.
Come più volte affermato in giurisprudenza, anche della Sezione (Tar Lazio, sez. I, n. 2467 del 2012 e n. 26342 del 2010), il giudizio della Commissione, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile – unicamente sul piano della legittimità – per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che, con ciò, il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 172 del 2006;Tar Lazio, sez. I, 6 settembre 2013, n. 4626).
Il giudizio di legittimità non può, infatti, trasmodare in un rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, potendo l'apprezzamento tecnico dell’organo collegiale essere sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà. Deve, pertanto, ritenersi infondata una censura che miri unicamente a proporre una diversa valutazione dell’elaborato, atteso che in tal modo verrebbe a giustapporsi alla valutazione di legittimità dell'operato della Commissione una – preclusa – cognizione del merito della questione.
La mancanza dei connotati della manifesta illogicità e irragionevolezza e l’assenza del “travisamento dei fatti” invocato dalla ricorrente preclude, quindi, all’adìto Giudice di sindacare il merito della valutazione effettuata dalla Commissione, valutazione che, peraltro, appare al Collegio, nella sua sinteticità, ben motivata sotto ogni profilo contestato, con riferimento sia ai criteri di valutazione dalla stessa predeterminati sia alla gravità degli errori.
2.3 Il ricorrente non può quindi essere seguita laddove indirizza le sue censure avverso i dirimenti rilievi formulati dalla Commissione sull’elaborato in rassegna, e ciò in quanto, pur denunciando un “travisamento” degli elementi forniti dal candidato, egli viene in realtà a confutare nel merito i rilievi che il predetto Organismo ha sollevato in ordine alla interpretazione della traccia, alle tesi enunciate e alle soluzioni individuate dal candidato medesimo.
Il Collegio non può dunque prendere cognizione delle contestate valutazioni della Commissione, non trattandosi nella fattispecie dell’accertamento di un fatto o del rilievo di una manifesta illogicità valutativa, quanto piuttosto del compimento di un’attività valutativa e comparativa, dell’elaborato del candidato e dei rilievi della Commissione, a tutta evidenza preclusa all’adìto Giudice.
3. Infondata è anche la censura dedotta nel secondo mezzo di gravame, secondo la quale la Commissione avrebbe errato nel definire in maniera eccessivamente puntuale i criteri di correzione per i casi di nullità o gravi insufficienze, trattandosi di una potestà espressamente richiesta all’organo valutatore da parte dell’art. 7 del d.lgs. n. 166/2006.
Le ulteriori doglianze formulate nel secondo motivo sulla asserita, contrapposta, eccessiva genericità dei criteri “residuali” da adoperare nell’ipotesi di correzione di tutte le tre prove scritte sono, all’evidenza, prive del requisito dell’interesse, atteso che il ricorrente è stato dichiarato non idoneo all’esito della lettura del primo compito, a causa delle gravi insufficienze ivi riscontrate.
Giova, comunque, rammentare che nella tipologia concorsuale in esame i criteri di valutazione delle prove scritte non si prestano ad un meccanismo rigido ed automatico basato su meri riscontri tra gli elaborati ed una serie di ipotesi e definizioni predeterminate che guidino il giudizio, né necessitano di particolare analiticità, risolvendosi il giudizio in una verifica essenzialmente qualitativa della preparazione dei candidati, a differenza di altri procedimenti concorsuali, quali quelli ad evidenza pubblica, in cui l’intensità della discrezionalità dell’Amministrazione discende anche dalla variabilità degli elementi da valutare, con la conseguente necessità di individuare ed esplicitare analiticamente i criteri cui ancorare il giudizio.
4. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere respinto.
5. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo in favore del Ministero resistente.