TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2012-07-13, n. 201203416
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N. 03416/2012 REG.PROV.COLL.
N. 06458/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6458 del 2011, proposto da:
So.Ge.I. S.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., rappresentato e difeso dagli avv. M P, A P, con domicilio eletto presso Giuseppe De Santo in Napoli, via De Pretis N. 19;
contro
Comune di Benevento in Persona del Sindaco p.t.-n.c.
per l'ottemperanza
DEL GIUDICATO DI CUI ALLA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI BENEVENTO N.1486/2010
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2012 il Cons. Anna Pappalardo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale di Benevento accoglieva la domanda proposta dalla istante e condannava l’amministrazione comunale intimata al pagamento in favore della stessa della somma di Euro 80.784,04 oltre interessi legali ed Euro 5296,52 per spese di giudizio.
Il provvedimento veniva notificato in forma esecutiva all’amministrazione in data 4.10.2010.
Nell’inerzia dell’Amministrazione e decorsi i termini di legge, il ricorrente proponeva ricorso per ottemperanza .
Il Comune intimato non si è costituito.
Alla camera di consiglio del 20 giugno 2012 il ricorso è stato ritenuto in decisione.
DIRITTO
Parte ricorrente con il presente ricorso notificato il 2.12.2011 e depositato il 14.12.2011, agisce per ottenere l’esecuzione della sentenza in epigrafe con la quale il Comune intimato è stato condannato al pagamento in suo favore della somma di Euro 80.784,04 oltre interessi legali ed Euro 5296,52 per spese di giudizio.
Può ritenersi che nella fattispecie si siano integrate le condizioni delle azioni esecutive intentate nei confronti della Amministrazione condannata al pagamento di una somma di denaro.
Osserva il Collegio che nel caso di specie ricorrono i presupposti necessari ai sensi degli artt 112 e 114 c.p.a. per l’accoglimento del ricorso, in quanto la sentenza in epigrafe, con condanna dell’amministrazione resistente tra l’altro al pagamento delle spese di lite ed attribuzione al procuratore, è passata in giudicato come da certificato di cancelleria in data 24.11.2011 di mancata proposizione del gravame ( attesa la prova della notifica della sentenza in data 9.3.2011. risultano decorsi sia il termine lungo dalla pubblicazione avvenuta il 17.9.2010 sia il termine breve dalla notifica della stessa).
Ancorchè ultroneo, risulta effettuato atto di diffida e messa in mora in data 11.5.2011.
L’inerzia del Comune è illegittima in quanto in violazione dell’obbligo dell’autorità amministrativa di conformarsi al giudicato, né il Comune ha provato come sarebbe stato suo onere, l’avvenuto adempimento (cfr. in tema di prova dell’adempimento ex multis Cass. SS.UU. n. 12533/2001) , non risultando neppure costituito in giudizio .
D’altra parte, risultano rispettati i termini di cui al ricordato art. 14, co. 1, del decreto-legge n. 669 del 1996,come convertito in l. n. 30/1997, nella formulazione risultante dalle modificazioni ed integrazioni derivanti dagli artt. 147 l. n. 388/2000 e 44 d.l. n. 269/2003 come convertito in l. n. 326/2003, il quale – con previsione avallata dalla Corte Costituzionale con ordinanza n. 463 del 30 dicembre 1998 e applicabile anche nei giudizi di ottemperanza innanzi al giudice amministrativo (v. C.d.S., Sez. IV, 12 maggio 2008, n. 2158 ) – testualmente dispone: “Le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici completano le procedure per l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l’obbligo di pagamento di somme di danaro entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo. Prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto”. Invero, il titolo risulta notificato in forma esecutiva in data 4.10.2010.
Ciò posto, stante l’idoneità del titolo giudiziale all’esecuzione coatta e perdurando l’inerzia dell’Amministrazione, va dichiarato l’obbligo del Comune di Benevento di conformarsi alla sentenza di cui in epigrafe, provvedendo al pagamento in favore della ricorrente, entro il termine di giorni sessanta decorrenti dalla data di ricezione della comunicazione in via amministrativa (o, se anteriore, dalla data di notificazione a istanza di parte) della presente decisione, dei sopra precisati importi dovuti per il predetto titolo, oltre agli interessi moratori successivi (sulla sola sorte capitale) al tasso legale.
Tuttavia, la parte ricorrente ha chiesto, oltre alla nomina del commissario ad acta, anche la fissazione della “somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato”, statuizione che costituisce titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 114 co. 4 lett. e) del c.p.a..
La suddetta norma ha comportato una rilevante innovazione, con la quale è stata introdotta anche nel processo amministrativo l’istituto della cd. astreinte, di solito assai efficace in presenza di obblighi di facere infungibili;nel processo civile il predetto istituto è regolato dall’art. 614 bis c.p.c., introdotto dall’art. 49 co. 1 l. 69/09.
Nel caso di specie, la parte ricorrente ha chiesto tanto la nomina del commissario ad acta che l’applicazione dell’astreinte;si tratta di mezzi di tutela diversi perché l’astreinte è un mezzo di coercizione indiretta (la dottrina ha parlato, al riguardo, di modello “compulsorio”), mentre la nomina del commissario ad acta - che provvede in luogo dell’Amministrazione - comporta una misura attuativa del giudicato ispirata ad una logica del tutto differente (non esercitare pressioni sulla p.a. perché provveda, ma nominare un diverso soggetto, tenuto a provvedere al posto della p.a.: la dottrina ha parlato, al riguardo, di modello di “esecuzione surrogatoria”).
È da ritenersi che l’opzione per l’uno o per l’altro modello rientri nella disponibilità della parte;deve inoltre ritenersi ammissibile la richiesta, al giudice amministrativo, tanto della nomina del commissario ad acta quanto dell’applicazione dell’astreinte, atteso che – secondo l’orientamento preferibile e prevalente – l’Amministrazione non perde il potere di provvedere dopo la nomina del commissario ad acta, sicché la coazione indiretta costituita dall’astreinte continuerebbe ad aver un senso. Le due forme di tutela, in altri termini, appaiono cumulabili perché non incompatibili tra loro.
Tuttavia, la domanda relativa all’applicazione dell’astreinte deve essere, nel caso di specie, respinta.
L’astreinte, infatti, può essere disposta ove “ciò non sia manifestamente iniquo, ovvero sussistano altre ragioni ostative”: si tratta di espressioni piuttosto generiche, dalle quali si evince tuttavia che il legislatore sembra auspicare un uso prudente di tale istituto (anche perché nel processo amministrativo comporta, di regola, un esborso di pubblico denaro).
Orbene, deve dubitarsi dell’ammissibilità dell’astreinte qualora l’esecuzione del giudicato consista nel pagamento di una somma di denaro. Infatti, l’astreinte costituisce un mezzo di coazione indiretta sul debitore, necessario in particolare quando si è in presenza di obblighi di facere infungibili: pertanto, non sembra equo condannare l’Amministrazione al pagamento di ulteriori somme di denaro, quando l’obbligo di cui si chiede l’adempimento costituisce, esso stesso, nell’adempimento di un’obbligazione pecuniaria. Occorre considerare che, in tal caso, per il ritardo nell’adempimento sono già previsti dalla legge gli interessi legali: ai quali, pertanto, la somma dovuta a titolo di astreinte andrebbe ad aggiungersi, con effetti iniqui di indebito arricchimento per il creditore. Anche la giurisprudenza civile formatasi sull’art. 614 bis c.p.c., che ha introdotto nel processo civile una disposizione analoga, è orientata nel senso dell’ammissibilità di tale istituto a fronte dell’inadempimento di obblighi di fare infungibile o di non fare (il Tribunale di Cagliari, ord. del 19.09.2009, ha ritenuto che l’art. 614 bis si riferisca per l’appunto attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare).
Benché la norma non lo preveda espressamente, è da ritenere infatti che la somma di denaro debba andare a favore del creditore;e – benché la dottrina sia incerta sulla natura giuridica dell’astreinte – è preferibile qualificare la stessa come criterio di liquidazione del danno (e non come pena privata o sanzione civile indiretta), proprio al fine di evitare ingiustificati arricchimenti del creditore della prestazione principale. Ancora una volta, occorre richiamare la giurisprudenza civile, secondo cui “la misura prevista dall'art. 614-bis c.p.c. è volta ad assicurare l'attuazione sollecita del provvedimento e, come per la condanna, è quindi funzionale, innanzi tutto, a favorire la conformazione a diritto della condotta della parte inadempiente e, conseguentemente, ad evitare la produzione del danno o, quanto meno, a ridurre l'entità del possibile pregiudizio” (Tribunale di Cagliari, ord. del 19.09.2009).
La domanda va in parte qua respinta.
Conclusivamente, va ordinato al Comune di Benevento di dare esecuzione alla sentenza in epigrafe, provvedendo al pagamento della somma per cui vi è condanna, oltre che al pagamento delle spese legali entro il termine di 60 gg. come sopra indicato.
In caso di inutile decorso del termine di cui sopra, si nomina sin d’ora quale commissario ad acta il Direttore della Ragioneria territoriale dello Stato di Napoli, con facoltà di delega ad un funzionario dell’Ufficio, che entro sessanta giorni dalla scadenza del termine precedente darà corso al pagamento, compiendo tutti gli atti necessari, comprese le eventuali modifiche di bilancio, a carico e spese dell’Amministrazione inadempiente.
Le spese per l’eventuale funzione commissariale andranno poste a carico del Comune intimato e vengono sin d’ora liquidate nella somma complessiva di euro 800,00 (ottocento/00). Il commissario ad acta potrà esigere la suddetta somma all’esito dello svolgimento della funzione commissariale, sulla base di adeguata documentazione fornita all’ente debitore.
Le spese del presente giudizio, secondo la regola della soccombenza, sono poste a carico dell’inadempiente Comune e vanno liquidate nell’importo indicato in dispositivo, cui deve aggiungersi il rimborso, in favore della parte che le ha anticipate, delle spese relative al contributo unificato, se ed in quanto effettivamente assolto.