TAR Bolzano, sez. I, sentenza 2022-03-04, n. 202200070

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bolzano, sez. I, sentenza 2022-03-04, n. 202200070
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bolzano
Numero : 202200070
Data del deposito : 4 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/03/2022

N. 00070/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00131/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa

Sezione Autonoma di Bolzano

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 131 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati A S e A T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il loro studio in Bolzano, via dei Vanga, n. 16;

contro

Comunità Comprensoriale Burgraviato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato di Trento, con domicilio fisico eletto ex lege presso i propri uffici in Trento, Largo Porta Nuova, n. 9;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia

del provvedimento amministrativo datato 13.4.2021, prot. n. -OMISSIS-, recapitato alla destinataria il 20.4.2021, con il quale la Comunità Comprensoriale Burgraviato ha intimato all’odierna ricorrente la restituzione della complessiva somma di -OMISSIS- entro giorni 60 dal ricevimento della comunicazione, sospendendo altresì la medesima Sig.ra -OMISSIS- per cinque anni dal diritto di richiedere i contributi economici e decidendo, inoltre, l’avvio di un procedimento per l’irrogazione di una sanzione amministrativa ex art.

2-bis legge provinciale n. 17/1993, art. 4 legge provinciale n. 9/1977, art. 14 legge n. 689/1981, denuncia all’autorità giudiziaria;

e di tutti gli altri atti ed esso presupposti, connessi o conseguenti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Comunità Comprensoriale Burgraviato;

Vista l’ordinanza cautelare n.-OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nell'udienza pubblica del giorno -OMISSIS- la consigliere Lorenza Pantozzi Lerjefors e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente espone di essere stata cresciuta dalla madre, da sempre in conflitto con il padre. Nel 2012, dalla sua unione con il -OMISSIS-, residente a -OMISSIS- e disoccupato, è nato un figlio.

A partire dal 2013 la ricorrente, -OMISSIS- e a sua volta senza lavoro, chiedeva e otteneva contributi al canone di locazione e per spese accessorie, ai sensi dell’art. 20 del D.P.G.P. 11 agosto 2000, n. 30, dichiarando di avere i requisiti per potervi accedere.

A seguito di controlli avviati d’ufficio ai sensi dell’art. 47 del citato D.P.G.P. n. 30 del 2000, l’Amministrazione veniva a conoscenza che il padre della ricorrente è titolare di un diritto di proprietà, al 50% con il fratello, su una seconda casa, ubicata a -OMISSIS- (doc. 2 dell’Amministrazione).

Con nota del 12 ottobre 2020 l’Amministrazione chiedeva quindi alla ricorrente di prendere posizione in merito, pena la restituzione dei contributi percepiti nel periodo dal gennaio 2013 al luglio 2020, pari a -OMISSIS- (doc. 3 dell’Amministrazione).

La ricorrente, con nota del 4 marzo 2021, spiegava all’Amministrazione di non essere in buoni rapporti col padre e di non aver saputo che lo stesso avesse un diritto di proprietà, pari al 50%, su un immobile sito a -OMISSIS-, comunque non abitabile e non locabile, in quanto privo di elettricità e di bagno o doccia (doc. 4 dell’Amministrazione).

Alla suddetta nota la ricorrente allegava due autodichiarazioni, una sua e una del padre, nonché estratti dal tavolare e fotografie del maso di -OMISSIS- (doc.ti 2, 5 e 6 dell’Amministrazione).

Con l’impugnato provvedimento del 13 aprile 2021 l’Amministrazione contestava alla ricorrente la non veridicità delle dichiarazioni allegate alle domande di contributo per il canone di locazione dal 13 maggio 2015 al 6 agosto 2019, intimandole la restituzione della complessiva somma di -OMISSIS-, indebitamente percepita.

Oltre alla revoca delle decisioni -OMISSIS-, con cui le sono stati concessi contributi al canone di locazione, con l’impugnato provvedimento veniva anche disposta l’esclusione della ricorrente dall’accesso ai contributi economici per un periodo di 5 anni e comunicato l’avvio del procedimento volto all’applicazione della sanzione amministrativa ai sensi dell’art. 2 della legge provinciale 22 ottobre 1993, n. 17, art. 4 della legge provinciale 7 gennaio 1977, n. 9, rispettivamente art. 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (doc. 7 dell’Amministrazione).

A fondamento del ricorso sono stati dedotti i seguenti motivi:

1. “Violazione, errata interpretazione e falsa applicazione dell’art. 20 D.P.G.P. n. 30/2000. Violazione di legge e in particolare della legge provinciale n. 30/2020 (?) e D.P.P. n. 2/2011. Eccesso di potere per sviamento e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Irragionevolezza ed illogicità. Difetto e/o carenza di motivazione”;

2. “Falsa ed erronea applicazione dell’art. 47 D.P.G.P. n. 301 dell’11 agosto 2000 e degli artt. 2 e 2-bis L.P. n. 22.10.1993, n. 17;
eccesso di potere per sviamento e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Difetto e/o carenza di motivazione”;

3. “Violazione e falsa applicazione del procedimento amministrativo e dell’art. 21-octies L. n. 241/1990, comma primo;
eccesso di potere”.

Si è costituita in giudizio la Comunità comprensoriale Burgraviato, chiedendo il rigetto del ricorso, perché inammissibile per difetto di giurisdizione e infondato nel merito, previa reiezione dell’istanza cautelare.

Con ordinanza n.-OMISSIS-, pubblicata il -OMISSIS- il Collegio ha accolto l’istanza cautelare, avendo ritenuto che le questioni poste dalla ricorrente necessitassero di un adeguato approfondimento in sede di merito e che il pregiudizio lamentato fosse in re ipsa , tenuto conto dell’entità della somma da restituire e dello stato di disoccupata della ricorrente, -OMISSIS- e con un figlio minore a carico.

Nei termini di rito le parti hanno depositato memorie, anche di replica, a sostegno delle rispettive difese, insistendo nelle rispettive conclusioni.

La difesa dell’Amministrazione ha poi depositato istanza di passaggio in decisione della causa senza discussione orale.

All’udienza pubblica del -OMISSIS-, sentita la parte ricorrente, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Va vagliata, anzitutto, l’eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata dalla difesa dell’Amministrazione resistente sul rilievo che il contributo in esame sarebbe riconosciuto direttamente dalla legge e che la ricorrente farebbe valere il suo asserito diritto al mantenimento di un contributo già corrispostole dall’Amministrazione.

L’eccezione non è fondata.

Secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo nelle controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e di sovvenzioni pubbliche va attuato sulla base del generale criterio fondato sulla natura della situazione soggettiva fatta valere.

Di conseguenza, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario nel caso in cui si verifichi un inadempimento del beneficiario rispetto alle obbligazioni derivanti dalla concessione dell'agevolazione, in quanto in tal caso il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, mentre se la controversia attiene a questioni relative alla fase procedimentale antecedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio economico o a quella successiva alla concessione del beneficio che determini l'annullamento o la revoca del provvedimento per vizi di legittimità o per contrasto con il pubblico interesse, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto si configura una situazione soggettiva di interesse legittimo (cfr., ex pluribus , Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 29 gennaio 2014, n. 6;
Sez. VI, 7 luglio 2021, n. 5174;
Sez. III, 10 febbraio 2021, n. 1251;
Sez. VI, 20 gennaio 2021, n. 621;
Sez. III, 25 agosto 2020, n. 5197;
Sez. III, 11 aprile 2019, n. 2373;
T.R.G.A. Bolzano, 29 aprile 2021, n. 126;
25 maggio 2021, n. 154 e 29 aprile 2021, n. 126;

TAR

Emilia-Romagna, Bologna, Sez. II, 2 marzo 2021, n. 188;

TAR

Veneto, Sez. II, 16 febbraio 2021, n. 222;
altresì Cassazione, Sezioni Unite, 30 luglio 2020, n. 16457, 2 maggio 2019, n. 11587 e 1 febbraio 2019, n. 3166).

Nel caso di specie, non ci troviamo di fronte a un inadempimento della beneficiaria rispetto a obbligazioni derivanti dal rapporto sorto in base alla misura agevolativa, quanto piuttosto a una decadenza sanzionatoria attinente alla fase procedimentale concessoria, quindi a una fase procedimentale antecedente al provvedimento discrezionale attributivo dell'agevolazione, per difetto dei presupposti in base alla quale l'agevolazione è stata richiesta e assentita, rientrante quindi nella giurisdizione del giudice amministrativo alla luce dei principi stabiliti dalla citata giurisprudenza.

2. Nel merito il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.

2.1. Con il primo motivo la ricorrente si duole che le norme fatte valere dall’Amministrazione resistente non siano applicabili nella fattispecie e che la ricorrente abbia tutti i requisiti per beneficiare dei contributi percepiti, che perciò non solo non dovrebbero essere restituiti, ma dei quali dovrebbe poter beneficiare anche in futuro.

In particolare, la ricorrente afferma di convivere con il solo figlio minore, con il quale forma un nucleo familiare autonomo e separato. La disposizione di cui all’art. 20, comma 2, lett. a), n. 2), del D.P.G.P. 11 agosto 2000, n. 30 non sarebbe applicabile nel caso in esame, perché il padre della ricorrente non potrebbe essere considerato un “ componente del nucleo familiare ” ai sensi dell’art. 29 del D.P.P. 11 gennaio 2011, n. 2.

Le censure sono infondate.

L’art. 29 del D.P.P. 11 gennaio 2011, n. 2 (“Regolamento sul rilevamento unificato di reddito e patrimonio”), così recita: “ 1. Salvo diversa disposizione dei singoli settori di intervento, al fine dell’attribuzione delle prestazioni economiche del terzo livello (n.d.r. tra cui rientrano le prestazioni di assistenza economica sociale) , si considerano i componenti del nucleo familiare di fatto.

2. Sono considerati componenti il nucleo familiare di fatto, oltre all’utente, le persone di seguito elencate, purché con esso/essa conviventi:… c) i genitori naturali o gli adottanti e gli ascendenti prossimi anche naturali, dell’utente o della persona di cui alla lettera a) …”.

Il Collegio sottolinea che, nel definire coloro che devono considerarsi componenti del nucleo familiare di fatto ai fini dell’attribuzione delle prestazioni di assistenza economica sociale, la norma fa salve le diverse disposizioni dei singoli settori di intervento, nella consapevolezza che il legislatore possa considerare in modo diverso i componenti del nucleo familiare, in base alla peculiarità della singola prestazione assistenziale economica.

Ne consegue che la citata norma non esclude affatto che per l’attribuzione del beneficio del contributo al canone di locazione e per le spese accessorie in esame non possa essere previsto un criterio più rigoroso, quale quello di escludere dal beneficio coloro i cui genitori siano proprietari di diritti di proprietà su seconde case, anche se non conviventi con il richiedente.

Il D.P.G.P. 11 agosto 2000, n. 30 (“Regolamento relativo agli interventi di assistenza economica sociale e al pagamento delle tariffe nei servizi sociali”), all’art. 20 disciplina il contributo al canone di locazione e per le spese accessorie, e, al comma 2, lett. c), (lettera da ultimo sostituita dall’art. 5, comma 1, del D.P.P. 7 agosto 2017, n. 26) esclude dal diritto al contributo al canone di locazione coloro “ i cui parenti di primo grado - in riferimento ai componenti maggiorenni del nucleo familiare - hanno un diritto di proprietà, usufrutto o abitazione, o sono contitolari di un tale diritto per una quota complessivamente pari o superiore al 50 per cento, su seconde case, site in provincia di Bolzano, che non sono locate o che non sono oggetto di un diritto d'abitazione o di altro diritto reale di godimento che ne impedisca la locazione, oppure che sono state locate a persone senza alcun rapporto di parentela o affinità con il proprietario o l'usufruttuario o con un rapporto di parentela o affinità oltre il terzo grado con gli stessi ”.

Osserva il Collegio - condividendo sul punto l’interpretazione della difesa dell’Amministrazione - che l’inciso “ in riferimento ai componenti maggiorenni del nucleo familiare ” non rappresenta una precisazione della locuzione “ i parenti di primo grado ”, ma va letto in modo autonomo.

In altre parole, la norma impone all’interprete un doppio passaggio logico-giuridico:

- in primo luogo si deve accertare quali siano i componenti maggiorenni costituenti il nucleo familiare;

- una volta individuati i componenti maggiorenni del nucleo familiare, vanno individuati i parenti di primo grado di questi ultimi.

L’art. 29 del citato D.P.P. n. 2 del 2011 rileva invece solo ai fini dell’individuazione dei componenti maggiorenni costituenti il nucleo familiare, ma non precludono, ai fini dell’esclusione e della decadenza dai contributi, la possibilità di prendere in considerazione parenti di primo grado non conviventi con il richiedente, in analogia peraltro a quanto previsto, a titolo di esempio, per l’ammissione alle agevolazioni edilizie provinciali per la costruzione, l’acquisto e il recupero di abitazioni (cfr. art. 46, comma 2, L.P. 17.12.1998, n. 13, come sostituito dall’art. 1, comma 8, della L.P. 22.1.2010, n. 1).

La ricorrente interpreta l’inciso “ in riferimento ai componenti maggiorenni del nucleo familiare ” in senso restrittivo, ritenendo che il richiedente un contributo al canone di locazione possa essere escluso dal beneficio solo se i componenti maggiorenni appartenenti allo stesso nucleo familiare, così come definito ai sensi del sopra citato art. 29, comma 2, lett. c), del D.P.P. n. 2 del 2011, siano conviventi.

Il Collegio non condivide siffatta interpretazione della ricorrente e privilegia la sopra richiamata interpretazione logico-sistematica della normativa in materia, coerente alla ratio degli interventi provinciali di assistenza economica sociale (tra cui rientra il contributo al canone di locazione e per le spese accessorie), che è quella di aiutare le persone che non sono in grado di affrontare direttamente e in via temporanea determinate situazioni di bisogno nel rispetto del principio di sussidiarietà, ovvero nei soli casi in cui lo stato di necessità non possa essere risolto dal richiedente attraverso l’utilizzo del reddito e del patrimonio propri e della propria famiglia.

In coerenza con le finalità delle disposizioni che regolano gli interventi di assistenza economica sociale, il Collegio ritiene quindi che l’art. 20 del D.P.G.P n. 30 del 2000 vada interpretato nel senso di escludere dal contributo i richiedenti i cui genitori siano proprietari di un diritto di proprietà, ovvero, come nel caso in esame, contitolari di un diritto di proprietà pari o superiore al 50% su seconde case.

2.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta l’erronea applicazione dell’art. 47 del D.P.G.P. n. 30 del 2000, nonché degli artt. 2 e 2-bis della legge provinciale 22 ottobre 1993, n. 17, giustificando l’omissione dell’indicazione della quota di proprietà del 50% in capo al padre sul maso di -OMISSIS-, ereditato nel 2015 con il fatto di non essere mai venuta a conoscenza di detta eredità, come confermerebbe pure l’autodichiarazione del padre prodotta. Inoltre, l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto del fatto che l’immobile in questione si troverebbe in un pessimo stato, tale da non poter essere né abitato, né dato in locazione, mancando i servizi essenziali, quali il riscaldamento e il bagno o la doccia ed essendo presente muffa e umidità nelle stanze, tutte circostanze rappresentate all’Amministrazione.

Inoltre, la ricorrente non era neppure tenuta a controllare la situazione patrimoniale del padre, essendo quest’ultimo non convivente ed estraneo al nucleo familiare.

Infine, non sarebbe né giustificata, né tantomeno motivata l’applicazione - peraltro facoltativa, ex art.

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