TAR Perugia, sez. I, sentenza 2023-05-11, n. 202300303
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Pubblicato il 11/05/2023
N. 00303/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00499/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 499 del 2020, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato E P, con domicilio eletto presso il suo studio sito in Marsciano, via Tuderte n.5, e domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro
pro tempore
, e l’Ufficio territoriale del Governo di Perugia e la Questura di Perugia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Perugia, nella cui sede in Perugia, via degli Offici n. 14, sono
ex lege
domiciliati, e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
previa sospensione cautelare,
- del decreto -OMISSIS-, emesso in data -OMISSIS- dal Prefetto della Provincia di Perugia e notificato al ricorrente in data -OMISSIS-, con il quale è stato fatto divieto al ricorrente di detenere armi e munizioni;
- del decreto -OMISSIS-, emesso in data -OMISSIS- dal Questore della Provincia di Perugia e notificato al ricorrente in data -OMISSIS-, con il quale è stata revocata al ricorrente la licenza di porto di fucile per uso venatorio;
- di ogni altro atto e/o provvedimento ad essi connessi, consequenziali e presupposti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, dell’Ufficio territoriale del Governo di Perugia e della Questura di Perugia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 aprile 2023 il dott. Davide De Grazia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Con decreto del -OMISSIS-, il Prefetto della Provincia di Perugia, su proposta dei Carabinieri di Deruta, disponeva nei confronti del sig. -OMISSIS- il divieto di detenzione di armi e munizioni ed ingiungeva allo stesso di cedere le armi in suo possesso a persona non convivente.
Il provvedimento faceva seguito a due episodi, verificatisi il -OMISSIS- precedenti, in occasione dei quali il personale dei Carabinieri di Todi era intervenuto presso l’abitazione del sig. -OMISSIS- per sedare i litigi tra lo stesso e la sua compagna. Secondo quanto riferito ai militari dell’Arma, tra i due erano in corso già da due anni contrasti per motivi personali.
In particolare, secondo quanto riferito ai militari dalla compagna del sig. -OMISSIS-, nel secondo dei due episodi quest’ultimo avrebbe avuto una reazione violenta nei confronti della donna che, afferrata per il collo dal compagno, sarebbe poi rovinata a terra. Il sig. -OMISSIS-, dal canto suo, pur confermando di avere avuto una discussione verbale con la compagna, negava di aver usato violenza nei suoi confronti. Nell’annotazione dei Carabinieri del-OMISSIS- si precisava che le persone coinvolte non avevano segni di ferite sul corpo e non presentavano tracce ematiche.
Alla luce dei due episodi di cui sopra, il Prefetto della Provincia di Perugia riteneva che il sig. -OMISSIS- non fosse più affidabile rispetto alla detenzione delle armi e che non garantisse, anche per il futuro, di non abusare delle stesse. Veniva pertanto disposto nei suoi confronti il divieto di detenzione di armi e munizioni.
2. – Con successivo decreto del -OMISSIS-, il Questore della Provincia di Perugia, considerato il divieto di detenzione di armi e munizioni emesso dal Prefetto, revocava al sig. -OMISSIS- la licenza di porto di fucile per uso venatorio rilasciata il -OMISSIS-.
3. – Con ricorso notificato il -OMISSIS- e depositato il -OMISSIS-, il sig. -OMISSIS- ha impugnato dinnanzi a questo Tribunale amministrativo regionale i provvedimenti sopra citati e ne ha chiesto l’annullamento, previa sospensione cautelare.
Secondo il sig. -OMISSIS- i provvedimenti impugnati sarebbero illegittimi per violazione degli artt. 11, 39, 40 e 43 TULPS e degli artt. 3, 7 e 11 della legge n. 241/1990, nonché per eccesso di potere sotto diversi profili sintomatici. La decisione di privare il ricorrente della detenzione delle armi e della titolarità della licenza di porto di fucile si baserebbe su un solo episodio – quello del-OMISSIS- – e sulla versione dei fatti riferita dalla compagna del ricorrente, senza tenere in adeguato conto la circostanza che la donna non intese formalizzare alcuna denunzia o querela a carico del convivente e senza considerare che il ricorrente era titolare della licenza da trentasei anni, durante i quali non aveva mai dato adito a sospetti di inaffidabilità rispetto alla detenzione ed all’uso delle armi.
Viene altresì contestata l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento.
4. – L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio per resistere al ricorso ed ha prodotto il verbale del Pronto soccorso dell’Ospedale di Perugia del -OMISSIS-, al quale la compagna del ricorrente si era rivolta per un dolore alla spalla di sinistra dovuta a percosse da parte di persona conosciuta a seguito di un «[ e ] vento di sabato -OMISSIS- » descritto come “aggressione”. La diagnosi di dimissione era stata « trauma contusivo e distorsivo della spalla sin ».
5. – Con ordinanza n. -OMISSIS-, questo Tribunale ha rigettato l’istanza cautelare e regolato secondo la soccombenza le spese della fase.
6. – In vista della discussione della causa, le parti non hanno svolto ulteriore attività difensiva.
L’Amministrazione resistente ha depositato un’annotazione della Prefettura dalla quale si apprende che, successivamente ai fatti sopra narrati, è risultata a carico del ricorrente una notizia di reato per malversazione ai danni dello Stato.
7. – All’udienza pubblica del 4 aprile 2023, sentite le parti presenti, la causa è stata trattenuta in decisione.
8. – Giova rammentare che, secondo un consolidato orientamento dal quale il collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando, piuttosto, un’eccezione al normale divieto di portare armi (sancito dall’art. 699, cod. pen., e dall’art. 4, c. 1, della legge n. 110/1975);tale eccezione può divenire operante soltanto nei confronti di persone riguardo alle quali esista la completa e perfetta sicurezza circa il “buon uso” delle armi stesse (necessariamente anche con l’impiego di un’estrema prudenza), in modo tale da evitare qualsiasi dubbio o perplessità sotto il profilo dell’ordine pubblico e della tranquilla convivenza, dovendo essere garantita anche, e prima di tutto, l’intera collettività dei consociati sull’assenza di pregiudizi di ogni genere quanto alla loro incolumità ( ex multis Cons. Stato, sez. III, 21 aprile 2020, n. 2544;Id., sez. VI, 14 febbraio 2007, n. 616;TAR Umbria, 4 dicembre 2020, n. 540;Id. 17 giugno 2019, n. 333).
Va, altresì, ribadita l’ampia discrezionalità della valutazione rimessa in capo al Prefetto ai sensi dell’art. 39, c. 1, del TULPS, con valutazione da esercitarsi con riguardo, innanzitutto, al prioritario interesse all’incolumità delle persone coinvolte, oltre che nell’interesse della sicurezza pubblica. Proprio la natura cautelare del provvedimento fa sì che lo stesso si fondi su considerazioni probabilistiche, basate su circostanze di fatto assistite da sufficiente fumus al momento della loro adozione (Cons. Stato, sez. III, 12 marzo 2020, n. 1815). Il provvedimento di divieto di cui all’art. 39 del regio decreto n. 773/1931 non richiede un oggettivo ed accertato abuso nell’uso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. I- ter , 20 marzo 2020, n. 3493).
9. – É stato altresì condivisibilmente ritenuto che una situazione di conflittualità familiare nella sua oggettività è valido motivo per l’emanazione di provvedimenti interdittivi in tema di armi, a prescindere dalla responsabilità della sua causazione (TAR Toscana, sez. II, 14 novembre 2022, n. 1305). In tali situazioni, infatti, ciò che l’amministrazione è chiamata a valutare è il pericolo che la situazione di conflitto familiare in atto, nella sua oggettività ed a prescindere da chi ne sia responsabile, possa degenerare in fatti antigiuridici, le cui conseguenze potrebbero essere ulteriormente aggravate dalla disponibilità delle armi.
10. – Nel caso di specie, la situazione fattuale è stata presa in esame dall’Amministrazione e ritenuta, con valutazione che risulta immune dalle censure formulate dal ricorrente, sufficiente a giustificare il divieto di detenzione delle armi e la revoca della relativa licenza: detta situazione di fatto, a prescindere da qualunque responsabilità del ricorrente, è stata reputata suscettibile di costituire il sostrato di fatti antigiuridici ben più gravi e tale valutazione non risulta irragionevole, tenuto conto che funzione del potere attribuito in materia alla pubblica amministrazione proprio quella di evitare che tali fatti abbiano a verificarsi.
11. – Per le stesse ragioni sopra evidenziate, appare infondata anche la doglianza relativa alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.
Il decreto prefettizio oggi in esame dà atto delle ragioni della omissione della comunicazione di avvio del procedimento facendo riferimento alla necessità di tutelare l’interesse della sicurezza e dell’ordine pubblico, tale da integrare le esigenze di celerità che, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/1990, consentono di procedere anche in mancanza della suddetta comunicazione.
Come ritenuto dalla giurisprudenza (tra le tante, TAR Campania, Napoli, sez. V, 3 giugno 2022, n. 3781), « i procedimenti in materia di armi hanno natura precauzionale e preventiva e sono caratterizzati da un’urgenza di procedere in re ipsa, in ragione della situazione di particolare pericolo che gli stessi mirano a prevenire e che, proprio in ossequio all’art. 7 della l. n. 241/1990, giustifica l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento » .
12. – In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
13. – Considerato che le spese della fase cautelare sono state già regolate con l’ordinanza n. -OMISSIS- e che, successivamente all’emissione di quest’ultima, non è stata svolta dalle parti ulteriore attività difensiva, le spese della presente fase possono essere compensate.