TAR Bari, sez. I, sentenza 2019-05-30, n. 201900760

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. I, sentenza 2019-05-30, n. 201900760
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201900760
Data del deposito : 30 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/05/2019

N. 00760/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01544/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1544 del 2018, proposto da
G P, rappresentata e difesa dagli avvocati V A, Roberto D'Addabbo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio V A in Bari, via Abate Gimma, n.147;

contro

Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca;
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliati ex lege presso i suoi uffici in Bari, via Melo, n.97;

per l'ottemperanza

alla sentenza n. 1250, depositata il 2.3.2017, del Giudice del Lavoro del Tribunale di Bari;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2019 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Espone in fatto l’odierna ricorrente che, con la sentenza in epigrafe indicata, il Giudice del Lavoro del Tribunale di Bari, definitivamente pronunciando sul ricorso da ella proposto, provvedeva nei seguenti termini : “ accoglie parzialmente il ricorso e, per l’effetto, dichiarata l’illegittimità dell’apposizione del termine del 31 agosto ai contratti di lavoro conclusi tra le parti su c.d. “organico di diritto” per il tempo eccedente i 36 mesi, condanna parte convenuta al risarcimento del danno subito dalla ricorrente, che liquida in misura corrispondente a 3,5 mensilità dell’ultima retribuzione di fatto, con l’aggiunta di interessi e rivalutazione nei limiti di legge, dalla data della presente sentenza e sino all’effettivo soddisfo;
- dichiara inoltre il diritto della ricorrente a vedersi ricostruita la carriera considerando integralmente tutti i periodi svolti con contratto di lavoro a tempo determinato e condanna l’Amministrazione convenuta a corrispondere le differenze retributive maturate in virtù del nuovo inquadramento conseguente alla ricostruzione, oltre interessi e rivalutazione, tra loro non cumulati, dal dovuto al soddisfo;
- rigetta per il resto il ricorso;
compensa le spese processuali tra le parti in ragione di 1/3, ponendo l’onere delle spese residue definitivamente a carico dell’amministrazione scolastica, che liquida in complessivi € 2.342,00 oltre rimborso forfetario nella misura del 15%, iva e cpa come per legge
”.

Aggiunge che:

- la sentenza non è stata appellata ed è pertanto definitivamente passata in giudicato, come da attestazione (di non proposto appello), allegata al provvedimento, in data 30.10.2018;

- la stessa è stata notificata al MIUR (per come risulta a seguito di deposito in data 10.4.2019, eseguito a seguito di rinvio – a tal fine - della prima udienza di trattazione del 3.4.2019), munita della formula esecutiva in data 6.9.2018;

-nonostante le diffide inoltrate dalla ricorrente, le Amministrazioni scolastiche hanno provveduto ad eseguire solo parzialmente la sentenza del Giudice del Lavoro (mediante immissione in ruolo), senza dare esecuzione alla condanna al risarcimento del danno nella misura di 3,5 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, alla ricostruzione della carriera, nonché al pagamento delle differenze retributive maturate, oltre al pagamento delle spese legali del giudizio, quantificate nella misura indicata nel dispositivo soprariportato, oltre al rimborso delle spese generali, dell’iva e del cap, previste nella medesima sentenza.

Reclama in questa sede l’esecuzione residua della sentenza in questione e chiede, ai sensi dell’art. 114 cpa, la nomina di un commissario ad acta e la fissazione di una somma di denaro a carico dell’Amministrazione intimata per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato, con condanna delle spese in favore dei difensori dichiaratisi distrattari.

L’Avvocatura dello Stato si è costituita per il MIUR, nonché per la Presidenza del Consiglio (quest’ultima, in realtà neppure intimata dalla ricorrente), con memoria di mero stile.

All’udienza camerale del 15.5.2019, la causa è stata trattenuta in decisione.

Preliminarmente deve dichiararsi il difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio, costituitasi in giudizio, pur in assenza di notifica, nei suoi confronti, del ricorso introduttivo che è stato, invece, notificato solo al MIUR.

Nei confronti di quest’ultimo il ricorso è fondato per quanto di ragione.

Nella specie, agli atti, risulta:

- il passaggio in giudicato della sentenza del Giudice ordinario di cui si chiede l’ottemperanza, come richiesto dall’art. 112, c.2 lett. c) c.p.a. e dimostrato dall’attestazione di cancelleria;

- l’avvenuta notifica in forma esecutiva del titolo e il decorso infruttuoso del termine di 120 (centoventi) giorni, ex art. 14 d.l. n.669/1996;

- l’assenza di cause giustificative l’inadempimento da parte del MIUR, il quale, pur costituitosi in giudizio, non ha dimostrato - o quantomeno allegato - né l’esistenza di cause impedienti l’adempimento né la già avvenuta esecuzione della sentenza per la parte rimasta inottemperata.

Pertanto, ricorrono tutti i requisiti, anche di rito, richiesti dalla legge per l’accoglimento del ricorso in parte qua.

Deve, pertanto, ordinarsi al MIUR di dare piena ed integrale esecuzione alla sentenza per la cui ottemperanza si agisce, limitatamente alla parte residua rimasta inottemperata (condanna al risarcimento del danno nella misura indicata nella sentenza ottemperanda, alla ricostruzione della carriera, al pagamento delle differenze retributive, nonché alla condanna al pagamento delle spese legali del giudizio) entro il termine di 60 (sessanta) giorni dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notificazione a cura di parte della presente decisione.

Per il caso di ulteriore inadempimento del MIUR, il Collegio nomina sin d’ora, quale commissario ad acta, il Direttore Generale della competente Direzione Generale (Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione- Direzione generale per il personale scolastico), con facoltà di delega a funzionario in servizio presso la stessa direzione, il quale dovrà provvedere in via sostitutiva all’integrale esecuzione, entro l’ulteriore termine di 60 (sessanta) giorni, risultando opportuno che il commissario nominato conosca appieno le questioni inerenti la res controversa.

Deve, invece, essere respinta la richiesta di comminatoria a carico del MIUR della penalità di mora ex art. 114, c.4, lett. e), cpa.

In linea generale, sulla questione il Tar si è già pronunciato, escludendo la condanna, in casi analoghi, in ragione del limite, espressamente contemplato dall’art. 114 del cpa, rappresentato dal fatto che l’uso dell’astreintes non risulti “manifestamente iniquo, ovvero sussistano altre ragioni ostative”. Nel caso in esame, pur sussistendo l’imprescindibile presupposto della richiesta di parte ricorrente, non si ritiene di poter accogliere la richiesta di astreintes, ravvisandosi ragioni ostative consistenti nell’esigenza di contenimento della spesa pubblica in relazione alla particolare condizione di crisi della finanza pubblica e all’ammontare del debito pubblico. (T.A.R. Puglia, Bari, ex multis sent. nn. 294 e 1449/2016;), tenuto altresì conto della circostanza – che emerge dagli atti processuali – che il contenzioso che ha coinvolto l’odierna ricorrente non è isolato, ma ha visto una pluralità di docenti agire in giudizio, con conseguente difficoltà esecutive determinate dal numero degli aventi diritto.

In parte qua il ricorso va, dunque, respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in via equitativa come da dispositivo, tenendo conto sia della minima attività processuale svolta sia dell’assenza di specifiche questioni di fatto e di diritto (cfr. art. 4, comma 4, D.M. Giustizia 10 marzo 2014, n. 55). Nulla per le spese nei confronti della Presidenza del Consiglio, erroneamente costituitasi in giudizio, benchè non intimata.

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