TAR Catania, sez. III, sentenza 2014-09-24, n. 201402459

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. III, sentenza 2014-09-24, n. 201402459
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201402459
Data del deposito : 24 settembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02767/1998 REG.RIC.

N. 02459/2014 REG.PROV.COLL.

N. 02767/1998 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2767 del 1998, proposto da P A, M G, S G C, M F, F M R, rappresentati e difesi dagli avv.ti P M e A M, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar, in Catania, via Milano 42/a ;

contro

Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, Università degli Studi di Messina, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero della Salute, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

per l’annullamento

della nota del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica del 13/02/1998 di rigetto dell’istanza volta ad ottenere i benefici introdotti dal D.lgs. n. 257/1991 a favore dei medici specializzandi.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, dell’Università degli Studi di Messina, del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Ministero della Salute;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 maggio 2014 il dott. F M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

I ricorrenti, laureati in medicina e chirurgia presso la facoltà di Messina, espongono di essere entrati in specializzazione prima dell’entrata in vigore del D.lgs. n. 257/1991 che, com’è noto, ha riconosciuto i benefici propri dell’Ordinamento comunitario limitando il proprio campo applicativo ai soli medici ammessi alle scuole di specializzazione nel 1991/1992 ed escludendo pertanto i medici, come i ricorrenti ammessi alle scuole negli anni precedenti.

Dopo varie istanze e diffide, i ricorrenti hanno chiesto alle Amministrazioni resistenti di procedere all’estensione in loro favore della normativa comunitaria (recepita dal decreto legislativo citato) e di adottare ogni consequenziale provvedimento sia per quanto riguarda la fruizione della borsa di studio, sia per quanto riguarda l’assegnazione dello speciale punteggio da utilizzare nelle procedure concorsuali di accesso le strutture pubbliche sanitarie e quindi del giudicato sostanziale formatosi per i colleghi aventi posizione analoga.

Con il provvedimento impugnato il Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica ha respinto tali istanze.

Gli interessati hanno contestato il provvedimento impugnato deducendone l’illegittimità per eccesso di potere (sotto il profilo della manifesta ingiustizia, dalla disparità di trattamento, del difetto di motivazione e dell’elusione di giudicato) e hanno chiesto:

1) la rimessione degli atti della Corte Costituzionale stante l’asserita illegittimità costituzionale degli artt. 22 comma 34 della L. 23.12.994, n. 724 e dell’art.1 comma 45 della L. 28.12.1995 n. 549;

2) l’annullamento della nota del M.I.U.R. del 13 febbraio 1998;

3) previa disapplicazione dell’art. 8 del D.lgs. n. 257/1991, la declaratoria del diritto ad avere corrisposto la borsa di studio di cui sopra nonché l’assegnazione dello speciale punteggio da utilizzare nelle procedure concorsuali di accesso alle strutture pubbliche.

Hanno resistito in giudizio le Amministrazioni intimate chiedendo la reiezione del ricorso.

In data 17 aprile 2014, i ricorrenti hanno altresì depositato documentazione dalla quale si evince che gli stessi hanno proposto innanzi al Tribunale civile di Messina giudizi tendenti ad ottenere (previa disapplicazione del citato art. 8 del D.lgs. 257/1991) il riconoscimento dei benefici previsti dalla legislazione comunitaria in materia di corsi per il conseguimento di titoli di medico specialista e in particolare la condanna delle Amministrazioni intimate al pagamento del compenso per l’attività di formazione specialistica svolta nonché al risarcimento dei danni asseritamente subiti.

Alla pubblica udienza del 28 maggio 2014, presenti i difensori delle parti, che si sono riportati agli scritti difensivi, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

Come esposto nelle premesse in fatto, i ricorrenti hanno dedotto di avere proposto innanzi al Tribunale civile di Messina giudizi tendenti ad ottenere il riconoscimento dei benefici previsti dalla legislazione comunitaria in materia di corsi per il conseguimento di titoli di medico specialista e in particolare la condanna delle Amministrazioni intimate al pagamento del compenso per l’attività di formazione specialistica svolta, nonché al risarcimento dei danni asseritamente subiti.

In relazione dal dott. M F (nell’ambito del giudizio civile portante il n. 4054/2007 di R.G.) è stata altresì versata in atti la sentenza del Tribunale di Messina del 20.12.2013, n. 2583/2013 che ha accolto le suddette domande.

Conseguentemente, con riferimento alla posizione del predetto ricorrente, il ricorso in esame deve essere dichiarato improcedibile essendosi sulle medesime domande già pronunciato il giudice ordinario.

Passando all’esame nel merito del ricorso in epigrafe, giova premettere che i ricorrenti, con il primo motivo di censura, hanno chiesto, “ritenuta la non manifesta infondatezza delle eccezioni di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 34, della L. 23.12.1994 n. 724 e dell’art. 1, comma 45, della L 28.12.1995 n. 549 (…)” di “rimettere gli atti alla Corte Costituzionale”.

Secondo la difesa di parte ricorrente, l’estensione in suo favore della normativa comunitaria, recepita con il citato D.lgs. n. 257/91, sarebbe stata, di fatto, paralizzata dal Legislatore il quale, intervenendo con misure di razionalizzazione della finanza pubblica, avrebbe adottato disposizioni (quali l’art. 22, comma 34, della L. n. 724/94 e l’art. 1, comma 45, della L. 549/1995) in contrasto con la Costituzione ed in particolare con l’art. 3 Cost. sotto il profilo della “disparità di trattamento tra il privato cittadino e il pubblico impiegato con riferimento all’estensione del giudicato ammessa per il primo e negata invece al secondo”.

La questione è manifestamente infondata.

La giurisprudenza amministrativa ha, infatti, da tempo chiarito, con un orientamento consolidato, che l’estensione degli effetti di un giudicato a soggetti estranei alla lite, ma titolari di posizioni giuridiche del tutto analoghe alla fattispecie decisa, non costituisce per l’Amministrazione adempimento di uno specifico obbligo e che non è ragionevole dubitare della costituzionalità di disposizioni come gli art. 22, comma 34, L. 23 dicembre 1994 n. 724, sotto il profilo della disparità di trattamento, “in quanto la posizione giuridica di coloro che abbiano presentato un tempestivo ricorso si differenzia sotto il profilo soggettivo da quella degli altri dipendenti che rimanendo inattivi avevano prestato acquiescenza al provvedimento” (c.f.r. T.a.r. Lazio, sez. I bis, sent. n. 3027/2011).

Quanto agli altri motivi di ricorso, il Collegio, ponendosi in linea con l’ormai consolidato orientamento della Sezione (cfr. da ultimo Tar Catania, sez. III, sentenza n. 1887/2014), ritiene che essi non meritino accoglimento.

Come, infatti, rilevato da questa Sezione, con altra sentenza, n. 1643/2012:

a) la Direttiva comunitaria 82/76/CEE (già 75/363/CEE) non era immediatamente applicabile e richiedeva apposito formale recepimento in sede di legislazione interna;

b) la normativa nazionale attuativa è contenuta nell'art. 6 del D.Lgs. n. 257/1991 e nell'art. 11, comma 1, della L. n. 370/1999 che hanno fissato espressamente la decorrenza del diritto alla corresponsione della borsa di studio relativa ai corsi universitari di specializzazione:

- o dall’anno accademico 1991-1992 (cfr. art. 6 cit.);

- ovvero dall'anno accademico 1983-1984, ma solo per i soggetti risultati vittoriosi nel contenzioso a suo tempo instaurato davanti al T.A.R. del Lazio (cfr. art. 11, cit.).

Pertanto, è palese che gli odierni ricorrenti (essendo entrati in specializzazione prima dell’entrata in vigore del D.lgs. n. 257/1991 e non essendo oggetto di alcun giudicato favorevole del T.A.R. del Lazio) non possono farsi rientrare, né nell’una, né nell’altra ipotesi.

Il Consiglio di Stato ha da tempo chiarito (cfr. Sez. II, par. n. 2637 del 1° marzo 2006) che:

- ai sensi dell'art. 11 L. 19 ottobre 1999 n. 370, ai medici iscritti alle scuole di specializzazione nel periodo compreso fra gli anni accademici 1983-1984 e 1990-1991 spettano le borse di studio previste dalla direttiva Cons. C.E. n. 82/76 solo se fruitori di sentenze favorevoli del Tribunale amministrativo regionale del Lazio passate in giudicato o di decisioni, sempre favorevoli, su ricorsi straordinari al Capo dello Stato e purché sussistano le condizioni previste dal D.M. 14 febbraio 2000;

- il diritto comunitario, in tale settore, non è direttamente applicabile, con conseguente impossibilità di disapplicazione della normativa interna assertivamente ritenuta con esso incompatibile (cfr. anche Sez. VI ,16 aprile 2003, n. 1972;
TAR Sicilia, Catania, Sez. III, n. 260/2014).

Lo stesso Consiglio di Stato (cfr. Sez. VI, sent. n. 6433 del 27-10-2006) ha precisato che l’art. 11, L. n. 370 del 1999, ha previsto la corresponsione delle borse di studio agli specializzandi medici ammessi alle scuole negli anni 1983-91, limitatamente ai destinatari di sentenze passate in giudicato del T.A.R. del Lazio, sicché non sussisterebbe, da parte dell’Amministrazione competente, nemmeno l’obbligo di provvedere sull'istanza dello specializzando, che abbia prestato acquiescenza alla precedente normativa, limitativa la corresponsione del beneficio soltanto a decorrere dall’anno accademico 1991-92, e, soprattutto, che non sia destinatario di alcuna sentenza passata in giudicato.

Del resto, sulla non auto-esecutività delle direttive comunitarie 75/362/CEE e 82/76/CEE, si è espressa ancora di recente la Corte di Cassazione (cfr. Sez. 3^ n. 1182 del 27/01/2012), secondo cui:

- le direttive comunitarie 75/362/CEE e 82/76/CEE non sono auto esecutive, in quanto, pur prevedendo lo specifico obbligo degli Stati comunitari di retribuire adeguatamente la formazione del medico specializzando, non consentono l'identificazione del debitore e la quantificazione del compenso dovuto;

- il mancato recepimento da parte del Legislatore italiano, nel termine prescritto, di dette direttive fa sorgere il diritto degli interessati al risarcimento dei danni causati da mancato adempimento.

Di conseguenza, correttamente le Amministrazioni odierne resistenti hanno respinto le istanze dei ricorrenti.

Ove poi si volesse ritenere che i ricorrenti abbiano anche inteso agire in via risarcitoria in relazione alla tardiva attuazione delle dette direttive comunitarie da parte dello Stato italiano, sussisterebbe un palese difetto di giurisdizione.

Infatti, come ritenuto dalla più autorevole giurisprudenza, costituisce espressione di un diritto soggettivo - conoscibile dall'AGO - la domanda proposta degli iscritti a scuole di specializzazione medica negli anni compresi fra il 1983 e il 1991 per ottenere a condanna dell’amministrazione al pagamento in loro favore del trattamento economico pari alla borsa di studio per la frequenza di detto corso - fondandosi tale richiesta sull'obbligo dello Stato di risarcire il danno derivante dalla mancata trasposizione, nel termine prescritto, delle direttive comunitarie (e, in particolare, della direttiva n. 82/76/CEE) prevedenti l’obbligo di retribuire la formazione del medico specializzando (cfr. Consiglio Stato, Sez. VI, 6 maggio 2008, n. 1994;
nello stesso senso vedansi Cons. di Stato, Sez. VI, n. 3274 del 25 maggio 2010 e, da ultimo, Cass., ss.uu., n. 13909 del 24 giugno 2011;
Cass. Sez. 3^, n. 21498 del 18 ottobre 2011, n. 10813 del 17 maggio 2011 e n. 3279/2013). E di ciò, del resto, gli stessi ricorrenti sembra siano convinti posto che, come già premesso, si sono rivolti al giudice ordinario per la relativa tutela.

Per tutte le ragioni anzidette il ricorso, assorbita ogni altra questione sostanziale o rituale, dev’essere respinto siccome privo di giuridico fondamento.

Sussistono giusti motivi, in relazione alla natura ed agli specifici profili della controversia ed al non lineare quadro normativo susseguitosi in materia, per compensare tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

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