TAR Roma, sez. 5S, sentenza 2024-07-04, n. 202413521

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5S, sentenza 2024-07-04, n. 202413521
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202413521
Data del deposito : 4 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/07/2024

N. 13521/2024 REG.PROV.COLL.

N. 10477/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10477 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da Risparmio Energetico S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A M, Anna Maria Desidera' e E B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A M in Roma, via degli Scialoja, 18;

contro

Gse - Gestore dei Servizi Energetici S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G F e A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G F in Roma, via del corso n. 509;

per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- del provvedimento del Gestore dei Servizi Energetici – G.S.E. S.p.A., prot. n. GSE/P20180015925 – 01/03/2018, ricevuto a mezzo PEC in pari data, recante “Annullamento d'ufficio, ai sensi della Legge n. 241/1990, del provvedimento di accoglimento delle Richieste di Verifica e Certificazione (RVC) riportate in Allegato A, presentate da RISPARMIO ENERGETICO S.R.L.”;

- del provvedimento prot. n. GSE/P20180049631 – 08/06/2018, ricevuto in data 09.06.2018, con cui il Gestore dei Servizi Energetici – GSE S.p.A., Direzione commerciale, in persona del Direttore Emanuele Del Buono, ha richiesto la restituzione di n. 724 TEE, di cui n. 53 di Tipo I e 671 di Tipo II, che il Gestore assume siano stati indebitamente percepiti da Risparmio Energetico nel periodo 2016 – 2018, o del loro controvalore in Euro, stabilito in un importo complessivo pari ad € 183.336,61 - da versare in unica soluzione ed entro 30 giorni - asseritamente corrispondente, quanto al 2016 ai prezzi definiti dall'Autorità (Deliberazione DMRT/EFC/10/17) e per gli anni 2017 – 2018 ai prezzi di mercato medi mensili (calcolati come media dei prezzi medi ponderati registrati dal GME nelle sessioni di mercato relative al mese di emissione dei TEE oggetto di recupero);

- nonché di tutti gli altri atti connessi, precedenti e/o conseguenti, ivi inclusi, per quanto occorrer possa, la comunicazione di avvio del procedimento di annullamento d'ufficio prot. n. GSE/P20180002840 del 18.01.2018, ricevuta tramite raccomandata a/r nei giorni successivi;

- nonché ancora del documento denominato “Progetti Standard Chiarimenti Operativi”, predisposto dall'intimato Gestore e pubblicato sul proprio sito il 17.03.2017, laddove se ne faccia applicazione retroattiva;

e per l'accertamento del diritto

della società Risparmio Energetico S.r.l. alla percezione dei Certificati Bianchi spettanti ai sensi del D.M. 28.12.2012, con riferimento alle Richieste di Verifica e Certificazione (RVC) di cui all'allegato A al provvedimento prot. n. GSE/P20180015925 del 01.03.2018 (RVC n. 0429853027216R021¬_rev1;
RVC n. 0429853027216R022;
RVC n. 0429853027216R028) e la condanna del Gestore dei Servizi Energetici – GSE S.p.A., ai sensi dell'art. 34 c.p.a., a porre in essere tutte le azioni conseguenti necessarie al riconoscimento dei Certificati Bianchi e/o comunque, anche in virtù di risarcimento in forma specifica ai sensi dell'art. 2058 c.c., all'adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio, incluso in particolare il rilascio dell'autorizzazione all'emissione dei Certificati Bianchi per le Richieste di Verifica e Certificazione (RVC) di cui all'allegato A al provvedimento prot. n. GSE/P20180015925 del 01.03.2018, sopra già riportate.

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Risparmio Energetico S.r.l. il 4/3/2021:

per l'annullamento, per motivi nuovi, dei provvedimenti già impugnati.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Gse - Gestore dei Servizi Energetici S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 28 giugno 2024 il dott. M D M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso principale, ritualmente notificato e depositato nelle forme e nei termini di rito, la società ricorrente, premesso di essere una Energy Service Company operante nel mercato dell’efficienza energetica, certificata ai sensi della normativa UNI CEI 6 11352:2014 ed avente per ciò titolo a partecipare al meccanismo dei Titoli di Efficienza Energetica (TEE), detti anche Certificati Bianchi (CB), ha allegato e dedotto che: come molte altre ESCo, svolge – tra le altre – attività di consulenza tecnica e normativa per la rendicontazione dei risparmi di energia primaria, conseguenti alla realizzazione di interventi operati da privati e aziende;
da un punto di vista tecnico, gli interventi realizzati nel caso di specie sono consistiti nell’incremento dell’efficienza energetica degli edifici esistenti secondo le prescrizioni stabilite nelle schede tecniche 5T (Sostituzione di vetri semplici con doppi vetri), 6T (Isolamento delle pareti e delle coperture) e 20T (Isolamento termico delle pareti e delle coperture per il raffrescamento estivo in ambito domestico e terziario);
tra il mese di maggio e quello di agosto 2016, ha sottomesso ad istruttoria del GSE le RVC standardizzate nn. RVC n. 0429853027216R021_rev1;
RVC n. 0429853027216R022;
RVC n. 0429853027216R028;
tale verifica si è conclusa con esito positivo;
nonostante l’approvazione di tutte le predette RVC e l’ottenimento, trimestralmente, dei TEE corrispondenti, lo scorso gennaio ha ricevuto dal GSE la comunicazione di avvio del procedimento di annullamento d’ufficio ex L. 241/90, prot. n. GSE/P20180002840 del 18.01.2018, con la quale – alla luce di non precisate “istruttorie effettuate” non si sa quando né nel corso di quale procedimento – il GSE ha chiesto di fornire, entro soli 10 giorni, un elevato numero di documenti specifici, da prodursi per ognuno degli interventi rendicontati mediante le succitate 3 RVC, illegittimamente bloccando l’erogazione dei TEE fino alla conclusione del procedimento;
stante l’oggettiva impossibilità di assecondare le richieste promosse dal GSE, in quanto la documentazione era non prevista ed in nessun modo specificata dalla normativa vigente ratione temporis, non ha riscontrato l’istanza;
in data 01.03.2018, con provvedimento prot. n. GSE/P20180015925 - 01/03/2018, recante “Annullamento d’ufficio, ai sensi della Legge n. 241/1990 […]” il GSE ha concluso il procedimento annullando i provvedimenti di accoglimento delle RVC in esame;
inoltre, ha ricevuto anche il provvedimento prot. n. GSE/P20180049631 – 08/06/2018, con cui il GSE ha richiesto in buona sostanza il versamento – in unica soluzione ed entro 30 giorni – dell’importo complessivo di € 183.336,61, asseritamente corrispondente al valore dei TEE emessi tra il 2016 ed il 2018 (per un totale di 724 TEE, 53 di Tipo I e 671 di Tipo II) con riferimento alle RVC annullate e che il Gestore ritiene siano stati indebitamente percepiti.

2. Tanto premesso in fatto, la società ricorrente ha lamentato l’erroneità ed illegittimità degli atti gravati, sulla scorta delle seguenti doglianze in diritto:

1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 13, 14, 9.1 e 4.3 dell’Allegato A alla Del. AEEG (ora ARERA) EEN 9/11 – Violazione e falsa applicazione dei capitoli 4, 5 e 7 dell’Allegato 1 del D.M. 11.01.2017 – Violazione e falsa applicazione dell’Allegato A 8 alla Del. n. 70/05 così come modificato dalle deliberazioni EEN 3/08 e EEN 9/11 (Scheda 20T) – Violazione e falsa applicazione dell’Allegato A alla Del. n. 234/02 così come modificato dalle deliberazioni n. 111/04, 18/07, EEN 4/08, EEN 17/09, EEN 3/08 e EEN 9/11 (Scheda 5T e 6T) - Eccesso di potere per ingiustizia manifesta – Eccesso di potere per contraddittorietà interna e tra atti – Eccesso di potere per erroneità e carenza dei presupposti – Eccesso di potere per carenza di motivazione – Eccesso di potere per violazione del principio di tassatività e certezza del diritto – Violazione della L. 241/90 – Eccesso di potere per errata applicazione del documento predisposto dal GSE “Progetti standard Chiarimenti operativi”;

2. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 10, L. n. 241/1990 - Violazione e/o falsa applicazione, sotto diversi profili, degli artt. 6 e 14, D.M. 28.12.2012 - Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 4, 12, 14 e 16 delle Linee Guida di cui all’All. A alla Delibera EEN 9/11 - Violazione dell’art. 97 Costituzione - Violazione dell’art. 12, D.M. 11.1.2017 - Eccesso di potere per manifesta illogicità e contraddittorietà, nonché per carenza dei presupposti – Sviamento di potere - Violazione sotto altro profilo dei principi di legalità, di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento;

3. Violazione di legge e segnatamente degli articoli 1, commi 1 (principi di buon andamento), 3, 7 e 8 nonché 21 nonies della L. 241/90 – Violazione degli articoli 14 e 16 delle Linee Guida di cui all’All. A alla Del. EEN 9/11 e Violazione dell’art. 14 del D.M. 28.12.2012 - Eccesso di potere per contraddittorietà manifesta tra atti del medesimo Ente – Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione - Violazione art. 97 Costituzione - Eccesso di potere per carenza dei presupposti - Violazione dei principi generali (nazionali e del diritto dell’Unione Europea) di legalità e certezza del diritto, trasparenza dell’azione amministrativa, proporzionalità ed irretroattività della legge, desumibili dall’art. 97 della Costituzione, dall’art. 1 della L. 241/1990 e dall’art. 25 comma 2 della Costituzione;

4. Illegittimità e rettifica del provvedimento GSE/P20180049631 – 08/06/2018 - Violazione dell’art. 42 del D. Lgs. 03.03.2011, n. 28 come modificato dall’art. 1, comma 89 della Legge n. 124/2017- Eccesso di potere per ingiustizia manifesta – Eccesso di potere per disparità di trattamento – Eccesso di potere per carenza dei presupposti;

5. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29 del D. Lgs. 03.03.2011, n. 71, nonché dell’art. 5 del D. Lgs. 16.03.1999, n. 79, richiamato dall’art. 10 del D.M. 20.07.2004, n. 15298 – Violazione dell’art. 16.5 delle Linee Guida di cui all’allegato A alla Del. EEN 9/11;

6. Illegittimità derivata del provvedimento GSE/P20180049631 – 08/06/2018 per illegittimità del provvedimento GSE/P21080015925 – 01/03/2018.

3. Sulla scorta delle descritte causali, ha invocato l’integrale accoglimento della domanda.

4. Si è costituito il GSE – Gestore dei Servizi Energetici S.p.A. per resistere al ricorso.

5. Da ultimo, in data 4.3.2021, la società ricorrente ha integrato il ricorso attraverso la proposizione di apposito atto di motivi aggiunti, nell’ambito dei quali ha censurato i medesimi provvedimenti oggetto di gravame, in ragione dell’asserita violazione dell’art. 42, comma 3, D.lgs. n. 28/2011 – recante la disciplina dei “controlli e sanzioni in materia di incentivi” di competenza del GSE – come modificato dall’art. 56, commi 7 e 8, D.L. n. 76/2020 (c.d. Decreto Semplificazioni), convertito con modificazioni in L. n. 120/2020.

6. All’udienza di smaltimento del 28.06.2024, tenuta da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

7. In via preliminare, il Collegio, in ragione degli esiti nel merito della causa, ritiene di poter prescindere dall'esame delle eccezioni preliminari formulate dalla parte resistente.

Può, invero, farsi applicazione del principio, da tempo delineato dalla giurisprudenza, sia del Giudice ordinario che del Giudice amministrativo, della "ragione più liquida", in virtù del quale il profilo dell'evidenza della questione viene preferito a quello dell'ordine logico della loro trattazione.

Per esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio la causa può, dunque, essere decisa sulla base della questione di più pronta soluzione (nel caso di specie, l'infondatezza nel merito dell’assunta prospettazione ricorsuale), anche se, dal punto di vista sistematico, avrebbero dovuto essere previamente risolte le questioni logicamente antecedenti e senza che tale inversione comporti, nemmeno implicitamente, la risoluzione in un senso piuttosto che in un altro delle questioni logicamente antecedenti che vengono pretermesse (cfr.: T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 06/05/2021, n. 409;
Consiglio di Stato, sez. V, 14/01/2022, n. 260).

8. Tanto chiarito, il ricorso deve essere respinto, non condividendo il Collegio l’impostazione censoria articolata dalla società ricorrente.

8.1. Con il primo ed il secondo motivo di censura, che, per la loro stretta connessione possono essere trattati congiuntamente, l’odierna ricorrente ha lamentato l’illegittimità del provvedimento impugnato per asserita “erronea applicazione”: delle disposizioni afferenti alla conservazione della documentazione in un momento successivo alla presentazione dell’istanza di accesso al sistema dei Certificati Bianchi;
del regime normativo applicabile in tema di controlli e verifiche rientranti nelle prerogative concesse dal legislatore al Gestore per l’accertamento della corretta esecuzione ed allocazione delle risorse pubbliche nell’ambito dei sistemi incentivanti di efficientamento energetico.

I motivi sono infondati.

Invero, le emergenze istruttorie documentali, acquisite agli atti di causa, hanno consentito di accertare che, nel caso di specie, il Gestore, nonostante l’iniziale accoglimento delle RVC in parola, ha riscontrato numerose difformità delle stesse rispetto alle prescrizioni derivanti dalla corretta applicazione della normativa di settore.

Di talché, a fronte della mancata ottemperanza dell’odierna ricorrente agli oneri imposti dalla normativa in questione, ne è conseguita la legittima decadenza dal diritto all’ottenimento degli incentivi derivanti dal meccanismo dei TEE (oltre che, per l’effetto, il recupero di quanto già erogato), disposta dal Gestore con il successivo provvedimento impugnato dalla ricorrente.

8.2. La società ricorrente ha altresì lamentato che il GSE, in sede di verifica, avrebbe sollecitato la produzione di documenti ulteriori di cui la normativa di riferimento, al momento della presentazione dell’istanza, non ne prevedeva né la presentazione, né la conservazione, così dando luogo anche ad un inutile aggravamento del procedimento amministrativo.

La doglianza non è suscettibile di positivo apprezzamento.

Invero, non si ravvisano ragioni per discostarsi dalla giurisprudenza consolidatasi in materia (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, sez. II, 18.12.2023, n. 10920, che ha integralmente confermato la sentenza di questo TAR Lazio, Roma, sez. III- ter , 21.09.2021, n. 9860), secondo cui:

- il potere di verifica da parte del GSE della spettanza dei benefici concessi ha carattere “immanente”, la cui sussistenza è pienamente giustificata dalla mera pendenza del rapporto di incentivazione e che può essere esercitato per tutta la durata dello stesso, con la conseguenza che il provvedimento di decadenza “ non ha natura sanzionatoria ” ma, al contrario, “ è un atto vincolato di decadenza accertativa dell'assodata mancanza dei requisiti oggettivi condizionanti ab origine l'ammissione al finanziamento pubblico ” (Cons. Stato, sez. IV, 12 gennaio 2017, n. 50;
poi ripresa da Cons. Stato, Ad. Plen., 11.9.2020, n. 18);

- l’atto emesso dal Gestore ai sensi dell'art. 42, d.lgs. n. 28 del 2011 non è manifestazione del potere di autotutela, ma è espressione di un potere di verifica, accertamento e controllo, di natura doverosa ed esito vincolato, “ volto ad acclarare lo stato dell'impianto ed accertarne la corrispondenza rispetto a quanto dichiarato dall'interessato;
siffatto potere è, dunque, privo di spazi di discrezionalità
”, essendo deputato non già “ al riesame della legittimità di una precedente decisione amministrativa di spessore provvedimentale, bensì al controllo circa la veridicità delle dichiarazioni formulate da un privato nell'ambito di una procedura volta ad attribuire sovvenzioni pubbliche ” (Cons. Stato, sez. IV, 12 dicembre 2019, n. 8442);

- “ non è ipotizzabile alcun affidamento a favore del percipiente che abbia formulato dichiarazioni incomplete o non rispondenti all’effettivo stato dell’impianto e dei suoi componenti, a prescindere dalla rilevanza penale che assuma la relativa condotta ”, dovendosi altresì ricordare che “ nel caso di erogazioni indebite di benefici a carico dell’erario, il recupero delle relative risorse pubbliche assume carattere vincolato e doveroso e l’eventuale affidamento del percipiente non può assumere la consistenza di situazione giuridica legittimamente tutelabile, essendo l’originaria ammissione al beneficio priva di stabilità, ove in fase di controllo vengano accertate, come nel caso di specie, violazioni rilevanti della vigente disciplina che determinino la declaratoria di decadenza dagli incentivi in precedenza erogati dal GSE […]” (Tar Lazio - Roma, Sez. III Ter , 20.11.2023, n. 17234).

Tanto premesso, quanto alla dedotta illegittimità dell’integrazione documentazione formulata dal GSE, questo Tribunale, con specifico riferimento al controllo delle RVC, ha ripetutamente evidenziato (cfr., ex multis, TAR Lazio, sez. V-ter, n. 19800/2023;
sez. III-ter, n. 6554/2021) che:

- il Gestore ha il potere di impostare “un’azione di controllo ad ampio raggio, tesa a verificare la regolarità dei progetti di risparmio energetico alla luce del vigente quadro regolamentare” (in ipotesi, anche di tutti i progetti riferibili a un medesimo soggetto);

- la “complessità documentale e informativa” delle richieste del GSE in fase di verifica non inficia l’accertamento di eventuali violazioni anche nel caso di concessione di termini non particolarmente estesi, posto che “per orientamento consolidato, dalla concessione di provvidenze in materia di incentivazione energetica discende, sulla base del principio di autoresponsabilità, l’obbligo di apprestare un assetto organizzativo adeguato al beneficio ricevuto”;

- ai sensi dell’art. 14, co. 2, delle Linee guida approvate con la delib. Aeeg EEN 9/2011, “al fine di consentire i controlli di cui al comma 14.1, i soggetti titolari dei progetti sono tenuti a conservare, per un numero di anni pari a quelli di vita tecnica delle tipologie di intervento incluse nel progetto medesimo, la documentazione idonea a consentire il riscontro di quanto dichiarato nelle schede di rendicontazione e nella documentazione inviata al soggetto responsabile delle attività di verifica e di certificazione dei risparmi”;

- in linea generale, l’intervenuta sottoposizione a verifica, nell’ambito del procedimento di ammissione all’incentivo, delle RVC afferenti a progetti standardizzati “non preclude al GSE di porre in essere una istruttoria ulteriore nell’esercizio dei poteri di verifica e controllo ad esso attribuiti dall’art. 42 del d.lgs. n. 28/2011 e disciplinati, con specifico riferimento ai certificati bianchi, dal DM 28 dicembre 2012 e dalle linee guida […]”.

Nel caso che ci occupa, il Gestore ha richiesto la trasmissione di documentazione necessaria alla verifica dell’effettiva e regolare realizzazione dell’intervento;
non coglie, dunque, nel segno la prospettazione della società ricorrente secondo cui la richiesta del G.S.E. non sarebbe supportata dal quadro normativo vigente.

Del resto, proprio in ragione delle carenze documentali e dopo aver concesso alla società ricorrente una proroga del termine in sede procedimentale, il Gestore ha rilevato le contestate criticità, esposte in modo dettagliato nel corredo motivazionale del provvedimento impugnato.

In questo quadro, il Collegio intende ribadire che, anche con riferimento a progetti standardizzati come nel caso in esame, “ l’Amministrazione deve essere posta in condizione di verificare che clienti siano i soggetti che in concreto hanno beneficiato dei risparmi energetici oggetto di incentivo;
in questa prospettiva la mancanza di documento idoneo all’identificazione del cliente non rende possibile verificare, tra l’altro, l’effettiva disponibilità dell’opera e la veridicità e l’attendibilità degli impegni assunti in ordine al divieto di cumulo degli incentivi”
(cfr., ex multis, TAR Lazio, Roma, sez. III ter, 5 maggio 2022, n. 5648;
TAR Lazio, Roma, sez. III ter, 7 luglio 2020, n. 7775).

Nella medesima ottica, è stato evidenziato (TAR Lazio, sentenza n. 6554/2021 cit.) che « non integra una mera irregolarità l’assenza (come accaduto nel caso di specie), nell’“autodichiarazione resa dai pretesi clienti partecipanti ai sensi degli artt. 46 e 47 DPR 445/2000, inclusa nella scheda tecnica di intervento”, del “documento di identità dei medesimi clienti” dell’“indicazione del titolo di disponibilità dell’opera” e dell’impegno “da parte dei clienti medesimi di non richiedere altri incentivi non cumulabili con i certificati bianchi in relazione ai medesimi interventi”;
la mancanza di tali elementi “determina, infatti, l’impossibilità di verificare la veridicità e l’attendibilità di quanto dichiarato nelle schede di rendicontazione e nella documentazione ad essa allegata all’atto di presentazione delle relative RVC”, non risultando attestata (tra l’altro) l’“effettiva imputazione del progetto rendicontato al cliente finale
”».

In definitiva, nell’ambito dello specifico procedimento di controllo, il GSE non ha ricevuto, da parte della società istante, la documentazione necessaria per accertare l’effettiva e corretta realizzazione del progetto, circostanza che ha legittimamente giustificato l’esercizio del potere, doveroso e vincolato, di decadenza, da ritenersi dunque immune dalle censure prospettate.

Dunque, le censure avanzate devono essere respinte,

Quanto, invece, alle prescrizioni normative di cui al D.M. 11 gennaio 2017, l’art. 12 (afferente all’attività di verifica e controllo) ha previsto, al secondo comma, che il Gestore verifichi “ d) la completezza e la regolarità della documentazione da conservare così come prescritto nei progetti approvati, incluse le eventuali varianti, e dalla normativa al momento dell’approvazione del progetto ”. Al quarto comma viene, inoltre, precisato che tali attività di controllo e di accertamento possono essere svolte “ durante l’intero periodo della vita utile dell’intervento ”.

Ed ancora, la circostanza di cui si duole la ricorrente, secondo cui “è bene anche ricordare che tra le violazioni rilevanti indicate dal predetto art. 12 delle Nuove Linee Guida non rientra la mera indisponibilità o mancata presentazione di documentazione” (cfr. pag. 20 del ricorso), è stata più volte smentita dal T.A.R., il quale, di recente, ha avuto modo di ribadire ancora come “ non integra una mera irregolarità l’assenza, nell’«autodichiarazione resa dai pretesi clienti partecipanti ai sensi degli artt. 46 e 47 DPR 4445/2000, inclusa nella scheda tecnica di intervento», del «documento di identità dei medesimi clienti» […] dell’“indicazione del titolo di disponibilità dell’opera” e dell’impegno «da parte dei clienti medesimi di non richiedere altri incentivi non cumulabili con i certificati bianchi in relazione ai medesimi interventi»;
la mancanza di tali elementi «determina, infatti, l’impossibilità di verificare la veridicità e l’attendibilità di quanto dichiarato nelle schede di rendicontazione e nella documentazione ad essa allegata all’atto di presentazione delle relative RVC», non risultando attestata (tra l’altro) l’«effettiva imputazione del progetto rendicontato al cliente finale»
” (cfr. ex multis TAR Lazio, Roma, Sez. V-ter, n. 7288, 15.4.2024;
TAR Lazio, Roma, Sez. V-ter, n. 6432, 3.4.2024).

8.3. Con il terzo motivo di diritto, parte ricorrente ha contestato l’asserita illegittimità del provvedimento impugnato anche nella parte in cui il Gestore avrebbe: (i) leso il principio generale di legalità dell’azione amministrativa “corollario del quale sono i principi di certezza del diritto, affidamento, trasparenza e proporzionalità” a causa dell’applicazione - contra legem - di “criteri e regole non esistenti al momento della presentazione delle RVC oggetto d’indagine, ovvero non chiari e prevedibili ed applicati in modo totalmente difforme dalla prassi invalsa fino a quel momento” ;
(ii) violato il termine massimo consentito all’Amministrazione per l’adozione del provvedimento di annullamento (pari a 18 mesi, ex art. 21- nonies L.241/90);
(iii) disposto il recupero degli incentivi in assenza della dimostrazione della prevalenza dell’interesse pubblico su quello privato.

Le doglianze in esame possono essere risolte alla luce di recente e condivisibile giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. II, 4 aprile 2022, n. 2501) inerente, tra l’altro, vicenda analoga, secondo cui “la verifica di cui si controverte ha avuto ad oggetto non il riesame di requisiti e presupposti già esaminati in fase di vaglio di ammissibilità della domanda, ma il controllo per la prima volta della veridicità delle dichiarazioni rese e dell’effettiva titolarità dell’autorizzazione” (cfr. punto 8.3 della citata sentenza).

Dimodoché alcun affidamento legittimo e alcun atto di autotutela possono configurarsi in questo, come in casi simili, dove ad essere vagliati dall’amministrazione pubblica sono semplicemente, a posteriori, i requisiti di accesso al meccanismo incentivante (TAR Lazio, Roma, sez. III-ter, sent. n. 5481/2022).

Peraltro, è appena il caso di rilevare che la giurisprudenza è consolidata nel senso che, ove, come nel caso di specie, l’interesse sia quello di evitare erogazioni non giustificate di risorse pubbliche, l’interesse pubblico deve considerarsi in re ipsa (cfr. TAR Lazio, Roma, V-ter, 14.05.2024, n. 9538).

In assenza del rigoroso rispetto delle condizioni di accesso agli incentivi, il soggetto privato non può infatti invocare alcun legittimo affidamento al fine di conservare un beneficio ottenuto in assenza dei presupposti previsti dalla legge (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. III-ter, n. 13423/2022).

8.4. Con il quarto motivo di diritto, la società ricorrente ha contestato l’asseritamente errata ed illegittima applicazione dell’art. 42 del d.lgs. 28/2011, nella formulazione di cui all’art. 1, comma 89, L. n. 124/2017, il quale ha introdotto al succitato art. 42, i commi 3-bis e 3-ter , secondo i quali il Gestore non avrebbe diritto a richiedere la restituzione dei TEE già erogati nei casi in cui venisse accertata “ la non rispondenza del progetto proposto e approvato alla normativa vigente alla data di presentazione del progetto e tali difformità non derivino da […] documenti non veritieri ovvero da dichiarazioni false o mendaci rese dal proponente ”.

Ebbene, anche tale censura si rivela priva di pregio.

A tal riguardo, giova precisare innanzitutto che il D.M. 31.01.2014 (recante Attuazione dell’articolo 42 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sulla disciplina dei controlli e delle sanzioni in materia di incentivi nel settore elettrico di competenza del Gestore dei Servizi Energetici) annovera tra le violazioni rilevanti di cui all’Allegato 1, la “ a) presentazione al GSE di dati non veritieri o di documenti falsi, mendaci o contraffatti, in relazione alla richiesta di incentivi, ovvero mancata presentazione di documenti indispensabili ai fini della verifica della ammissibilità agli incentivi ”.

Ciò posto, deve ritenersi che il comma 3-bis dell’art. 42 del d.lgs. n. 28/2011 non possa essere teleologicamente orientato a garantire la conservazione degli incentivi (indebitamente percepiti) a soggetti che – nel corso del procedimento amministrativo e finanche in fase conteziosa – non abbiano mai dimostrato l’effettiva sussistenza dei requisiti che consentono l’accesso agli incentivi.

Nel caso in esame, pertanto, è evidente che la sanzione del recupero integrale degli incentivi (prevista per il caso di dichiarazioni false e/o mendaci) debba necessariamente essere estesa anche alla mancata produzione della documentazione attestante il possesso dei requisiti, atteso che la sua ratio è chiaramente quella di escludere dal novero dei beneficiari delle erogazioni pubbliche i soggetti che in concreto non soddisfino i requisiti all’uopo necessari per la relativa spettanza.

8.5. Con il quinto ed il sesto motivo di diritto, infine, l’odierna ricorrente ha eccepito sia l’asserita incompetenza del GSE, in luogo di quella del Gestore del Mercato Energetico (“GME”), in ordine all’attività di “emissione dei certificati bianchi e sulla gestione del registro e della borsa dei medesimi certificati bianchi” e al conseguente recupero degli stessi indebitamente percepiti dalla Società, sia l’illegittimità derivata del provvedimento con cui il Gestore ha formulato la richiesta di restituzione dei TEE emessi per un totale di € 183.336,61.

Le censure in esame si rivelano prive di pregio.

Invero, il potere di verifica sulla corretta percezione degli incentivi in argomento, nell’esercizio del quale sono stati emanati i provvedimenti impugnati, spetta ex lege al GSE.

L’art. 29 comma 1 lett. b) del d.lgs. 28/2011 ha, infatti, disposto « il passaggio al GSE dell’attività di gestione del meccanismo di certificazione relativo ai certificati bianchi, ferme restando le competenze del GME sull’attività di emissione dei certificati bianchi e sulla gestione del registro e della borsa dei medesimi certificati bianchi », e l’art. 14 del DM specifica che « il GSE, coadiuvato da ENEA, esegue i necessari controlli per la verifica della corretta esecuzione tecnica ed amministrativa dei progetti che hanno ottenuto certificati bianchi » (comma 1) e che « nel caso in cui siano rilevate modalità di esecuzione non regolari o non conformi al progetto, che incidono sulla quantificazione o l’erogazione degli incentivi, il GSE dispone l’annullamento dei certificati imputabili all’irregolarità riscontrata e applica al soggetto responsabile le misure di cui all’articolo 23, comma 3, del d.lgs. 28/2011 » (comma 3)”.

Alla stregua di quanto sopra, il ricorso principale deve essere respinto.

9. Venendo all’esame del ricorso per motivi aggiunti, vale osservare quanto segue.

9.1. Come anticipato in punto di fatto, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 56, commi 7 e 8, del D.L. 76/2020 (c.d. Decreto Semplificazioni) e della presentazione, in data 17.12.2020, di istanza di riesame ai sensi della predetta norma, la ricorrente ha integrato il ricorso, con appositi motivi aggiunti, asserendo l’immediata applicabilità del succitato art. 56 e, per l’effetto, la conferma dell’illegittimità della decadenza, già affermata con l’atto introduttivo, per difetto dei requisiti dell’art. 21- nonies della L. 241/90.

9.2. Tanto doverosamente premesso, con riferimento alle censure di cui agli ultimi motivi aggiunti depositati deve essere osservato che “la legittimità del provvedimento amministrativo finale deve essere accertata con riferimento alla normativa vigente al momento della sua adozione, in ossequio al consolidato principio " tempus regit actum " (tra le tante, cfr. da ultimo Consiglio di Stato sez. V, 14/08/2020, n.5038);
va dunque esclusa l’applicabilità al caso in esame delle disposizioni invocate, entrate in vigore successivamente all’esercizio del potere contestato” (TAR Lazio, Sezione III-ter, sentenza 4.2.2021, n. 1446).

Il GSE ha, pertanto, fatto corretta applicazione dell’art. 42 del d.lgs. 28/2011, base normativa del procedimento, che impone, all’esito di violazioni rilevanti emerse all’esito di attività di verifica e controllo come nella specie, di adottare il rigetto dell’istanza di incentivazione o la decadenza dall’ammissione al regime incentivante (Cons. Stato Ad. Plen. 18/2020;
tra le tante, Cons. Stato 640/2023;
Cons. Stato 594/2021;
TAR Lazio, Sez. III, n. 8695 del 22 maggio 2023).

Al procedimento in parola non è infatti applicabile, ratione temporis , la disciplina di cui all’art. 42, co. 3, secondo periodo, del d.lgs. 28/2011, entrata in vigore dal 1° gennaio 2018, posteriormente all’adozione dell’atto impugnato. D’altra parte, ad un diverso inquadramento giuridico non può condurre la modifica all’art. 42 del d.lgs. 28/2011, introdotta dall'art. 56, comma 7, del d.l. 76/2020, convertito in legge n. 120/2020, atteso che “la nuova disposizione non ha natura di norma di interpretazione autentica, né efficacia retroattiva e, per espressa previsione, si applica ai procedimenti pendenti o, se già definiti al momento dell'entrata in vigore ed ancora sub iudice , solo a seguito di apposita istanza dell'interessato alle condizioni indicate dall'art. 56 comma 8, d.l. n. 76/2020” (Tar Lazio-Roma, sez. III Ter, 5.5.2023, n. 7651).

Né può neppure assumere rilevanza, ai fini del presente giudizio, quanto previsto dall’art. 56, co. 8, del d.l. n. 76/2020. “Il contegno del GSE in ordine all’istanza di revoca del provvedimento di decadenza può legittimare, infatti, l’impugnazione della relativa determinazione (ovvero l’esperimento dei rimedi previsti in caso di silenzio), mentre non può rifluire, in mancanza dell’attivazione dei predetti rimedi, sulla legittimità del provvedimento di decadenza già adottato” (cfr. TAR Lazio, Sez. III, n. 18892/2023 del 13 dicembre 2023).

Per tutte le ragioni che precedono il ricorso e i relativi motivi aggiunti devono essere rigettati.

10. Inoltre, la legittimità degli atti gravati preclude l’accoglimento della domanda risarcitoria, posto che, già sotto il profilo oggettivo, non sussistono i presupposti per l’accoglimento della domanda risarcitoria.

11. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con attribuzione in favore dei procuratori antistatari Avv. G F e Avv. A P, che hanno reso dichiarazione di fattone anticipo.

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